Il lavoro è stato suddiviso in quattro parti. 
Il primo capitolo ha per oggetto le crisi d’impresa. Si è partiti dall’analisi 
dell’evoluzione del concetto di crisi nel tempo dal periodo pre-industriale a quello post-
industriale; è poi stata trattata la problematica della crisi in riferimento alle singole 
imprese, con particolare attenzione ai tre filoni che si sono sviluppati dopo la crisi 
petrolifera degli anni ’70 nei paesi anglosassoni, in Francia e in Italia; sono stati infine 
riportati i principali modelli che hanno permesso una classificazione delle crisi 
d’impresa. Questo il quadro generale cui si è fatto riferimento per definire una crisi da 
evento shock, per evidenziare le caratteristiche oggettive di questo tipo di crisi, per 
delineare i criteri in base ai quali una situazione è percepita come “crisi” dagli individui 
che fanno parte dell’impresa.  
Il secondo capitolo si apre con un rapido excursus sui principali studi economico-
aziendalistici e sociali che hanno per oggetto la natura degli eventi non competitivi che 
possono colpire l’impresa incidendo sul suo valore. Si passa poi alla trattazione più 
specifica della protezione aziendale, di cui vengono, da un lato, fissati i livelli, i 
requisiti essenziali e le aree di attività, dall’altro evidenziato il contributo che essa 
fornisce alla creazione del vantaggio competitivo aziendale. Il lavoro prosegue con la 
trattazione delle tecniche del risk management, mettendo in luce che, per quanto 
sofisticato possa essere il sistema di gestione dei rischi aziendali, una certa dose di 
pericolo risulta comunque ineliminabile. In questo contesto si innesta il crisis 
management, che racchiude le tecniche volte a ridurre l’impatto dei cosiddetti “eventi 
shock”. 
  
  
Oggetto del terzo capitolo sono le risorse intangibili. Si è cercato di tracciare, pur 
nella frammentarietà degli approcci, un quadro generale di riferimento per comprendere 
l’importanza connessa a questa tematica. Successivamente è stato sottolineato il peso 
degli intangibles rispetto al patrimonio complessivo d’impresa nella costituzione del 
potere competitivo dell’azienda. Si è poi optato per l’approfondimento di alcune 
categorie fondamentali di intangibles, il cui nesso con il crisis management è risultato 
più immediato; in particolare è stata focalizzata l’attenzione sulla “risorsa immateriale 
di ordine superiore” definita da Coda «credibilità dell’azienda». Infine si è cercato di 
evidenziare come una buona reputazione e un’immagine positiva garantiscano 
all’azienda la possibilità di superare più agevolmente una crisi da evento shock. 
Nell’ultimo capitolo sono stati descritti otto casi aziendali scelti perché ritenuti 
particolarmente significativi ed esemplificativi della tematica trattata. Essi sono stati  
raggruppati in tre categorie: azioni intenzionali, azioni non intenzionali, computer 
crime, al fine di trovare un riscontro empirico a quanto trattato nei capitoli precedenti. 
 
 1
CAPITOLO 1 Le crisi d’impresa 
1.1 L’evoluzione del concetto di crisi nel tempo  
1.1.1 Introduzione 
L’economia aziendale, gli studi economici, gli studi di strategia sono tutte 
materie di studio che si sono interessate al problema della crisi d’impresa. 
Ciascuna di esse, ovviamente, ha analizzato il fenomeno sotto una diversa 
prospettiva, approfondendo alcuni aspetti e tralasciandone altri, offrendo così un 
differente contributo all’interpretazione del fenomeno. 
In questa parte del lavoro ci proponiamo di evidenziare l’evoluzione del 
concetto di crisi d’impresa nel tempo, analizzando l’apporto dato dalla letteratura 
economica. 
Il tema della crisi d’impresa nell’ambito degli studi economici ha ricoperto 
uno spazio sempre crescente nel corso del tempo. Possiamo riconoscere due 
diversi periodi di sviluppo degli studi in esame: il primo va dall’inizio del XIX 
secolo alla prima metà del XX secolo; il secondo dal dopoguerra ai giorni nostri.
1
 
Nel primo periodo lo studio delle crisi d’impresa ha avuto uno spazio molto 
esiguo nella letteratura economica in quanto si sono sviluppati studi che 
affrontano il problema della crisi in riferimento all’intero sistema economico. 
                                                 
