INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
II
Scelta come tema principale della tesi l’attività artistica legata al medium 
Internet, la vastità dell’argomento mi ha portato a concentrare lo studio su 
un’unica realtà on-line che potesse avvicinarmi al mondo dell’arte in Rete, 
circoscrivendo il campo di ricerca e fornendomi delle direttive di base per 
muovere i primi passi nell’allora poco conosciuto cyberspazio. La scelta 
cadde su un sito Internet statunitense, on-line dal 1996, progettato 
dall’artista newyorkese Mark Tribe ed interamente dedicato all’arte 
multimediale: www.rhizome.org. Il portale, vetrina virtuale di 
un’organizzazione no profit, presenta al pubblico un complesso apparato di 
risorse legate al mondo della new media art, dal primo archivio (sia per 
data di nascita che per numero di progetti raccolti) di opere d’arte in Rete a 
numerose mailing lists dedicate alla discussione su vari temi concernenti 
l’arte ed i nuovi media: dai resoconti delle ultime rassegne artistiche 
all’analisi critica del lavoro di un singolo Net artista.  
La scelta di soffermare l’attenzione sul sito Web rhizome.org non è stata 
immediata: in un primo momento ho consultato numerosi siti dedicati al 
tema “arte in Rete”, in particolar modo il Web site del Dia Center for the 
Arts, vetrina on-line dell’omonimo museo newyorkese, e nettime.org. 
Dopo un’attenta indagine, entrambe le opzioni sono state scartate: se il sito 
www.nettime.org si presentava come un’importante mailing list dedicata 
alle più differenti tematiche concernenti Internet, mettendo però in secondo 
piano il tema “arte in Rete” e non presentando direttamente progetti 
d’artista, il sito del Dia Center offriva una panoramica della Net Art 
concentrandosi quasi esclusivamente sulle commissioni di opere on-line dal 
museo stesso promosse. Il desiderio di consultare direttamente le opere 
degli artisti Net e di affrontare contemporaneamente un approccio di 
carattere critico-teorico mi ha infine avvicinato a Rhizome. 
Rhizome.org si presenta come un sistema molto ricco: nata come lista di 
discussione dedicata esclusivamente alla new media art, l’organizzazione si 
ingrandì fino a comprendere il più grande database di opere d’arte Net del 
World Wide Web, commissionando essa stessa progetti d’artista e 
riportando le news relative ad ogni rassegna dedicata all’arte. Nel corso di 
pochi anni il sito divenne il punto di ritrovo di una comunità eterogenea di 
artisti, critici dei nuovi media, studenti e semplici appassionati; nessun 
addetto ai lavori può fare a meno di consultare l’immenso patrimonio di 
dati dall’importanza storica indiscussa. 
La scelta di un sito Web statunitense ha permesso un confronto con le 
realtà europee dell’arte in Rete, ideologicamente molto lontane dal mondo 
nordamericano (pensiamo al dibattito tra yankee tecno-libertari e net-critici 
INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
III
europei che dominò le discussioni all’interno delle liste di mail al di qua ed 
al di là dell’oceano Atlantico tra il 1995 ed il 1998). 
Il primo capitolo introduce il lettore in questo ambito particolare della 
sperimentazione artistica contemporanea, dove l’opera non è più un oggetto 
tangibile messo in mostra all’interno di gallerie e musei, ma vive 
esclusivamente nel cyberspazio di Internet, ammasso di zero ed uno 
memorizzato nei server sparsi per il mondo e tradotto dal computer in 
immagini, suoni e testi. 
Partendo dal problema della definizione dei termini (la lunga discussione 
svoltasi on ed off-line tra critici d’arte, artisti ed amanti del multimediale) 
ho presentato i vocaboli più usati per definire le forme d’arte che utilizzano 
come mezzo di espressione i nuovi mezzi di comunicazione di massa, ed in 
particolar modo Internet. L’indagine si sofferma in particolare su alcuni 
vocaboli impiegati per descrivere l’arte in Rete, dal termine oggi più noto, 
“Net Art”, ai più settoriali “Browser Art” e “Form Art”. Per affrontare la 
delicata questione, non ancora approfondita da storici dell’arte, ho 
interrogato direttamente gli archivi elettronici della Rete, setacciando le 
migliaia di mail registrate nei database di differenti organizzazioni e 
ricostruendo il percorso che ha portato alla nascita ed alla diffusione di un 
termine ed alla stroncatura di un altro (è infatti attraverso il vivace dibattito 
interno alle liste di discussione che si approfondì lo spessore teo rico 
dell’arte in Rete).  
