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Il primo trattato unicamente dedicato al tartufo, l' Opusculum de Tuberibus, risale al 1564
scritto da Alfonso Ciccarelli, medico umbro, ma il lavoro è totalmente privo di interesse
rigorosamente scientifico e, in esso, si suggerisce la coltivazione del tartufo in quanto
considerato una pianta come tutte le altre.
Soltanto nel 1583, P.A. Cesalpino annoverò in modo chiaro i tartufi tra i funghi.
Ciononostante, Charles Bonnet nel 1797 descrisse il tartufo nel suo "Contemplazione della
natura" inserendolo nel capitolo dedicato "alle specie di piante, la cui forma si allontana molto
da quella ch'è propria delle piante più cognite" definendolo così: "Il tartufo, quella pianta sì ben
contraffatta, che nasce, cresce, e fruttifica nella terra senza mai uscirne, non presenta che una
testa rotonda, ove non si scopre alcuno de' caratteri, per cui le piante ci sono cognite. Questo
strano vegetabile, che non ha né radici, né tronco, né foglie, e che piglierebbesi per una pallottola
di terra è coperto di una corteccia grossolana, scabra e quasi direbbesi tutta seminata di papille.
Interiormente è carnoso, marmorato, o venato, e guernito di piccole cassette vescicolari, che
rinchiudono tre, quattro grani ovali, che sono le semenze della pianta."
Nel 1711 il francese Geoffroy Junior nella sua opera Sur la végétation des Truffes ne fece la
prima trattazione scientifica, descrivendone per la prima volta la morfologia di aschi e spore,
l'habitat, la distribuzione geografica, la maturazione e la raccolta. Nella prima metà
dell'Ottocento si colloca l'inizio dell'idnologia scientifica con gli studi di Carlo Vittadini, che
diede un contributo prezioso alla sistematica degli ipogei e fu in grado di approfondire le
conoscenze sullo sviluppo dei carpofori. Vittadini, tra l'altro, è l'autore della specie che è stata
oggetto di studio di questa tesi (T. borchii Vittad.) e che è stata dedicata al Conte M. J. De
Borch.
Il tartufo, con il suo fascino, muove un mercato molto ampio che ruota intorno a fiere, mostre
e mercati ed esercita un effetto trainante sul turismo e sulla gastronomia piemontese, perciò in
Piemonte, più che in ogni altra regione italiana, lo studio di questo fungo assume un'importanza
particolare.
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I. INTRODUZIONE
I.1. LA GENOMICA FUNZIONALE
Lo sviluppo di nuovi sistemi in grado di facilitare l'isolamento di frammenti di DNA per il
sequenziamento e l'evoluzione di tecnologie informatiche destinate ad analizzare l'enorme
quantità di sequenze disponibili sta rivoluzionando il modo in cui il metabolismo cellulare viene
studiato.
I.1.1. I GRANDI PROGETTI DI SEQUENZIAMENTO DEL GENOMA
Negli ultimi anni sono stati intrapresi progetti di sequenziamento del genoma di numerosi
organismi sperimentali. Una trentina di essi è stata portata a termine, molti altri sono ancora in
corso o in procinto di essere ultimati (figura I.1.), ma tra tutti è stato il completamento del
"Progetto Genoma Umano" a destare il più grande clamore nell'opinione pubblica. Nel giugno
2000 la società privata Celera Genomics e il consorzio internazionale guidato dai National
Institutes of Health americani annunciarono al mondo di aver concluso il sequenziamento del
genoma umano servendosi di tecniche di frammentazione e clonazione del DNA decisamente
innovative. La combinazione di diversi approcci di sequenziamento, come la "Whole Genome
Shotgun Assembly" e la "Regional Assembler" della Celera, insieme allo sviluppo di algoritmi in
grado di gestire più di 80 terabyte di informazioni, ha permesso di ridurre notevolmente il tempo
necessario per terminare il sequenziamento del genoma umano che era previsto soltanto per il
2005. Ancora più recentemente, la rivista "Nature" del 14 dicembre 2000 ha pubblicato la
sequenza degli ultimi tre cromosomi di quella che è la pianta modello nella ricerca in campo
vegetale, Arabidopsis thaliana. Si tratta del sequenziamento e dell'analisi del primo genoma di
una pianta. Nonostante il risalto dato a questa conquista non sia nemmeno paragonabile a quello
del Progetto Genoma, è anche questo un evento scientifico da ritenersi fondamentale in quanto
può far luce sulle modalità con le quali piante e animali hanno indipendentemente risolto i
problemi legati alla vita multicellulare. Il confronto tra il genoma delle piante e quello degli altri
eucarioti rivela sia la sorprendente conservazione dei meccanismi che stanno alla base del
funzionamento delle cellule sia le intriganti differenze derivanti da oltre 1.5 bilioni di anni di
evoluzione indipendente.
