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L’idea di incentrare questo lavoro sulle indagini
psicografiche nasce da una duplice motivazione: innanzitutto,
nasce dalla mia passione per tutto ciò che riguarda l’analisi del
comportamento del consumatore e le ricerche di mercato. In
secondo luogo, mi ha spinto la curiosità di approfondire un tipo
di indagine ancora poco sviluppata in Italia rispetto a quanto non
lo sia in altri Paesi, specie negli Stati Uniti d’America.
L’obiettivo che ho cercato di perseguire è stato di illustrare il
più dettagliatamente possibile la nascita, l’evoluzione e lo
sviluppo della psicografia, trattando sia i suoi aspetti positivi che
quelli negativi, e di dimostrare con una ricerca di mercato
condotta personalmente che questo tipo di indagini può
effettivamente contribuire a comprendere la formazione delle
scelte e delle preferenze dei consumatori.
L’elaborato è strutturato in quattro capitoli teorici ed uno
sperimentale.
Il primo capitolo ha una funzione introduttiva; infatti, tratta
dei principali riferimenti storici dell’analisi del comportamento
del consumatore. In ordine cronologico, vengono esaminati: la
prospettiva psicologica ( primi anni Cinquanta); le teorie sociali
e i principali modelli di riferimento; gli sviluppi analitici degli
anni Settanta ed Ottanta, con particolare interesse all’ approccio
psicografico; l’ evoluzione della ricerca degli anni Novanta e le
prospettive per il futuro prossimo, indagando, soprattutto, i
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processi decisionali sottostanti le scelte d’acquisto, gli stadi del
processo d’acquisto e le fasi delle scelte di consumo.
Il secondo capitolo individua le trasformazioni verificatesi
nella struttura sociale, spiegandone la dinamica e l’evoluzione
dei consumi e dei consumatori nel mutevole contesto dell’Italia
dal dopoguerra ad oggi. In particolare si dedica un ampio spazio
alla descrizione del profilo psico-sociologico del consumatore
degli anni Novanta, del consumatore cosiddetto “ipermoderno”
e alle tendenze del consumo in questo nuovo millennio,
operando un’analisi per mercati.
Il terzo capitolo è dedicato alle metodologie della ricerca
psicografica. Inizia con lo studio della segmentazione
psicografica; poi, tratta dello sviluppo della psicografia in Italia.
Seguono, quindi, la descrizione di SINOTTICA, la psicografia
curata dall’EURISKO, e la ricerca etno-antropologica
dell’istituto GPF & Associati denominato Monitor 3Sc. Infine, il
capitolo si chiude con la trattazione dei metodi e le tecniche
utilizzate dalla psicografia sia nella fase pilota che nella fase di
controllo.
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Il quarto capitolo analizza il rapporto tra psicografia e
comunicazione pubblicitaria, evidenziando come la prima sia
uno strumento di enorme importanza per la messa a punto della
seconda.
Infatti, le informazioni che la psicografia fornisce a chi si
occupa di pubblicità, sono essenzialmente tre, e tutte rivestono
un ruolo fondamentale nella creazione di una efficace
comunicazione pubblicitaria:
- variabili valoriali;
- variabili comportamentali;
- variabili linguistiche.
Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alla ricerca di mercato che
ho condotto su un campione non probabilistico di cinquantadue
persone, alle quali è stato somministrato un questionario
psicografico e sui quali è stata effettuata un’indagine circa la
loro percezione di sei marche di succhi di frutta.Per
l’elaborazione del questionario, mi sono rifatta alla fonte più
autorevole in materia nel nostro Paese: l’EURISKO. Infatti,
sulla base della partizione di Sinottica, che è il quadro di sintesi
delle ricerche psicografiche condotte dall’EURISKO, nei sedici
gruppi di stili di vita, è stata effettuata, mediante un
procedimento a ritroso, l’estrapolazione delle domande che
avrebbero composto il questionario. Il questionario così ottenuto
è stato somministrato, mediante contatto diretto, a persone di
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varie età ( 14-74 anni, come previsto dagli standards di
SINOTTICA), di varia istruzione e ceto sociale, di vari redditi e
di diversi luoghi di residenza ( sia città che paesi di 4 capoluoghi
di provincia: Salerno, Napoli, Caserta ed Avellino).
