Introduzione 
 2
e interessi. La partecipazione degli individui al processo comunitario 
comporta una nuova visione degli aspetti fondamentali di garanzia del 
processo ed è l’impostazione che ho tentato di dare a questo studio: il 
fenomeno processuale comunitario studiato dal punto di vista garantistico. 
Visti infatti gli ampi poteri di regolamentazione ed intervento delle 
istituzioni comunitarie nella sfera dell’individuo, sia esso una persona fisica 
o giuridica, il sistema processuale comunitario non può essere inferiore a 
quello degli Stati membri per garanzie, rigore formale e completezza di 
disciplina. Si pone anche per il processo comunitario la questione se esso 
possa dirsi un processo equo e, quindi, se i diritti fondamentali trovino nel 
processo comunitario una adeguata garanzia di rispetto. 
L’oggetto di questa tesi sembra a prima vista contenere una 
contraddizione. Di solito infatti, la tutela dei diritti fondamentali è 
argomento che viene affrontato con riferimento alle Carte costituzionali o 
alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e che quindi attiene 
all’ambito del diritto costituzionale nazionale o dei diritti dell’uomo in 
ambito internazionale; la tutela dei diritti fondamentali che di solito viene in 
considerazione è quella offerta dalle Corti Costituzionali o dalla Corte 
europea dei diritti dell’uomo. L’oggetto di questo studio, invece, sono i 
diritti fondamentali così come si presentano e sono tutelati nell’ordinamento 
comunitario; materia di studio è quindi il diritto comunitario e la 
giurisdizione di riferimento è quella di Lussemburgo, Corte di Giustizia 
delle Comunità europee e Tribunale di primo grado. 
Il primo capitolo sarà dedicato alla ricognizione della materia, a 
capire in che senso e con quali limiti si possa parlare di diritti fondamentali 
nell’ordinamento comunitario, rendendo apparente la contraddizione del 
titolo. Cercherò di situare l’oggetto dello studio, e cioè i diritti 
fondamentali, nell’ambito dell’evoluzione dell’integrazione comunitaria, 
seguendo l’iter di loro progressiva definizione: dall’iniziale carenza di 
protezione nei trattati fondatori e attraverso l’opera di coraggiosa supplenza 
della Corte di Giustizia nella costruzione di un catalogo non scritto di diritti, 
passando per il loro inserimento all’interno dei trattati, fino alla 
consacrazione nella Carta dei diritti dell’Unione Europea. Lo studio 
cercherà di essere il quanto più critico possibile, mettendo in luce i limiti, le 
difficoltà e le incongruenze di cui la protezione dei diritti fondamentali 
soffre nell’Unione Europea e in particolare la (ancora non risolta) ambiguità 
  
Introduzione 
 3
dell’esistenza sul territorio dell’Unione di un altro sistema di protezione dei 
diritti fondamentali, di cui peraltro sono parte tutti gli Stati membri: il 
sistema della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e la sua Corte, 
situata a Strasburgo. 
In seguito l’attenzione si sposterà sul secondo termine di riferimento 
del titolo: il processo comunitario. L’espressione definisce il processo che si 
svolge davanti agli organi della giurisdizione comunitaria, Corte di 
Giustizia e Tribunale di primo grado. Non è processo comunitario quello 
che si svolge davanti ai giudici nazionali, pur se in vista dell’applicazione di 
norme comunitarie. Non si può parlare di processo neppure per quelle 
situazioni in cui organi comunitari esercitano attività direttamente o 
indirettamente decisorie, in un contesto ampiamente caratterizzato da 
garanzie difensive. È questo, ad esempio, il caso delle fasi precontenziose 
in materia di proprietà intellettuale e dei procedimenti dinanzi alla 
Commissione in materia di diritto antitrust.  
Per avere un quadro completo della tutela dei diritti in ambito 
comunitario essa andrebbe studiata globalmente in tutte le sedi decisorie; 
per questo, un rapido  sguardo sarà riservato alla tutela dei diritti 
fondamentali in sedi diverse da quelle del processo comunitario, come lo 
abbiamo delimitato; questo anche perché è giudicando i processi nazionali o 
le azioni delle altre istituzioni comunitarie che la Corte di Giustizia ha 
definito una serie di esigenze che non possono poi non valere per il 
processo che si svolge dinanzi ad essa a al Tribunale di primo grado. 
La parte centrale del lavoro sarà dedicata alla tutela dei diritti 
fondamentali da parte del processo comunitario; lo studio si concentrerà su 
come esso cerca di dare tutela ai diritti fondamentali: per usare la 
distinzione del prof. Wachsmann, l’attenzione non sarà dedicata ai diritti 
garantiti, ma alla garanzia dei diritti e a quella peculiare garanzia 
rappresentata dal processo. 
Oggetto del secondo capitolo sarà il diritto al giudice: si cercherà di 
capire in che modo una richiesta di tutela dei diritti fondamentali possa 
arrivare a Lussemburgo e in che modo il processo comunitario cerchi di 
darle soddisfazione. 
Il terzo capitolo, sulle orme dell’insegnamento della Corte europea 
dei diritti dell’uomo, si occuperà dei principali requisiti di un processo 
equo, applicandoli al processo comunitario: indipendenza, imparzialità e 
  
