2
occidentali proprio perché una delle più condizionate dalla proiezione dell’eroe 
macedone.
2
  
L’età ellenistica, che si apre nel periodo immediatamente successivo alla morte 
prematura di Alessandro, segna una tappa fondamentale per comprendere 
l'evoluzione dell'immagine del conquistatore ed i postulati di partenza che 
l’hanno accompagnata. Essa getta le basi del messaggio ideologico su cui si 
avvia la riflessione che, attraverso i secoli e i millenni, giunge fino all’evo 
moderno. A tal ragione il mio studio prende avvio proprio dall’Ellenismo, 
soffermandosi sulle condizioni nelle quali il nome di Alessandro fu percepito per 
la prima volta a Roma. 
Le monarchie ellenistiche traggono origine dal re macedone e dalle modalità con 
cui egli esercitò il suo potere autocratico, contribuendo all’elaborazione di un 
nuovo tipo di sovranità, basileia. Infatti nel corso della sua conquista asiatica, 
Alessandro, si trova a dover rivestire contemporaneamente ruoli diversi da quello 
di semplice re dei Macedoni, essendo anche capo della coalizione degli Stati 
greci prima, signore orientale poi, e infine figlio di Zeus, ruolo che gli avrebbe 
conferito l’oracolo del Dio Ammone. Nel ricoprire questi diversi ruoli il 
Macedone instaura quel nuovo tipo di autorità assoluta, strettamente legata alla 
sua persona, che trova la sua legittimazione in base al principio della «terra 
conquistata con la lancia».
3
 Furono le sue ripetute conquiste ad assicurargli il 
dominio su un impero immenso, e grazie alle sue conquiste gli fu riconosciuto un 
                                                          
2
 Cfr. BRACCESI L’Alessandro occidentale, 2006 pp. 313 
3
 Cfr. VIRGILIO Lancia, Diadema e Porpora, 2003 p. 75 
 3
indiscutibile potere presso i suoi contemporanei e nei secoli a venire. Fu proprio 
il modello dell’Alessandro conquistatore, modello in cui si connettono storia e  
mito, ad essere oggetto di emulazione tanto dei monarchi ellenistici quanto degli 
imperatori romani. In seguito alla sua morte, nel 323 a.C., cominciarono a 
comparire i racconti sulla sua epopea, che però non sono giunti fino a noi se non 
indirettamente, attraverso le menzioni di autori posteriori di tre secoli e più allo 
svolgimento delle vicende. Da ciò si evince la difficoltà per gli storici nel 
ricostruire lo svolgimento dei fatti reale e distinguerlo dalle invenzioni che si 
innestano su di esso, come riflesso del mito che già riveste la figura del 
Macedone. La storiografia su Alessandro cominciò a svilupparsi nella città da lui 
fondata in Egitto e che prese il suo nome, Alessandria, città che sarà fulcro della 
cultura ellenistica. L’immagine proposta dai biografi alessandrini e l’ideale 
«cosmocratico» che si sviluppò già a partire dalle conquiste di Alessandro e che 
proseguì con la tradizione leggendaria postuma sui suoi inattuati progetti di 
conquista, ebbero un influsso decisivo sull’ideologia dell’età ellenistico-romana, 
avviando quel processo di imitatio Alexandri che si svilupperà nella Roma 
imperiale.
4
 Passata l’epoca repubblicana della contrapposizione militare e 
politica fra Roma e i grandi regni ellenistici, l’ellenismo, dapprima rimosso, 
esercita una forte attrazione culturale e ideologica sugli imperatori romani.
5
  
Una imitatio Alexandri è già percepibile in Scipione l’Africano e poi in Pompeo, 
ancora in epoca repubblicana, ma è con Cesare e dopo di lui con Augusto, che 
                                                          