Il paragrafo 1.2 presenta alcuni elementi caratteristici della Net Art: 
l’universo dell’arte in Rete, estremamente vario e ricco di soluzioni anche 
completamente opposte tra loro, mi ha portato a prediligere alcune 
peculiarità che ho ritrovato in più opere; l’immaterialità della Net Art ha 
suggerito uno studio riguardante le nuove modalità di fruizione dell’opera, 
mentre la possibilità di Internet di entrare nelle case di ogni internauta 
connesso alla Rete ha reso necessaria un’analisi del nuovo rapporto tra 
utente, opera ed artista. Presentando sinteticamente alcune peculiarità 
dell’arte on-line ho citato anche esempi di esperienze artistiche del recente 
passato, oramai storicizzate nei libri d’arte, particolarmente significative 
per comprendere i nuovi orizzonti creativi legati al medium Internet. 
Dall’arte concettuale alla Land Art, dall’happening alla video arte di Nam 
June Paik e Wolf Vostell, ho avvicinato momenti chiave per la storia 
dell’arte del secolo scorso sottolineando alcune analogie con i più recenti 
lavori degli artisti Net, dal rifiuto della tradizionale esposizione nei luoghi 
sacri dell’arte (gallerie e musei) sino ai problemi di conservazione delle 
opere, tema particolarmente delicato per l’arte digitale. 
INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
IV
L’organizzazione Rhizome è il tema centrale del secondo capitolo: un 
primo paragrafo ne ripercorre la storia, da società commerciale operante in 
Rete ad ente no profit, sino alla recente rivoluzione strutturale, risalente ai 
primi mesi del 2003, che ha trasformato il sito Web in un servizio a 
pagamento, caso raro nel mondo virtuale no profit ed unico tra i siti che si 
occupano di arte in Rete. L’evoluzione del sito, da dot.com a dot.org sino 
alla nuova politica finanziaria, si è rivelata emblematica per studiare la 
realtà di un mezzo di comunicazione nuovo ed ancora in pieno sviluppo 
come Internet: mi sono così soffermato sull’analisi di problematiche legate 
alla gestione del sito Web, scelte che condizionavano il rapporto tra 
l’utenza e la relazione con le risorse dedicate all’arte multimediale lì 
presenti. 
Lo studio dell’organizzazione Rhizome dalle orgini ad oggi mi ha portato a 
ricostruire le vicende storiche di una realtà così immateriale come quella di 
un’organizzazione esistente esclusivamente nello spazio virtuale di Internet 
attraverso lo spoglio di centinaia di mail, da brevi messaggi di qualche riga 
a veri e propri saggi critici, memorizzati nei database di numerosi siti Web, 
dagli archivi di testi e di opere d’arte in Rete della stessa organizzazione 
Rhizome (Rhizome TextBase e Rhizome ArtBase), sino all’immensa 
raccolta di testi registrata nei server del sito Web olandese Nettime, fonte 
documentaria di immenso valore per ogni ricerca storica riguardante 
Internet. Attraverso le testimonianze dei protagonisti, annunci riguardanti 
l’apertura di nuove sezioni interne al sito o di servizi per gli utenti, 
discussioni critiche sulla validità o meno di un nuovo sistema finanziario 
per la gestione dell’ente senza fini di lucro, ho ricostruito passo passo la 
vicenda di rhizome.org, inserendola nel movimentato contesto 
internazionale della seconda metà degli anni novanta, quando la Rete si 
popolò di portali dedicati all’arte in Rete e la Net Art incominciava a far 
circolare i nomi dei primi grandi artisti digitali. La tesi è costellata di 
citazioni tratte dalle mail; il perché di una tale scelta è duplice: da una parte 
la penuria di testi dedicati alla neonata Net Art mi ha costretto a ricorrere a 
fonti di altro tipo, più frammentarie e dispersive ma di prima mano; 
dall’altro ho scelto di puntare l’attenzione sui protagonisti stessi, dai critici 
agli artisti fino agli utenti che per la prima volta interagivano con 
stravaganti progetti in Rete: più volte dò la parola a chi ha di fatto 
partecipato alla nascita del fenomeno “arte in Rete”, descrivendone 
quotidianamente i mutamenti che investivano il World Wide Web e le 
nuove forme di espressione on-line con esso. 