Introduzione 
 4
precostituzione per legge del giudice, pubblicità del processo e sua durata 
ragionevole. 
Il quarto capitolo ponendosi dal punto di vista dei soggetti che 
domandano tutela a Lussemburgo volgerà l’attenzione alle garanzie del 
contraddittorio e ai diritti della difesa. 
Nell’ultimo capitolo sarà dato un rapido sguardo alle modifiche al 
sistema giurisdizionale apportate dal Trattato di Nizza, chiedendosi se 
queste modifiche saranno utili ad assicurare una migliore tutela dei diritti 
fondamentali nel processo comunitario. 
  
CAPITOLO PRIMO 
 
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 
 
“La Comunità non fu costruita per essere un organismo 
democratico”
1
, è questo il dato fondamentale di partenza di qualunque 
studio di “diritto comunitario dei diritti fondamentali”
2
.  
 
1.       Nessuna protezione dei diritti fondamentali. 
 
1.1     I Trattati fondatori. 
 
I diritti fondamentali non erano al centro delle preoccupazioni degli 
autori dei trattati di Parigi e di Roma.  
Il Trattato di Parigi
3
, che istituiva la Comunità europea del carbone e 
dell'acciaio (CECA), riguardava settori specifici come l'industria 
siderurgica e carbonifera. L’obbiettivo era di creare, attraverso la messa in 
comune di carbone e acciaio, risorse vitali per l’economia europea 
devastata, una solidarietà di fatto, che rendesse ineluttabile la futura 
integrazione politica. 
L'impostazione settoriale venne confermata in seguito al fallimento 
nel 1954 della Comunità europea di difesa (CED) e del tentativo di unione 
politica che doveva accompagnarla.
4
  
                                                           
1
 MANCINI, Il contributo della Corte di Giustizia allo sviluppo della democrazia nella Comunità, 
Riv. dir. eur., 1992, pag. 713. 
2
 Sull’esistenza di una tale materia di studio prende posizione il prof. Sudre, in SUDRE, Droit 
communautaire des droits fondamentaux, in Droit et Justice, Bruxelles, 1999. 
3
 Trattato CECA firmato a Parigi il 18 aprile 1951, entrato in vigore il 23 luglio 1952 è stato 
concluso per la durata di 50 anni e quindi il prossimo 23 luglio cesserà di essere in vigore. 
4
 E’ interessante notare come nel progetto di trattato istitutivo della CED, del 27 maggio 1952, 
fosse espressamente previsto l’obbligo per la Comunità di rispettare “Les libertés publiques et les 
droits fondamentaux des individus”.(art. 3). Inoltre analogo disposto figurava nel progetto di 
trattato istitutivo della Comunità politica europea, del 26 febbraio 1953,  insieme alla previsione di 
un rinvio pregiudiziale della Corte della Comunità alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (art. 
43). 
  
Capitolo I 
 
 6
L’approccio alla costruzione comunitaria è un approccio 
funzionalista. Esso caratterizza anche i Trattati di Roma della Comunità 
europea dell'energia atomica (EURATOM) e della Comunità economica 
europea (CEE)
 5
.  
Nello stesso contesto storico e geografico, pochi anni prima, era nato 
il Consiglio d’Europa
6
, con il compito specifico della salvaguardia e lo 
sviluppo della democrazia e dei diritti dell’uomo: uno dei primi atti adottati 
nel contesto di questa organizzazione è infatti la Convenzione europea di 
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), 
firmata a Roma il 4 novembre 1950. 
Le finalità economiche della costruzione comunitaria avevano fatto 
ritenere come poco realistica la possibilità di una violazione di diritti 
fondamentali da parte dei poteri comunitari e quindi come non necessaria 
una “competenza” comunitaria.
7
 
La verità è che ad alcuni Stati, un’elencazione esaustiva dei diritti 
fondamentali appariva minacciosa, perché potenzialmente capace di 
espandere i poteri attribuiti alla nuova Comunità. Ed è accettabile che fosse 
così, che in un clima europeo già venato di scetticismo, gli Stati nazionali 
non volessero “rischiare di più”.
8
 