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I.1.2. L'APPROCCIO EST: UN'ALTERNATIVA AL SEQUENZIAMENTO DEL GENOMA
Il sequenziamento di interi genomi fornisce milioni e milioni di basi di DNA, che,
sfortunatamente, non fanno luce su ciò che codifica ogni gene, su quali siano le modalità con le
quali la cellula svolge le proprie funzioni o su come essa interagisca con il resto dell'organismo:
è qui che interviene la genomica funzionale o "functional genomics". Per limitare la quantità di
basi da analizzare, l'alternativa è di focalizzare l'attenzione soltanto sul DNA codificante che
rappresenta una piccola percentuale dell'intero genoma di un eucariote (circa il 3% per Homo
sapiens). A questo scopo è stata sviluppata una tecnica che permette di monitorare direttamente
solo i geni espressi tramite il sequenziamento casuale di cloni anonimi di cDNA: è l'approccio
EST (Expressed Sequence Tags). Le differenze nel profilo di espressione sono responsabili delle
differenze fenotipiche tra gli individui e indicano le modalità della risposta cellulare ai
cambiamenti ambientali e ai diversi stadi dell'ontogenesi cui va incontro un determinato
organismo. A differenza del genoma, la quantità e la qualità delle sequenze trascritte sono
altamente dinamiche e cambiano rapidamente in risposta agli stimoli interni ed esterni alla
cellula. Tuttavia, l'mRNA rappresenta solo un passaggio intermedio nella risposta cellulare: nella
maggior parte dei casi, una variazione qualitativa e quantitativa dell'mRNA si traduce in un
cambiamento nella sintesi delle proteine, per cui sono nate nuove metodologie per
caratterizzarne la funzione biologica. In questo campo la bioinformatica ha fornito programmi
Batteri: Escherichia coli
Bacillus subtilis
Funghi: Saccharomyces cerevisiae
Neurospora crassa
Invertebrati: Caenorhabditis elegans
Drosophila melanogaster
Piante: Nicotiana tabacum
Oryza sativa
Mammiferi: Rattus norvegicus
Mus musculus
Figura I.1. A) Alcuni organismi per i quali il sequenziamento del genoma è stato completato o è in procinto
di essere ultimato. La lista completa si trova su "Entrez Genomes" disponibile sul sito dell'NCBI. B) Una
visione d'insieme di tutti i progetti di sequenziamento genomico.
A
B
10
molto potenti, basati sull'assunzione che un'elevata somiglianza nella sequenza aminoacidica di
due proteine significhi un ruolo funzionale simile. Con questo tipo di analisi informatica, la
sequenza nucleotidica di ciascun clone di cDNA viene tradotta in tutte e sei le possibili cornici di
lettura, confrontata con le sequenza depositate nelle banche dati e classificata in base alla
funzione biologica più probabile. In tal modo si dispone solo di una piccola parte delle
informazioni necessarie per la descrizione completa di una proteina, in quanto né si fa luce sulla
sua localizzazione nel contesto cellulare né si fornisce una visione comprensiva delle modalità
con cui partecipa ai processi metabolici della cellula; tuttavia, l'approccio EST è risultato molto
efficace e viene utilizzato su diversi organismi. A dimostrazione di questo successo, è stata
creata una banca dati, la dbEST (Boguski et al.,1993), consultabile presso il sito dell'NCBI
(National Center for Biotechnology Information), in cui, fino al marzo 2001, sono state
depositate 7,550,778 ESTs. Alcune di esse sono state ottenute anche da funghi: Neurospora
crassa (Nelson et al., 1997), Phytophthora infestans (Kamoun et al., 1999), Mycosphaerella
graminicola (Keon et al., 2000) e Agaricus bisporus (Ospina Giraldo et al., 2000), solo per
citarne alcuni.