A partire dal giugno 2002 fino ai primi mesi del 2003 l’organizzazione 
guidata da Mark Tribe ha corso il pericolo di chiudere i battenti, soffocata 
dagli elevati costi di gestione del sito: ogni giorno l’esistenza di Rhizome 
INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
V
era messa in forse. Nello stesso tempo, per far fronte al dissesto economico, 
i programmatori cambiavano costantemente volto all’home page del sito, 
sperimentando da una parte inusuali interazioni con l’utente nel tentativo di 
attirare nuovi internauti (con la speranza di ottenere da loro donazioni per il 
prosieguo dell’attività) e dall’altra rivolgendosi direttamente ai rhizomers 
invitandoli a sostenere economicamente l’organizzazione. La paura della 
definitiva chiusura del sito ed ulteriori difficoltà tecniche, sempre in 
agguato quando lo strumento principale della ricerca è il delicatissimo 
terreno della tecnologia telematica e di Internet, costantemente in progress, 
mi ha accompagnato ogni volta che digitavo l’indirizzo www.rhizome.org; 
il 2003 ha accresciuto ulteriormente le difficoltà per la consultazione del 
materiale digitale, fonte primaria della nostra indagine: il 15 gennaio 
Rhizome si è trasformato in un sito a pagamento, obbligando l’utente 
interessato all’interrogazione degli archivi in esso contenuti, fino ad allora 
patrimonio gratuito dei Web surfer, a pagare una tassa d’ingresso 
dell’importo di 5 dollari. L’evento ha scatenato una vivace reazione tra gli 
utenti della Rete, sfociata in decine di mail inviate alle mailings lists più 
importanti della Rete. L’analisi di tali documenti conclude il capitolo 
dedicato alla storia di Rhizome, dalle orgini ai nostri giorni. 
Il paragrafo 2.2 presenta un’analisi strutturale del sito, schematica ma 
necessaria per avvicinare il lettore a Rhizome. In questa sezione dò uno 
sguardo ai servizi che offre l’ente newyorkese, mostrando come essa si 
propone al pubblico della Rete e quali differenze presenta verso le altre 
grandi organizzazioni attive operanti nello stesso campo. Anche in questo 
caso le difficoltà maggiori erano dovute alle modifiche strutturali che il sito 
aveva subito dal 1996 ad oggi. Escludendo le fonti documentarie raccolte 
negli archivi di testo, difficile è stato trovare testimonianze originali 
risalenti ai primi anni novanta: la facilità con cui il linguaggio informatico 
Html utilizzato per progettare le pagine Web può essere modificato fa sì 
che siti del 1996 siano stati in realtà aggiornati nel tempo, sebbene la data 
risulti inalterata. L’interfaccia di Rhizome è stata modificata per ben tre 
volte, così come alcuni servizi offerti agli utenti sono stati aggiunti più 
avanti, sostituendone altri senza che alcun indizio sia rintracciabile. 
Il paragrafo 2.3 propone infine il modello teorico da cui Mark Tribe ha 
tratto ispirazione durante la progettazione del proprio sito. Il riferimento è 
dato dal testo Millepiani dei filosofi Gilles Deleuze e Felix Guattari, ed in 
particolar modo dal concetto di “rizoma” elaborato dagli studiosi francesi 
per definire strutture a-gerarchiche ed aperte ad infinite connessioni. L’idea 
del “rizoma” elaborata da Deleuze e Guattari è qui avvicinata ai 
meccanismi logici che caratterizzano da una parte il funzionamento della 
stessa Internet e del World Wide Web, e dall’altra alla struttura del sito 
INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
VI
rhizome.org. Il tentativo è stato quello di mostrare come Mark Tribe, nel 
disegnare la struttura del sito, abbia provato a concretizzare il modello 
teorico “a rizoma” proposto in Millepiani, riproducendo nella relazione tra 
gli utenti ed i menù del sito, le opere d’arte Net ed i documenti testuali, le 
idee di un sistema non strutturato rigidamente, somma di materiali 
eterogenei ed infinitamente variabili. Attraverso la citazione di passi dal 
testo di Deleuze e Guattari e la descrizione del funzionamento del sito 
ideato da Tribe ho evidenziato il legame, di fatto dichiarato dallo stesso 
programmatore del sito, tra Millepiani e Rhizome, connessione che 
influenza lo stesso rapporto tra l’utente, il sito e la consultazione della Net 
Art attraverso gli archivi Rhizome. 
Con il terzo capitolo analizzo da vicino le sperimentazioni artistiche in 
Rete. Il capitolo 3.1 è dedicato a particolari tipologie d’arte legate al sito 
rhizome.org. Sono qui presentate le Rhizome.Alt.Interfaces, progetti 
realizzati da artisti esclusivamente per l’organizzazione non profit 
newyorkese e consistenti nella creazione di originali interfacce dati-utente, 
funzionali e nel contempo esteticamente rilevanti. 
