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«Ogni plebe m’insulta e rossa e nera» 
Fogazzaro, la sua arte, la scienza, la Chiesa 
 
 
 
 Introduzione 
 
 
Nella primavera del 1893 Fogazzaro scrive la poesia Notte 
di passione pubblicata poi alla fine del 1894, per l’esattezza il 30 
dicembre, il giorno prima di terminare la stesura di Piccolo 
mondo antico. A quella data Fogazzaro ha tenuto già tre 
conferenze di argomento piø scientifico che letterario sulla 
evoluzione, attirandosi, nonostante il notevole successo di 
pubblico, le critiche da due fronti: quello scientifico e quello 
ecclesiastico. 
Con il primo verso di quella poesia «Ogni plebe m’insulta 
e rossa e nera» Fogazzaro rileva e lamenta in forma sintetica e 
incisiva questi attacchi concentrici, frutto di una incomprensione 
che lo amareggia. Ma fu davvero incomprensione o fu qualcosa 
di diverso o di peggio? 
Il mondo della scienza gli rimproverava soprattutto il fatto 
di essersi occupato da dilettante di una materia che non era la 
sua; la Chiesa invece vedeva in lui, come in altri cattolici che 
avevano accettato la nuova teoria dell’evoluzione, un pericolo 
interno che minava l’ultima base sulla quale era fondato il credo
2
della creazione ex nihilo dell’universo da parte del Dio 
onnipotente della Bibbia. 
Da parte del mondo accademico si può parlare piø di 
fastidio che di incomprensione; gli scienziati, i professori 
universitari non gradivano che un letterato, un dilettante si 
occupasse di materie di cui volevano, e credevano di avere, il 
monopolio. Ma la posizione del Fogazzaro, che si proponeva di 
conciliare la fede cattolica con la nuova scienza, va vista nel 
contesto di allora; all’epoca era molto piø forte il legame degli 
intellettuali cattolici con la Chiesa. Il De Filippi, che fu il primo 
nel 1864 a parlare in Italia, in una conferenza pubblica intitolata 
L’uomo e le scimie, della teoria evoluzionistica di Darwin, e che 
per questo fu violentemente attaccato, era un credente che in un 
campo diverso da quello ‘poetico’ del Fogazzaro riteneva che 
l’atto della creazione descritto in Genesi non dovesse essere 
preso alla lettera, ma potesse conciliarsi con le nuove scoperte e 
teorie scientifiche. 
La posizione della Chiesa fu quella, come spesso in 
passato, di resistere al nuovo, arroccandosi in una difesa della 
lettera del ‘Libro’ e guardando ai tentativi ‘conciliazionisti’ del 
Fogazzaro, e di altri cattolici, come a un tradimento nella 
battaglia che la ‘vera fede’ doveva combattere contro il 
materialismo e il positivismo.
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1
 Riferendosi ai tentativi di rinnovamento della Chiesa da parte di cattolici liberali come 
Fogazzaro ed altri, così si esprime Alberto Asor Rosa in un suo saggio del 1977: «perchØ la 
Chiesa volle vedere in questo tentativo soltanto il cedimento alle ideologie dell’avversario» 
(Cfr. A. Asor Rosa, Tutti contro il modernismo, in Storia d’Italia, Volume IV-2, Einaudi, 
Torino, 1977, p. 1211).
3
 
Dopo aver ripercorso per sommi capi la storia 
dell’evoluzionismo in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, si 
analizza, nelle pagine seguenti, l’opera del Fogazzaro, soprattutto 
romanzi e conferenze, al fine di approfondire come lo scrittore si 
sia avvicinato alla teoria dell’evoluzione, l’abbia fatta sua e abbia 
tentato una conciliazione di questa teoria con la religione 
cattolica. Le pagine finali saranno invece dedicate 
all’atteggiamento della Chiesa nei suoi confronti, anche per i 
decenni successivi alla morte, sino alle recenti prese di posizione 
durante gli ultimi pontificati.
4
 Capitolo I 
 L’evoluzionismo in Italia 
 
