decrease in number, loose their dendrites and are inhibited in the expression of 
vimentin. Therefore, vinblastine appears to damage the cytoskeleton of Langerhans 
cells as a whole. The results of functional studies showed that the epicutaneous 
treatment with vinblastine causes a significant inhibition of the sensitization against a 
hapten applied to the same site after a short time (2 hours). To exclude that this 
inhibition is mediated by the secretion of TNFα  (which mediates UVB effect), it was 
checked whether antibodies against this cytokine block the effect of vinblastine: since 
this was not the case, the effect of this molecule was interpreted as a direct one on 
Langerhans cells. In conclusion, these studies strongly support the hypothesis that the 
deleterious effect of UVB on Langerhans cells is mediated by an alteration of the 
cytoskeleton.  
 Recent research shows that contact sensitization can be achieved in mice with 
much lower doses of hapten than usual and that usual doses (so called conventional) 
lead to alterations in the number and shape of Langerhans cells. It has therefore been 
proposed that conventional doses of haptens are harmful for Langerhans cells and 
that these cells are designed to respond primarily to low doses of antigens in the 
epidermis, whereas the sensitization against higher doses of contact allergens can be 
mediated by dermal antigen presenting cells. These hypotheses have been addressed 
in a series of experiments, as follows. It has first been shown that both conventional 
and low (so called optimal) doses of haptens lead to a reduction in the number of 
Langerhans cells, with a nadir 12 hours after hapten application, and that this number 
reverts to normal values within 12 more hours after an optimal dose of haptens, but 
not so after a conventional dose. Besides, a conventional, but not an optimal dose of 
hapten leads to a reduction in the number and length of dendrites of Langerhans cells. 
It has then been tested whether the application of a hapten to the skin interferes with 
the sensitization against a second hapten, chemically unrelated and applied at optimal 
dose to the same site 12 hours after the first one. Dinitrofluorobenzene and oxazolone 
have been used alternatively as first and second haptens. The results have shown that 
the sensitization against the second hapten is inhibited if the first one is applied at 
conventional dose, but not if it is applied at optimal dose. At last, skin explants have 
been obtained after the application of a hapten and have been tested for their ability to 
elicit sensitization in a syngeneic recipient. The timing of skin explantation has been 
selected at the moment when the reduction in the number of Langerhans cells is at its 
very beginning, i. e. 2 hours after hapten application. Whole explants or their 
separated components (epidermis and dermis) have been used in different 
experiments. The results have shown that the skin as a whole is able to carry on 
vigorous sensitization, independent of the hapten dose used. On the contrary, 
vigorous sensitization was carried on by the epidermis alone (not the dermis) upon an 
optimal dose of hapten and by the dermis alone upon a conventional dose of hapten; 
in this last case (i.e. conventional dose of hapten) the epidermis carried on only a 
weak sensitization. The results of all these experiments are interpreted as a proof that 
Langerhans cells respond primarily to low doses of antigens in the epidermis and that 
these same cells are damaged by high doses of antigens; the dermis contains cells 
which can mediate sensitization to antigens applied epicutaneously even without the 
participation of Langerhans cells. 
 
Caratteri generali del sistema immunitario 
 L'immunità è la capacità degli organismi animali di riconoscere ed inattivare 
materiali estranei alla propria costituzione chimica ("not-self"), sia penetrati 
nell'organismo in situazioni come infezioni, infestazioni, trapianti o 
somministrazioni di farmaci, sia frutto di alterazioni di molecole endogene ad opera 
di virus, sostanze chimiche od altro. La funzione immunitaria si svolge tramite 
molecole e cellule tra loro interagenti, con una complessità che cresce parallelamente 
alla scala evolutiva; nei mammiferi questa funzione si esplica attraverso meccanismi 
sia spontanei (naturali) sia acquisiti in risposta a stimoli e richiede in ogni caso 
l'intervento di elementi cellulari e di fattori umorali. Può essere importante ricordare, 
in termini evolutivi, come l'immunità naturale rappresenti la prima tappa verso un 
sistema che culmina nell'immunità acquisita e in particolare nella sintesi di anticorpi, 
molecole specifiche dirette contro ciascuna molecola non corrispondente al "self". 