Il questionario è composto da domande aperte (o a risposta
libera) e domande chiuse (o a modalità di risposta predefinita),
sia a risposta unica che a risposta multipla. È strutturato in tre
parti di cui la prima raccoglie notizie anagrafiche degli
intervistati; la seconda indaga su abitudini ed atteggiamenti
degli stessi; infine, la terza rileva le loro opinioni e i loro valori.
Al questionario appena descritto, segue un’indagine sul
medesimo campione per conoscere le percezioni degli
intervistati rispetto a sei marche di succhi di frutta: SANTAL,
YOGA, DERBY, PAGO, ZUEGG, MINUTE MAID.
Sono state scelte tali marche, in quanto risultano essere tra le
più note ai consumatori, a causa della capillare diffusione presso
i punti vendita ( è il caso, ad esempio, di YOGA, ZUEGG e
SANTAL), oppure perché la loro promozione è supportata da
campagne pubblicitarie particolarmente serrate ( come, per
esempio, DERBY e MINUTE MAID).
Appunto analizzando l’evoluzione dei consumi nei vari
mercati, mi è nato un forte interesse per il settore delle bevande
e, in particolar modo, di quelle a base di frutta, perché anche nei
periodi di crisi ha mantenuto un buon andamento di mercato,
anzi, negli ultimi anni è addirittura in netta crescita in
controtendenza con la quasi totalità degli altri settori di mercato.
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Questo dato mi ha spinto ad indagare più approfonditamente sul
fenomeno, con lo scopo di arrivare a formulare conclusioni
personali sulla questione; pertanto, la scelta del prodotto da
analizzare è ricaduta sui succhi di frutta.
I consumi di succhi di frutta sono in netta ascesa, come
dimostrano gli incrementi del 12,8% di consumi in valore e il
10,7% in volume. A determinarla, sono soprattutto i succhi e le
bevande di nuova generazione, arricchiti con vitamine, fibre o
altri ingredienti. Sotto questo profilo, il comparto sta
attraversando una trasformazione complessiva che - sotto il
segno di una generale tendenza nel beverage allo spostamento
dalle bevande gassate a quelle piatte - si realizza puntando sulla
naturalità, sul gusto e su specifici apporti nutrizionali.
Il settore dei succhi di frutta si declina in una vasta e
crescente gamma di gusti e combinazioni di gusti, quale mai si
era fino ad oggi manifestata. Sotto questo profilo, è importante
per i risultati complessivi della categoria il dato di una grande
distribuzione organizzata che da sola (discount esclusi) copre i
tre quarti del commercializzato, dando spazio sui propri scaffali
alle nuove referenze e sostenendo di fatto un comparto con
gamme in continuo ampliamento ed approfondimento.
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Il mercato dei succhi di frutta e delle bevande a base di frutta
presenta un buon grado di concentrazione, ma dietro alle
aziende più importanti le marche commerciali si ritagliano una
consistente quota dei consumi, di circa il 25% in volume.
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CAPITOLO I
L’ANALISI DEL COMPORTAMENTO
DEL CONSUMATORE COME
OGGETTO DELLE RICERCHE DI
MERCATO:CENNI STORICI
1. I principali riferimenti economici
In passato, si riteneva che le scelte di consumo fossero
riferibili al modello astratto ed irreale dell’homo oeconomicus,
secondo il quale si ipotizza che il consumatore agisca in base ad
una fantomatica razionalità economica, la quale consisterebbe
nel massimizzare la propria utilità e la soddisfazione dei propri
bisogni, ripartendo i mezzi scarsi a disposizione attraverso scelte
perfettamente logiche, ben informate ed indipendenti dai
comportamenti altrui.
Secondo la formulazione keynesiana della teoria economica
del consumo «una legge psicologica fondamentale sulla quale
siamo autorizzati a basarci con grande fiducia…è che, di norma
ed in media, gli uomini sono disposti ad accrescere i propri
consumi con l’aumentare del reddito, ma non di quanto questo
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ultimo si accresce», essendo decrescente, positiva e minore
dell’unità, la propensione marginale al consumo (Fabris, 1992).