Il paragrafo 3.2 è dedicato al programma di commissioni promosso da 
Rhizome nell’anno 2002 ed al quale hanno partecipato decine di artisti Net 
inviando progetti ex novo. 
L’ultimo paragrafo esamina con attenzione il primo archivio di opere d’arte 
Net mai apparso in Rete: Rhizome ArtBase. Dapprima ho studiato il 
meccanismo di sottoscrizione dei progetti d’artista e le modalità di 
consultazione delle opere da parte dei Web surfer; in seguito ho analizzato 
ampiamente alcune tra le migliaia di opere d’artista archiviate nei server 
dell’organizzazione, soffermandomi su due tipologie di Net Artworks 
particolarmente significative: le opere di carattere narrativo ed il filone 
concettuale della Net Art.  
La tesi si conclude con un’ampia bibliografia divisa in tre sezioni: nella 
prima parte ho riportato i testi consultati in formato cartaceo, reperibili 
nelle tradizionali librerie e biblioteche. A causa dell’estrema attualità 
dell’argomento pochissimi sono gli scritti attualmente pubblicati dedicati 
specificamente al tema “arte in Rete”: tale sezione bibliografica raccoglie 
saggi che indagano temi meno circoscritti, dal rapporto tra arte e tecnologia 
a quello più specifico tra arte e nuovi mezzi di comunicazione di massa, ed 
ancora saggi critici sull’arte elettronica (in particolar modo la video arte) e 
la cybercultura. D’obbligo è stato approfondire l’argomento Internet, sia da 
un punto di vista storico (come è nata la Rete, come si è evoluta nel tempo) 
sia tecnico-funzionale: la conoscenza basilare del linguaggio di 
INTRODUZIONE 
~ Carolo Alessio ~ 
VII
programmazione utilizzato per la progettazione delle pagine Web e di 
alcuni software applicativi (dai browser per la visualizzazione del codice 
Html ai numerosi programmi per l’elaborazione di testi e per la 
manipolazione delle immagini) erano necessari per comprendere come 
l’artista Net lavora.  
Accanto alla bibliografia tradizionale abbiamo proposto un’ampia selezione 
di testi, reperibili on-line (per ognuno è stata indicata con precisione 
l’esatta collocazione in Rete, aggiornata sino a maggio 2003): la storia 
della Net Art, gli innumerevoli dibattiti critici sull’argomento, gli scontri 
tra artisti ed utenti/fruitori, i commenti sulle opere, l’analisi dei progetti, un 
immenso patrimonio da scoprire e studiare è immagazzinato in decine di 
database. Proprio per le dimensioni degli archivi elettronici e per la 
mancanza di un libro dedicato all’arte in Rete che tracciasse in maniera 
significativa una prima panoramica del fenomeno, la fase di analisi ha 
richiesto molto tempo: dopo aver visitato decine di siti Web e di archivi on-
line ho infine approfondito le ricerche setacciando i database di Rhizome e 
Nettime, fondamentali per conoscere il fenomeno Net Art ed analizzarne 
nel tempo, messaggio dopo messaggio, l’evoluzione dal 1996 ad oggi. 
L’ultima sezione della bibliografia elenca i siti Web di opere Net citate o 
analizzate direttamente nella tesi, accanto a selezionati indirizzi di progetti 
d’arte fondamentali per comprendere la complessità del fenomeno. Il 
lettore può avvicinarsi all’arte in Rete direttamente da questo indirizzario, 
consultando le sezioni della tesi che aiutano a comprendere le scelte 
dell’artista ed il funzionamento, a volte non immediato, dei lavori. 
L’obiettivo cui aspiravo era introdurre il lettore nel complesso mondo 
dell’arte in Rete, tentando di coglierne alcune peculiarità osservando il 
fenomeno da un punto di vista privilegiato com’è quello offerto dal portale 
Rhizome. Grazie ad un piano di lavoro che accompagna il lettore dal 
generico problema della definizione dei termini sino alla conoscenza 
approfondita di una realtà come quella dell’organizzazione fondata da 
Mark Tribe, ho tentato di trattare sistematicamente il tema “arte in Rete”, 
senza la pretesa di fornirne un’immagine onnicomprensiva ma con la 
certezza di averne presentato alcune tra le caratteristiche più tipiche. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  1 
~ Carolo Alessio ~ 
CAPITOLO 1.1: IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI 
La definizione del termine “new media art” deve essere necessariamente 
preceduta da una sintetica precisazione del vocabolo “new media”, sebbene 
esso abbia avuto una risonanza mondiale tanto estesa da renderlo noto a 
tutti; probabilmente è proprio il successo del composto “new media” che ha 
portato ad un uso a volte troppo ampio della parola, rendendola 
semanticamente insignificante se non definita caso per caso. Ricorriamo a 
un testo fondamentale, scritto da uno dei più importanti critici dei nuovi 
media per definire con precisione il termine. L’autore è Lev Manovich ed il 
libro da lui redatto è intitolato “il linguaggio dei nuovi media
1
”, un testo 
pubblicato dal MIT di Boston e considerato il primo studio sistematico dei 
nuovi mezzi di comunicazione di massa, saggio definito indispensabile dai 
programmatori di computer come dai web designers, da critici d’arte come 
da artisti e semplici appassionati del mondo digitale. 
