2
"timing" di ingresso nel nuovo settore, determinazione del posizionamento
dell'estensione) e di implementazione (identificazione delle principali
associazioni di marca, scelta della categoria di prodotto, definizione del
prodotto) in cui esse si articolano vengono approfondite nell'ottica
considerata; infine viene analizzato il ruolo che estensioni incrementali
svolgono ai fini della costruzione di marchi - ombrello. In questo quadro il
capitolo riporta un breve esame dei principali filoni di ricerca sulla estensione
di marca sviluppatisi nella letteratura di marketing negli ultimi anni.
Nel terzo capitolo il tema principale è rappresentato dal significato che
l'innovazione di prodotto assume nelle estensioni di marca. In tale prospettiva
sono presentati: le principali determinanti per la conduzione di processi di
sviluppo nuovi prodotti (da questo momento verrà utilizzato l'acronimo SNP)
di successo; la evoluzione che ha attraversato i processi di SNP negli ultimi
anni; le metodologie e gli strumenti di marketing a supporto; gli aspetti
organizzativi (i network inter ed intra - organizzativi per l'innovazione di
prodotto) e culturali (tipologie di processo). Inoltre viene proposto uno studio
esplorativo sugli effetti che l'attivazione di strategie di estensione produce
sulla configurazione dei processi di sviluppo.
Il capitolo quarto intende rappresentare un riscontro empirico dei temi
precedentemente analizzati. In esso viene esaminato il processo di
diversificazione della marca che ha connotato le strategie di crescita di
Buitoni negli ultimi anni. In particolare, viene analizzato l'evoluzione di
Buitoni, dall'immagine tradizionale che ha caratterizzato il marchio fino alla
fine degli anni Ottanta (ovvero fino al momento dell'acquisizione da parte di
Nestlè) per giungere ai giorni nostri, che vedono Buitoni competere con
successo in nuovi ambiti competitivi come surgelati e fresco attraverso la
proposta di prodotti ad alto valore aggiunto.
3
A questo proposito desidero ringraziare il Dr. Bruno Lommi, Direttore
Comunicazione Nestlè Italiana ed il Dr. Mauro Rossetti, Responsabile
Marketing Interdivisionale Nestlè Italiana per l'aiuto e la disponibilità
concessami ai fini della realizzazione del caso aziendale.
Parma, novembre ‘99
4
CAPITOLO 1
BRAND EQUITY
1. 1. La gestione strategica della marca
Il tema della marca è attualmente al centro degli interessi di studiosi e
manager. Tra i fattori che hanno determinato una riscoperta del tema, vanno
sicuramente ricordati :
™ i cambiamenti avvenuti nei processi di consumo e di acquisto degli
individui: elementi quali l'instabilità della congiuntura economica, i
progressi socio - culturali, l'individualizzazione delle preferenze, la
crescente disponibilità di informazioni consentita dalle nuove tecnologie e
dai nuovi media interattivi, hanno infatti reso i consumatori maggiormente
consapevoli del rapporto prezzo/soddisfazione offerto dai prodotti e meno
sensibili ad elementi di differenziazione marginali. Quanto detto ha
obbligato le imprese ad incrementare il valore della propria proposta
attraverso l'adozione di nuovi modelli di condotta. Tra questi, i principali
sono relativi alla gestione della relazione con il consumatore, di cui la
marca costituisce l'elemento fondamentale (Vicari, 1995);
™ il progressivo completamento del processo di modernizzazione e
concentrazione del settore distributivo iniziato in Italia nei primi anni
Settanta: esso ha determinato un cambiamento nei rapporti di potere tra
industria e distributori ed ha conseguentemente proposto i temi della
relazione tra marca commerciale e marca industriale, del rapporto tra
fedeltà alla marca e fedeltà all'insegna, del legame tra livelli di prezzo e
forza della marca.
5
La crescente attenzione nei confronti della marca è inoltre testimoniata dalle
cifre che dalla metà degli anni Ottanta caratterizzano le acquisizioni di marchi
nei mercati internazionali
1
.
Recenti studi in ambito strategico (Prahalad, Hamel, 1990; Grant, 1995)
hanno individuato nelle risorse e nelle competenze possedute dall'impresa la
base per la generazione di performance. In particolare, risultano essere
fondamentali le capacità "distintive", ovvero le risorse possedute in modo
differenziale rispetto alla concorrenza ("core competence"). La marca
rappresenta una delle risorse di base su cui l'impresa può fondare un
vantaggio competitivo, rafforzarlo e mantenerlo nel tempo. Essa infatti è lo
strumento attraverso cui l'impresa rende concrete le proprie relazioni con il
contesto esterno, ed in particolare con i propri clienti.
