Ammissibilità ed efficacia probatoria dei nuovi mezzi di indagine processuale imposti dal progresso scientifico
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9 atipica non avesse avuto nessun riscontro tra le prove tipiche, sarebbe stata valutata, sempre in virtù dell’analogia, secondo il disposto dell’art.1354 del codice del 1865 previsto per le prove critiche: secondo il prudente apprezzamento del giudice come avveniva per le presunzioni il cui valore non era stabilito dalla legge. L‘ammissibilità delle prove innominate viene sostenuta da Carnelutti sulla base del principio del libero convincimento del giudice (teoria soggetta a critiche da parte di autori postumi). La dottrina successiva, che arriva alla fine degli anni settanta, non si occupa molto del problema. Si possono comunque riscontrare due tendenze opposte. Da una parte Cappelletti M. che si riallaccia al libero convincimento del giudice per la valutazione delle prove atipiche. 9 Dall’altro il napoletano Laserra, che sostiene una posizione a prima vista più conservatrice, ma in realtà ricca di fecondi sviluppi. Inizialmente infatti è propenso alla tassatività in materia probatoria deducibile dalla minuziosa e categorica regolamentazione legislativa della struttura e del procedimento dei mezzi tipici catalogati. Accortosi della distanza della propria posizione rispetto alla realtà processuale sosterrà che le prove innominate “possono tutt’al più, nel processo civile di cognizione contenziosa, valere come dati fondanti inferiori, e cioè come dati insufficienti, in ogni caso, a costituire da soli la totalità ermeneutica probatoria” (e questo ricorda chiaramente il valore dell’argomento di prova, valore che da illuminati autori sarà successivamente attribuito proprio alla prova atipica). 10 Il primo contributo importante in tema di prova atipica giunge agli inizi degli anni settanta con Taruffo N., che contrariamente alla posizione che aveva affidato la valutazione delle prove atipiche al libero convincimento del giudice, sostiene che “la regolamentazione analitica e spesso assai rigorosa di alcune prove, presente nel diritto positivo, non rileva nel senso di dimostrare l’inammissibilità delle prove atipiche, ma può costituire una ragione per ritenere che il legislatore, nell’ammetterle (o meglio, nel non escluderle espressamente), non abbia inteso equipararle alle prove vere e 9 CAPPELLETTI La testimonianza della parte nel sistema dell’oralità, I , Milano,1962, p. 270. 10 LASERRA Critica delle cosiddette “prove innominate” in Giur. It., 1960, I, p. 838.
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Moffa |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gianfranco Ricci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 178 |
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