 
Il 1864 è generalmente indicato come l’anno della prima 
penetrazione in Italia delle teorie evoluzioniste di Darwin.
2
 In 
effetti si ebbero due avvenimenti molto importanti: l’11 gennaio 
a Torino Filippo De Filippi, professore di zoologia in quella 
Università, tenne una memorabile lezione sull’argomento con il 
titolo L’uomo e le scimie e nel corso dell’anno uscì, per i tipi di 
Zanichelli e soci a Modena, la prima traduzione italiana, col 
consenso dell’autore, della Origine delle specie, condotta da 
Giovanni Canestrini e Leonardo Salimbeni sulla terza edizione 
inglese. 
Dopo le discussioni di inizio Ottocento sulle teorie del 
naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck, presentate nella sua 
opera Philosophie zoologique ed introdotte in Italia dal 
professore torinese Franco Andrea Bonelli, il dibattito si era 
alquanto affievolito, complice in parte la situazione generale che 
vedeva molte delle energie degli intellettuali italiani assorbite da 
impegni politici e ‘rivoluzionari’. A seguito della pubblicazione 
dell’opera di Darwin la discussione riprese con energia. Anzi, se 
in molti centri universitari gli echi delle nuove teorie erano stati 
accolti con scarso interesse e con qualche scetticismo, già prima 
della memorabile lezione del De Filippi, in alcuni ambienti, sia 
                                                 
2
 Vedi, ad esempio, G. Montalenti, Darwin e noi, L’Unità-Editori Riuniti, Roma, 1982, p. 
90.
5
favorevoli sia contrari alla rivoluzione scientifica che irrompeva 
in tutta Europa, il dibattito era comunque iniziato. 
Come spesso accade, gli elogi e le critiche arrivarono nel 
nostro Paese prima della traduzione dell’opera. 
¨ senz’altro da citare un interessante articolo di Paolo Lioy 
apparso nel novembre 1862 sul «Politecnico» di Carlo Cattaneo 
dove, prima di passare in rassegna le recenti importanti scoperte 
ed osservazioni di naturalisti dell’epoca in diverse parti del 
mondo, l’autore fa, per così dire, il punto sulla situazione: 
 
Le rivoluzioni politiche non devono distogliere lo sguardo 
dell’umanità da quelle che compionsi nei campi della scienza. Pacifici e 
modesti, i progressi scientifici sono l’ultimo e piø prezioso frutto delle 
rivoluzioni. La politica è un mezzo; il vero fine è la scienza [...] Le 
preoccupazioni politiche hanno giustamente assorbito l’attenzione 
degl’Italiani, sì che restarono inoperosi e spesso indifferenti spettatori delle 
battaglie intellettuali che altre nazioni vincevano nei domini del sapere. 
Tanto maggiore sarebbe il danno se da questo lungo intervallo di 
noncuranza avessimo contratto l’abito di appagarci delle passate glorie, 
ponendo in non cale l’odierna mediocrità. No la rivoluzione dev’essere 
anche per noi foriera dei nobili trionfi della scienza. 
Splendide rivoluzioni si vanno compiendo nella scienza; e gl’Italiani 
debbono serbare un glorioso posto nelle file dei combattenti. Teorie credute 
inviolabili sono già sì fieramente assalite ch’è prossima la loro caduta, 
simili nella crudele fortuna alle istituzioni di diritto divino un giorno credute 
eterne.
3
 
 
Lioy si sofferma poi, sia pure brevemente, sul botanico 
inglese William Jackson Hooker: 
 
Citar la flora del dottor Hooker è citare una delle piø importanti 
opere che ai dì nostri abbiano illustrato la botanica. Naturalista pensatore, 
                                                 
3
 P. Lioy, La botanica e la zoologia negli ultimi due anni (prima parte), «Il Politecnico», 
Volume XV, fascicolo LXXVII, novembre 1862, pp. 113-114.
6
seguace delle teorie di Darwin sull’origine delle specie, paragona la 
vegetazione oceanica con quelle delle altre regioni.
4
 
