1 
 
1 . INTRODUZIONE 
Come mette in evidenza il IV rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on 
Climate Change (IPCC) del 2007 sul cambiamento climatico, l’attuale fase di 
riscaldamento globale è ben documentata; le nuove previsioni confermano che il 
riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni può essere attribuito alle attività umane 
(NICOLELLA M. et al., 2009). 
La maggiore ricorrenza di fenomeni meteorologici di un certo rilievo, quali siccità, ondate 
di calore, alluvioni, uragani e periodi di freddo intenso, ha fatto si che lo studio del clima e 
la questione dei cambiamenti climatici divenissero di grande attualità negli ultimi anni. Il 
mondo scientifico si è attivato per cercare delle conferme su tale cambiamento e, sulla base 
di tutti gli studi effettuati, si è giunti alla conclusione di come questo sia inequivocabile ed 
influisca sui fenomeni meteorologici estremi (IPCC 2007, IPCC 2012). Questi eventi 
tendono ad avere importanti ripercussioni su un ampio spettro di sistemi ambientali e 
socio-economici (BENISTON M. et al., 1997). 
In questo contesto va sottolineato come gli ecosistemi montani siano particolarmente 
sensibili al cambiamento climatico (BOGATAJ L. K. et al., 2007): lievi variazioni di 
temperatura o precipitazioni in un sistema così complesso possono tradursi in drastici 
cambiamenti, rilevanti dal punto di vista dell’innesco di eventi naturali, degradazione del 
permafrost, distribuzione delle specie viventi, copertura nevosa ed estensione dei ghiacciai. 
Come indicatore del cambiamento climatico, la neve è uno dei parametri piø interessanti da 
analizzare perchØ dipende sia dalla temperatura che dalle precipitazioni (TESTA D., 2009): 
variazioni nella distribuzione e nella consistenza delle precipitazioni nevose, 
nell’estensione e nella copertura nevosa al suolo assumono, in quest’ottica, un importante 
significato (KARL et al., 1993). I dati nivometrici permettono, inoltre, di incrementare la 
conoscenza sui fenomeni eccezionali verificatisi in passato, così da prevedere gli eventi 
estremi impattanti sul territorio montano. 
Tuttavia, è difficile pronunciarsi sull’andamento futuro di eventi meteorologici con 
conseguenze catastrofiche perchØ, da una parte, il cambiamento climatico modifica le 
condizioni che danno origine agli eventi dannosi, ma dall’altra, trattandosi di avvenimenti 
rari, è possibile definire delle tendenze solo nell’arco di periodi molto lunghi (NORTH N. 
et al., 2007).
2 
 
Negli ultimi anni, lo studio dei fenomeni valanghivi è diventato sempre piø argomento di 
attualità a causa del cospicuo numero di incidenti con danni materiali e perdita di vite 
umane, oramai comparabile con quelle connesse ad altre calamità naturali (VAGLIANI F., 
1999). 
La gestione del rischio valanghivo, operata dagli organi tecnici delle amministrazioni 
pubbliche impegnate nella pianificazione e nella gestione del territorio alpino, è di 
fondamentale importanza per poter organizzare le attività urbanistiche, turistiche e la 
fruibilità dei luoghi da parte dei cittadini in totale sicurezza. 
L’aumento dell’antropizzazione delle aree montane per lo sviluppo del turismo invernale, e 
l’indifferenza nell’occupazione del territorio nei confronti di specifiche situazioni di 
rischio, unita alla mancanza di studi sulla criticità delle aree e dei fenomeni di dissesto in 
atto, causano effetti catastrofici che si ripercuotono sulla società in occasione di eventi 
calamitosi di rilievo. 
La conoscenza delle risorse naturali, dei beni ambientali e materiali presenti sul territorio 
nonchØ studi e ricerche nivometeorologiche sono necessarie per la definizione di modelli 
impiegati per la previsione e la gestione del rischio in ambiente montano (ROMEO V. et 
FAZZINI M., 2008). 
La diminuzione del rischio va perseguita attraverso adeguati strumenti legislativi che 
stabiliscano l’uso piø corretto del territorio montano e regole di urbanizzazione da seguire 
scrupolosamente, considerando il pericolo valanghe con la stessa importanza con cui si 
tiene conto delle altre tipologie di rischio. 
Contro la caduta di valanghe il territorio deve essere difeso nella sua interezza, 
promuovendo interventi atti alla conservazione dinamica del suolo, alla prevenzione e 
salvaguardia dei beni e dei suoi centri di produzione. Gli interventi devono puntare 
all’annullamento o alla mitigazione del rischio e devono essere impostati in modo da 
permettere il successivo incremento delle risorse ambientali attraverso la ricostruzione 
delle coperture arboree, l’utilizzazione agraria, la creazione di nuove strutture produttive e 
così via. La realizzazione di tali interventi deve altresì tener conto delle emergenze del 
momento e delle realtà socio-economiche presenti. 
L’intenzione di inserire dati valanghivi nelle carte di sintesi degli strumenti urbanistici sta 
diventando sempre piø attuale e reale, permettendo così un’azione mirata attraverso una
3 
 
