8
In questo senso la “tossicodipendenza” viene intesa come un processo discorsivo 
(anziché come un dato di fatto) generato in virtù delle modalità conoscitive adottate dai 
parlanti per descriverla. 
La ricerca che verrà presentata di seguito, che si colloca su un piano di realismo 
concettuale
6
 ed entro la cornice teorica testé delineata, pone come proprio oggetto di 
indagine le produzioni discorsive fornite da un gruppo di consumatori di sostanze 
considerate illegali: alcuni di essi che, inseriti in qualità di “soci svantaggiati” 
all’interno di varie cooperative sociali di tipo B
7
, seguono un percorso di reinserimento 
lavorativo e altri consumatori che ricoprono il ruolo di utenti presso il Ser.T.
8
 di Padova. 
L’obiettivo che questo lavoro si pone dunque, in linea con i presupposti epistemologici 
e teorici di riferimento, consiste nel descrivere le modalità discorsive che il gruppo 
oggetto di indagine utilizza per descriversi, ovvero le autoattribuzioni. 
 
                                                                                                                                               
Ciardiello P., 2005, “Reato e identità. Atti e contributi per la formazione e l’operatività professionale”, 
Upsel Domeneghini editore, Padova 
 
6
 Per la definizione di realismo concettuale si rimanda al paragrafo 1.3.3 “Realismo concettuale”. 
 
7
 Le cooperative sociali di tipo B svolgono attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) 
finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Tratto da “Assunzione di soggetti 
svantaggiati” legge 381 del 8/11/91 art.1 e 4, G.U. n. 119 del 23 23-5-2002, Decreto 09/11/2001. 
 
8
 “I Ser.T. sono i servizi preposti alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione dei tossicodipendenti, 
secondo quanto sancito dalla legge del 26 giugno 1990 n. 162”. Tratto da Turchi G. P., 2002, 
“Tossicodipendenza: generare il cambiamento tra mutamento di paradigma ed effetti pragmatici”, Upsel 
Domeneghini Editore, Padova, p. 197. 
 9
CAPITOLO 1: PRESUPPOSTI EPISTEMOLOGICI 
 
1.1 DEFINIZIONE DI SCIENZA 
Per poter attribuire un significato univoco al termine “scienza” è necessario fare 
riferimento sia all’etimologia che alla filogenesi dello stesso. Sulla base dell’etimo, 
ovvero la forma più antica della parola a cui si può risalire nella storia, “scienza” viene 
dal greco “gnosis” che significa “conoscenza”: la scienza dunque è un modo di 
conoscere
9
. Analizzando lo sviluppo filogenetico che il termine ha subito nella cultura 
occidentale
10
, risulta che la conoscenza fosse riferita in primis all’oggetto, ovvero al 
cosa si intendeva conoscere: si è nell’ambito della tradizione ontologica (ontologia, dal 
gr. “discorso sull’essere”) in cui l’interesse è rivolto alla conoscenza di quella realtà 
che, in quanto esterna ed indipendente dall’osservatore, poteva essere scoperta. La 
visione “aristotelico-tolemaica” del moto celeste rappresenta un esempio di questo tipo 
di tradizione filosofica, poiché essa vede coincidere l’esperienza sensibile (ovvero la 
percezione) con l’osservazione empirica e dunque con la conoscenza. 
Con l’avvento del pensiero di Kant
11
 e l’introduzione della distinzione fra “fenomeno”, 
ovvero ciò che è effettivamente conosciuto, e “noumeno”, ovvero la cosa in sé che è 
inconoscibile, l’attenzione inizia ad essere posta sul come si può conoscere piuttosto che 
                                                 
9
 Appunti delle lezioni di Psicologia Clinica tenute dal prof. Gian Piero Turchi, anno accademico 2006-
2007. 
 
10
 Per cultura si intende “l’insieme di leggi, usi, costumi, strutture economiche, organizzazioni familiari e 
sociali, credenze, conoscenze e valori che caratterizzano una certa collettività “. Tratto da Turchi G. P., 
2002, “Tossicodipendenza: generare il cambiamento tra mutamento di paradigma ed effetti pragmatici”, 
Upsel Domeneghini Editore, Padova, p. 23. 
 