Il primo elemento caratteristico dei nuovi media riguarda la loro natura 
digitale: essi sono sostanzialmente successioni di 0 ed 1 e, per tale 
caratteristica che accomuna fotografie digitali come suoni campionati, testi 
e, in un futuro sempre più vicino, odori, sono tutti esplorabili attraverso il 
computer. Seconda caratteristica propria dei nuovi media è la modularità, 
intesa come indipendenza dei singoli elementi mediali dalla struttura 
generale che solo li raccoglie e connette tra di loro: l’intero world wide web 
è una struttura modulare all’interno della quale le singole parti (testi, 
fotografie, filmati video o tracce audio) possono essere modificate o 
addirittura cancellate senza che la macro struttura ne risenta. Conseguenza 
della codifica numerica e della modularità degli elementi mediali è il 
carattere chiave della variabilità: nel campo della new art ed in particolar 
modo dei progetti d’artista nati per il web, la possibilità insita nell’oggetto 
digitale di variare nel tempo, automaticamente o attraverso l’azione degli 
                                                 
1
 Lev Manovich, Il linguaggio dei nuovi media, Milano, ed. Olivares, 2002. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  2 
~ Carolo Alessio ~ 
utenti, è un carattere che crea non pochi problemi agli studiosi (ed in 
particolare agli storici) della new media art. 
NEW MEDIA ART 
Se la definizione del vocabolo new media è stata per lungo tempo 
equivocata, un problema del tutto analogo si registra con i termini utilizzati 
per indicare le nuove forme d’arte contemporanea che con i nuovi mezzi di 
comunicazione di massa entrano in relazione. Dato che i termini coniati da 
critici, artisti o storici dell’arte sono numerosissimi ed a volte uno stesso 
vocabolo acquista significati molto differenti a seconda della persona che 
lo utilizza, ci soffermeremo sul significato di alcune definizioni che hanno 
riscosso tra gli addetti ai lavori un successo maggiore sopravvivendo ad 
altre  cadute in breve tempo nell’oblio. 
Il vocabolo che più ha riscosso successo all’interno della Rhizome 
Community è stato il generico new media art. Fin dalla sua fondazione, 
avvenuta il 2 febbraio 1996, l’organizzazione Rhizome.org si propose il 
triplice obiettivo di presentare agli utenti della Rete la new media art 
attraverso il proprio sito web, impegnandosi successivamente a preservare 
per il futuro i progetti net che costituirono l’archivio ArtBase ed a 
promuovere un dibattito critico sull’argomento “arte dei nuovi media” 
attraverso l’interscambio di mail tra una comunità di appassionati ed 
esperti, carteggio virtuale raccolto in un apposito archivio (Rhizome 
TextBase) divenuto ormai patrimonio dal valore inestimabile per qualsiasi 
indagine sulle origini dell’arte digitale.  
Se la missione di Rhizome fu immediatamente precisata a chiare lettere dal 
suo fondatore nella sezione INFO del sito www.rhizome.org, online dal 1 
agosto 1996, non altrettanto chiaro era il significato del termine new media 
art al quale Mark Tribe faceva continuamente riferimento: la forma più 
usata da Tribe per definire il vocabolo è rimasta praticamente invariata dal 
1996 ad oggi e corrisponde a quella riportata nel documento informativo 
Rhizome ArtBase Management Policy all’indirizzo web 
http://rhizome.org/artbase/policy.htm: 
we define new media art as art that uses emerging technologies in 
significant ways
2
. 