Bisogna però sottolineare la significativa presenza fin dall’inizio nel 
Trattato di disposizioni contenenti alcuni diritti fondamentali, 
evidentemente questi sì, considerati in pericolo rispetto al nuovo ordine 
giuridico: il  diritto di non essere discriminati in ragione della nazionalità 
(art. 8 TCE) e del sesso (art. 119 TCE, che in realtà sancisce solo la parità 
di retribuzione per lo stesso lavoro, ma di cui la direttiva del Consiglio 
                                                           
5
 Trattato EURATOM  e CEE firmati a Roma il 25 marzo 1957 sono entrati in vigore il 1° gennaio 
1958. 
6
 Tra gli Stati fondatori del Consiglio d’Europa (5 maggio 1949), oltre a Germania, Francia, Italia, 
Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, vi erano anche Danimarca, Norvegia, Regno Unito e Svezia. I 
membri del Consiglio d’Europa sono oggi 43. 
7
 Nel senso che la Comunità non possiede come gli Stati una competenza globale e il suo 
ordinamento giuridico è solo o prevalentemente un mezzo di integrazione economica, vedi 
DUBOUIS, Le rôle de la Court de Justice des Communautée européen. Objet et portée de la 
protection, Rev. int. droit comparée, 1981, pag. 601 e in particolare pag. 609. Obbietta MANCINI 
polemicamente: ”Non è proprio il pericolo che l’economia rappresenta per la libertà degli uomini 
la maggiore scoperta del XX secolo?” in La tutela dei diritti dell’uomo: il ruolo della Corte di 
Giustizia delle Comunità Europee, Riv. trim. di dir. e proc. civ., 1989, pag. 3. 
8
 E’ noto infatti, e la storia degli Stati Uniti ce ne dà prova, che nell’enunciazione di diritti 
inviolabili c’è spesso una tendenza all’eterogenesi dei fini: dettati a tutela degli individui essi 
  
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 7
76/207 allarga la portata, considerando l’eguaglianza di trattamento 
garantita anche nell’accesso al lavoro e in ogni aspetto del relativo 
rapporto), il diritto di circolare liberamente (art. 48 e seg. TCE). 
Un’interpretazione evolutiva di queste previsioni, considerate “espressioni 
di diritti fondamentali” ha permesso alla Corte di trarre da esse numerose 
conseguenze positive
9
. Ma in tema di diritti fondamentali questo è tutto.  
Le costituzioni nazionali degli Stati membri, invece, contengono 
tutte un catalogo più o meno ricco di diritti fondamentali oppure, è il caso 
della Francia, rinviano alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del 
cittadino del 1789. Anche il Regno Unito, che in difetto di un diritto 
costituzionale formale ignora qualunque nozione dogmatica di diritti 
fondamentali, riconosce in dottrina e in giurisprudenza alcune “fundamental 
liberties” e “civil rights”. Era quindi impensabile che, godendo di tali 
garanzie nei confronti delle misure nazionali i cittadini degli Stati membri 
non pretendessero prima o poi di vedersi attribuita la medesima tutela 
rispetto ai provvedimenti delle Istituzione comunitarie. 
Si tratta di un vero e proprio postulato: il trasferimento di sovranità 
degli Stati membri alla Comunità non deve implicare un abbassamento del 
livello di protezione dei diritti fondamentali garantito dagli ordini 
costituzionali nazionali
10
. 
E’ soprattutto questo il motivo per cui, ad ogni trasferimento di 
poteri alla Comunità, acquisterà sempre più importanza il dibattito sulla 
possibilità di un catalogo esaustivo di diritti fondamentali a livello europeo. 
Se la strada dell’integrazione non ha sofferto di questa carenza il 
merito è tutto della coraggiosa giurisprudenza della Corte di Giustizia, che 
ha dato prova di un judicial activism, che ha ben pochi paralleli negli stessi 
Stati Uniti dove l’espressione è stata coniata. 
                                                                                                                                                               
finiscono per ridurre le prerogative dei membri con l’estensione delle competenze degli organi 
centrali. 
9
 COHEN-JONATHAN, Aspects européens des droits fondamentaux: libertés et droits 
fondamentaux., 2e edition, Paris 1999, pag. 145. 
10
 Vedi CASSESE, CLAPHAM, WEILER, Human rights and the European Community: methods 
of protection, EUI, Baden Baden 1991. 
  
Capitolo I 
 
 8
1.2  L’intervento iniziale della Corte di Giustizia e le reazioni delle  
          Corti costituzionali. 
 