11
 Immanuel Kant: filosofo tedesco che rivoluzionò la tipologia di studio della gnoseologia. Tali 
riflessioni sono contenute nell’ opera “Critica della ragion pura”. L'innovazione conseguita consistette nel 
rovesciamento del rapporto tra l'oggetto e il soggetto conoscente: nella gnoseologia kantiana non è più il 
mondo sensibile che forgia il pensiero umano, ma viceversa è l'uomo che modella la realtà applicandovi 
le proprie leggi conoscitive.  
Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Kant.  Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. 
 
 10
sul cosa: in questo senso si è nell’alveo della tradizione gnoseologica (gnoseologia, dal 
greco “discorso sulla conoscenza”), per cui la realtà coincide con le modalità utilizzate 
per conoscerla. In questo senso viene abbandonato il riferimento esclusivo al dato 
empirico e viene utilizzata come presupposto di conoscenza un’assunzione di realtà 
basata su un riferimento di tipo teorico. 
In questo senso la scienza è una -gnosis, ovvero una modalità di conoscenza, ed in 
quanto tale non può attestare qualcosa di oggettivo o di “vero” né quindi sancire 
qualcosa che sia immutabile nel tempo: le asserzioni scientifiche vengono modificate 
continuamente in riferimento alle nuove scoperte raggiunte
12
. 
L’ipotesi che la scienza non progredisca secondo un andamento lineare verso la verità 
fu sostenuta da Kuhn, il quale la descrisse come soggetta a rivoluzioni periodiche, 
ovvero i cosiddetti “scarti paradigmatici”
13
.  
Il progresso scientifico non è dunque il frutto dell’avvicinamento alla verità assoluta, 
quanto dell’allontanamento dagli stadi e dai mezzi primitivi di ricerca: la scienza è 
sempre “a partire da”, di conseguenza non procede mai per certezze. 
 
1.2 CRITERI DI DEMARCAZIONE FRA SENSO COMUNE E SENSO SCIENTIFICO 
Riprendendo quanto esposto in merito alla definizione di “scienza”, nel precedente 
paragrafo, è possibile considerare come il senso scientifico ed il senso comune 
rappresentino due modalità di conoscenza, ovvero due diverse organizzazioni 
linguistiche, che consentono di conoscere differenti “realtà” a partire da diversi 
presupposti conoscitivi. Pertanto, nel tracciare una linea di demarcazione fra questi due 
                                                 
12
 Appunti delle lezioni di Psicologia Clinica tenute dal prof. Gian Piero Turchi, anno accademico 2006-
2007 
 
13
 Per la definizione di “paradigma” si rimanda alla nota 2 del paragrafo “Introduzione”. 
 
 11
livelli di conoscenza, non si intende attribuire al primo statuto di “verità” e al secondo  
statuto di “falsità”. 
Entrando nel merito, con la dizione di senso comune si fa riferimento a qualunque 
affermazione “di qualsiasi natura e tipologia che definisce e sancisce quale è la realtà, 
che risulta organizzatrice di stereotipi e pregiudizi, che è trasversale a tutti i ruoli e a 
tutti i contesti, che manifesta autoreferenzialità nella propria legittimazione”
14
. A fronte 
di quanto testè riportato, si considera come il senso comune non abbia la necessità di 
specificare gli assunti teorici di partenza per far acquisire fondatezza alle proprie 
affermazioni, poiché è la forza retorica della stessa argomentazione che rende reale ciò 
di cui si parla, configurandolo come “realtà di fatto”: in questo modo viene costruita una 
realtà “comune” e “condivisa” da tutti i parlanti. 
Viceversa il senso scientifico è caratterizzato dal “non dare mai per scontato” ciò che è 
reale: una scienza, per essere tale deve necessariamente definire il proprio oggetto 
d’indagine, e in virtù di tale oggetto, definire una modalità di conoscenza, un metodo di 
indagine appropriato allo studio di tale porzione di realtà. Esistono dunque dei criteri di 
demarcazione che permettono di distinguere una produzione scientifica da una non 
scientifica e questi variano a seconda degli assunti epistemologici
15
 adottati. Infatti, dal 
momento che il senso scientifico è prodotto da un novero di scienze che si muovono in 
livelli epistemologici diversi, differenti devono essere anche i criteri a cui le varie 
scienze fanno riferimento. In tal senso, se tutte le scienze devono, per essere tali, 
esplicitare questi criteri, le discipline psicologiche devono rispondere a quelli che 
                                                 