1
 Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), Crisi d’impresa tra sistema e management per un 
approccio allo studio delle crisi aziendali, EGEA, Milano. 
 2 
A partire dal secondo dopoguerra si sono sviluppati due filoni di letteratura 
economica che affrontano il problema della crisi d’impresa in modo più specifico. 
Si tratta della letteratura sulla crisi dei sistemi produttivi e di quella sulle crisi 
settoriali.
2
 È importante sottolineare che in entrambi i filoni non si fa ancora 
esplicito riferimento alla singola impresa ma a sistemi produttivi definiti 
geograficamente o settorialmente. Solo negli ultimi anni, infatti, si sono sviluppati 
filoni di studio sulle crisi d’impresa, che si sono separati completamente dalla 
letteratura delle crisi dei sistemi complessivi.  
 
1.1.2 Il concetto di crisi d’impresa nel tempo 
Nello studio dell’evoluzione del sistema economico si distinguono cinque 
fasi: il periodo pre-industriale, l’epoca del primo capitalismo (inizio XIX secolo), 
l’epoca del capitalismo burocratico (fine XIX secolo), il periodo del capitalismo 
maturo (XX secolo), l’epoca post industriale.
3
 
Tali fasi possono essere utilizzate anche per studiare l’evoluzione del 
concetto di crisi d’impresa nel tempo, poiché esso risulterà sostanzialmente 
diverso grazie alle notevoli differenze «dei sistemi di valori morali e di 
conoscenze economiche caratteristiche di ciascuna fase» (TEDESCHI-TOSCHI P. 
1993; p. 7). 
                                                 
2
 Cfr. ibid. p. 7. 
 
3
 Cfr. LEWIS J., STANWORTH J., (1984), Success and failure of small firms, Gower, Aldershot, 
UK. 
 3
In particolare, nell’“epoca pre-industriale” con l’espressione crisi d’impresa si 
faceva riferimento alla scomparsa di un’attività mercantile. Il termine aveva un 
connotato estremamente negativo e moralmente deprecabile e «veniva spesso 
usato come sinonimo di fallimento» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 7). La 
scomparsa dell’attività era considerata la prova della disonestà e dell’indifferenza 
del mercante che, non avendo tenuto i libri contabili e non avendo adeguatamente 
vigilato sui collaboratori, veniva a trovarsi nell’impossibilità di far fronte agli 
impegni assunti.
4
 In questa società la crisi era vista come un «furto nei confronti 
dei creditori, i quali in base al diritto comune potevano rivalersi sui i beni e sul 
corpo del fallito» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 7). 
La società del XIX secolo viene definita da Lewis e Stanworth, con 
riferimento alla prima metà del secolo, «l’epoca del primo capitalismo», in quanto 
caratterizzata dalla nascita e dallo sviluppo del sistema capitalistico. Infatti è in 
questo periodo che si afferma il cosiddetto «capitalismo produttivo» (ROSIER B. 
1987; p. 4) in Francia e Inghilterra.
5
 La crisi aziendale era individuata nell’assenza 
di profitto e nella conseguente scomparsa di imprese dal mercato. Tale evento, 
seppur condannato dal punto di vista morale, aveva una connotazione quasi 
positiva in quanto « il fallimento e la conseguente scomparsa delle imprese non 
efficienti erano considerati eventi naturali e necessari per garantire la migliore 
                                                 
4
 Per approfondire l’argomento Cfr. MILL J. S.,(1845), principles of political economy with some 
applications to social philosophy” Trad.It. principi di economia politica a cura di FONTANA B. 
(1979), Editori Riuniti, Roma. 
 
5
 Cfr. ROSIER B., (1987), Teoria delle crisi economiche, Sansoni, Firenze. 
 
 4 
allocazione delle risorse e la crescita del sistema economico» (TEDESCHI-
TOSCHI P. 1993; p. 7). Questa concezione risente delle neonate teorie della 
scuola classica
6
 e di quelle successive della scuola neo classica
7
 in base alle quali 
«l’espulsione dal mercato delle imprese non competitive» era «un mezzo per 
migliorare l’efficienza del sistema economico» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 
7). 
Con la fine del XIX ha inizio il periodo che Lewis e Stanworth definiscono 
del “capitalismo burocratico” poiché caratterizzato «dall’introduzione di strumenti 
contabili e di leggi finalizzate alla regolamentazione dell’industria e del 
commercio» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9). Il termine crisi di un’impresa 
indicava lo «squilibrio tra le attività e passività aziendali» (TEDESCHI-TOSCHI 
P. 1993; p. 9). La crisi veniva ravvisata quindi nella mancanza di liquidità e nella 
conseguente incapacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni. In 
questo fase la sua accezione era molto negativa indicando un momento estremo 
nella vita di un ‘impresa. 
                                                 