pianificazione integrata ed una programmazione coordinata degli interventi stessi 
(BONGIOVANNI M., C., 2011). Tuttavia, lacune nella conoscenza e la mancanza di dati a 
disposizione degli organi amministrativi, spesso, impediscono una coerente gestione del 
territorio e un tempestivo intervento in occasione di criticità ambientali.  
E’ in quest’ottica che l’Università degli Studi di Torino e l’ARPA (Agenzia Regionale Per 
la Protezione dell’Ambiente) Piemonte collaborano da tempo per implementare la 
conoscenza tecnico-scientifica sul clima, l’ambiente e il territorio cercando di creare 
strumenti di analisi e di intervento innovativi, utilizzabili da coloro che operano in questi 
settori. 
Negli ultimi anni sono state sviluppate numerose iniziative con lo scopo di analizzare la 
variabilità climatica e ottenere un quadro sui cambiamenti climatici in atto ed, in 
particolare, il progetto interregionale 2007 - 2013 STRA.DA (STRategie di ADattamento 
ai cambiamenti climatici per la gestione dei rischi naturali), che analizzando le variabili 
nivometriche in territorio alpino, valuta le possibili correlazioni tra i mutamenti climatici 
ed il verificarsi di rischi naturali (CARDONA S. C., 2011). 
In questo contesto si inserisce il mio lavoro di ricerca che è incentrato sulla 
caratterizzazione del clima e del cambiamento climatico in atto in Alta Valle Po, sullo 
studio dei fenomeni valanghivi che si sviluppano nel territorio comunale di Paesana, 
Ostana e Oncino e sulla conseguente realizzazione di una Carta di Localizzazione 
Probabile delle Valanghe. 
I dati impiegati per lo studio del clima sono stati prelevati dalla banca dati meteorologica 
dell’ARPA Piemonte. I dati giornalieri di temperatura, precipitazione liquida e solida delle 
stazioni meteorologiche di Paesana, Pian Giasset e Monviso sono stati elaborati 
statisticamente al fine di individuare le caratteristiche climatiche e gli andamenti di tali 
parametri meteorologici. Per lo studio del cambiamento climatico in atto sulle Alpi 
occidentali si è scelto di esaminare le elaborazioni già svolte da BRUNATTI S., (2008) e 
da FRATIANNI S. et al., (2010) per la stazione meteorologica di Acceglio Saretto in Valle 
Maira, per la quale esiste una serie completa di dati dal 1923 al 2009; i dati giornalieri, 
infatti, coprono un periodo di 86 anni e soddisfano il requisito fondamentale stabilito dalla 
World Meteorological Organizzation (WMO, 2007), secondo cui sono necessari almeno 30 
anni di dati per poter svolgere uno studio climatico rappresentativo delle condizioni 
meteorologiche della zona.
4 
 