La natura di risorsa strategica della marca richiede una gestione di impresa
finalizzata all'accrescimento ed alla alimentazione del suo valore nel lungo
termine. Essa deve riferirsi a tre fondamentali ambiti :
™ l'identificazione degli elementi componenti la brand equity, ovvero il
valore differenziale che il marchio garantisce al consumatore ed alla
impresa;
™ la attivazione dei principali processi di alimentazione e di consolidamento
della brand equity: in particolare, lo sviluppo strategico delle associazioni
inerenti al marchio (brand identity) attraverso la diversificazione della
marca in nuovi contesti competitivi (brand extension);
™ la costruzione di strumenti adeguati di misurazione della brand equity, per
valutare gli effetti sul valore della marca provocati dall'attuazione di
specifiche strategie (per esempio, di estensione di marca).
1
Un esempio a tale proposito è rappresentato dalla acquisizione di Buitoni da parte di Nestlè , avvenuta nel
1988 per un valore 35 volte superiore ai profitti correnti (Kapferer 1997).
6
Le condotte delle imprese sono tuttavia sovente condizionate da forti
pressioni per ottenere risultati a breve termine, e questo può condurre ad
iniziative che deprimono il valore della marca. Per esempio, l'eccessivo
ricorso a promozioni può innescare, all'interno di un settore, un processo di
riduzione dei prezzi che inevitabilmente conduce ad una riduzione
dell'importanza dei valori associati alla marca. D'altra parte, va considerato
che, nelle società di capitali, il management viene spesso valutato in base al
valore corrente delle azioni piuttosto che alla strategie pianificate. Questo si
verifica perché la maggior parte degli azionisti non è in grado o non possiede
le informazioni necessarie per comprendere gli orientamenti strategici della
impresa (a loro volta largamente condizionati dall'ottenimento di risultati
positivi nei riscontri periodici delle vendite); inoltre raramente vengono
utilizzati indicatori affidabili per valutare i risultati di lungo periodo relativi
alla marca. La conseguenza è rappresentata dall'impiego di strumenti come i
coupon, sconti, sconti di quantità (per i distributori) che possono produrre
buoni risultati nei riscontri quadrimestrali delle vendite ma che (nel lungo
periodo o lungo termine) impoveriscono le capacità di differenziazione della
marca.
7
1.2. Il concetto di brand equity
Nella letteratura di marketing non esiste una definizione condivisa di "brand
equity", ma un insieme di contributi eterogenei sostanzialmente riconducibili
a due fondamentali filoni (Adams, 1995).
Un primo gruppo di autori definisce la brand equity in termini di
"performance" della marca (Kapferer, 1991). L'obiettivo è di stimare il valore
economico-finanziario della marca in una prospettiva di rappresentazione
contabile della stessa nei bilanci di esercizio. A questo proposito ricordiamo i
criteri di valutazione di natura civilistica e finanziaria, per i quali rimandiamo
al paragrafo 1. 4.
Una seconda prospettiva concettualizza invece la brand equity in termini
strategici : in questo caso, l'attenzione si sposta da misure finanziarie di breve
periodo a dimensioni aziendali di lungo periodo, quali le risorse e le
competenze. In questo ambito vanno segnalati gli studi di Keller (1993) ed
Aaker (1991): entrambi adottano un approccio "customer-based" nel senso
che la brand equity viene analizzata con riferimento alle relazioni che
l'impresa, attraverso determinate politiche di marca, instaura con il
consumatore.
Keller definisce il valore della marca come "l'effetto differenziale della
conoscenza della marca sulla risposta dei consumatori alla sua
commercializzazione" (Keller, 1993).
L'effetto differenziale viene quantificato confrontando la risposta dei
consumatori alla commercializzazione di una marca con quella rilevabile per
una versione del prodotto presentata con una marca fittizia oppure priva di
marca.