6
 La crisi è concepita come un’ evento accidentale ,il cosiddetto “impensabile di Ricardo” 
,derivante cioè da fattori esterni al sistema produttivo dal momento che l’equilibrio è pensato come 
naturale. Inoltre la produzione è rappresentata come capace di creare da se stessa la sua domanda: 
questa è la celebre “legge degli sbocchi” (1803) di Jean-Baptiste Say .Cfr. ROSIER B., (1987), 
Teoria delle crisi economiche, Sansoni, Firenze p. XII. 
 
7
 Viene sviluppata la “teoria dell’ equilibrio generale” in base alla quale un’economia di mercato 
dovrebbe ignorare qualsiasi disequilibrio e qualsiasi crisi, salvo nei casi in cui ci sia nel mercato 
informazione incompleta, concorrenza imperfetta, influenza degli uni su gli altri, interventi dello 
stato… tutti fenomeni che caratterizzano i mercati reali. Cfr. ROSIER B., (1987), Teoria delle crisi 
economiche, Sansoni, Firenze p. XIV. Per approfondire l’argomento Cfr. WALRAS L. (1874) 
Elementi di economia politica pura. 
 
 5
Nella «società del XX secolo» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9), il 
periodo del “capitalismo maturo” per Lewis e Stanworth, il termine crisi 
d’impresa riduce decisamente «la sua valenza di evento moralmente 
condannabile» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9), causato cioè da una condotta 
consapevolmente irresponsabile dell’imprenditore. Per Lewis e Stanworth questa 
concezione potrebbe derivare dall’identificazione dei cicli economici,
8
 ossia di 
fenomeni incontrollabili in grado di causare il declino delle imprese.
9
 In questo 
periodo, inoltre, la crisi aziendale perde la sua caratteristica di evento irreparabile, 
che provoca necessariamente la scomparsa dell’impresa dal mercato; in altre 
parole viene riconosciuta la possibilità di «correggere gli errori e di risanare 
l’impresa» (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 9). Il risanamento delle imprese in 
crisi diventa una funzione fondamentale, che verrà svolta dal management 
dell’impresa colpita con il sostegno dell’intera comunità per evitarne a qualsiasi 
costo il fallimento. 
Nell’attuale stadio di evoluzione del sistema economico, quello della 
cosiddetta “epoca post-industriale”, la consapevolezza del progressivo 
depauperamento delle risorse naturali e dei crescenti rischi ecologici ha spinto ad 
includere nel bilancio delle imprese anche i costi umani e sociali derivanti dalla 
                                                 
8
 Il primo a descrivere la crisi come momento di cicli economici successivi (ciclo classico o 
Juglar) fu Juglar Clèment nell’opera Le crisi commerciali e il loro ritorno periodico in Francia, in 
Inghilterra e negli Stati Uniti del 1862 indicandola come il “momento di passaggio da un periodo 
di espansione o di sviluppo abbastanza sostenuto a un periodo di depressione o di contrazione più 
o meno lungo nel corso del quale finiscono per mettersi in opera le condizioni della ripresa punto 
di svolta inverso della congiuntura”. 
 
9
 Cfr. LEWIS J., STANWORTH J., (1984), op. cit. 
 
 6 
loro attività. In questa visione il concetto di crisi d’impresa indica «la produzione 
di elevati costi umani e sociali che dovrebbero portare alla loro scomparsa anche 
se, dal punto di vista reddituale, fossero imprese di successo» (TEDESCHI-
TOSCHI P. 1993; p. 9). 
 
1.2 Cenni sui principali studi riguardanti le crisi d’impresa 
Gli studi riguardanti le problematiche delle crisi, a livello di singola impresa, 
sviluppati in ambito internazionale hanno conosciuto un forte sviluppo soprattutto 
in due periodi: il primo si individua nell’intervallo di tempo compreso tra la 
depressione degli anni ’30 e i primi anni ’40; il secondo va dalla crisi petrolifera 
degli anni ‘70 ai giorni nostri.
10
 
A questi intervalli di tempo possiamo ricondurre due grandi filoni di analisi 
che si sono sviluppati separatamente e con pochi punti di contatto.
11
 Il primo di 
essi è individuabile negli studi che hanno avuto origine, negli Stati Uniti, dopo la 
depressione degli anni ’30. Essi nascono essenzialmente nell’ambito di ricerche 
statistico-matematiche elaborate dagli istituti di credito, al fine di prevedere 
l’insolvenza delle aziende. Tali studi, tuttavia non affrontano le problematiche 
legate alla gestione delle aziende in crisi, ma si limitano, a determinare degli 
                                                 
10
 Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), Crisi d’impresa tra sistema e management per un 
approccio allo studio delle crisi aziendali, EGEA, Milano. 
 