                                                 
2
 http://rhizome.org/artbase/policy.htm 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  3 
~ Carolo Alessio ~ 
Un artefatto può dunque essere considerato opera  new media quando 
l’artista che lo crea abbandona l’uso di materie tradizionali quali la tela o i 
pennelli per servirsi delle nuove tecnologie, facendo però attenzione che 
l’impiego delle stesse sia “significativo”. La definizione non risulta del 
tutto chiara nemmeno allo stesso Tribe che preferisce completare il 
concetto fornendo poco oltre un esempio concreto: 
For example, a web site that contains a portfolio of charcoal drawings 
would most likely not be considered new media art. But a web site 
that contains images, diagrams and descriptions of a tele – robotic 
performance probably would be considered new media art
3
. 
Il problema della definizione del termine sembrerebbe risolto. Se però 
analizziamo un’altra dichiarazione rilasciata da Tribe scopriamo che egli 
tende ad escludere dalla categoria della new media art anche delle opere 
che, pur servendosi delle moderne tecnologie quali schermi di computer e 
programmi applicativi, non soddisfano altri criteri: parlando della new art 
come di quel campo nel quale arte e tecnologia combaciano
4
, può dunque 
essere scartato dalla categoria un artefatto troppo ancorato al solo aspetto 
freddamente tecnico, o privo di qualsiasi anelito creativo, incapace dunque 
di unire i due campi in maniera, usando la definizione di Tribe, 
significativa. 
People often ask me what new media art is. I usually say that it’s 
contemporary art that uses new media technology. It’s an easy one. 
But in my mind I have a narrower definition, one that excludes most 
gee – whiz computer graphics and repurposed painting.
5
 
Le difficoltà che insorgono quando si tratta di giudicare un artefatto come  
lavoro della new media art o, viceversa, di giustificarne criticamente una 
esclusione dalla categoria, aumentano quando si discute di progetti d’artista 
che presentano forme ibride, a metà tra le tradizionali opere d’arte e i 
progetti che coinvolgono l’uso dei mezzi di comunicazione di massa o di 
tecnologie cibernetiche. 
Un caso che ha suscitato un’accesa discussione tra i membri della Rhizome 
community all’interno della mailing list RAW ha riguardato una esibizione 
dell’artista Tony Brown in occasione della manifestazione Inter-Society for 
the Electronic Arts (ISEA), organizzata nel 1996 presso la città di 
                                                 
3
 Ibidem. 
4
 “New art is a zone in which new technology and contermporary art overlap.” Mark Tribe, visualizing 
cool math, 10 giugno 1996, testo archiviato in Rhizome TextBase. 
5
 Ibidem. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  4 
~ Carolo Alessio ~ 
Rotterdam
6
. La particolarità dell’esibizione di Tony Brown consisteva nel 
fatto di trattare tematiche strettamente attinenti alla cultura digitale senza 
però far uso di strumentazioni high – tech; per l’autore della mail Jean 
Gagnon tale mostra poteva dunque trasformarsi in un interessante 
argomento di discussione per la comunità Rhizome che, ricordiamo, pone 
la promozione del dibattito critico intorno alla new media art come punto 
fondamentale del sito web rhizome.org.
7
 
Mark Tribe risponde a Gagnon con una mail che chiarifica meglio cosa egli 
intenda per new media art: 
If the show wasn’t really “new media” (as you seem to suggest
8
), then 
it wouldn’t really be an appropriate subject for discussion here.
9
 
La definizione di Tribe sembra dunque scartare dalla categoria new media i 
prodotti artistici che trattano temi attinenti alla cultura digitale senza 
utilizzare i mezzi dello stesso mondo tecnologico. 
Il giudizio più critico riguardo alla questione “Tony Brown” viene da un 
altro membro della Rhizome community, Roger Malina, che risponde a 
Jean Gagnon proponendo un’interessante definizione di new media art. 
Sebbene Malina giudichi l’esibizione diTony Brown di grande impatto e 
ben realizzata
10
, ne critica severamente un aspetto fondamentale: 
This work is a fraud. This work makes inappropriate use of 
technology. The work could have just as easily been realized using 
two slide projectors and no connection to the internet (maybe the work 
really wasn’t connected to the internet?). If a work is going to use new 
technology, then it must be because the work could not have been 
successfully realized without that technology. If paint is the right 
medium, then why use a computer? […] If the electronic arts are 
going to be contemporary arts, it must be because the new tools 
provide new ways to deal with the human condition today. Ways of 
expression that cannot be achieved with previous technologies.
11
 
                                                 
6
 L’esibizione ebbe luogo presso il Witte de Whith Center for Contemporary Art, succursale della sede 
principale in cui era ospitato il nucleo maggiore delle opere di ISEA 96. 