 
E infine, con notevole competenza e con taglio 
lungimirante se non profetico, intraprende a descrivere per 
sommi capi l’opera darwiniana: 
 
¨ intanto palese qual rivoluzione si prepari nella filosofia dell’istoria 
naturale, mercØ sì grande progresso nella contemplazione razionale del 
mondo organico. La teoria della permanenza delle specie è per essere 
modificata e svolta; e il nome di Darwin è forse destinato a segnare un’era 
nuova nella scienza.  
Ci accadde piø volte di menzionare la teoria di Darwin, e temiamo 
ch’essa sia ancor sì poco nota in Italia, che non sia superfluo un breve 
cenno. In un libro incantevole per evidenza di stile (On the origin of species 
by means of natural selection, Londra, 1859) Carlo Darwin, fondandosi 
sulle progressive modificazioni che la domesticità cagiona negli animali e 
nelle piante, elevossi alle piø alte induzioni. Il clima, il nutrimento, le 
abitudini con influenze a lungo continuate alterano i tipi organici, 
rendendosi sensibili nel corso delle generazioni. [...] ¨ questa nuova idea 
che rende la teoria di Darwin diversa ed assai piø filosofica di quella di 
Lamarck. [...]  
Posta fuori di questione la tendenza alla variabilità delle specie 
Darwin nega assolutamente la teoria della permanenza delle specie; [...] Noi 
qui abbiamo solamente inteso di porgere un’idea molto succinta d’un’opera, 
che ad onta di deduzioni forse avventurate oltre la stabilità dei sicuri 
fondamenti, pure è una delle piø splendide che il nostro secolo abbia 
prodotto in filosofia naturale; giacchØ se non saranno accettati tutti i suoi 
corollari, è sì ricca di fatti tanto meravigliosamente concatenati, vivifica 
l’istoria naturale con sì feconda armonia, che quegli stessi tra i naturalisti 
che piø combattono le sue conclusioni la proclamano nei suoi particolari 
sublime. Fra questi citeremo l’illustre Pictet.
5
 
 
Il rimando al naturalista ed entomologo François Jules 
Pictet da parte del Lioy è occasione per analizzare una 
                                                 
4
 Ivi, p. 116. 
5
 Ivi, p. 123.
7
precedente presa di posizione che si era avuta in Italia su 
tutt’altro fronte. 
Erano quasi certamente le teorie di Lamarck e la 
discussione da queste aperta che avevano indotto la rivista dei 
gesuiti «Civiltà cattolica» ad iniziare sin dal febbraio 1858, 
quindi quasi due anni prima dell’uscita a Londra dell’Origine 
delle specie, la pubblicazione di una serie di articoli, anonimi 
com’è nella tradizione della rivista, ma attribuibili al fisico 
gesuita Giovanni Battista Pianciani,
6
 intitolati Cosmogonia 
naturale comparata col Genesi. Gli articoli furono 26 e la loro 
uscita si protrasse senza cadenze regolari fino al novembre 1862. 
Gli ultimi quattro, postumi (il Pianciani era morto il 23 marzo), 
furono stampati come appendice e riguardano il diluvio 
universale. 
¨ curioso ed interessante notare che nell’articolo del 21 
dicembre 1859, quindi dopo un mese dalla pubblicazione 
dell’opera di Darwin, in una nota a commento del testo l’autore 
riporta un brano del geologo Charles Lyell all’interno del quale 
viene citato Darwin.
7
 