La seconda parte del lavoro di tesi si focalizza sullo studio del fenomeno valanghivo in 
Alta Valle Po e sulla realizzazione della Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe 
(C.L.P.V.) per i tre comuni selezionati. In prima istanza sono stati esaminati i fotogrammi 
aerei estivi, mediante uno stereoscopio, al fine di rilevare le tracce lasciate sul terreno dal 
passaggio delle valanghe; successivamente, è stata svolta una ricerca storica sul fenomeno 
che ha interessato questa valle e un’inchiesta dettagliata sul campo, che ha permesso di 
riscontrare le testimonianze fisiche del passaggio di valanghe recenti e di acquisire le 
memorie orali degli abitanti del luogo; infine, il lavoro è stato completato con la 
restituzione cartografica e la realizzazione in formato digitale, con il software ESRI-
ArcWiev, della C.L.P.V. in scala 1:20.000 che riassume tutti i siti valanghivi individuati 
precedentemente. 
Questo documento tecnico verrà inserito nel SIVA (Sistema Informativo VAlanghe) di 
ARPA Piemonte e sarà consultabile dal pubblico per mezzo del servizio internet gratuito 
WebGIS; potrà essere quindi adottato come utile supporto dagli organi amministrativi 
impegnati nella pianificazione territoriale per la gestione delle emergenze idro-geologiche. 
Esso, riportando le aree potenzialmente esposte alla caduta di valanghe, fornisce un valido 
supporto alla previsione e prevenzione dei rischi, garantendo una piø tempestiva 
attivazione delle misure di intervento mirate a contrastare tali criticità ambientali.
5 
 
2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’AREA DI STUDIO 
2.1 Inquadramento geografico 
2.1.1 L’Alta Valle Po 
La Valle Po è situata nella parte centro occidentale del Piemonte, agli estremi limiti della 
provincia di Cuneo e si estende dallo spartiacque, coincidente con l’attuale confine politico 
italo-francese, fino allo sbocco in pianura. La valle sale rapidamente, in soli 13 km circa, 
dalla piana alluvionale si passa alle zone di alta montagna dove molte vette del gruppo del 
Monviso superano largamente i 3000 m di quota, tra cui le maggiori sono situate su 
contrafforti e catene secondarie e non sulla linea spartiacque principale. Quest’ultimo, 
separa invece i bacini gravitanti sull’asta del Po e convoglianti le acque al mar Adriatico, 
da quelli francesi attinenti al sistema Ubaye-Durance-Rodano, le cui acque si dirigono 
verso il mare della Provenza. 
Oltre la frazione Calcinere di Paesana, la valle si apre in due sottobacini: Oncino, nella 
valle del Lenta, sulla destra orografica del Po e Crissolo ed Ostana, interessati dal corso 
iniziale del Po, sulla sinistra orografica della valle. Ogni sottobacino si suddivide e dirama 
ancora in valloni secondari seguendo l’orografia specifica del territorio. 
In termini macrotopografici, la vallata è delimitata da due lunghe catene che la separano 
dalla Valle Varaita e dalla Valle Pellice; esse si staccano dalla catena principale, la prima a 
Sud dalla Punta Gastaldi (3214 m) e lungo di essa si segnalano il Visolotto (3348 m), il 
Monviso (3841 m), la cima delle Lobbie (3015 m), la punta Rasciassa (2664 m), la Testa di 
Garitta Nuova (2385 m) per scendere fino alle porte di Saluzzo. La seconda a Nord, ha 
origine presso il monte Granero (3171 m) e lungo di essa si allineano la Meidassa (3105 
m), il Frioland (2720 m) la Selassa (2036 m) terminando, dopo la Colletta di Barge, con la 
presenza del Monte Bracco (1307 m) contrafforte significativo all’imbocco della valle Po 
(RIF. WEB 1).
6 
 
 
Fig. 1: Topografia dell’Alta Valle Po (Carta Topografica d’Italia, scala 1:100.000). 
2.1.2 L’area di studio: Comuni di Paesana, Ostana e Oncino 
2.1.2.1 Paesana 
Il comune di Paesana si trova nella parte bassa della valle, allo sbocco con la pianura 
saluzzese. Il suo territorio si estende per un’area di 58,1 km
2
 e comprende porzioni 
pianeggianti, in cui sorge la cittadina di Paesana, e zone di alta quota quali ad es. Piano 
Croesio, Pian Munè, Testa di Garitta Nuova sul versante orografico destro della valle e la 
Colletta di Barge sul sinistro. A Nord confina con il Comune di Barge, ad Est con il 
Comune di Sanfront ad Ovest con i Comuni di Ostana e Oncino e a Sud con il Comune di 
Sampeyre. 
Paesana ha una popolazione di circa 2961 abitanti, è articolata in due borghi distinti a 
cavallo del Po (Santa Margherita a destra e Santa Maria a sinistra) e fa parte della 
Comunità montana Valli Po, Bronda e Infernotto. Le coordinate geografiche di riferimento 
sono: Latitudine 44°41’17’’ N e Longitudine 7°16’28’’ E. 
Le frazioni di maggiore rilievo sono Agliasco, Calcinere, Croce, Croesio, Erasca, Ghisola e 
San Lorenzo.
7 
 