11
 Cfr. ibid. p. 48. 
 
 7
“strumenti di difesa” (TEDESCHI-TOSCHI P. 1993; p. 47) per le banche nei 
confronti della crisi delle imprese da esse finanziate. 
Il secondo filone di analisi, sviluppatosi dopo la crisi petrolifera degli anni 
’70, è rappresentato dagli studi che hanno affrontato le problematiche delle crisi 
aziendali in termini manageriali, ovvero focalizzando l’attenzione sulla gestione 
della crisi vista dall’interno dell’impresa. 
Nell’ambito di questo filone si riconoscono diversi approcci di analisi che 
risentono delle diverse culture in campo aziendale
12
 dei paesi industrializzati. Si 
distinguono in particolare due impostazioni:
13
 una degli studi nord americani, 
inglesi e francesi; l’altra degli studi italiani.
14
 
Negli USA, in Gran Bretagna e in Francia l’attività di studio nell’area 
aziendale è stata sempre caratterizzata dalla ricerca di modelli di comportamento 
utili per lo svolgimento delle diverse funzioni aziendali, come il marketing, la 
finanza, la produzione, ecc..
15
 Questo approccio si riscontra, anche negli studi che 
hanno affrontato il tema delle crisi d’impresa. L’esposizione analitica di tutta la 
                                                 
12
 Alcune delle variabili che influenzano la cultura aziendale sono: le condizioni economico-socio-
politiche e le vicende storiche di ciascun paese, le forme e tipologie di intervento dello Stato a 
favore di aziende in crisi e lo stadio di sviluppo dei diversi mercati (quello del consumo, 
finanziario, etc.) Cfr. AIROLDI G. (1986), L’articolazione, l’origine ed il valore normativo delle 
discipline economico-aziendali, Letture e casi di Economia Aziendale, Cusl, Milano. 
 
13
 Cfr. TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), op. cit. 
 
14
Altri autori ritengono che le variabili che influenzano in modo particolare i diversi approcci 
sono: 
• Le dimensioni e la tipologie delle aziende esaminate; 
• Lo stadio di manifestazione della crisi; 
Cfr. DELLA CORTE V. (1995), Analisi della bibliografia sulle”crisi d’impresa”, in SCIARELLI 
S. (1995), Crisi d’impresa il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, 
Cedam, Milano, pp. 213 e ss. 
 
15
 Cfr. AIROLDI G. (1986), L’articolazione, l’origine ed il valore… 
 8 
letteratura in materia, non rientra nell’oggetto del presente studio, ma data la sua 
rilevanza riteniamo indispensabile per lo meno accennare agli autori che hanno 
dato un apporto significativo allo sviluppo di questa tematica, riportandoli 
schematicamente nella Tabella 1. 
 
 
Tabella n.1- Principali studi sulle crisi d’impresa nei paesi anglosassoni. 
Fattori causali di crisi di natura: 
Autore e anno di 
pubblicazione 
Metodologia 
della ricerca 
Principali 
risultati 
Macroambientale Settoriale Aziendale 
Interventi 
suggeriti 
Brooks – 1964 analisi di casi 
aziendali 
è uno dei primi 
studi sulle crisi 
d’impresa 
 
• scarsa atten-
zione 
all’evoluzione dei 
gusti dei consu-
matori 
 
Smith – 1966 analisi di casi 
aziendali 
riconosce (indiret-
tamente) la rile-
vanza delle varia-
bili ambientali 
quale causa di crisi 
 
• calo della 
domanda 
• mancanza 
sistemi di con-
trollo 
 
• eccessivo ac-
centramento 
 
• sviluppo non 
controllato delle 
attività aziendali 
 
 
• sostituzione 
management 
 
• istituzione 
sistemi di con-
trollo 
 
Altman – 1971 analisi di casi 
aziendali 
mette in luce la 
relazione tra al-
cune variabili 
macroambientali 
(Pil, valore del 
mercato azionario) 
e il tasso di falli-
mento delle im-
prese 
• restrizioni creditizie 
 