                                                 
6
 R. Mantovani, Un fisico dimenticato: il gesuita G. B. Pianciani, Gabinetto di Fisica, 
Università di Urbino. In questa pubblicazione reperibile su internet 
(http://www.brera.unimi.it/sisfa/atti/2002/019-. MANTOVANI%20DEFINITIVO.pdf) sul 
sito della Università di Milano, il Mantovani cita nella bibliografia la raccolta degli articoli 
in questione come opera del Pianciani. L’autore è comunque citato anche in una nota-
necrologio apparsa in fondo all’articolo di «Civiltà Cattolica» del 3 maggio 1862. 
7
 Del brano è citato solo Lyell come autore, non è menzionata l’opera da cui è tratto, il 
naturalista inglese invece è citato come M.[ister] Darwin come in altre parti del testo 
dell’articolo di Pianciani; la citazione del Lyell quasi sicuramente non si riferisce alla 
Origine delle specie ma alla relazione Geological Observations on South America 
pubblicata presso Smith, Elder, Londra nel 1846.
8
Ma quelli piø importanti sono due articoli che comparvero 
a brevissima distanza, il 9 e il 19 luglio 1860, a dimostrazione 
che l’insieme degli articoli, anche se concepito con un piano ed 
un intento generale, fu aggiornato dall’autore a seguito delle 
notizie pervenute dall’Inghilterra e dalla Svizzera. Nel primo 
l’autore si diffonde molto sulle teorie di Lamarck mentre nel 
secondo analizza quelle di Darwin citando espressamente On the 
origin of species e il recentissimo articolo di Pictet:  
 
Il celebre naturalista inglese Carlo Darwin ha pubblicato l’anno 
scorso in Londra un’opera sull’origine delle specie, la quale ha prodotto, si 
dice, gran sensazione in Inghilterra, benchØ non sia che l’estratto o il 
compendio di un’opera maggiore intorno alla quale egli tuttora si occupa. 
Non può negarsi che la sua dottrina si avvicini a quella di Lamarck, 
pensando esso pure che i diversi caratteri zoologici sieno il prodotto di 
graduali modificazioni. Egli crede, a cagion d’esempio, che gli antenati 
degli uccelli mancassero di ali e queste siensi a poco a poco sviluppate, 
durante una lunga serie di generazioni; che il verme di terra e la farfalla 
discendano da un arcavolo comune per mezzo di successive modificazioni 
ecc. Proposizioni che possono piacere ad una libera immaginazione, ed 
esporsi in modo ingegnoso e seducente, ma non mai dimostrarsi. Un altro 
illustre scienziato (F. I. Pictet) ci ha dato intorno a quest’opera un articolo, 
inserito nella Bibliothèque Universelle di Ginevra. Niuno, pensiamo potrà 
lagnarsi che il dotto inglese sia qui trattato con soverchia severità. Comincia 
il Pictet dal lodarne l’esposizione de’ fatti, ma piø non osa seguirlo, allorchØ 
da premesse, a suo parere, prudenti, giuste e limitate vede uscire delle 
conseguenze teoriche esagerate ed estreme. [...] Aggiunge il Pictet. «M. 
Darwin, ammettendo da un lato la possibilità di variazioni leggere, e 
dall’altro immensa serie di secoli moltiplica uno per l’altro questi due 
fattori, ed arriva ad ammettere variazioni possenti e profonde, non solo nelle 
forme esteriori, ma ancora negli organi piø essenziali...»
8
 
 
L’articolo prosegue con un’ampia citazione delle 
considerazioni del Pictet e si chiude con un commento 
                                                 
8
 [Giovanni Battista Pianciani], Cosmogonia, «Civiltà cattolica», Serie IV, Volume VII, 19 
luglio 1860, pp. 280-281.
9
dell’autore che definisce quella di Darwin «[...] un’ardita e non 
punto verisimile ipotesi» 
Prima del De Filippi, un altro grande scienziato, il geologo 
spezzino Giovanni Capellini, aveva parlato delle teorie di Lyell e 
di Darwin nelle sue lezioni all’Università di Bologna. Capellini 
fu personaggio di grande rilievo nel campo della geologia ed a 
lui dobbiamo tra l’altro la fondazione della Società Geologica 
Italiana che aveva tra i soci fondatori anche il famoso ministro 
delle finanze Quintino Sella con il quale lo scienziato ebbe un 
duraturo rapporto di amicizia.
9
 