Tuttavia, queste teorie sul comportamento del consumatore
basate sui concetti di razionalità economica e di utilità dei beni
sono vecchie di qualche anno. E’ infatti da parecchio tempo,
ormai, che è stato dimostrato che il consumatore non cerca di
massimizzare razionalmente l’utilità dei beni che acquista,
perché il suo comportamento di consumo è generalmente
motivato da molte altre e più complesse finalità e non è, in
realtà, autonomo ed indipendente né dai comportamenti di altro
tipo dello stesso individuo, né dai comportamenti degli altri
individui, ma è sottoposto a molte sollecitazioni di tipo
psicologico e sociale.
Tra le prime critiche mosse a tali teorie, di grande interesse è
quella del sociologo Max Weber, il quale introduce il concetto
di “razionalità rispetto allo scopo” in contrapposizione a quello
di razionalità economica tout court, sostenendo, come spiega
molto bene il Livolsi, che il consumo «è un agire razionale, per
cui un attore, sulla base di un set di motivazioni personali
(bisogni, desideri, aspirazioni) investe una quota delle sue
attività economiche per ottenere un bene che appare necessario o
appetibile in una data situazione, nell’ambito di valori o modelli
culturali personalmente elaborati o collettivi e condivisi».
Negli anni che precedono la seconda guerra mondiale ed in
quelli della ricostruzione si accentua la critica al concetto di
homo oeconomicus, in quanto entità artificiosa, perfettamente
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razionale, a struttura semplice, dal comportamento prevedibile
soltanto sulla base dell’analisi dei mutamenti della realtà che lo
circonda, cioè in quanto sorta di automa in grado di ottimizzare
il proprio equilibrio rispetto all’ambiente semplicemente
seguendo il criterio logico dell’utilità (Fabris, 1992).
2. La prospettiva psicologica
La psicoanalisi di questo periodo ha avuto il merito di
richiamare esplicitamente il ruolo delle componenti latenti,
pulsionali e simboliche del comportamento. Pertanto,
l’individuo che entra in contatto con lo stimolo o gli stimoli in
grado di attivare il processo che può portare all’acquisto ed al
consumo è ben diverso da un automa, il cui comportamento
possa essere compiutamente previsto soltanto sulla base degli
input provenienti dall’esterno. Il consumatore, potenziale od
effettivo, è, invece, un’unità di controllo decisionale che utilizza
processi di pensiero e di memorizzazione selettiva; questi, a loro
volta, sono in costante interazione con diverse substrutture
cognitive ed emotive, le quali comprendono le caratteristiche
della personalità, gli apprendimenti ricavati dall’esperienza e
memorizzati, a livello cosciente ed inconscio, i valori e gli
atteggiamenti: elementi che interagiscono tra loro stessi e con la
successiva stratificazione delle informazioni e del processo di
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apprendimento. Ogni individuo, inoltre, è portatore di un preciso
grado di propensione al cambiamento, di un livello di censura
dei propri desideri nelle varie situazioni di acquisto, di
predisposizioni individuali, talchè i significati che uno stesso
prodotto assume sul piano simbolico e perfino funzionale non
sono uniformi. Tutto ciò in relazione a specifiche sub-culture ed
ai corrispondenti modelli di comportamento, ai ruoli e simboli di
status, alla quantità e qualità delle informazioni diffuse dai
mezzi di comunicazione di massa ed allla rielaborazione
individuale delle medesime.
Praticamente tutta la fenomenologia mentale è coinvolta nel
processo di decisione-acquisto-consumo e non c’è contributo
delle tre fondamentali scuole psicologiche- behaviouristica,
psicoanalitica e della Gestalt- che non afferisca direttamente o
indirettamente alla conoscenza del processo stesso (Marbach,
1990).