7
 “Rhizome.org is a nonprofit organization that presents new media art to the public, fosters 
communication and critical dialogue about new media art. […]” http://rhizome.org/info/index.php 
8
 Jean Gagnon aveva definito nella propria mail l’esibizione di Tony Brown come “an exhibition which 
was not at all super high – tech or anything, but an exhibition that raised issues concerning certain 
questions pertaining to our digital culture.”cfr. Jean Gagnon e Roger Malina, Tony Brown and the Fringes 
of ISEA 96, 3 ottobre 1996, testo archiviato in Rhizome TextBase. 
9
 Ibidem. 
10
 “It is displayed with exquisite craftsmanship. The artist’s style dominates over the work. The work is 
BIG and makes a BIG impression. It is LOUD. Threatening.” Cfr. Ibidem. 
11
 Ibidem. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  5 
~ Carolo Alessio ~ 
Di nuovo ritorna la questione dell’uso della tecnologia in maniera 
“significativa”: Tony Brown utilizza mezzi altamente sofisticati quale un 
collegamento ad Internet che interagisce con l’installazione proiettando 
immagini dallo schermo lungo le pareti dello spazio espositivo, ma avrebbe 
potuto benissimo realizzare la propria opera con tecniche più tradizionali, 
senza l’ausilio di mezzi che vengono giudicati come superflui, incapaci di 
aggiungere un senso al messaggio che nulla avrebbe perso anche se 
espresso con tecniche artistiche tradizionali. Possiamo dunque affermare, 
riallacciandoci alla definizione coniata da Tribe, che nemmeno in questo 
caso arte e tecnologia combaciano
12
: si escluderà quindi la definizione di 
new media art o si tenderà a considerare il lavoro come un prodotto new 
media particolarmente malriuscito? 
In un’intervista rilasciata da Benjamin Weil allo staff di Rhizome l’allora 
curatore del sito ada ‘web avvicinava il termine new media art a quei 
progetti multimediali che non generavano alcun oggetto, ma creavano una 
esperienza in grado di portare lo spettatore – utente ad avvicinarsi alla 
realtà da un punto di vista differente. 
The issue is not so much to produce a consumable object, as it is to 
create an experience, an interface for the viewser to be confronted to a 
different understanding of reality
13
. 
Il conflitto tra le forme più tradizionali d’arte che realizzano opere concrete 
a differenza della new media art che, nei suoi casi più estremi, vive solo 
all’interno di mondi virtuali, è molto sentito dalle comunità dei nuovi artisti 
per un duplice motivo. Da una parte l’immaterialità dei nuovi prodotti 
artistici, che ricorda le sperimentazioni più ardite degli anni sessanta e 
settanta, comporta conseguenze nel mercato dell’arte e, conseguentemente 
nel sistema di produzione delle opere stesse; dall’altro porta all’aumento 
delle tensioni tra il mondo dell’arte classico, il quale comprende anche il 
sistema delle gallerie, dei musei e delle riviste specializzate che 
promuovono l’arte contemporanea, ed il mondo della new media art. 
La soluzione ultima scelta da Mark Tribe per sbrogliare il nodo della 
matassa si concretizza definitivamente il gennaio 2002, quando il fondatore 
di Rhizome decide di includere nel proprio archivio di progetti d’artista una 
pluralità di artefatti dalla natura differente l’uno dall’altro: 
                                                 
12
 Roger Malina coì definisce l’esposizione di Tony Brown: “This is […] 21
st
 century art in 19
th
 century 
clothing. Or maybe rather 19
th
 century art in 21
st
 century clothing.” Cfr. ibidem 
13
 Benjamin Weil, DIGITAL OBJECTS, 16 gennaio 1997, testo archiviato in Rhizome TextBase. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  6 
~ Carolo Alessio ~ 
At its inception in 1998, the Rhizome ArtBase was conceived as an 
online archive of net art. In January 2002, Rhizome expanded the 
scope of the ArtBase to other forms of new media art, such as 
computer games, software art, and documentation of new media 
installations and performances
14
. 
Forme più diverse d’espressione che inglobano in qualche maniera le 
nuove tecnologie vengono così considerate a tutti gli effetti espressioni di 
new media art. 
NET ART 
La definizione più utilizzata da artisti, storici e critici dell’arte in Rete per 
indicare le opere progettate esclusivamente per una fruizione on-line è “Net 
Art”. Si deve però prestare attenzione a non confondere il generico termine 
“Net Art” con il più specifico “Net.Art”, differente dal primo per un 
piccolo puntino (dot) che si interpone tra i due vocaboli anglosassoni. 