Gli inizi furono tutt’altro che incoraggianti
11
. Nonostante l’Avv. gen. 
Lagrange avesse suggerito di utilizzare i principi generali comuni agli Stati 
membri come veicolo di protezione dei diritti fondamentali 
nell’ordinamento comunitario, la Corte affermò che suo compito è 
“garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del 
Trattato”, sottolineando l’irrilevanza sul piano comunitario dei diritti 
fondamentali garantiti nelle Costituzioni degli Stati membri
12
.  
Illustrare le motivazioni di una risposta così “brutale”, un vero e 
proprio diniego di giustizia è semplice: in quegli anni la Corte era attenta a 
difendere con le unghie e con i denti la libertà d’azione dei neonati organi 
europei, sottomettere questi ultimi al rispetto delle garanzie costituzionali 
dei sei Stati membri sembrava lesivo dei  principi di autonomia e 
preminenza del diritto comunitario, che si sforzava di affermare. 
Sta di fatto però che le conseguenze furono opposte a quelle 
desiderate. L’inesistenza di una tutela dei diritti fondamentali all’interno 
della Comunità indusse la Corte Costituzionale tedesca a mettere in dubbio 
la legittimazione democratica dell’ordine comunitario e perciò a 
disconoscergli autonomia rispetto ai sistemi statali.
13
 Le critiche e le riserve 
al sistema comunitario da parte della Corte Costituzionale italiana non 
furono da meno
14
. 
                                                           
11
 “péchés de jeunesse” per PUISSOCHET JEAN-PIERRE da ultimo in  La Cour européenne des 
droits de l’homme, la Cour de Justice des Communautés européennes et la protection des droits de 
l’homme, in Protecting human rights: the european perspective, study in memory of Rolv Ryssdal, 
2000, pag. 1139. 
12
 Due imprese tedesche del settore carbosiderurgico (Sentenza 4 febbraio 1959, causa 1/58, Stork, 
Racc., pag. 43; sentenza 15 febbraio 1960, cause riunite 36-38/59 e 49/59, Uffici di vendita del 
carbone della Ruhr, Racc., pag. 827) e alcuni agricoltori italiani (Sentenza 1 aprile 1965, causa 
40/65, Sgarlata, Racc., pag. 279) avevano invocato le norme rispettivamente del Grundgesetz e 
della Costituzione Italiana che garantiscono la libera scelta della professione e il diritto di 
proprietà, contro varie misure della Ceca e della Cee. 
13
 Nella sentenza Internationale Handelsgesellschaft (detta Solange I) del 29 marzo 1974 la Corte 
afferma che i diritti fondamentali della Costituzione devono prevalere sul diritto comunitario fino a 
che certe condizioni non saranno assicurate e in particolare fino a che il Parlamento non doterà la 
Comunità di un catalogo di diritti fondamentali. 
14
 Già nel 1965 con la sentenza n. 28, Acciaierie San Michele, e poi nel 1973 con la sentenza 
Frontini n. 183 e con la sentenza Granital n. 170 del 1984 la Corte Costituzionale si era riservata 
la possibilità di riesaminare la costituzionalità delle norme del  Trattato in caso di violazione dei 
diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione Italiana. 
  
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 9
Entrambe le Corti, però, arretreranno su posizioni più 
accondiscendenti, giungendo a dichiararsi soddisfatte della via puramente 
pretoria di protezione dei diritti fondamentali intrapresa dal sistema 
comunitario.
15
  
L’attenzione delle istanze nazionali resta però vivace e la riserva è 
sempre presente
16
. Essa però non deve essere vista come qualcosa di 
negativo. La competenza dei tribunali costituzionali nazionali è una 
garanzia indispensabile per una protezione effettiva dei diritti fondamentali 
a livello europeo che si iscrive nella costruzione di una “Comunità di 
diritto”
17
. 
 
2.       Il ruolo della Corte di giustizia.  
 
2.1    I diritti fondamentali come  principi generali del diritto  
          comunitario: le tradizioni costituzionali comuni agli Stati  
          membri. 
 
Sensibilizzata dal dibattito dottrinale  e dalla giurisprudenza 
costituzionale italiana e tedesca, la Corte ha  quindi voltato pagina
18
.  
                                                           
15
 Sentenza  Wunsche Handelsgesellschaft (detta Solange II) del 22 ottobre 1986: “Une musique 
nouvelle sur une air ancien”, COSTANTINESCO, Revue trim. dr. eur. 1987, pag. 537. 
16
 Da ultimo nella sentenza 7 giugno 2000 (detta delle banane) il tribunale di Karlsruhe ha 
affermato che non eserciterà più la sua giurisdizione sulle misure di applicazione del diritto 
comunitario, a meno che non si verifichi un abbassamento del livello di protezione comunitaria dei 
diritti fondamentali, che comunque realisticamente non considera identico, ma accettabilmente 
equivalente a quello della Costituzione nazionale. 
17
 La paternità dell’espressione può essere attribuita a Walter Hallstein, presidente della 
Commissione che la utilizzò per la prima volta in una conferenza nel 1959. La formula è stata 
ripresa dalla Corte di Giustizia nella sentenza 23 aprile 1986,  causa 294/83, Les Verts c. 
Parlamento europeo, Racc., p.1339, punto 23 
18
 Secondo alcuni autori la vera ragione del cambiamento di giurisprudenza sta proprio nella 
volontà di evitare il conflitto con gli Stati membri, piuttosto che in una presunta “vocazione a 
proteggere i diritti fondamentali”. DUBOUIS, Le rôle…op. cit., pag. 620; COPPEL e O’NEILL, 
The European Cour of Justice: Taking Rights Seriously?, CML Rev., 1992, p.669, accusano la 
Corte di aver utilizzato come pretesto la protezione dei diritti fondamentali per accelerare il 
processo di integrazione economica della Comunità, considerata una “fundamental priority”. Nel 
senso di ammorbidire questa critica, invece vedi WEILER e LOCKHART, “Taking Rights 
Seriously” seriously: The European Court and its fundamental rights jurisprudence, CML Rev., 
1995, pag. 51 e 579. 
  