Capellini fu chiamato per meriti speciali all’Università di 
Bologna nel 1860 ed iniziò le lezioni nel febbraio del 1861. ¨ lui 
stesso che così ricorda quella esperienza: 
 
Il 18 febbraio del 1861 potei iniziare le lezioni di Geologia e 
Paleontologia con la Archeologia preistorica, rendendo conto sommario 
delle piø recenti scoperte intorno alla antichità dell’uomo. [...] Le mie 
lezioni furono subito frequentate da parecchi vecchi ingegneri e medici e da 
colleghi tra i quali ricorderò [segue un elenco di nomi]; presto fui attaccato 
dai giornali clericali e denunziato come empio darwinista, e ciò accrebbe la 
curiosità e contribuì a farmi conoscere. Seppi di qualche giovane che fu 
seriamente consigliato di non frequentare le mie lezioni se pure intendeva 
salvare l’anima sua e, da allora in poi, fui additato come scimmiofilo e fatto 
segno a insulti banali e a motteggi da parte dei piø ferventi clericali, nemici 
giurati del Governo italiano e di quanti in Bologna erano arrivati dalle 
antiche provincie del Piemonte e della Liguria.
10
 
 
                                                 
9
 A. Castellarin, L’opera scientifica e universitaria di Giovanni Capellini a Bologna, 
memoria presentata a La Spezia il 3 ottobre 1985, ora in «Memorie della Società Geologica 
Italiana», 30 (1985) 11-16, pp. 12-13. 
10
 G. Capellini, Ricordi, Volume II 1860-1888, Nicola Zanichelli, Bologna, MCMXIV, 
Capitolo XII, pp. 3-4.
10
Un altro importante personaggio italiano fautore 
dell’evoluzione fu Giovanni Canestrini, originario del Trentino; 
di famiglia molto modesta («Venne in Italia e nel 1861 vinse il 
concorso alla cattedra di zoologia dell’Università di Modena»
11
), 
fu uno dei primi ad accogliere la teoria di Darwin, contribuendo 
tra l’altro a farne conoscere in Italia il pensiero con la prima 
traduzione della Origine delle specie, pubblicata nel 1864 
insieme a Leonardo Salimbeni presso Zanichelli. Con la 
conferenza del De Filippi e l’opera del Canestrini, che tradusse 
altri lavori di Darwin e pubblicò importanti saggi sullo stesso 
argomento, come la Teoria dell’evoluzione esposta nei suoi 
fondamenti, il manuale Antropologia e Per l’evoluzione, 
considerati libri fondamentali per la penetrazione in Italia della 
teoria evoluzionista, anche in Italia fu rotto il ghiaccio su questo 
tema che già tanto dibattito aveva suscitato all’estero. Molti altri 
furono i rappresentanti del mondo scientifico ed accademico 
italiano che dettero un contributo alla diffusione del darwinismo, 
sia con traduzioni delle opere di Darwin, sia con scritti propri. 
Basti ricordare Michele Lessona, Pier Andrea Saccardo, Paolo 
Mantegazza, Cesare Lombroso, Giacomo Cattaneo, Giuseppe 
Sergi, Daniele Rosa.  
Come conseguenza anche di questa opera di divulgazione, 
nel 1875 Darwin fu nominato socio straniero della Reale 
Accademia dei Lincei: nomina che è da valutare tanto piø 
                                                 
11
 C. Fenizia, Storia della evoluzione, Ulrico Hoepli editore, Milano, 1901, p. 332.
11
importante se si considera che la candidatura a socio della 
AcadØmie de France dello scienziato inglese era stata respinta. 
Anche dall’interno della Chiesa ci fu qualche voce, rara 
ma interessante, che si alzò a favore della evoluzione e della 
possibilità di conciliare questa teoria con la religione cattolica. ¨ 
senz’altro da menzionare un sacerdote toscano, Raffaele Caverni, 
che nel 1877 pubblicò un libro dal titolo De’ nuovi studi della 
Filosofia. Discorsi a un giovane studente dove affronta appunto 
il tema della conciliazione tra fede cattolica ed evoluzionismo.
12
 
