5 In questa dissertazione si tenterà di individuare i vari motivi, siano essi di 
carattere climatico, geologico e tettonico, che hanno permesso lo sviluppo di 
questo paesaggio carsico così ben evoluto e ricco di forme. 
Infine, attraverso lo studio delle sezioni dei principali inghiottitoi si è 
cercato di individuare i vari tratti orizzontali e la loro relazione con le superfici 
spianate che si riscontrano all’esterno. 
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1. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO DEI MONTI ALBURNI.  
LIMITI E RAPPORTI CON LE AREE CIRCOSTANTI 
 
Il massiccio dei Monti Alburni è geograficamente compreso tra il Vallo di 
Diano ad est, la valle del Tanagro a nord-est, quella del Calore Lucano a sud-
ovest e quella del Sele a nord-ovest (Fig. 1). 
Esso si erge da queste basse vallate che lo cingono da ogni lato, si innalza 
con pareti scoscese e biancheggianti (da cui il toponimo “Alburno”), come un 
enorme piastrone calcareo stratificato lungo circa 25 km e largo 12 km, allungato 
da nord-ovest a sud-est ed inclinato verso sud-ovest. Dal più basso bordo, quello 
sud-occidentale, coincidente grossomodo con la quota 1000 m slm, l’altopiano 
sale gradualmente e talora con bruschi gradoni verso nord-est fino alla massima 
elevazione dell’Alburno (1742 m) cui fanno da contraltare le cime della Nuda 
(1704 m), dell’Urto (1661 m), degli Scanni (1510 m) e lo sperone del Figliolo 
(1337 m), formando le imponenti e caratteristiche pareti verticali delle creste 
nord-occidentali e sud-orientali che hanno valso al massiccio il nomignolo di 
“Dolomiti del sud”.La morfologia di questo vasto altopiano risulta poi ancor più 
articolata per la presenza di due profonde incisioni; la prima si sviluppa da Petina 
(700 m) fino a Lo Scorzo (174 m) individuando più a nord la dorsale di M. 
Forloso (1102 m); la seconda corrisponde invece al Vallone Lontrano ad oriente 
7del quale gli Alburni degradano progressivamente verso il Vallo di Diano ed il 
Tanagro con una serie di elevazioni minori (M. Spina dell’Asino, 1445 m; M. La 
Marta, 1303 m) (Fig. 2). 
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91.1 Il Vallo di Diano 
 
Il Vallo di Diano è un bacino intermontano situato nella parte meridionale 
della Campania, che si allunga per circa 37 Km in direzione NNW-SSE, con 
un’ampiezza massima di 6-7 Km e con un fondo quasi piatto posto a 450 metri 
s.l.m. 
Sul bordo occidentale del Vallo di Diano si sono evidenziati dei lineamenti 
trascorrenti sinistri a direzione N 120°, essi si sono individuati prima del Pliocene 
superiore e sono stati attivi anche nel corso del Pleistocene medio. Questa conca 
intermontana può essere definita come una “conca complessa”: attraversata dal 
fiume Tanagro è stata un bacino lacustre fino in epoca storica quando è stata 
definitivamente bonificata dai Borboni, il suo riempimento registra la 
deposizione di due cicli sedimentari in facies lacustre, di età pleistocenica 
(Santangelo, 1991), “incastrati” l’uno nell’altro in seguito ad una interposta fase 
tettonica. Le evidenze geomorfologiche suggeriscono che i lineamenti N 120° 
caratterizzanti il bordo occidentale del Vallo di Diano hanno giocato solo, o 
comunque in modo preponderante, prima del modellamento della 
“paleosuperficie”, infatti questa “rasa” in maniera inequivocabile il lineamento N 
120° (tra S. Angelo A Fasanella e Corleto Monforte). La dorsale dei Monti 
Alburni è pervasa da frequenti ed importanti discontinuità di tipo trascorrente 
orientate N 120° e con verso di movimento sinistro che risultano successivi alla 
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tettonica compressiva principale responsabile dell’assetto tettonico di questo 
settore di catena. Questo dato emerge con chiarezza lungo il margine meridionale 
del massiccio degli Alburni. 
Gli elementi transtensivi sono comunque dominanti, sopratutto lungo il 
versante meridionale dove essi tagliano tutti gli altri elementi preesistenti (in 
particolare quelli legati alla tettonica transpresiva). La sommatoria dei rigetti 
orizzontali può arrivare alle centinaia di metri, mentre i rigetti verticali sono, 
anche singolarmente, più importanti (fino al migliaio di metri). Elementi 
distensivi, trascorrenti e transtensivi con le stesse orientazioni si sovrappongono 
lungo le principali zone di taglio, suggerendo l’ipotesi di un’azione reiterata e 
sovrapposta degli episodi trascorrenti e distensivi. In conclusione, possiamo dire 
che il bordo occidentale del bacino è controllato da lineamenti orientati N 120° 
(WNW - ESE) di natura trascorrente sinistra lungo i quali si sono verificati vari 
momenti di attività (sia transtensiva che transpressiva) e che questi allineamenti 
si sono individuati prima del modellamento delle paleomorfologie sospese note 
come “paleosuperficie” e, quindi, sicuramente prima del Pliocene superiore. 
Questi stessi lineamenti sono stati attivi anche nel corso del Pleistocene medio in 
quanto “tagliano” i depositi del primo ciclo lacustre del Vallo di Diano. 
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Possibile meccanismo cinematico interprtrativo del settore dei Monti Alburni. 
Presenza di estesi sistemi di faglie trascorrenti sinistre orientate N 120°(Da: Ascione et al.1992) 
MONTI ALBURNI 
MONTI MOTOLA 
V 
A 
L 
L 
O 
 