Immunità naturale 
 I principali meccanismi dell'immunità naturale sono l'attivazione del 
complemento ed il processo della fagocitosi (Bach e Lesavre, 1981). Questi due 
processi interagiscono tra loro e inoltre concorrono a potenziare l'effetto 
dell'immunità acquisita, poiché il loro intervento è innescato anche dalla interazione 
tra antigene e anticorpo. Il sistema del complemento (C') è costituito da una ventina 
di proteine circolanti, capaci di interagire con membrane cellulari e con 
macromolecole di origine biologica. L'attivazione successiva e ordinata (detta "a 
cascata") dei componenti di tale sistema può essere iniziata attraverso due distinte 
"vie", quella "classica", in cui l'innesco è determinato da complessi antigene-
anticorpo, e quella "alternativa", in cui l'innesco è provocato direttamente da 
molecole di origine batterica. Le due vie convergono e si congiungono a livello della 
frazione C3, cui consegue l'attivazione di altre frazioni della cascata complementare. 
L'attivazione del complemento conduce alla formazione di un complesso aderente 
alle cellule o alle molecole che abbiano innescato il processo e capace sia di favorire 
la fagocitosi da parte di cellule specializzate (quali i macrofagi), sia di provocare la 
lisi delle cellule che abbiano innescato l'attivazione del complemento (Bach e 
Lesavre, 1981); la citolisi è provocata presumibilmente tramite una alterazione della 
componente fosfolipidica delle membrane (Roitt e Lehner, 1980). Il sistema 
complementare attivato promuove la chemiotassi dei granulociti neutrofili e la 
secrezione di istamina da parte di mastociti e di granulociti basofili, cui consegue un 
aumento della permeabilità vascolare; questi effetti sono mediati dal frammento 3a 
del complemento medesimo, che si diffonde libero nei tessuti mentre il frammento 
3b resta adeso al substrato dal quale la frazione C3 è stata attivata (Roitt e Lehner, 
1980). 
 L'adesione del materiale estraneo al plasmalemma delle cellule fagocitarie 
(principalmente granulociti e macrofagi) costituisce la premessa per l'inglobamento 
di tale materiale all'interno delle cellule medesime, cioè per la fagocitosi. Questa 
adesione e la successiva fagocitosi sono grandemente facilitati dalla presenza di 
anticorpi ed eventualmente di complemento sulla superficie del materiale da 
fagocitare; gli anticorpi capaci di promuovere la fagocitosi (cioè opsonizzanti) sono 
solo alcuni di quelli prodotti dall'organismo (immunoglobuline di tipo G o M); 
l'attività opsonizzante di anticorpi e complemento dipende dall'esistenza di specifici 
recettori sul plasmalemma delle cellule fagocitarie (Hüber e Holm, 1975). Tra i 
fattori complementari è intensamente opsonizzante il fattore 3b, che resta aderente 
alla struttura responsabile dell'innesco dell'attivazione del complemento. 
Immunità acquisita 
Caratteristiche generali 
 Le risposte immunitarie di tipo acquisito sono indotte dalla presenza 
nell'organismo di molecole not-self, dette antigeni. L'immunità così indotta è detta 
attiva (Abbas e coll., 1994). È possibile anche far acquisire una immunità passiva, 
mediante il prelievo di cellule o di siero da un individuo precedentemente 
immunizzato e il successivo inoculo del materiale prelevato in un soggetto mai 
venuto a contatto con l'antigene che ha determinato l'immunizzazione. 
 Le risposte immunitarie acquisite possono essere a loro volta classificate in 
base al meccanismo ultimo con cui tali risposte si esplicano: 
1 Immunità umorale: è mediata dalla presenza di anticorpi responsabili del 
riconoscimento e dell'eventuale eliminazione delle sostanze not self. 
2 Immunità cellulo-mediata: chiamata anche immunità di tipo cellulare, è 
mediata da linfociti indipendentemente dalla produzione di anticorpi (Abbas e coll., 
1994). 
 L'immunità di tipo umorale e quella cellulo-mediata sono frutto dell'attività di 
distinti tipi di linfociti. Alcuni, chiamati linfociti di tipo B, rispondono alla presenza 
di antigeni generando cellule produttrici di anticorpi, altri, chiamati di tipo T, sono i 
responsabili delle risposte cellulo-mediate e inoltre svolgono ruoli regolatori delle 
risposte immunitarie sia umorali sia cellulo-mediate. I linfociti T derivano da 
precursori del midollo osseo che migrano e maturano nel timo; si suddividono in 
cellule T helper, suppressor e citotossiche. I linfociti B sono così chiamati poiché 
negli uccelli maturano in un organo chiamato borsa di Fabrizio. Nei mammiferi non 
esiste l'equivalente anatomico della borsa di Fabrizio e le prime tappe differenziative 
delle cellule B si svolgono nel midollo osseo. L'immunità umorale è il principale 
meccanismo difensivo contro parassiti extracellulari, o la cui infezione presenta 
comunque significative fasi extracellulari, e contro tossine solubili. Al contrario, 
contro parassiti intracellulari (quali ad esempio virus o alcuni batteri) risulta 
particolarmente efficace l'attivazione della immunità cellulo mediata, che induce la 
morte delle cellule infettate e di conseguenza blocca il ciclo vitale dei parassiti 
(Abbas e coll., 1994). 