Oggi Paesana è un importante centro di soggiorno per la Valle Po, da cui partono numerosi 
sentieri escursionistici per tutta la valle. 
2.1.2.2 Ostana 
Ostana è una comunità occitana dell’Alta Valle Po, un paese costituito da numerose 
borgate disposte sul pendio in sinistra orografica del fiume Po; confina con i comuni di 
Crissolo, Oncino, Paesana (in valle Po) e Bagnolo Piemonte e Barge (in Valle 
dell’Infernotto). 
Ostana occupa una superficie di 16,98 km
2
. Il suo territorio, tipicamente montano, si 
estende dagli 895 m del Moulin di Villo fino ai 2426 m del Briccas, è posto su un lungo 
pendio esposto a Sud, delimitato a valle dal corso del fiume Po. Il centro principale di 
Ostana sorge a 1250 m s.l.m. e conta circa 73 abitanti. Le coordinate di riferimento sono: 
Latitudine 44°41’36’’ N e Longitudine 7°11’25’’ E. Le principali frazioni sono: 
Ciampagna, Ciampetti, Sant’Antonio, La Villa, San Bernardo, Bernardi, Serre, Miridò e 
Martino. 
2.1.2.3 Oncino 
Il comune di Oncino si trova sulla destra orografica del fiume Po. Il suo territorio si 
estende per 47,5 km
2
 a partire dal versante Est del Monviso sino al Torrente Lenta che 
segna il confine con il Comune di Paesana ed è delimitato a Nord dal corso del fiume Po. 
Confina, inoltre, a Nord con Crissolo ed Ostana, a Ovest con Pontechianale e a Sud con 
Casteldelfino e Sampeyre. Il borgo di Oncino sorge a 1220 m s.l.m. e possiede 81 abitanti. 
Le coordinate di riferimento sono: Latitudine 44°40’40’’ N e Longitudine 7°11’29’’ E. Tra 
le frazioni di maggior rilievo vi sono: Arlongo, Piatette, Chiotti, Bigorie, Paschiè, Porcili, 
Ruata, Ruera, Sant’Ilario, Saret, Serre, Tirolo e Villa (RIF. WEB 2).  
2.2 Inquadramento geologico 
Nel Bacino del Fiume Po nell’Alta Valle, situato nelle Alpi Cozie, affiorano orientate NW-
SE, in fasce parallele, alcune delle maggiori unità strutturali della Zona Pennidica 
(BIANCOTTI A., 1982). Dalla zona di sbocco in pianura verso la testata della valle 
compaiono:  
- il Massiccio Cristallino Dora-Maira; 
- la Zona Piemontese (o dei Calcescisti con Pietre verdi).
8 
 
I massicci cristallini interni probabilmente rappresentavano il substrato del bordo esterno 
della fossa piemontese, il cui fondo era in massima parte costituito dalla crosta oceanica 
che ha dato origine al grande complesso ofiolitico del Monviso. L’orogenesi alpina ha 
determinato la imponente traslazione orizzontale delle unità da Est verso Ovest e Sud-
Ovest. Le principali fasi tettoniche, che si sono succedute dall’Oligocene al Miocene, 
hanno sconvolto l’originario assetto paleogeografico con la formazione di numerosi 
ricoprimenti accavallatisi gli uni sugli altri e importanti complicazioni tettoniche quali 
scagliamenti e retroflessioni. E’ stata mantenuta nel complesso la continuità laterale delle 
varie unità che mostrano una disposizione allungata con direzione media parallela all’asse 
della catena alpina. 
Il territorio in esame si estende su settori caratterizzati da un contatto di sovrapposizione 
tra le due unità pennidiche (Fig. 2). 
 