La genomica funzionale non si limita semplicemente a fornire un elenco di tutti i geni presenti
in un determinato organismo né ad indicare meramente la funzione di ciascuno di essi, ma si
pone l'obiettivo di capire in quale modo le diverse componenti lavorino insieme consentendo il
funzionamento della cellula e dell'intero organismo. Dunque, la nuova sfida consiste nel
descrivere, servendosi di tutte le tecnologie più avanzate, la complessità di un organismo in
modo preciso e quantitativo: dal profilo di espressione genica alla caratterizzazione delle
proteine, dalla individuazione di tutti gli alleli di un locus genico alla comprensione delle
interazioni proteina-proteina.
I.1.3. I DNA ARRAYS
Per trarre vantaggio dall'incremento di sequenze disponibili sono richiesti nuovi approcci
sperimentali che siano in grado di analizzare l'espressione genica globale di un organismo in
modo rapido e semplice: i DNA arrays. Le applicazioni di questa tecnica sono innumerevoli. Da
un punto di vista qualitativo, possono essere utilizzati per analizzare la sequenza di un gene allo
scopo di individuare la presenza di eventuali mutazioni patologiche. Ma i DNA arrays
rappresentano anche un valido approccio per l'analisi quantitativa dell'espressione genica: la
possibilità di analizzare in una singola esperienza l'espressione di un numero elevato di geni e
l'opportunità di individuare nuovi biomarcatori espressi specificamente in particolari condizioni
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di sviluppo dell'organismo sperimentale rappresentano un vantaggio enorme per gli studi di
genomica funzionale.
Il principio sul quale si basa questa tecnica innovativa è lo stesso utilizzato dal Southern Blot,
cioè l'individuazione di un gene di interesse (target), trasferito e fissato su un supporto solido,
tramite l'utilizzo di una sonda marcata che va ad ibridarsi con il target secondo il principio di
complementarità delle basi. Nel caso degli arrays le disposizioni della sonda e del target sono
completamente invertiti: le sonde sono depositate sotto forma di spot sul supporto solido, mentre
è il target sul quale si compie l'indagine ad essere mobile e marcato, generalmente con l'uso di un
radioisotopo. Quanto più elevata è la presenza di sequenze complementari nel target, tanto più
forte è il segnale che si rileva in corrispondenza di una determinata sonda. Normalmente le sonde
sono molecole di cDNA, mentre il target può essere rappresentato da mRNA o più spesso da
cDNA. Recentemente, l'uso di supporti non porosi in vetro e lo sviluppo di nuove tecnologie
robotizzate in grado di sintetizzare le sonde direttamente sul supporto o di deporre gli acidi
nucleici a distanze di poche centinaia di micron hanno consentito la miniaturizzazione dei DNA
arrays, determinando, conseguentemente, il risparmio di materiale e la possibilità di effettuare
screening con decine di migliaia di sonde. Oggi si fa quindi una distinzione tra macroarrays e
microarrays o DNA chips che è basata sostanzialmente sul numero di geni che possono essere
analizzati contemporaneamente: si parla di centinaia per i macroarrays e di decine di migliaia per
i microarrays. Inoltre, la marcatura del target per i macroarrays si esegue prevalentemente con
nucleotidi radioattivi, mentre per i microarrays si preferisce l'incorporazione di nucleotidi legati a
fluorocromi. Quest'ultimo accorgimento rende possibile una co-ibridazione con due target
marcati con fluorocromi di colore diverso dalla quale si ottiene un immagine a due colori che
permette una valutazione immediata delle differenze quantitative nell'espressione dei due
campioni (figura I.2.).