Capitolo I 
 
 10
E’ il 12 novembre 1969 quando nella sentenza Stauder
19
  i giudici di 
Lussemburgo affermano per la prima volta che “i diritti fondamentali
20
 
della persona fanno parte dei principi generali del diritto comunitario di cui 
la Corte garantisce l’osservanza”
21
.  
In una sentenza dell’anno dopo
22
, la Corte esplicita la sua posizione e 
la delimita. Riafferma che “la tutela dei diritti fondamentali costituisce parte 
integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di Giustizia 
garantisce l’osservanza”. Subito dopo delimita tale posizione dicendo che 
“la salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni 
costituzionali comuni degli Stati membri, va garantita entro l’ambito della 
struttura e delle finalità della Comunità”
23
. 
In questo modo la Corte ha quindi rimediato all’assenza di un 
esplicito riconoscimento della tutela dei diritti fondamentali a livello 
comunitario facendo leva sui principi generali dedotti dalle tradizioni 
costituzionali comuni agli Stati membri
24
.  
Le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri sono quindi la 
prima fonte di quei principi generali del diritto a cui la Corte attingerà per 
costruire un catalogo di diritti fondamentali. La formula
25
 compare nel 
Trattato CE all’art. 215 comma 2, in tema di responsabilità 
extracontrattuale. La Corte se ne avvale ben presto oltre questi limiti, 
utilizzandola, appunto, in riferimento alle normative nazionali in tema di 
diritti fondamentali. 
Prendendo come fonte d’integrazione (o sussidiaria) 
dell’ordinamento comunitario, ordinamento distinto e autonomo da quello 
                                                           
19
 Sentenza 12 novembre 1969, causa 29/69, Stauder, Racc., pag. 420. 
20
 L’espressione diritti fondamentali ha il vantaggio di essere familiare alle due grandi famiglie 
giuridiche che coesistono nell’area europea: quella di diritto romano- germanica e quella della 
common law. L’espressione è presente in diverse costituzioni ed è utilizzata dalle diverse Corti 
Costituzionali europee. La Corte di Giustizia non ha mai ritenuto di dover dare una definizione, ma 
è evidente che l’espressione viene utilizzata come equivalente a diritti dell’uomo.  
21
 Punto 7 della sentenza. Si è trattato però in questo caso di un mero obiter dictum, poiché, 
chiamati ad apprezzare la validità di un provvedimento della Commissione i giudici lo ritennero 
privo di elementi tali da pregiudicare i diritti fondamentali della persona. 
22
 Sentenza17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft, Racc., pag. 1125. 
23
 Punto 4 della sentenza; sugli sviluppi di una tale delimitazione vedi il paragrafo 2.3, in questo 
capitolo. 
24
 Una fonte ricca e flessibile, ma forse troppo poco certa per costruire un higher law alla cui 
stregua sindacare gli atti delle istituzioni comunitarie. MANCINI, La tutela dei diritti 
dell’uomo…op. cit., pag. 7. 
25
 Tradizioni costituzionali e non Costituzioni per tenere conto del sistema del Regno Unito, 
sprovvisto di una Costituzione scritta. 
  