L’origine del termine “Net.Art”, documentata da Alexei Shulgin attraverso 
un testo
15
 inviato alla mailing list Nettime il 17 marzo 1997, è oramai 
leggendaria e ricorda la stessa casualità che portò alla scoperta del termine 
“Dada”: secondo Shulgin “Net.art” è una sorta di readymade nato 
casualmente nel dicembre del 1995, quando l’artista sloveno Vuk Cosic, 
artista Net russo attivo nel campo dell’arte in Rete sin dai primi e 
tumultuosi anni Novanta, ricevette sul proprio computer un messaggio di 
posta elettronica incomprensibile per problemi di compatibilità tra 
software: il risultato era una lunga sequenza di “practically unreadable ascii 
abracadabra
16
”, all’interno del quale spuntava però una stringa di caratteri 
simile alla seguente: [...] J8~g#|\;Net. Art{-^s1 [...]. Le parole “Net.Art” 
erano l’unica porzione del testo chiaramente leggibile. Cosic, divertito dalla 
stranezza dell’episodio (“the net itself gave him a name for activity he was 
involved in!”
17
), decise di utilizzare quell’espressione per definire la 
propria produzione artistica on-line. 
In un primo tempo l’uso della voce “Net.Art” generò parecchia confusione 
all’interno della mailing list Nettime dove, a partire dal mese di marzo 
1997, esplose un vivace dibattito sull’arte in Rete e sui termini più 
appropriati per definire i progetti di carattere artistico: se di fatto nessun 
                                                 
14
 Rhizome ArtBase Management Policy, http://rhizome.org/artbase/policy.htm 
15
 Alexei Shulgin, nettime: Net.Art – the origin, 17 marzo 1997, testo archiviato in nettime.org 
16
 Ibidem. 
17
 Ibidem. 
IL PROBLEMA DELLA DEFINIZIONE DEI TERMINI  7 
~ Carolo Alessio ~ 
artista si appropriò del termine per indicare in maniera esclusiva la propria 
attività on-line, la comunità dei nettimers si accorse che “Net.Art” veniva 
quasi unicamente utilizzato per indicare la produzione in Internet di un 
ristretto gruppo di creativi, particolarmente noti tra i membri della mailing 
list grazie alla loro partecipazione attiva ai dibattiti critici sui più disparati 
argomenti concernenti la Rete; il primo a sottolineare tale circostanza fu 
Andreas Broeckmann, all’interno di una mail inviata a Nettime l’8 marzo 
1997, testo che di fatto aprì il dibattito sulla Net.art:  
A loose group of artists, almost a movement, is currently realising 
projects under the name Net.Art. They are based in various European 
countries, tearn up in real and virtual institution like CERN, Netlab, 
the WWW Art Centre, etc., working locally as well as translocally, 
sometimes remotely and together on the same project, at other times 
individually or with local collaborators
18
. 
A pochi giorni di distanza Josephine Bosma riprese l’argomento, notando 
come il discorso sull’arte in Rete risultava essere confuso proprio a causa 
della difficoltà di definire con precisione l’oggetto principale della 
discussione: “Net.art” come sinonimo di qualsiasi artworks fruibile on-line 
o termine specifico per indicare la produzione di una ristretta cerchia di 
artisti? 
As most of the Nettimers might know there seems to be this group 
called net.art that operates and organises around the Nettime perifery a 
lot. […] Somehow the term net.art is connected to this group however 
and it is confusing, especially in discussions like the one on Nettime 
recently about art and the Internet
19
. 
Il messaggio della Bosma si spinse oltre, sino ad accusare il fantomatico 
“Net.art group” di essersi impadronito di un’etichetta tanto diffusa per 
trasformarla in un marchio registrato legato ad una sparuta selezione di 
artisti
20
: 
How can you call your group by this name? Isn’t it like some group 
would call itself the paint.art group, or the video.art group? You seem 
to be claiming this name, as if it were a new brand to merchandise
21
. 
                                                 
18
 Andreas Broeckmann, nettime: Net.Art, Machines, and Parasites, 8 marzo 1997, testo archiviato in 
nettime.org 
19
 Josephine Bosma, nettime: net.art and art on the net, 16 marzo 1997, testo archiviato in nettime.org 
20
 È sempre una mail di Josephine Bosma ad identificare i componenti del “net.art group”: 
Net.art (the loosely formed European group including Alexei Shulgin, Olia Lialina, Rachel Baker, Vuk 
Cosic, Heath Bunting, jodi -who have always been a category by themselves- and others). Josephine 
Bosma, <nettime> excerpt net.art article, 30 luglio 1998, testo archiviato in nettime.org 
21
 Bosma, nettime: net.art and…, 16 marzo 1997