14
  Turchi G. P.  & Ciardiello P., 2005, “Reato e identità. Atti e contributi per la formazione e l’operatività 
professionale”, Upsel Domeneghini editore, Padova, p. 45. 
 
15
 Dal greco Η Σ Λ ς Ω Κ Π Κ, significa “discorso sulla scienza”; l’epistemologia dunque è quella branca della 
filosofia che si occupa di porre le condizioni necessarie per produrre conoscenza  scientifica e metodi per 
raggiungere tale conoscenza 
 12
contraddistinguono le scienze –logos, dal momento che il termine “psicologia” deriva 
da “psiche” e “logos”, ovvero “discorso sulla psiche”. Il primo di questi criteri consiste 
nel rigore dell’argomentazione, che indica la necessità che lo scienziato espliciti, nel 
produrre le proprie asserzioni, gli assunti paradigmatici e teorici che costituiscono la 
cornice entro cui si sviluppa il processo conoscitivo. 
Il secondo criterio consiste nell’adeguatezza epistemologica e richiede allo scienziato di 
riferire le modalità conoscitive che utilizza per produrre la propria argomentazione ad 
un adeguato livello epistemologico (quello in cui è situato l’oggetto d’indagine). La 
psicologia, in quanto -logos (discorso) sulla “psiche”, è una scienza che utilizza il 
linguaggio ordinario per definire sia il proprio oggetto di indagine sia le teorie e i 
metodi di ricerca di cui si avvale. Pertanto, a differenza delle scienze –ica, ovvero 
quelle scienze che, come la chimica, utilizzano concetti condivisi e un linguaggio 
formale, le scienze -logos non si avvalgono di un linguaggio “proprio”, dal valore 
simbolico convenzionalmente stabilito a priori (come il linguaggio matematico), bensì 
utilizzano il linguaggio proprio della comunità di parlanti, i cui significati sono costruiti 
da e nell’interazione: in tal senso la riflessione epistemologica risulta indispensabile per 
una psicologia che voglia dirsi scientifica.
16
 
Oltre ai criteri di demarcazione sopraesposti, risulta necessario in psicologia tenere 
conto dei criteri di adeguatezza epistemologica e pertinenza metodologica. 
Per soddisfare il primo, la teoria di riferimento e l’oggetto di studio devono porsi allo 
stesso livello epistemologico. Nel caso in cui viceversa, la teoria di riferimento 
risultasse inadeguata ad indagare quell’oggetto, e dunque venisse attribuito ad un 
costrutto il valore di concetto (per esempio, il termine “ansia”), si verificherebbe uno 
                                                 
16
  R. A. Panza, “Psicologia e Sociologia Postmoderna: contributi tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America”,< 
http://www.psychomedia.it/pm/human/epistem/panza.htm> 
 13
scivolamento ad un piano di senso comune: in questo modo si andrebbe a generare una 
produzione epistemologicamente infondata, ossia un’argomentazione che non rispetta i 
presupposti conoscitivi alla base dei livelli epistemologici, e si compirebbe un errore 
epistemologico. 
Al fine di assolvere al criterio di pertinenza metodologica è necessario invece che gli 
strumenti utilizzati per studiare l’oggetto di interesse e intervenire nei confronti dello 
stesso, siano pertinenti sia rispetto a quest’ultimo che alla teoria messa in campo per 
conoscere; qualora al contrario, quanto rilevato tramite la misurazione (per esempio, 
tramite la “scala di misurazione dell’ansia”) venisse considerato come un dato di fatto, 
piuttosto che come il riscontro dell’applicabilità della teoria, si compirebbe un errore 
metodologico
17
. 
 