4
 Cfr. CENTANNI M. in FONDAZIONE MEMMO, Catalogo esposizione 1995 p. 154 
5
 VIRGILIO Lancia, Diadema e Porpora, 2003 p. 200 
 4
l’identificazione col Macedone si esprimerà in modo evidente, innescando un 
processo emulativo del conquistatore che perdurerà nei secoli della Roma 
imperiale, passando per il Germanico per culminare in Alessandro Severo e 
infine Costantino, nell’arco di quattro secoli.  
L’imitatio Alexandri di Cesare ha i suoi presupposti nel desiderio di conquista dei 
confini occidentali dell’ecumene, così come i confini orientali dell’ecumene 
furono conquistati da Alessandro. In entrambi è presente il desiderio di esplorare 
l’ignoto, spingendosi oltre i limiti dell’ardire umano. Cesare conquistò le Gallie e 
la Britannia. Un altro nodo centrale della imitatio Alexandri di Cesare riguarda i 
progetti di conquista, lasciati incompiuti per la sua morte improvvisa. La 
tradizione postuma di Alessandro ci ha tramandato di progetti di conquista 
irrealizzati dal Macedone, che avevano come obiettivo l’occidente, Cartagine e 
quindi forse Roma. Secondo la tradizione postuma di Cesare, il condottiero 
romano, negli ultimi giorni della sua vita, aveva organizzato una spedizione 
contro i Parti in Asia, sconfitti i quali si sarebbe diretto in Scizia passando dal 
Caspio e dal Caucaso, e infine, costeggiando l’oceano settentrionale, avrebbe 
raggiunto la Germania. La Germania e l’oceano settentrionale rappresentano 
nell’immaginario dei romani l’estremo confine nord dell’ecumene, forse per 
questo motivo Augusto, figlio adottivo di Cesare, ascriverà la conquista di essa a 
proprio merito. Ma il principe non si limita ad eguagliare il suo eroe, vuole 
superare il mito del conquistatore sul piano dell’ecumenicità: la geografia di 
conquista augustea, pur avendo termine nell’oceano settentrionale, così come 
 5
nell’oceano meridionale aveva avuto termine quella macedone, mira ad 
un’unificazione totalizzante di tutto l’ecumene nelle mani di Roma. Allora la 
Terra veniva considerata circoscritta tra i due oceani, quello settentrionale e 
quello meridionale. Augusto, contrapponendosi ad Alessandro, si presenta come 
il conquistatore di tutto l’occidente, dai confini più meridionali, in quanto poteva 
vantare il dominio romano sull’Africa, che risaliva alla vittoria su Cartagine di 
Scipione l’Africano, a quelli più settentrionali, avvalendosi della conquista della 
Germania, che in realtà non è ascrivibile a suo nome in quanto i romani furono 
fermati a Teotoburgo. Quindi, avendo Roma annesso al suo dominio l’impero 
una volta di Alessandro, grazie anche alla vittoria di Augusto contro i Parti di 
Asia, che in verità non fu una vittoria ma un compromesso politico, al principe 
romano sarebbe mancato solo l’esplorazione del quadrante nord-est 
dell’ecumene, perché l’impero romano dominasse tutto il mondo
6
. In questo 
motivo della conquista ecumenica Augusto forse supera il mito di Alessandro, 
ma sicuramente trae il maggior contributo per la sua propaganda.  
Attraversando due millenni l’immagine di Alessandro Magno risorge in 
Napoleone. È lui stesso ad evocare il fantasma del Macedone nel corso della sua 
spedizione in Egitto, nel 1798, e la propaganda ufficiale coglie l’occasione per 
enfatizzare il parallelo tra i due eroi e proiettare l’ombra del “nuovo Alessandro” 
su tutto l’oriente. Bonaparte è sicuramente l’ultimo condottiero in cui si incarna 
Alessandro, talvolta alternandosi però con Cesare: in lui convivono queste due 
                                                          
6
 BRACCESI L’Alessandro occidentale, 2006 pp. 135-137 
 6
nature che presto entrano a far parte del dibattito dei maggiori intellettuali 
italiani. La riflessione sull’esperienza napoleonica è al centro della vita,  
dell’opera e dell’ideologia di Ugo Foscolo, il quale, dopo la tragedia di 
Campoformio che segna la fine della repubblica veneta, patria dell’autore, ad 
opera di Napoleone, traspone l’immagine di Alessandro su quella del Còrso. 
Nell’Orazione a Bonaparte  Foscolo si auspica che come il conquistatore antico 
annientò la libertà delle poleis per generare in nome della grecità l’impero 
ecumenico, così l’eroe moderno abbia distrutto Venezia, sua patria e ultima polis, 
per edificare una repubblica più grande e più libera: la Repubblica Italiana. Ecco 
il parallelo tra Napoleone e Alessandro proposto da Foscolo, esso è strettamente 
collegato con le sue aspettative di rinnovamento sociale ed istituzionale nel 
momento della creazione della Repubblica Italiana dalla Cisalpina: entrambi i 
conquistatori hanno distrutto la libertà di una repubblica per far risorgere il suo 
spirito nel progetto dell’impero ecumenico
7
.  
L’accostamento di Napoleone con Alessandro Magno, seppur occultato, rivive 
anche in Alessandro Manzoni, e precisamente nell’Ode del Cinque Maggio, 
dedicata alla scomparsa di Bonaparte, il 5 maggio del 1821. Lorenzo Braccesi
8
 
ritrova la fantasia creatrice di quest’ode in un luogo biblico che parla proprio di 
Alessandro. Si tratta dell’esordio del primo libro dei Maccabei, in cui l’autore 
rievoca la figura del Macedone per poi soffermarsi sui radicali mutamenti politici 
succedutisi nel mediterraneo dopo la sua morte. Precisamente è l’espressione “la 
                                                          