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 11
degli Stati membri, i principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati 
membri non si incorre in contraddizione con l’affermazione 
dell’inesistenza di un obbligo degli organi comunitari al rispetto delle 
costituzioni degli Stati membri. E’ sempre l’ordinamento comunitario a 
consentire sia pure implicitamente un rinvio a tali principi, mantenendo, 
grazie al filtro dei principi generali del diritto, la sua autonomia
26
. 
Attraverso il riferimento ai principi generali comuni agli Stati 
membri, secondo alcuni commentatori, la Corte di Giustizia vorrebbe 
assicurare il livello massimo della protezione accordata negli ordinamenti 
interni, intendendo quindi riferirsi a quello che assicura la tutela più 
ampia
27
. La giurisprudenza non offre indicazioni in tal senso: manca 
qualsiasi indagine comparativa sistematica, del resto ben difficile
28
.  
Ma l’analisi della giurisprudenza mostra anche come la Corte non 
intenda neanche limitarsi agli elementi comuni agli ordinamenti degli Stati 
membri, secondo quanto vorrebbe la teoria minimalista. D’altronde una 
vera e propria analisi comparativa richiederebbe anche l’esame del se e del 
come al diritto fondamentale riconosciuto è data tutela effettivamente in 
ciascun ordinamento. 
La Corte in effetti ricostruisce i principi generali in tema di diritti 
fondamentali sulla base delle norme degli Stati membri attraverso una 
sommaria analisi comparativa, scegliendo la regola che meglio si adatta alle 
esigenze proprie dell’ordinamento giuridico comunitario. 
La soluzione ottimale e quindi il tenore e i limiti di protezione dei 
diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario è dato dalla struttura e 
dalle esigenze di quest’ultimo, e non dagli ordini costituzionali nazionali. 
La Corte opta per la better law, cioè la regola che meglio si adatta alle 
esigenze proprie dell’ordinamento comunitario
29
. 
                                                           
26
 ROTTOLA, Il problema della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, 
RDE, 1978, pag. 219. 
27
 Si tratta della teoria massimalista o assolutista, su cui vedi  PESCATORE, Les exigences de la 
démocratie et la legitimité de la Communauté européenne, C.d.e., 1974, pag. 499. 
28
 L’unica sentenza in cui sono espressamente richiamate singole norme costituzionali è la 
sentenza 13 dicembre 1979, causa 44/79, Hauer, Racc., pag. 3727, punto 20; più spesso le norme 
nazionali sono evocate in modo generico (vedi causa Kirk e causa Johnston, citate oltre). 
29
 GAYA, Aspetti problematici della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, 
Riv. dir. int., 1988, pag. 574; DAUSES, La protection des droits fondamentaux dans l’ordre 
juridique communautaire, Riv Trim. dir. eur., 1984, pag. 401. 
  
Capitolo I 
 
 12
2.2    Un’altra fonte: i trattati internazionali e in particolare la   
          Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 
 
Con la sentenza Nold
30
 la Corte fa un ulteriore passo in avanti, 
completando le fonti dei principi generali del diritto comunitario di cui 
fanno parte i diritti fondamentali. Dopo aver affermato di non poter 
ammettere provvedimenti incompatibili coi diritti fondamentali riconosciuti 
dalle Costituzioni degli Stati membri, afferma che “i trattati internazionali 
cui gli Stati membri hanno cooperato e aderito
31
, possono del pari fornire 
elementi di cui occorre tenere conto nell’ambito del diritto comunitario”
32
.  
Un nuovo progresso è rappresentato nel 1975 dalla sentenza Rutili
33
, 
nella quale la Corte si riferisce espressamente agli art. 8-11 della 
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e all’art. 2 del Protocollo n. 4, in 
quanto ratificati da tutti gli Stati membri
34
. È il primo riferimento esplicito 
alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 
Cinque anni dopo vengono nuovamente in causa il diritto di 
proprietà e del libero esercizio della professione: alla signora Liselotte 
Hauer era stato rifiutato sulla base di un regolamento comunitario di 
piantare una vigna
35
. La Cedu in questo campo è fornita solo di indicazioni 
sommarie, ma la Corte ha cura di interpretare l’art. 1 del Primo Protocollo 
addizionale, dando  l’impressione di considerarlo come una vera e propria 
norma di diritto positivo e non solo, quindi, espressione di quei principi 
generali di diritto che integrano il diritto comunitario allo scopo di fornire 
                                                           
30
 Sentenza 14 maggio1974, causa 4/73, Nold, Racc., pag. 491 Per curiosità: si tratta della stessa 
impresa all’origine della sentenza del 1960 Uffici di vendita del carbone della Rurh, precitata. 
31
 La formula allude alla possibilità che non tutti gli Stati abbiano ratificato il trattato 
internazionale, ma che abbiano comunque partecipato alla sua formazione e applicazione, come 
era il caso della Francia prima della ratifica della Cedu. Tale ratifica ha luogo qualche giorno 
prima (il 3 maggio 1974) della pronuncia della sentenza Nold, senza però che la Corte abbia voluto 
o potuto tenerne conto. GAYA, Aspetti problematici …op. cit., pag. 582. 
32
 Va detto che, nella sentenza in questione, tuttavia, è attraverso i principi generali individuati 
ancora con un esame comparativo delle disposizioni costituzionali a riguardo, che la Corte ha 
tutelato, la proprietà e l’impresa, considerando inoltre “legittimo sottoporle a limiti giustificati 
dagli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità”(punto 14). 
33
 sentenza 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, Racc., pag. 1219. 
34
 Affermando nel merito che in materia di polizia relativa agli stranieri (Si trattava di un 
lavoratore italiano immigrato in  Francia e coinvolto in alcuni conflitti sindacali e politici cui era 
stato interdetto per motivi di ordine pubblico l’ingresso in quattro dipartimenti) le restrizioni per 
esigenze di ordine pubblico e di sicurezza pubblica “non possono andare oltre ciò che è necessario 
per il soddisfacimento di tali esigenze in un società democratica”. 
35
 Sentenza 13 dicembre 1979, causa 44/79, Hauer, Racc., pag.3727 
  