La conoscenza di marca, definita attraverso un modello concettuale che
rielabora i recenti sviluppi nelle teorie del comportamento e
8
dell'apprendimento individuale
2
, viene analizzata con riferimento due
componenti: la consapevolezza e l'immagine di marca. La consapevolezza è
legata alla probabilità che il nome di una marca affiori nella mente e alla
prontezza del relativo affioramento; essa è, a sua volta, la somma del
riconoscimento e del ricordo. L'immagine di marca concerne invece l'insieme
delle percezioni inerenti la marca, a loro volta riflesse nelle associazioni di
marca presenti nella memoria del consumatore. Tali associazioni fanno
riferimento agli attributi (le proprietà che caratterizzano un prodotto, un bene
od un servizio e che il consumatore si attende al momento dell'acquisto o del
consumo), ai benefici (i vantaggi che secondo i consumatori scaturiscono dal
prodotto o dal servizio) ed agli atteggiamenti (i giudizi complessivi che il
consumatore formulano sulla marca); inoltre esse possono variare in rapporto
al loro grado di positività, intensità e unicità.
La risposta dei consumatori alla commercializzazione è infine rappresentata
dalle opinioni, dalle preferenze e dei comportamenti dei consumatori indotti
dalla attivazione delle leve di marketing-mix (per esempio scelta della marca,
comprensione del messaggio pubblicitario, reazioni a campagne promozionali
oppure giudizi espressi su eventuali estensioni di marca)
3
.
Aaker (1991) definisce la brand-equity come "una serie di attività e passività
associate al marchio, che aggiungono o sottraggono valore al prodotto o
servizio venduto da una azienda e acquisito dai consumatori" (Aaker, 1991).
2
Per spiegare il concetto di conoscenza della marca l'autore fa riferimento ad alcuni principi basilari del
funzionamento della memoria. In particolare, viene impiegato "il modello della memoria come reticolo di
associazioni mentali" (Anderson 1983; Wyer e Srull 1989); secondo tale modello, la memoria o conoscenza
semantica è rappresentata come un complesso di nodi e collegamenti. All'atto della codificazione delle
informazioni esterne o del reperimento delle informazioni gia' costituite nella memoria di lungo termine, si
genera un processo di "attivazione di tipo propagativo", che procedendo di nodo in nodo, determina il
propagamento delle nozioni entro la memoria (Collins e Lotus1975; Raaijmakers e Shriffin 1981 ; Ratcliff e
McKoon 1988). Coerentemente al modello, la conoscenza della marca viene definita come il nodo della
memoria proprio della marca, cui fanno capo una serie di associazioni: le dimensioni che la qualificano e
influiscono sulla risposta del consumatore sono la consapevolezza della marca (in termini di ricordo e
riconoscimento) e la positivita', intensita' e unicita' delle associazioni di marca presenti nella memoria.
3
Vedi paragrafo 3.4. con riferimento alla conjoint analysis.
9
Tali attività e passività rappresentano le risorse su cui è fondato il valore della
marca; esse vengono raggruppate dall'autore in 5 categorie: fedeltà alla marca,
notorietà del nome, qualità percepita, valori associati alla marca e le altre
risorse esclusive della marca quali brevetti, marchi registrati, canali
distributivi esclusivi.
In conclusione, rimandando alla analisi delle risorse della marca al paragrafo
successivo, sintetizziamo le modalità attraverso cui esse generano valore per
il consumatore ed il produttore. Relativamente al consumatore :
™ aiutano ad interpretare, elaborare e memorizzare informazioni sui prodotti;
™ accrescono la sicurezza nella decisione d'acquisto sulla base delle
precedenti esperienze d'uso e della familiarità con la marca e le sue
caratteristiche;
™ incrementano la soddisfazione nella esperienza d'uso, con riguardo alla
qualità percepita ed ai valori associati alla marca.
Con riferimento al produttore esse creano valore in quanto rafforzano :
™ l'efficienza e l'efficacia delle attività di marketing; un programma di
conquista clienti è più efficace se la marca è valutata positivamente e non
esistono dubbi da combattere sulla qualità dei suoi prodotti;
™ la fedeltà alla marca; le altre risorse costituenti la brand equity, come per
esempio la qualità percepita ed i valori associati rappresentano fattori che
contribuiscono a garantire rassicurazione al consumatore ed a dissuaderlo
dal provare nuovi prodotti;
™ i prezzi e conseguentemente i margini; un'elevata qualità percepita
giustifica il premium price e conseguentemente riduce l'impatto delle
promozioni;
™ le potenzialità di estensione della marca, come verrà chiarito nel capitolo
2;
10
™ l'influenza sulla distribuzione; una marca nota viene referenziata più
facilmente all'interno dei punti vendita e riceve una maggiore
collaborazione dal trade nella realizzazione delle proprie iniziative di
marketing;
™ la differenziazione dei prodotti; un posizionamento di forte qualità
percepita o una elevata notorietà costituiscono vantaggi competitivi non
semplici da superare per le imprese concorrenti;
™ il valore dell'impresa. Come si è detto nel paragrafo 1.1 la marca
rappresenta una delle risorse differenziali più importanti per l'impresa;
inoltre essa stessa è oggetto di elevate valutazioni nei mercati
internazionali nei casi di acquisizione.