7
 Cfr. BRACCESI Proiezioni dell’antico, 1982 p. 69 
8
 BRACCESI L’Alessandro occidentale, 2006 pp. 281-283 
 7
terra ammutolì davanti a lui” del luogo biblico che ritornerebbe come chiave di 
volta della prima stanza dell’ode, la più celebre, e che condiziona lo svolgimento 
di tutta la lirica. Secondo Braccesi il concetto della terra che tace di fronte alla 
notizia della morte dell’eroe fu preminente nell’elaborazione poetica del 
Manzoni, soprattutto se si guarda alla stesura di primo getto dell’ode, e diversi 
sono qui i temi di imitatio Alexandri che attraverso il luogo biblico 
condizionarono il Manzoni. 
Dopo il 1860, ad unità di Italia raggiunta, l’entusiasmo e gli ideali con cui era 
stata fatta la Nazione, sembrano scomparire, e, il mal costume dilaga nella 
politica italiana nell’indifferenza della maggioranza del Paese. In questi anni 
difficili di cambiamenti, assestamento e formazione nazionale, la figura di 
Alessandro Magno torna a riproporsi, ma con un volto nuovo. Nel luglio 1882 
Giosuè Carducci compone Alessandria, ode che si inserisce nella raccolta 
carducciana delle Odi Barbare.  Il 1882 è un anno importante dal punto di vista 
ideologico del poeta in quanto è l’anno stesso della morte di Garibaldi; l’anno 
della sanguinosa rivolta egiziana di Arabì Pascià; l’anno in cui in Italia è per la 
prima volta eletto un deputato socialista, Andrea Costa; e, infine, anno in cui ha 
inizio l’avventura africana con l’acquisto italiano della baia di Assab. 
Alessandria è un’ode scritta in onore della città di Alessandria d’Egitto e del suo 
fondatore che ne è il protagonista: Alessandro Magno. Carducci 
nell’elaborazione creativa di Alessandria, è condizionato ideologicamente 
dall’inaugurazione del canale di Suez che è del 1869, e da questo evento trae 
 8
spunto per caricare di nuove valenze l’immagine del conquistatore. In 
Alessandria Carducci descrive i “figli di Elle” che accompagnano il Macedone 
nella sua entrata in Egitto e lo invitano con un canto a riappropriarsi di ciò che è 
suo per diritto divino, o eredità di discendenza faraonica. Braccesi si domanda 
chi siano fuori metafora “i figli d’Elle” e trova risposta considerando la 
cronologia dell’ode.
9
 “I figli d’Elle” rappresenterebbero i figli dei cosiddetti 
popoli civili, i figli di coloro che hanno voluto il taglio del canale di Suez, i figli 
dei popoli colonizzatori che ambiscono con sempre più rapacità ai possessi 
ottomani in Africa e non solo là. In questa prospettiva in cui gli Elleni sono la 
prefigurazione dei popoli civili in lotta contro le razze inferiori, cioè i barbari, 
Alessandro, nell’epoca del taglio del canale di Suez, diventa il prototipo degli 
eroi colonizzatori e la definizione di “stirpe di Achille”, a lui riferita nell’ode, 
trasmette un messaggio analogo. Come Alessandro, leggendariamente lontano 
nipote di Achille, ha conquistato e grecizzato l’Egitto, così Achille, nel mito, 
viene disegnato come l’eroe più temibile nella guerra contro l’Asia, un tempo 
persiana, ora ottomana. Alessandro è la personificazione dell’eroe atteso che, 
morto Garibaldi, saprà mettere a tacere i “torvi demagoghi” italiani, ossia i 
parlamentari della sinistra e condurrà l’Italia risorta ad un avvenire coloniale.  
A fine Ottocento, rispetto a questa immagine carducciana del Macedone, 
Giovanni Pascoli compie una virata totale, inserendo il conquistatore in una 
cornice molto più moderna, sia per messaggio ideologico che per attrazione 
                                                          
9
 BRACCESI L’Alessandro occidentale, 2006 p. 291 
 9
poetica, una cornice di stampo socialista, dove si impone un Alessandro che 
prelude al Novecento.
10
 I tempi di Carducci si sono ormai estinti, così come per 
sempre è svanito il mito del Risorgimento: l’età pascoliana è l’età delle 
contraddizioni e dei conflitti di classe, dell’esteriorità che nasconde le incertezze 
interiori, di un senso sempre meno oggettivo della realtà, percepita come 
qualcosa che si sfalda e sfugge, senza riuscire ad essere mai afferrata saldamente. 
Così Pascoli fa resuscitare nella sua opera Alessandro Magno, il mito, l’eroe, ma 
al solo fine di demitizzarlo. La dimensione imperialistica del Carducci è 
completamente assente nell’Alessandro di Gog e Magog, primo dei Poemi 
Conviviali composti dal Pascoli, poiché il conquistatore appare qui, non come 
figlio della storia, ma come frutto di una leggenda; egli non è quello che è, ma 
quello che gli altri credono che sia: sono gli altri che lo temono, non lui (che 
nemmeno esiste), che incute paure agli altri. Ed ecco che nell’Alexandros, 
poemetto scritto subito dopo Gog e Magog, Pascoli inscrive definitivamente in 
Alessandro l’immagine dell’uomo moderno: il Macedone ai confini dell’Orbe si 
dispera perché è costretto a prendere coscienza del suo essere mortale. Questo è 
l’Aléxandros pascoliano, eroe che nasce dalla crisi delle certezze scientifiche 
della realtà: Pascoli ha voluto azzerare ogni potenziale valore del mito di 
Alessandro, sfumandolo fino a dissolverlo nel nulla, in questo senso tale 
componimento si può dire sia veramente figlio del presente. 
                                                          
10
 BRACCESI L’Alessandro occidentale, 2006 pp. 296-298