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 13
un’ampia tutela dei diritti fondamentali. Le restrizioni imposte dal 
regolamento comunitario sono comunque giustificate sulla base degli 
obbiettivi di interesse generale della Comunità ricavabili dalla 
comparazione delle norme costituzionali degli Stati membri.  
Agli inizi degli anni ’80 la giurisprudenza della Corte in materia ha 
ormai assunto forma stabile: i diritti fondamentali fanno parte integrante dei 
principi generali di diritto, di cui essa garantisce l’osservanza, 
conformemente alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e ai 
trattati internazionali cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito.
36
 
Tra queste fonti quella che si è rilevata più produttiva è senza dubbio   
la fonte dei trattati internazionali
37
 e anzi, in particolare la Cedu, essendo 
rarissimi i richiami a trattati diversi.
38
 
La Cedu  riveste infatti un “significato particolare”
39
, ma questo non 
implica che la Corte vi sia giuridicamente legata
40
.  
Secondo una parte della dottrina
41
, i giudici di Lussemburgo 
considerano la Cedu parte integrante dell’ordinamento comunitario. Altri 
studiosi
42
 ritengono, invece, che essa resti tecnicamente estranea 
all’ordinamento comunitario.  
                                                           
36
 Sentenza 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic, Racc., pag. 2033  
37
 Probabilmente anche per una difficoltà implicita nell’altra fonte (le tradizioni costituzionali 
degli Stati membri); essa implica un ricorso delicato a esercizi di diritto comparato e oltretutto le 
tradizioni degli Stati membri spesso non sono poi così comuni. 
38
 Nella causa Defrenne III ad esempio viene citata la Carta sociale europea del 18 novembre 1961 
e la Convenzione n. 111 dell’Organizzazione Internazionale del lavoro, del 25 giugno 1958. Ma si 
tratta appunto, solo di una citazione, di un richiamo ad abundantiam, anche perché la Corte ha 
escluso la rilevanza del principio di non-discriminazione fondato sul sesso nella decisione in 
causa. In due sentenze del 18 ottobre 1989 (causa 374/87, Orkem, Racc., pag. 3283 e causa 27/88, 
Solvay, Racc., pag. 3355) si fa riferimento accanto alla CEDU al Patto delle Nazioni Unite sui 
diritti civili e politici per il diritto di non testimoniare contro se stessi.. 
39
 Sentenza 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst, Racc., p.2859, punto 13; 
Sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. p. I-2951, punto 41 e parere 2/94 del 28 
marzo 1996, Racc., p. I-1759, punto33. 
40
 La Corte di Giustizia ha escluso l’esistenza di un vincolo formale al rispetto della CEDU, in 
quanto accordo precedentemente concluso dagli Stati membri ex art. 234. Sentenza 28 ottobre 
1982, cause riunite 50-58/82, Dorca Marina, Racc. pag. 3949. 
41
 PESCATORE, La Cour de Justice des Communautée Européenne et la Convention euorpéenne 
des droits de l’homme, in Protecting the Human Rigths: The European Dimension, pag. 450 seg.; 
CAPOTORTI, Il “Metodo pretorio” seguito dalla Corte Comunitaria ai fini della protezione dei 
diritti umani, in Europa e diritti umani, pag. 67; PUISSOCHET, La Cour européenne des droits 
de l’homme…op. cit., pag. 1142. 
42
 COHEN-JONATHAN, La problematique del l’adhésion des Communautés européennes à la 
C.E.D.U., in Mélange à Teitgen, Paris 1984, pag. 81, 95; MANCINI, La tutela dei diritti 
dell’uomo…op. cit., pag. 11; JACQUE’, Communautée européenne et Convention européenne des 
droits de l’homme, in Mélange à Bouloisis, Paris, 1991, pag. 325, spec. pag. 331. 
  
Capitolo I 
 
 14
Nella Convenzione la Corte si limiterebbe a scorgere delle 
guidelines, un materiale a cui ispirarsi per l’individuazione, al livello di 
tutela minimo, di diritti che l’ordine comunitario garantisce in modo 
implicito. Fontes cognoscendi quindi e non fonte primaria di diritto, fonte 
generatrice, il rispetto della Cedu costituisce un limite di legittimità delle 
norme comunitarie. Il ricorso alle sue disposizioni è un argomento ausiliario 
a sostegno di principi che la Corte trae in primo luogo dai trattati e dal 
diritto comunitario derivato. Il rispetto della Cedu non è che un 
“engagement moral”, una fonte di ispirazione tra altre. 
 