11
1.3. Le componenti della brand equity
Come abbiamo già detto in precedenza esiste in letteratura una varietà di
approcci e conseguentemente di definizioni relativi alla brand equity; in
questo paragrafo faremo perciò riferimento ai componenti della stessa che
vengono considerati direttamente o indirettamente da più autori, (Adams,
1995; Aaker, 1996; Kapferer, 1997) quali la fedeltà di marca (brand loyalty),
la notorietà di marca (brand awarness), i valori associati alla marca (brand
associations), la qualità percepita (perceived quality).
1.3.1. La fedeltà di marca
La fedeltà alla marca può essere definita come una misura dell'attaccamento
del cliente ad una marca. È una risorsa di valore della marca in quanto una
base di clienti abituali :
™ rappresenta una fonte sicura di reddito che si prolunga nel tempo;
™ offre una leva sul trade: il referenziamento o meno della marca può infatti
condizionare la scelta del punto vendita da parte dei segmenti di clientela
maggiormente fedeli;
™ consente di incrementare la produttività degli sforzi di marketing : un
programma di mantenimento dei clienti abituali è meno dispendioso di un
programma finalizzato alla conquista di nuovi che devono essere contattati
e stimolati al cambiamento di marca.
La fedeltà di marca si fonda su quattro pilastri :
™ la soddisfazione del consumatore, che deve essere oggetto di periodiche
rilevazioni;
12
™ i costi di cambiamento
che il consumatore si attende di dover sopportare
acquistando una nuova marca;
™ il senso di prossimità verso la marca, che può essere declinato in vari
modi quali la simpatia, il rispetto, l'amicizia, la fiducia;
™ il coinvolgimento del consumatore che viene misurato attraverso il livello
di interazione e di comunicazione stimolato dal prodotto (ad esempio
quando il consumatore ama parlarne e raccomandarlo) e dal grado di
importanza che la marca investe per una persona, per le sue attività, per
la sua personalità.
Esistono diversi livelli di fedeltà alla marca: a tale proposito è opportuno
segmentare la clientela in funzione dei differenti profili di fedeltà, in modo da
orientare le scelte strategiche e tattiche di marketing. Generalmente in un
mercato vengono individuati i seguenti gruppi (Aaker, 1996):
™ i non clienti (noncustomers): gli acquirenti di marche concorrenti o di
altre categorie di prodotto;
™ gli infedeli (price-switchers): gli acquirenti maggiormente sensibili al
prezzo che alla marca;
™ i passivamente fedeli (passively-loyal): i clienti che comprano
semplicemente per abitudine e non appaiono motivati all'acquisto della
marca;
™ i clienti "seduti su di una staccionata" (fence-sitters): i consumatori
indifferenti rispetto alle due o più marche che compongono il paniere di
marche preferite;
™ i coinvolti (committed): i clienti che amano la marca a causa di una
associazione, un marchio, una serie di esperienze d'uso, o l'alta qualità
percepita.
Le imprese costruiscono database di consumatori per l'individuazione dei
segmenti a cui indirizzare specifiche iniziative di marketing. Un'attiva
13
gestione del segmento dei passivamente fedeli, per esempio, richiede sforzi
per evitare rotture di stock nella distribuzione e per garantire profondità delle
linee di prodotti (quindi numerose varianti in termini di colori, dimensioni,
misure) (Aaker, 1991). L'obiettivo è di migliorare il profilo di fedeltà del
portafoglio - clienti cercando di ridurre la quota di consumatori fortemente
sensibili al prezzo.