Figura I.2. Ibridazione di un DNA chip con una sonda legata a un fluorocromo verde e una marcata con un
fluorocromo rosso.
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Lo sviluppo delle nanotecnologie e lo studio dei materiali semiconduttori aumenteranno
sicuramente il numero di sonde che potranno essere depositate sul supporto solido degli arrays,
contribuendo in maniera decisiva a fornire un quadro esauriente su tutte le funzioni cellulari.
I.2. FUNGHI MICORRIZICI E GENOMICS
Le associazioni micorriziche sono simbiosi ubiquitarie che hanno profondi effetti sullo
sviluppo vegetativo e sulla salute della pianta ospite, nonché sulla sua capacità di rispondere a
stress ambientali, quali stress idrico o da metalli pesanti (Smith e Read, 1997; Martin et al.,
2000). I protagonisti fungini di tali simbiosi appartengono a diversi taxa e sono caratterizzati da
strategie nutrizionali differenti che ne determinano l’associazione con diversi gruppi di vegetali:
i funghi endomicorrizici arbuscolari sono per lo più associati a piante di interesse agro-
industriale (dai cereali alle leguminose), mentre gli ectomicorrizici colonizzano gran parte delle
essenze forestali.
Nonostante l’enorme interesse dei funghi micorrizici in ambito agro-forestale, sia come agenti
bio-trofici per la pianta ospite, sia come possibili bio-rimedianti, molti degli eventi molecolari
che controllano lo sviluppo dei funghi simbionti e, quindi, le potenzialità di applicazione di tali
organismi, sono ancora largamente sconosciute. Fino ad oggi non è stato proposto alcun
programma per il sequenziamento genomico di questi organismi. Ciò può essere spiegato, da un
lato, dalle elevate dimensioni del genoma, che per alcuni funghi endomicorrizici appartenenti
alla famiglia delle Glomales è stimato essere da tre a sette volte più grande di quello di
Arabidopsis, dall’altro dall’elevato grado di specializzazione funzionale di questi organismi, che
potrebbe ridurre drasticamente l’efficacia di metodi predittivi basati su ricerca di omologia,
facendo così aumentare in modo considerevole (soprattutto per le funzioni più uniche e peculiari,
quali la micorrizazione e la formazione del corpo fruttifero) il numero delle “sequenze ipotetiche
a funzione sconosciuta”.
Una valida alternativa al sequenziamento genomico è costituita dalla cosiddetta “genomica
funzionale”, che limitandosi alle sole sequenze espresse permette di ridurre drasticamente il
volume globale del campione da analizzare e di avvalersi di conoscenze genomiche già
disponibili per organismi “vicini”. Nello specifico contesto dei funghi micorrizici, tale strategia
può essere articolata secondo due approcci sperimentali distinti ma complementari. Il primo,
basato sull’impiego "eterologo" di arrays genici rappresentativi dell’intero genoma di funghi più
semplici, quali S. cerevisiae (già disponibile) o Neurospora crassa (il cui sequenziamento
genomico sta per essere completato), potrebbe fornire informazioni di carattere generale sulla
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regolazione di geni “house-keeping” in diverse fasi del ciclo vitale di funghi simbiotici quali
Gigaspora margarita (endomicorrizico) e T. borchii (ectomicorrizico). Il secondo approccio,
riferito ad un numero più limitato di geni, ma di tipo “omologo”, prevede invece l’isolamento
casuale di cloni da banche di cDNA rappresentative di particolari stadi di sviluppo dei suddetti
funghi micorrizici, il loro sequenziamento parziale e preliminare catalogazione, seguiti dallo
studio di espressione mediante l'allestimento di arrays genici. In tempi relativamente brevi,
quest’ultimo approccio potrebbe consentire di identificare, almeno su base predittiva/funzionale,
geni caratteristici della fase simbiotica e dunque presumibilmente unici dei funghi micorrizici,
insieme a geni espressi in altri momenti del ciclo vitale quali la crescita vegetativa e la
formazione del corpo fruttifero. In questo contesto sperimentale, potrebbero anche risultare
particolarmente interessanti studi di espressione “crociati” tra funghi ecto ed endomicorrizici, in
grado di fornire nuove e preziose informazioni sulla possibile esistenza di meccanismi
molecolari comuni e conservati in organismi caratterizzati da strategie di propagazione
simbiotica radicalmente diverse.