• aspettative degli inve-
stitori 
 
• fase del ciclo economico
 
• squilibri finan-
ziari 
• modifica dei 
prodotti 
 
• sostituzione 
management 
 
• cessione di 
impianti e atti-
vità 
 
• modifica della 
struttura finan-
ziaria 
Barmash – 1973 analisi di casi 
aziendali 
  
• avidità e disone-
stà del 
management 
 
• eccessivo livello 
dei costi 
 
Cohen – 1973 analisi di casi 
aziendali 
  
• sviluppo non 
controllato 
 
Harthigan – 1973 analisi di casi 
aziendali 
 
• fase recessiva del ciclo 
economico 
 
• disonestà del 
management 
 
• mezzi propri 
insufficienti 
 
Ross, Kami – 1973 analisi di casi    
• incompetenza  
 9
aziendali manageriale 
 
• sistemi infor-
mativi inefficienti 
Shendel, Patton, Rigs – 
1973 
analisi di casi 
aziendali 
  
• concentraz.. 
vendite su pochi 
clienti 
 
• impianti obsoleti
• sostituzione 
del management
Simmond – 1974 analisi di casi 
aziendali 
  
• elevato indebi-
tamento 
 
• eccessivo ac-
centramento 
 
Argenti – 1976 analisi di casi 
aziendali e lettera-
tura 
esamina tutte le 
problematiche 
relative alla crisi 
 
• incompetenza 
manageriale 
 
• eccessivo svi-
luppo delle atti-
vità aziendali 
 
• coincidenza tra 
presidente e am-
ministratore 
• sostituzione 
del management
 
• riduzione 
attività 
 
• abbandono 
progetti troppo 
ambiziosi 
Smart, Thompson, Ver-
tinsky – 1978 
analisi di casi 
aziendali 
 
• aumento 
della concor-
renza 
• incompetenza 
manageriale 
 
Taffler – 1980 analisi di casi 
aziendali 
mette in luce al-
cuni eventi macro-
ambientali in grado 
di causare una crisi
• politiche economiche 
(controllo prezzi, politiche 
antinquinamento ecc.) 
  
Taylor – 1980 analisi di casi 
aziendali 
 
• aumento del prelievo 
fiscale 
  
Argenti – 1983 analisi della lette-
ratura 
sottolinea il di-
verso impatto dei 
fenomeni ambien-
tali a seconda della 
condizione azien-
dale 
• ostilità verso le istitu-
zioni economiche 
• mutamenti 
improvvisi 
nella struttura 
del settore 
• scarsa atten-
zione ai cambia-
menti ambientali 
 
Platt – 1984 analisi della lette-
ratura 
  
• incompetenza 
manageriale 
 
• rifiuto del 
management di 
adeguarsi al mu-
tamento tecnolo-
gico 
 
Slatter – 1984 analisi di casi 
aziendali e lettera-
tura 
è il primo che 
effettua un’ analisi 
completa in ter-
mini aziendalistici 
delle cause di crisi 
di un’ impresa 
sottolineando la 
rilevanza dei fe-
nomeni ambientali 
quali causa scate-
nante 
• politiche economiche 
(controllo dei prezzi, 
tasse, etc.) 
• mutamento 
gusti del con-
sumatore 
 
• aumento 
della concor-
renza sui 
prezzi 
 
• mancato 
rinnovo dei 
prodotti 
• sostituzione del 
management 
 
• riduzione delle 
attività 
 
• cambiamenti 
organizzativi 
 
• riduzione dei 
costi 
 
• ristrutturazione 
del passivo 
 
• sviluppo non 
controllato 
dell’impresa 
 
• controllo finan-
ziario inadeguato 
 
• elevata inci-
denza dei costi 
fissi 
 
• inefficienze 
operative 
 
• scarsa atten-
zione 
all’evoluzione 
ambientale 
 
 10 
Karbanda, Stalworty – 
1985 
analisi di casi 
aziendali 
  
• incompetenza 
manageriale 
 
• comunicazione 
interna inefficace 
• sostituzione 
del management 
Meyers – 1986 analisi di casi 
aziendali 
esamina numerose 
crisi non estreme 
• congiuntura internazio-
nale negativa 
• improvvisi 
mutamenti di 
mercato 
• fallimento di un 
prodotto 
 