Un errore che spesso le imprese compiono, e che può causare ingenti perdite,
è di non investire abbastanza nei clienti abituali per cercare di attuare
programmi di conquista di nuovi clienti. È invece preferibile incrementare il
coinvolgimento dei clienti esistenti: un parco di clienti soddisfatto infatti,
comunica segnali di rassicurazione ai consumatori, generando nuovi
potenziali clienti ed aumentando la notorietà della marca attraverso la sua
opera di passaparola. Va inoltre ricordato che la fedeltà si caratterizza per una
elevata diffusività, nel senso che fornisce alle imprese l'opportunità di
estenderla ad altri prodotti attraverso strategie di brand-extension che
permettano il contenimento dei costi e dei rischi associati al lancio di nuovi
prodotti (Busacca, 1995).
Le modalità tradizionali di rafforzamento della fedeltà di marca sono
rappresentate dalla proposta di prodotti e servizi di elevata qualità, ed in
generale dall'innalzamento dei costi di cambiamento della marca del
consumatore. Accanto a queste ultime si segnalano alcuni approcci innovativi
quali ad esempio la creazione di club dei clienti. Essi rappresentano degli
strumenti attraverso cui il consumatore può identificarsi con la marca,
esprimere le sue percezioni ed atteggiamenti e condividere la relazione con la
marca con altri consumatori
4
.
4
Un esempio in questo senso è rappresentato dalla "casa Buitoni club", per la cui trattazione rimandiamo al
caso aziendale.
14
1.3.2. La notorietà di marca
La notorietà della marca indica la "forza" della marca nella memoria del
consumatore, ovvero la capacità di un acquirente potenziale di riconoscere o
ricordare che la marca è presente in una certa classe di prodotto e di stabilire
così un legame fra la classe di prodotto e la marca (Adams, 1995).
La notorietà di marca costituisce il presupposto per la creazione di
associazioni di marca, dal momento che la comunicazione delle caratteristiche
di marca risulterebbe inutile se riferita ad un nome non consolidato nella
memoria del consumatore. Essa è direttamente collegata alla familiarità che il
consumatore ha della marca, a sua volta dipendente dalle esperienze d'uso
accumulate con il prodotto, dai contatti con la pubblicità o le informazioni
ricevute da altri consumatori. Inoltre, come dimostra uno studio empirico
5
, la
notorietà di marca incide sulla possibilità che la marca sia inclusa nel paniere
di marche considerate potenzialmente idonee al soddisfacimento di un
determinato bisogno e nel cui interno viene effettuata la scelta di acquisto del
consumatore. In particolare, il ricordo della marca può essere determinante
per l'acquisto di beni a forte frequenza di acquisto per i quali le decisioni di
vendita vengono spesso prese all'interno del punto vendita.
La notorietà di marca si sviluppa lungo quattro livelli (unaware of brand,
brand recognition, brand recall, top of mind), a partire da un sentimento di
incertezza sul riconoscimento della marca fino alla convinzione che la marca
sia l'unica nella classe di prodotto. Il livello più basso di notorietà, oltre
ovviamente alla mancata consapevolezza della esistenza della marca, è
rappresentato dal riconoscimento di marca o brand recognition. Esso
consiste nella capacità dell'individuo di riconoscere correttamente una marca
che gli viene presentata nell'ambito di una certa classe di prodotti. Il livello
5
Prakash Nedungadi, "Recall and Consumer Consideration Sets : Influencing Choice without Altering Brand
Evaluations", Journala of Advertising Research, dicembre 1990, pp.263-276.
15
successivo è il richiamo della marca o brand recall e riguarda la capacità di
richiamare alla mente una marca, in seguito alla menzione di una categoria di
prodotto o di definiti bisogni; viene definito anche ricordo spontaneo perchè
in questo caso all' intervistato non vengono suggeriti dei nomi.
La relazione tra richiamo e riconoscimento è sintetizzata da figura 1,
rappresentante il modello sviluppato da Young & Rubicam Europa
6
.
Figura 1. Il modello "cimitero"
Fonte: Aaker, 1996
In esso, le marche di una classe di prodotto vengono posizionate in funzione
del richiamo e del riconoscimento riscontrato attraverso ricerche sui
consumatori; tale modello è stato verificato in diverse categorie di prodotto ed
è stato accertato che le marche tendono a posizionarsi sulla curva raffigurata
nel grafico, con due eccezioni rappresentate dalle marche di nicchia e le
marche "cimitero".
Alto
Cimitero
x
Basso
Basso Alto
Richiamo
Marche di nicchia
Marca
R
i
c
o
n
o
s
c
i
m
e
n
t
o