Gli studi di genomica funzionale nel campo delle simbiosi micorriziche sono ancora agli inizi
e riescono a rispondere soltanto in minima parte alle domande fondamentali che i ricercatori
operanti nel campo delle simbiosi fungo/pianta si pongono da oltre un decennio. L'approccio
EST e i cDNA arrays sono stati utilizzati con successo per identificare alcuni geni la cui
espressione è regolata dall'instaurarsi della simbiosi micorrizica tra Eucalyptus globulus e il
gasteromicete ectosimbionte Pisolithus tinctorius (Voiblet et al., 2001). Voiblet et al. hanno
sequenziato una serie cloni EST derivanti da una library di geni espressi nel corso della fase
simbiotica e ne hanno analizzato l'espressione sui cDNA arrays utilizzando sonde ottenute dalla
fase micorrizica, da radici non inoculate e da micelio libero. In tal modo hanno potuto fornire un
quadro generale delle principali funzioni cellulari che sono particolarmente attive durante la
simbiosi.
Accanto ai cDNA arrays, anche la DDRT-PCR o mRNA Differential Display può rivelarsi un
buon strumento di indagine per individuare i geni che sono espressi solo in una particolare fase
del ciclo biologico di un fungo e/o geni che mostrano di essere trascritti con un'intensità diversa
fase-dipendente. La sua potenzialità risiede nella possibilità di confrontare due o più profili di
espressione genica, ma si tratta solo di un indagine preliminare poiché i frammenti genici così
individuati sono anonimi e devono essere ancora riamplificati, clonati, sequenziati e ricontrollati
con il Northern Blot per evitare la presenza di falsi positivi. Questo approccio ha illustrato solo
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in maniera parziale le differenze nel profilo di espressione genica tra il micelio e i corpi fruttiferi
di T. borchii (Zeppa et al., 2000).
E' inoltre interessante notare che le migliaia di sequenze EST analizzate in progetti
internazionali (Francia, Germania, Usa, Giappone) dedicati a leguminose modello quali Lotus
japonicus e Medicago truncatula, potenzialmente in grado di riconoscere anche geni espressi
durante la micorrizazione (Downie e Bonfante, 2000), non hanno portato a sostanziali novità per
quanto riguarda i geni fungini implicati nelle fase simbiotica.
I.3. IL GENERE TUBER
.I funghi del genere Tuber appartengono al phylum degli Ascomycota, ordine Pezizales,
famiglia Tuberacee (Maia et al., 1996) la cui filogenesi è stata chiarita solo recentemente
(Percudani et al., 1999) (figura I.3.). Si tratta di funghi ipogei che hanno superato la minaccia
della disidratazione presente nell'habitat terrestre tramite lo sviluppo di corpi fruttiferi sotterranei
(Pegler et al.,1993). Sono funghi ectomicorrizici che generalmente entrano in simbiosi con
piante forestali quali Quercus, Alnus, Castanea, Populus, Salix tra le angiosperme, Pinus, Albies,
Pseudotaga tra le gimnosperme. Una delle eccezioni è il caso del sistema Tuber melanosporum-
Cistus incanus, in cui il fitobionte è una specie arbustiva (Fontana e Giovannetti, 1978-1979).
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Figura I.3. Albero filogenetico maximum-likelihood delle Pezizales sulla base
dell’analisi del DNAr 18S. In grassetto i taxa con spore plurinucleate, in rosso gli
ipogei ed in verde gli ectomicorrizici. Neolecta vitellina è stata utilizzata come
outgroup.