• successione mal 
gestita 
 
• mancanza di 
liquidità 
• propone di-
versi interventi 
per ogni causa 
di crisi 
Davis – 1988 analisi di casi 
aziendali e lettera-
tura 
individua le “one-
off causes” interne 
ed esterne alla 
struttura aziendale 
• guerre civili 
 
• improvvisi provvedi-
menti politici 
 
• sequestri di materie 
prime da parte dello Stato 
• crescente 
competitività 
 
• calo della 
domanda 
• progetti di 
grossa portata 
errati 
 
• tentativi di 
diversificazione 
non adeguata-
mente ponderati 
 
Boyle , Desai – 1991 analisi di casi 
aziendali e lettera-
tura 
Sottolineano 
l’importanza della 
sopravvivenza 
delle PMI 
• installare un 
sistema di pre-
venzione delle 
crisi nelle PMI 
 
Fonte: TEDESCHI-TOSCHI P. (1993), op. cit 
  DELLA CORTE V. (1995), op. cit.  
 
 
Malgrado l’ampliamento di orizzonti che si è potuto constatare in alcuni 
autori,
16
 il taglio delle analisi ha avuto sempre un carattere normativo volto 
all’individuazione di metodi e regole che è opportuno rispettare per superare o 
evitare una crisi d’impresa, in questo modo si è andato a formare un complesso di 
precetti in materia di prevenzione e gestione delle crisi focalizzati spesso per 
singole aree funzionali. 
Gli studi francesi, a differenza di quelli anglosassoni, hanno dedicato più 
spazio allo studio dei fattori causali di crisi e a quello delle sue evidenze 
empiriche, rispetto a quello riservato all’analisi delle modalità e delle fasi dei 
                                                 
16
 Come nel caso di Slatter. Cfr. SLATTER S. (1984), Corporate recovery: successful turnaround 
strategies and their implementation, Penguin Books, Londra. 
 
 11
processi di gestione delle crisi.
17
 Tali ricerche si sono concentrate soprattutto dagli 
anni ’70 fino agli inizi degli anni ’80 mentre non sembrano aver conosciuto 
rilevanti sviluppi negli anni recenti a meno che non si considerano contributi che 
fanno riferimento solo marginalmente al fenomeno delle crisi d’impresa.  
In Italia l’approccio agli studi aziendali è completamente diverso rispetto a 
quello dei paesi anglosassoni. Le ricerche Italiane si distinguono 
fondamentalmente per una visione unitaria della realtà aziendale e per un 
approccio di analisi di tipo teorico. Questo ha portato a considerare sempre con 
molta prudenza sia le analisi che scompongono il sistema aziendale in comparti 
specializzati, sia quelle che hanno come obiettivo di fissare norme di 
comportamento anziché teorie che aiutino a comprendere la natura aziendale. 
Anche per Zappa
18
 «accrescere la facoltà di discernere è l’unico mezzo per il 
quale le teorie astratte, e non i precetti, possono riuscire di valido sussidio nella 
soluzione della grande varietà delle complesse questioni suscitate 
dall’amministrazione economica d’azienda»(ZAPPA 1954; p. 20). 
Tale visione della materia si rispecchia anche negli studi aventi come oggetto 
le crisi d’impresa, di cui riportiamo sinteticamente i contributi più importanti. 
                                                 
17
 Gli autori francesi più significativi sono: Loiseau e Dupont che partendo dall’ analisi di casi 
aziendali evidenziano le specificità delle crisi per le PMI indicando come fattori causali le 
restrizioni creditizie, la concentrazione del fatturato su pochi clienti, limitati investimenti in R&S e 
la scarsa attenzione al mercato; Malecot che attraverso l’analisi di casi aziendali mette in luce le 
circostanze che espongono le imprese al rischio di crisi come: la congiuntura economica negativa, 
l’aumento del costo del denaro, una struttura finanziaria squilibrata oppure uno sviluppo non 
controllato. Cfr. LOISEAU B. e DUPONT C. (1981) Facteurs de succès et d’èches dans le PME, 
Revue Française de Gestion, settembre – ottobre, pp. 20 - 25; MALECOT J.F. (1981), Essai 
d'explication théorique et pratique des défaillances d'entreprises, Revue Française de Gestion 
settembre – ottobre, pp. 10 – 19. 
 
18
 ZAPPA G. (1954), Le produzioni nell’economia delle imprese,Giuffrè, Milano.