 
Fig. 2: Stralcio della Carta Geologica d’Italia (1:100.000): foglio 79 Dronero; foglio 67 
Pinerolo.
9 
 
2.2.1 Il Massiccio Cristallino Dora-Maira 
Il Massiccio Cristallino Dora-Maira affiora limitatamente nella media e bassa valle Po; 
rappresenta l’unità pennidica piø interna, le cui propaggini orientali e meridionali si 
immergono al di sotto delle alluvioni quaternarie che formano le alte pianure del 
Saluzzese. 
Il metamorfismo alpino di alta pressione è stato accompagnato da una deformazione duttile 
organizzata in almeno tre fasi plicative (LOMBARDO B., NERVO R., 1978). Infatti, il 
Massiccio è costituito: 
- internamente, da uno zoccolo cristallino polimetamorfico, in parte granitizzato in età 
ercinica; 
- da una sequenza vulcano-detritica di età permo-carbonifera attualmente formata da 
micascisti, gneiss, conglomerati e porfiroidi;   
- esternamente, da quarziti micacee, micascisti quarzosi e conglomerati, a loro volta 
derivanti dal metamorfismo di arenarie ed argilliti permo-triassiche.  
Le principali litologie del Dora-Maira affiorano solo nei fondovalle sottoposti ad intensa 
erosione, nelle nicchie di distacco di alcune frane recenti e nei tagli artificiali. Sui versanti 
sono in genere profondamente alterati, in ragione dell’alta componente micacea e coperti 
da una coltre eluviale potente fino a 2-3 m. Sono in essi comuni le intercalazioni gneis 
siche, minute o occhiatine e lenti di rocce basiche antiche.  
2.2.2 La Zona Piemontese 
Il Complesso dei Calcescisti con Pietre verdi affiora alla testata della valle; di età giurese-
cretacea, ha alla base un complesso calcareo-dolomitico triassico. Le “pietre verdi” sono 
rappresentate, sottoforma di sottili intercalazioni, da calcescisti e filladi, talvolta carboniosi 
associati a gabbri, prasiniti e serpentiniti, derivati dal metamorfismo di rocce e sedimenti 
del fondo oceanico (SCHWARTZ S. et al., 2004).  
L’imponente massa ofiolitica del Monviso (Klippe ofiolitico) costituisce un complesso 
mesozoico autonomo. Si tratta di un’enorme scaglia sovrascorsa sui calcescisti e 
proveniente dalle parti interne della fossa geosinclinale piemontese. Le pietre verdi del 
Viso deriverebbero pertanto direttamente dalla crosta oceanica, sulla quale si depositarono
10 
 
i sedimenti calcareo-argillosi trasformati in calcescisti dal metamorfismo alpino 
(ANSALDI G. et MAFFEO B., 1979). 
Nel Massiccio del Monviso la letteratura definisce due diverse sequenze: una superiore 
che, in successione rovesciata, risulta caratterizzata da metabasiti a grana fine, metagabbri 
e metabasalti, mentre l’inferiore è formata da metabasiti listate, metagabbri e serpentiniti 
antigoritiche. Una fascia intermedia costituita prevalentemente da serpentiniti, che 
includono importanti masse di metagabbri eclogitici, separa le due sequenze lungo un 
importante contatto tettonico (NERVO R., 2007). 
Il contatto fra i Calcescisti e il Cristallino Dora-Maira è tettonico ed è segnato sovente da 
intensi processi di laminazione e cataclasi, costituenti direzioni di scorrimento 
preferenziali, segue l’andamento della giacitura principale, con immersione W-SW e 
attraversa il fondovalle nei pressi di Pian Melzè (Crissolo). 
2.3 Inquadramento geomorfologico 
Dal punto di vista morfologico l’area in esame è caratterizzata dalla presenza della valle 
principale, la quale, è incisa dal fiume Po ed ha una direzione W-E. L’asse vallivo, nella 
zona prettamente montana, è piuttosto inciso e presenta importanti conoidi di deiezione, 
che rappresentano la fascia di raccordo tra il fondovalle e gli ampi settori di versante. 
L’assetto morfologico dominante risulta sicuramente connesso all’azione del glacialismo, 
in particolare per le zone comprese fra i 1800 e i 2300 m di quota sui versanti; le strette 
incisioni sul fondovalle principale invece si possono attribuire ad un’azione intensa della 
dinamica fluviale. 
I settori pianeggianti o sub pianeggianti si ritrovano lungo l’asta fluviale principale e nelle 
zone in quota; queste ultime sono probabilmente o depositi glacio-lacustri, o degli areali 
legati geneticamente all’esarazione glaciale (CHIUSANO L., 2010). 
Le principali evidenze del glacialismo sono rappresentate da numerosi affioramenti e sub-
affioramenti di depositi glaciali e fluvioglaciali sia, localmente, su settori di versanti nei 
pressi del fondovalle, sia su settori in quota. 
Il motivo geomorfologico dominante nell’area è dato da una serie di valloni glaciali, a 
profilo trasversale a U, ad asse diretto SW-NE, incise in gole profonde dall’erosione 
fluviale olocenica.
11 
 