1.2.1 LIVELLI EPISTEMOLOGICI DEL LINGUAGGIO 
Riprendendo quanto testé argomentato rispetto all’epistemologia, si considera come la 
riflessione epistemologica risulti necessaria al fine di produrre un discorso scientifico
18
: 
tale operazione infatti consente alle scienze di “fondare il proprio oggetto di indagine e 
le modalità conoscitive adeguate per conoscerlo, collocandosi entro il livello di realismo 
adeguato”.
19
 Per generare il sapere tutte le scienze si servono dell’utilizzo del 
linguaggio e in particolare le scienze –logos, per produrre teorie, strumenti e tecniche 
operative, fanno proprio quello utilizzato dalla comunità di parlanti.  
                                                 
17
 Dispensa del corso di Psicologia Clinica tenuto dal prof. Gian Piero Turchi, anno accademico 2005-
2006 
 
18
 Salvini, A., 2004, “Psicologia clinica”, Upsel Domeneghini editore, Padova. 
19
 Ziglio, M., “Valutazione dell’efficacia nel trattamento delle tossicodipendenze”, corso di laurea 
triennale in Scienze psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali, a.a. 2006/2007 
 14
Pertanto si considera come tutte le scienze, e a maggior ragione quelle –logos, abbiano 
la necessità di fondare il linguaggio che utilizzano per produrre conoscenza e dunque di 
muoversi rigorosamente rispetto alla cosiddetta “epistemologia dei termini”
20
. 
A tal proposito la riflessione epistemologica identifica tre livelli del linguaggio: 
1. il piano del Lessico, in cui un termine assume un significato condiviso e 
riconosciuto da tutti, poiché stabilito dalle modalità d’uso della comunità di 
parlanti, ma che allo stesso tempo può assumere un significato peculiare per 
ognuno, in base all’esperienza o al contesto in cui la parola viene utilizzata da 
quest’ultimo. 
Un esempio è il termine “salute”, definito dal dizionario
21
 come uno “stato di 
benessere fisico e psichico dell’organismo derivante dal buon funzionamento di 
tutti gli organi e gli apparati”. All’interno della stessa comunità di parlanti tale 
termine ha un significato condiviso ma allo stesso tempo ogni individuo, in base 
alla propria esperienza e alla propria teoria personale, può dare allo stesso un 
significato proprio e peculiare.  
A fronte della definizione di senso comune precedentemente
22
 data, si può 
considerare che quello definito “lessicale” sia proprio il livello in cui tale 
modalità di conoscenza si colloca: infatti, in questo piano di realismo, la realtà 
                                                 
 
20
  L’epistemologia dei termini è una riflessione epistemologica che consente, attraverso l’individuazione 
di tre livelli del linguaggio (lessico, concetto e costrutto), di fondare epistemologicamente il linguaggio 
utilizzato per produrre conoscenza, affinché sia coerente con il livello di realismo entro cui ci si intende 
muovere. 
 
21
 Zingarelli, N., 2000, “Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana”, Zanichelli editore S. r. l.,    
Bologna. 
 