Ovviamente anche in Italia non mancarono le polemiche e 
gli oppositori. Personaggi famosi e di grande levatura si 
schierarono contro questa teoria. Fu famosa la polemica di 
Niccolò Tommaseo che, in risposta ad una conferenza del 1869 
tenuta da Alessandro Herzen a Firenze, pubblicò un opuscolo 
intitolato L’uomo e la scimmia, nel quale cercò di demolire la 
teoria con argomenti che secondo il Montalenti dimostrano 
«soltanto una profonda ignoranza della biologia e una vacua e 
inconcludente retorica».
13
  
Carlo Fenizia, nella sua Storia dell’evoluzione, fa una 
rassegna sia di coloro che sposarono la causa dell’evoluzionismo 
dalla pubblicazione dell’Origine delle specie fino a fine 
Ottocento, sia di coloro che vi si opposero. Tra questi ricorda il 
                                                 
12
 Il libro del Caverni, che raccoglieva una serie di articoli apparsi nel 1875 e 1876 sulla 
«Rivista Universale», fu pubblicato dalla casa editrice Carnesecchi di Firenze nel 1877 e 
l’anno successivo fu messo all’Indice. Non essendoci nel titolo nessun riferimento 
all’evoluzione, ed essendo i decreti della Congregazione dell’Indice generalmente privi di 
motivazione, solo dopo molto tempo si è potuto scoprire che il libro trattava questi 
argomenti (Cfr. M. Artigas, T.F. Glick, R.A. Martínez, Negotiating Darwin, John Hopkins 
University Press, Baltimore, 2006, pp. 32-35). 
13
 G. Montalenti, op. cit., p. 94.
12
naturalista Giuseppe Bianconi, che tenne nel 1874 una 
conferenza all’Università di Bologna per confutare l’origine 
dell’uomo dal regno animale affermando nelle conclusioni: 
«L’uomo è una creazione a parte e a sØ, indipendente affatto da 
quella degli altri animali»;
14
 il medico e patriota carpigiano 
Geminiano Grimelli al quale si deve un opuscolo dal titolo 
inequivocabile Divina origine dell’umanità in contrapposizione 
alla supposta origine bestiale; e infine, last but not least, il 
celebre geologo abate Antonio Stoppani che non tralasciò 
«occasione alcuna per scagliarsi contro l’evoluzione e gli 
evoluzionisti».
15
 Ma Fenizia era evidentemente attento a tutti gli 
aspetti della discussione di fine secolo su quell’argomento ed è 
uno dei pochi del fronte scientifico ad ‘accorgersi’ del Fogazzaro 
e a citarlo: 
 
Un altro tentativo di accordo tra scienza e religione fu fatto da 
Antonio Fogazzaro in una pubblicazione intitolata «Per un recente raffronto 
delle teorie di S. Agostino e di Darwin circa la creazione» (1892). L’autore 
tenta di mettere addirittura d’accordo i Padri della Chiesa con le teorie 
evoluzionistiche. La forma letteraria è indubbiamente ottima, ma le opinioni 
scientifiche non reggono agli assalti di una sana critica fatta in base al 
principio già espresso, che, cioè, la scienza non conosce che verità da 
propugnare ed errori da emendare, la Religione, invece, agisce in nome di 
tradizioni erronee e di principi errati, come ha dimostrato il Ferrière col suo 
lavoro «Les erreurs scientifiques de la Bible». Anche il discorso «L’origine 
dell’uomo e il sentimento religioso» ha il medesimo valore del citato lavoro. 
Il Fogazzaro cerca nella Bibbia il senso ascoso di leggi naturali che gli ebrei 
ignoravano.
16
 
 
                                                 
14
 C. Fenizia, Storia dell’evoluzione, cit., p. 341. 
15
 Ivi, p. 342. 
16
 Ivi, pp. 342-344.