2.3     Competenza della Corte a proteggere i diritti fondamentali: il  
          limite del quadro del diritto comunitario. 
 
La Corte ha determinato, attraverso precisazioni successive, la sfera 
entro cui può estendersi il suo controllo in base al parametro dei diritti 
fondamentali. Si tratta del problema della  competenza della Corte a 
proteggere i diritti fondamentali
43
.  
La base giuridica di una tale competenza è l’art. 220 (ex art. 164 
TCE)
44
, accompagnata da una lettura estensiva della competenza 
pregiudiziale ex art. 234 (ex art. 177TCE). 
Nel suo coraggioso lavoro di colmare la lacuna del diritto 
comunitario in materia di diritti fondamentali, la Corte non ha mai nascosto 
di dover privilegiare, in ultima analisi, gli interessi comunitari rispetto alla 
protezione dei diritti individuali.  
La Corte è sicuramente competente a controllare il rispetto dei diritti 
fondamentali da parte degli atti comunitari adottati dalle istituzioni 
comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni
45
. Non è di competenza della 
                                                           
43
 Vedi ampiamente FLORENCE ZAMPINI, La CJCE, gardienne des droits fondamentaux “dans 
le cadre du droit communautaire”, RTDE, n. 4, 1999, pag. 659. 
44
 “La Corte di Giustizia assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del 
Trattato”. 
45
 Da intendersi istituzioni in senso lato, visto che tale obbligo è stato ritenuto valido anche per la 
camera di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno: sentenza 16 febbraio 
2000, causa T-122/99, The Proctee & Gamble, Racc., pag. II-265. 
  
Diritto comunitario dei diritti fondamentali 
 15
Corte invece il controllo degli atti degli Stati membri che rilevano della loro 
competenza riservata
46
. 
Per quel che riguarda le misure nazionali adottate per dare attuazione 
ad un atto comunitario già nel 1970
47
 la Corte aveva precisato che la 
protezione  dei diritti fondamentali  “va garantita nell’ambito della struttura 
e delle finalità della comunità”. Ben presto la Corte espliciterà il significato 
di questa restrizione. 
Nella sentenza Wachauf
48
 precisa che, poiché la protezione dei diritti 
fondamentali deve essere presa in considerazione in rapporto alla loro 
funzione nella società, sono possibili delle restrizioni al loro esercizio a 
condizione che rispondano agli obiettivi di interesse generale perseguiti 
dalla Comunità e non comportino una restrizione intollerabile alla sostanza 
di questi diritti. Questa maniera di intendere riguarda anche l’applicazione 
di un regolamento comunitario da parte degli Stati membri.  
                                                           
46
 L’avvocato generale Trabucchi già nelle conclusioni della causa Watson e Belman, aveva 
affermato che “la protezione dei diritti dell’uomo interviene nel sistema comunitario anche 
riguardo agli Stati, nella misura in cui il diritto fondamentale invocato sia collegato a un rapporto o 
ad una situazione giuridica la cui disciplina sia oggetto specifico del Trattato”. 
La Corte si è pronuncia  in argomento nella causa Defrenne III in cui, dopo aver affermato che 
l’eliminazione delle discriminazioni in  base al sesso fa parte dei diritti fondamentali di cui la 
Corte garantisce il rispetto, ha sottolineato che, il controllo comunitario non può riguardare 
situazioni disciplinate dal diritto interno, che sono di competenza dei giudici nazionali. 
Nella sentenza 11 luglio 1985,cause riunite 60 e 61/84, Cinéthèque, (Racc., pag. 2605), ha 
precisato che “anche se la Corte ha il compito di garantire il rispetto dei diritti fondamentali nel 
settore specifico del diritto comunitario, non le spetta tuttavia esaminare la compatibilità con la 
CEDU di una legge nazionale riguardante, come nel caso di specie, una materia di competenza del 
legislatore nazionale” (punto 26). 
Nella sentenza 30 settembre 1987, causa 12/86,  Demirel (Racc. pag. 3719), tale approccio è stato 
chiarito e ristretto. La Corte ha affermato che essa “deve vegliare al rispetto dei diritti 
fondamentali nella sfera del diritto comunitario, ma non può sindacare la compatibilità, con la 
CEDU, di una disciplina nazionale che non rientri nell’ambito dell’ordinamento comunitario” 
(punto 28). 
47
 Sentenza1Internationale Handelsgesellschaft, citata. 
48
 Sentenza 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf., Racc., pag. 2609, punti 18-19.