22
 Paragrafo 1.2 “Criteri di demarcazione fra senso comune e senso scientifico”. 
 15
risulta “comune”, per cui non vi è la necessità di specificare i presupposti teorici 
sui quali muove
23
. 
2. Il piano del Concetto, in cui un termine assume un significato condiviso e 
univoco all’interno di un preciso e specifico campo di applicazione.  
Per esempio, nel campo di applicazione (ovvero la scienza che utilizza il termine 
stesso) della biologia, il termine “cellula” assume il significato certo ed 
inequivocabile de “l’unità fondamentale degli organismi viventi capace di vita 
autonoma, che consta di una membrana cellulare contenente il citoplasma e il 
nucleo”
24
. Pertanto nel livello del concetto si collocano le scienze cosiddette 
“ontologiche”, ovvero che lavorano con oggetti di conoscenza entificabili. 
3. Il piano del Costrutto, in cui un termine assume un significato specifico solo 
all’interno di una determinata teoria; pertanto anche all’interno dello stesso 
campo di applicazione la stessa parola assume tanti significati quante sono le 
teorie che la vanno a definire. Questo è il caso delle scienze -logos, definite 
gnoseologiche, che non dispongono di enti misurabili come oggetto di indagine, 
bensì che lavorano con teorie della conoscenza. La psicologia è, per eccellenza, 
la scienza dei costrutti, in quanto il suo stesso oggetto di studio, ovvero la 
“psiche”, è rappresentato da un costrutto: l’oggetto di indagine non è 
indipendente dalle categorie conoscitive utilizzate dall’osservatore, anzi ciò che 
si conosce e le modalità usate per farlo coincidono. La “psiche” perderebbe 
qualsiasi connotazione di scientificità nel momento in cui non venissero 
                                                 
23
 Turchi G. P. & Ciardiello P., 2005, “Reato e identità. Atti e contributi per la formazione e l’operatività 
professionale”, Upsel Domeneghini editore, Padova. 
 
24
 Zingarelli, N., 2000, “Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana”, Zanichelli editore S. r. l.,    
Bologna. 
 
 16
esplicitati gli assunti teorici utilizzati come riferimento, dal momento che, in tal 
caso, non venendo rispettato il criterio di demarcazione tra senso scientifico e 
senso comune, si attuerebbe uno slittamento sul piano del lessico
25
. 
 
1.2.2 AFFERMAZIONI E ASSERZIONI 
Riprendendo le definizioni sopraesposte di senso comune e senso scientifico ed 
entrando nel dettaglio, si può considerare come una produzione discorsiva di senso 
comune corrisponda a ciò che si definisce come affermazioni, mentre in riferimento al 
senso scientifico si parla di asserzioni. Infatti se un’affermazione si caratterizza per 
“essere un’argomentazione che definisce come stanno le cose, stabilisce cosa è vero, 
affermando la realtà come un dato di fatto”
26
, un’asserzione è un “modo di conoscere 
caratterizzato da un linguaggio non vero in quanto tale ma riferito a dei presupposti 
conoscitivi”.
27
 Da tali considerazioni emerge che ciò che distingue un’affermazione di 
senso comune da un’asserzione di senso scientifico risiede nell’esplicitazione delle 
categorie conoscitive utilizzate come riferimento appunto conoscitivo. 
Nello specifico, nell’ambito della psicologia, affinché le produzioni discorsive risultino 
scientifiche e si differenzino da affermazioni di senso comune, è necessario innanzitutto 
compiere la riflessione epistemologica inerente il linguaggio; in questo modo viene 
rispettato uno dei criteri di scientificità delle scienze -logos, ovvero quello relativo alla 
rigorosità dell’argomentazione. Attenersi ad un livello epistemologico dei costrutti 
significa anche configurare la ‘realtà’ e i propri oggetti di indagine come delle 
                                                 
25
 Appunti delle lezioni di Psicologia Clinica tenute dal prof. Gian Piero Turchi, anno accademico 2006-
2007. 
 
26
 Turchi, G. P., 2007, “M.A.D.I.T. Manuale per la metodologia di analisi dei dati informatizzati testuali”, 
Aracne editrice S. r. l., Roma, p. 29 
 
27
 Ibidem. 
 17
“costruzioni” e non dei dati di fatto; infatti poiché l’oggetto di studio delle discipline -
logos assume valenza scientifica soltanto in virtù delle teorie utilizzate come riferimento 
conoscitivo, l’attribuzione di significato ad un costrutto risulta mediata dall’utilizzo del 
linguaggio: la conoscenza del costrutto è dunque teorica e avviene soltanto in termini 
discorsivi.
28
 A fronte di quanto portato si può considerare come, nell’ambito delle 
scienze –logos e nello specifico della psicologia, non essendo possibile individuare 
come oggetti di indagine degli enti, non sia corretto parlare di realtà, quanto piuttosto di 
configurazioni di realtà costruite in virtù delle categorie conoscitive utilizzate
29
.  
 