Le forme glaciali e periglaciali del Viso sono rappresentate da numerosi rock-glaciers 
ancora attivi. Alla base dei versanti si sviluppano grandi pietraie di probabile origine tardi-
glaciale ed olocenica. Attualmente, detriti di grandi massi si formano in particolare alla 
base delle pareti rocciose, in corrispondenza alle grandi linee di frattura. 
La presenza di grandi pietraie, di cui si riporta un esempio in figura 3, ha in buona parte 
obliterato le forme di accumulo morenico dei fondovalle e i pinnacoli di erosione, che 
costituivano un motivo comune dell’area; i grandi versanti corrispondenti alle superfici di 
stratificazione, formati da rocce fresche prive di tracce di alterazione, sono la 
dimostrazione di un modellamento in atto, estremamente intenso, dovuto alla rapida 
variazione di equilibri: l’intensa dinamica in atto è interpretabile come conseguenza di un 
vasto sollevamento neotettonico. 
 
Fig. 3: Coni di detrito nel gruppo del Monviso. 
In tutto l’areale di affioramento delle pietre verdi i fenomeni di alterazione pedologica 
sono poco evidenti per la particolare resistenza all’alterazione delle rocce madri. 
Sulla piramide del Viso prevale la roccia affiorante. Sulle alte morene dei valloni glaciali e 
sulle pietraie oloceniche i suoli piø evoluti sono litosuoli ai primi stadi di evoluzione e non 
pedogenizzati. 
Gran parte del basso versante del Viso è coperto da morenico sparso, derivante 
dall’erosione e dalla parziale demolizione degli apparati morenici piø in quota 
(BIANCOTTI A., 1982).
12 
 
Testimonianza morfologica del glacialismo dell’area sono i numerosi laghi intramorenici 
che sorgono nelle zone di testata della Valle al di sotto del gruppo del Monviso: il Lago 
Fiorenza, Lago Chiaretto, Lago Grande di Viso, Lago Costa Grande, Laghi delle Sagnette, 
Lago della Pellegrina, Lago Gallarino, Lago Bulè e Lago Alpetto. Tali laghi alpini sono 
formazioni geologiche di breve vita: i detriti che scendono verso valle, soprattutto in 
concomitanza con lo scioglimento primaverile delle nevi, colmano in tempi geologici brevi 
il letto del lago. Una volta colmato, il lago si trasformerà in una torbiera alpina di alta 
quota, così come è successo per il lago alpino del Pian del Re, in corrispondenza delle 
sorgenti del Po, oggi anch’esso divenuto torbiera. 
  
   (a)      (b) 
Fig. 4: Laghi intramorenici del gruppo del Monviso: Lago Grande di Viso (a) e Lago 
Chiaretto (b). 
Nel settore distale e medio del bacino in cui affiora il Massiccio cristallino del Dora-Maira 
le forme sono piø dolci che nel settore di testata e rilevano un’attività erosiva meno 
intensa. La morfologia dominante è data dal versante regolarizzato, lievemente convesso in 
alto e concavo in basso, con un lungo settore pressochØ rettilineo. In alcuni casi lo sbocco 
vallivo alla base dei versanti della valle principale manca della concavità ed il pendio si 
connette bruscamente al fondovalle. L’inclinazione dei versanti è in diretta relazione alle 
litologie affioranti. Sui micascisti, alterati, prevalgono le pendenze poco accentuate e le 
forme dolci e regolari. Sugli gneiss, meno degradabili, le forme sono tendenzialmente piø 
aspre e le pendenze si accentuano. 
L’evoluzione in atto dei versanti è principalmente condizionata dalla franosità e dai 
fenomeni di erosione superficiale.