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2.1. Il Behaviorismo
L’incontro tra ricerche sul consumatore e behaviorismo, o
comportamentismo, avvenuto nel 1925 ad opera di J.B.Watson,
fu fecondo di nuovi sviluppi. Detto indirizzo psicologico
circoscrive l’analisi del comportamento ad un semplice binomio
stimolo-risposta, talchè, assunti alcuni stimoli come antecedenti,
definiti “cause”, è possibile prevedere quasi automaticamente le
corrispondenti risposte, definite “effetti”. Tale teoria postula che
il consumatore possa essere assimilato ad un neonato: come
questo, infatti, verrebbe al mondo con la capacità di ricevere
impressioni dall’esterno e di sviluppare atteggiamenti e modelli
comportamentali suggeriti da altri, così il consumatore
entrerebbe sul mercato come una tabula rasa, sulla quale si
imprimono varie impressioni.
Nel suo periodo aureo, il behaviourismo provocò l’adozione di
forme pubblicitarie martellanti che, mediante impulsi semplici e
brevi, costantemente ripetuti, si proponevano di provocare
risposte positive di acquisto nei potenziali consumatori. Il favore
che detta teoria incontrò, si spiega abbastanza facilmente
tenendo presente che:
a) Essa costituisce un semplice ed efficace modello per cercare
di spiegare qualsiasi comportamento umano, anche
estremamente complesso, come “risposta” ad un preciso stimolo
ambientale.
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b) La capacità di ogni unità-stimolo ambientale di determinare
una unità-risposta individuale può essere analizzata con
metodologia sperimentale.
c) I suoi presupposti metodologici lasciano intravedere
l’allettante possibilità di mettere a punto tecniche capaci di
condizionare il comportamento del singolo attraverso la
manipolazione degli stimoli ambientali.
Detta scuola ha rappresentato, grazie anche all’apporto di alcuni
brillanti prosecutori dell’opera di Watson, l’orientamento
egemone nella cultura psicologica statunitense fin verso gli anni
’60. Ancor oggi, pur meno rilevante che in passato come
modello teorico di riferimento, essa conserva una propria
validità metodologica (Marbach, 1990).
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2.2 La scuola psicoanalitica
La scuola psicoanalitica è incentrata su una teoria della mente
e del comportamento umano, basata su un metodo di indagine
che mira a rendere comprensibile il significato inconscio di
sogni, parole, gesti, simbolizzazioni. Conseguentemente, essa si
propone come metodo di analisi dei sintomi di una malattia
mentale e come via alla guarigione (psicoterapia).
La psicoanalisi costituisce la concezione più ricca ed articolata
della dinamica mentale, dei rapporti tra livello conscio ed
inconscio della mente umana, tra pulsioni e norme sociali, tra
istanze conflittuali ed ambivalenti, tra ansia e meccanismi di
difesa messi in atto dall’Io per controllarla (Marbach, 1990).
2.3. La Gestalt
La Gestalt ritiene che i fenomeni psicologici siano delle
totalità organizzative ed indivise, le proprietà delle quali non
provengono da somme di elementi, ma sono proprie del tutto in
quanto tale. Sul piano comportamentale, la Gestalt ritiene pure
che la risposta ad una situazione non sia la somma o
combinazione di “risposte” separate a stimoli separati, ma la
risultante di una situazione percepita come problematica nel suo
insieme. Il comportamento dell’individuo nascerebbe, quindi, da
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continue tensioni psicofisiologiche, che pongono all’individuop
stesso sempre nuovi problemi consci ed inconsci: egli sarà
indotto a risolverli per raggiungere un nuovo equilibrio,
modificando, così, il rapporto organismo-ambiente e liberando
nuovi squilibri, prima latenti.
Secondo la Gestalt, quindi, l’individuo agisce in modo
produttivo ed intelligente quando riesce a strutturare una
situazione problematica che lo ponga in tensione e quindi in
situazioni di disagio, obbligandolo a ricercare una soluzione.
Sulla base di tali considerazioni, ad ogni nuova informazione
viene assegnato il compito di rompere un equilibrio cognitivo
per generarne un altro, più favorevole ad un prodotto o ad una
marca.
La seconda guerra mondiale impedisce che le risorse teoriche
e metodologiche acquisite possano avere immediata e completa
applicazione, talché la piena consacrazione dell’utilità
dell’approccio psicologico per lo studio dei fenomeni di
consumo si verificherà soltanto negli anni seguenti il termine di
detto conflitto (Marbach, 1990).