1.3 DIFFERENZA FRA REALISMO E REALTA’ 
Attingendo dalla definizione di un dizionario della lingua italiana, la realtà viene 
descritta come “condizione di ciò che è reale, vero, materiale, esistente o concreto: la r. 
di fatto”
30
.Utilizzando il termine realtà nella tradizione occidentale ci si riferisce a tre 
livelli: fisico/materiale, fenomenico e simbolico.  
In virtù di quanto esposto in merito alla differenza fra scienza e senso comune
31
 si 
considera come lo scienziato abbia la necessità di adottare una prospettiva in cui la 
realtà non sia considerata come data o assoluta quanto piuttosto costruita e definita in 
base alle assunzioni teoriche di riferimento che guidano la conoscenza stessa; in questi 
termini la riflessione epistemologica si pone non soltanto come una necessità, bensì 
                                                 
 
28
 Ibidem.  
 
29
 Ibidem. 
 
30
 Zingarelli, N., 2000, “Lo Zingarelli 2001. Vocabolario della lingua italiana”, Zanichelli editore S. r. l., 
Bologna. 
 
31
 Paragrafo 1.2 “Criteri di demarcazione fra senso comune e senso scientifico”. 
 
 18
anche come una condizione imprescindibile per lo scienziato che voglia abbandonare la 
dimensione della realtà e abbracciare quella della configurazione di realtà. 
In questo senso, la riflessione epistemologica contemporanea ha individuato tre livelli di 
realismo che corrispondono ad altrettante concezioni di realtà e alle tre dimensioni 
epistemologiche entro le quali si può collocare l’agire scientifico. “Si tratta di livelli di 
realismo, non di realtà, poiché in virtù dei primi sappiamo dove poggiare (ovvero su 
quale realtà) i piedi della conoscenza”.
32
 
Tali livelli costituiscono la posizione, ovvero le “lenti” conoscitive che lo scienziato 
assume per conoscere la realtà, e consentono dunque di stabilire che tipo di realtà si 
andrà a generare. Essi sono il realismo monista,  quello ipotetico e quello concettuale e 
fanno rispettivamente riferimento ad una dimensione fisico/materiale, paragonabile alla 
visione scientifica di Bacone
33
, ad una dimensione di tipo fenomenico, attribuibile alle 
teorizzazioni di Kant, e ad una di tipo simbolico, nata con il principio di 
indeterminatezza di Heisenberg
34
.  
                                                 
32
 Turchi, G. P., 2002,“Tossicodipendenza: generare il cambiamento tra mutamento di paradigma ed 
effetti pragmatici”, Upsel Domeneghini Editore, Padova, nota 5, p. 114 
 
33
 Francesco Bacone, nome italianizzato di Francis Bacon, filosofo, scienziato e uomo di stato inglese, 
è considerato il fondatore di una nuova logica di tipo sperimentale e induttivo, che intendeva sostituirsi a 
quella aristotelica. Egli teorizzò l’esigenza di abbandonare il modo di procedere essenzialmente teorico 
della scienza ereditata dagli antichi, che si basava, anziché sull’osservazione della natura, su un impiego 
della “mente distaccata e disgiunta dall’evidenza dei fatti”. L’induzione era intesa da Bacone nella logica 
in cui si partiva dalle sensazioni e dai fatti particolari per risalire a proposizioni intermedie, ascendendo in 
modo progressivo e continuo fino ad arrivare a quelle più generali. Questa via presupponeva che 
l’esperienza, purché sottoposta ad una elaborazione razionale, fosse la fonte della nostra conoscenza. 
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34
 Werner Heisenberg, fisico tedesco, formulò il celebre principio di indeterminazione, uno dei cardini 
della meccanica quantistica. Tale principio pone un limite invalicabile alla possibilità di conoscenza 
umana, riconoscendo l’impossibilità teorica di determinare contemporaneamente e con precisione 
arbitraria due parametri fisici importanti di una particella quali sono la posizione spaziale e il momento. 
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