 Sia la risposta umorale che quella cellulo-mediata sono caratterizzate dalle 
seguenti proprietà. 
1) Specificità 
 Le risposte immunitarie sono specifiche per distinti antigeni. Ciascuna 
porzione di un antigene che risulta individualmente riconosciuta dai singoli linfociti 
è chiamata epitopo o determinante antigenico. La specificità della risposta 
immunitaria dipende dalla presenza di recettori di membrana dei linfociti B e T, che 
riconoscono epitopi di diversa struttura chimica. 
2) Diversità 
 Il numero totale di determinanti antigenici riconosciuto dai linfociti è 
stimabile in ordini di grandezza superiori al miliardo. Questa straordinaria diversità 
dipende da una altrettanto grande varietà della struttura molecolare dei recettori dei 
linfociti deputati al riconoscimento dell'antigene. 
3) Memoria 
 L'esposizione del sistema immunitario ad un antigene aumenta l'abilità del 
sistema stesso di rispondere al medesimo antigene se questo viene incontrato in 
tempi successivi. La risposta successiva, chiamata secondaria, è più rapida, più 
intensa e qualitativamente differente rispetto alla prima. Alcune caratteristiche 
funzionali dei linfociti spiegano questo fenomeno: 
a) Poiché i linfociti proliferano in seguito a stimoli antigenici, ed ogni clone di 
linfociti rimane specifico sempre per il medesimo antigene, ne deriva che ad ogni 
esposizione a quell'antigene il clone si espande. 
b) Le cellule linfocitarie che precedentemente hanno risposto alla stimolazione 
antigenica sopravvivono per lunghi periodi di tempo anche in assenza dell'antigene. 
c) Durante la risposta secondaria le cellule B rispondono a più basse 
concentrazioni antigeniche e con anticorpi di più alta affinità, rispetto a cellule B 
non stimolate. Cellule B con queste caratteristiche sono dette cellule della memoria. 
4) Autolimitazione 
 Il vigore della risposta immunitaria ad un antigene decresce con il tempo. Vari 
meccanismi spiegano almeno in parte questo fenomeno. 
a) Il primo e forse il più importante consiste nel fatto che la risposta immunitaria 
indotta da un antigene porta all'eliminazione dell'antigene medesimo. 
Conseguentemente si può determinare nel tempo una mancanza di stimoli per i 
linfociti capaci di rispondere a quell'antigene. 
b) La funzione linfocitaria si sviluppa in tempi relativamente brevi dopo la 
stimolazione antigenica, dopo di che, in assenza di ulteriore stimolo antigenico, 
queste cellule diventano quiescenti o si trasformano in cellule della memoria. 
c) Gli antigeni stessi innescano processi di smorzamento della risposta 
immunitaria, con meccanismi regolatori complessi e non ancora del tutto chiariti. 
5) Discriminazione del self rispetto al non self. 
 Una delle più importanti proprietà del sistema immunitario è quella di 
effettuare una fine discriminazione tra ciò che è proprio (self) e ciò che è estraneo 
(not-self) alla costituzione dell'organismo, rispondendo solo contro il not-self. I 
linfociti si dimostrano quindi tolleranti verso il self, cioè capaci di non rispondere a 
sostanze appartenenti al proprio organismo (Abbas e coll., 1994). 
Fasi della risposta immunitaria 
 Lo svolgersi della risposta immunitaria determina inizialmente l'attivazione 
dei linfociti che specificatamente riconoscono l'antigene e culmina nello sviluppo di 
meccanismi che conducono all'effetto fisiologico della risposta immunitaria che è 
essenzialmente la eliminazione dell'antigene stesso. È possibile in ordine temporale 
distinguere 3 fasi in questa risposta: a) fase cognitiva b) fase di attivazione c) fase 
effettrice. 
Fase cognitiva 
 La fase cognitiva delle risposte immunitarie ha come momento centrale il 
legame degli antigeni con specifici recettori di linfociti maturi. In questo modo, i 
linfociti vengono a conoscenza della presenza dell'antigene nell'organismo. 
Fase di attivazione 
 La fase di attivazione della risposta immunitaria è la serie di eventi indotti nei 
linfociti dal riconoscimento di una determinata struttura antigenica. L'incontro con 
l'antigene per cui è specifico porta il linfocita a proliferare e a dar origine a cloni 
specifici per il medesimo antigene. Dai linfociti di tipo B si differenziano poi cellule 
secernenti anticorpi, i quali si legano all'antigene e innescano i meccanismi che 
porteranno all'eliminazione dell'antigene. I linfociti di tipo T invece si differenziano 
in elementi capaci di determinare la necrosi di cellule che esprimono l'antigene sulla 
loro superficie (linfociti citotossici), oppure in elementi capaci di regolare le risposte 
immunitarie, stimolandole (linfociti helper) o inibendole (linfociti suppressor). 
Fase effettrice 
 La fase effettrice della risposta immunitaria è quella in cui si attivano le 
funzioni specifiche dei linfociti e di conseguenza si innescano ulteriori processi che 
portano alla definitiva eliminazione dell'antigene. Il complesso antigene-anticorpo 
stimola la fagocitosi del complesso medesimo da parte dei granulociti neutrofili e dei 
macrofagi, inoltre attiva il complemento e stimola la secrezione di mediatori, come 
l'istamina e numerose citochine, da parte dei mastociti. I linfociti T attivati, d'altra 
parte, secernono citochine che esaltano l'attività funzionale dei fagociti e stimolano 
la risposta infiammatoria. I fagociti, il complemento, le citochine e i mediatori 
caratteristici dei mastociti, che mediano i processi infiammatori, appartengono in 
massima parte al campo della immunità naturale, poichè non riconoscono 
specificamente gli antigeni e possono essere coinvolti nella risposta contro 
microorganismi anche senza che intervengano in risposte immunitarie specifiche. Si 
può ritenere che le risposte immunitarie specifiche si siano evolute per potenziare, 
grazie ad un rapido e tumultuoso innesco, una serie di meccanismi effettori capaci di 
funzionare, sia pure con minore efficacia, anche in assenza di attivazione linfocitaria. 
La capacità degli anticorpi di garantire anche da soli l'inattivazione di molti antigeni 
(senza l'intervento del complemento né di processi di fagocitosi) e la capacità di 
alcuni linfociti T di determinare da soli e specificatamente la necrosi di cellule 
mutate (per infezione virale o trasformazione neoplastica) sono una caratteristica 
aggiuntiva, comparsa con l'immunità acquisita e di grande utilità per l'organismo. 
La teoria della selezione clonale 
 Fin dall'iniziale dimostrazione che il sistema immunitario risponde 
specificatamente ad un enorme numero di antigeni estranei, il problema di come 
spiegare un tanto vasto repertorio di risposte fu lungamente dibattuto dagli 
immunologi. Fu soltanto negli anni dal 1955-57 che Burnet propose una spiegazione 
ancor oggi accettata, detta della selezione clonale. Questa ipotesi interpretativa si 
fonda su due postulati: 
1 Ogni individuo contiene diversi cloni linfocitari; ogni clone proviene da un 
singolo precursore ed è capace di rispondere ad un singolo determinante antigenico. 
Lo sviluppo di cloni linfocitari antigene-specifici avviene prima della esposizione al 
rispettivo antigene. Sebbene risulti estremamente difficile quantificare il numero di 
determinanti antigenici che possono essere riconosciuti dal sistema immunitario dei 
mammiferi, si può stimare che esso sia intorno a 10
9
; almeno altrettanti dovrebbero 
essere cloni linfocitari presenti in ogni individuo. 
2 L'antigene seleziona uno specifico clone preesistente e lo attiva a proliferare 
ed a dar luogo al differenziamento di cellule della memoria. Il fatto che una risposta 
secondaria sia più potente e rapida della risposta primaria verso il medesimo 
antigene è spiegato con una espansione dello specifico clone linfocitario in seguito 
alla prima immunizzazione con l'antigene. I cloni che rispondono ad ogni antigene 
sono solo una piccola percentuale del numero totale dei linfociti di un individuo 
(Abbas e coll., 1994). 
 Un'ipotesi alternativa che ha goduto a lungo di favore nel mondo scientifico, 
in attesa di prove sperimentali che la contradicessero, era la cosiddetta teoria 
informativa, secondo la quale si immaginava che le presenza di molecole estranee 
(antigeni) stimolasse la produzione di anticorpi ad essi complementari quasi come un 
loro calco.