D 
I 
 
D 
I 
A 
N 
O 
12
 
1.2 LA Piana del Sele 
 
La Piana del Sele occupa la parte più interna di una depressione strutturale 
all’incirca trasversale alla catena sud-appenninica ed aperta verso il Tirreno 
(graben del Golfo di Salerno). La massima parte dei rigetti verticali bordieri è da 
ascrivere ad una complessa e variabile tettonica pleistocenica. L’inizio dello 
sprofondamento appare coevo alle prime fasi di surrezione e smembramento a 
blocchi dei massicci circostanti, sulle sommità dei quali si osservano, infatti, 
lembi sospesi di una paleosuperficie erosionale con ogni probabilità pliocenica. 
L’area attualmente occupata dalla Piana del Sele era in massima parte emersa e 
poco o niente subsidente nel corso del Pleistocene inferiore. Poi intorno al 
passaggio fra Pleistocene inferiore e Pleistocene medio la depressione ha 
conosciuto una importante crisi tettonica che ha accelerato i ritmi di subsidenza e 
ridisegnato il perimetro strutturale dell’area in abbassamento. 
 
13
 
 
1.3 La Valle del Calore 
 
Il tratto della Valle del Calore sul bordo meridionale dei Monti Alburni è 
impostato su una linea tettonica ad andamento NW-SE. Questo lineamento 
tettonico deve avere quindi determinato il decorso del fiume Calore nelle prime 
fasi morfoevolutive della Valle (inizio del Pleistocene medio ?) ed ha poi 
rigiocato dopo la deposizione delle alluvioni del Calore. Questi movimenti più 
recenti, avvenuti lungo più linee subparallele, hanno smembrato e basculato verso 
S-W la superficie del terrazzo di 1° ordine costringendo il Calore a spostarsi 
verso il margine sinistro del fondovalle sovralluvionato. 
 
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1.4 La Valle del Tanagro 
 
Con il termine “Valle del Tanagro” si intende indicare quella depressione a 
controllo strutturale nella quale si sviluppa il basso corso del Fiume Tanagro, 
compreso tra la sua finale confluenza nel Sele e la soglia strutturale dell’ex 
bacino del Vallo di Diano entro cui corre la sua parte alta. Tale depressione è 
collocata in posizione quasi esattamente assiale rispetto all’Appennino campano-
lucano e, pur avendo uno sviluppo in pianta articolato, risulta nettamente 
allungato in direzione NW-SE. Il suo margine sud-occidentale è molto netto e 
marcato per la presenza di alte e lunghe scarpate di faglia che innalzano il 
massiccio calcareo dei Monti Alburni. La depressione del Tanagro si colloca in 
una zona dove sono chiaramente manifeste le deformazioni a carattere di 
trascorrenza sinistra orientata lungo linee N 120° che sembra aver giocato un 
ruolo importante nell’evoluzione tettonica recente della catena (Cinque et al., 
1992). 
La trascorrenza sinistra orientata N 120° è ben evidente lungo la faglia 
bordiera (che denominiamo “faglia di Sicignano”), dove risulta peraltro 
precedente a motivi di tipo distensivo. Tra le osservazioni mesostrutturali 
effettuate lungo il margine settentrionale del Massiccio degli Alburni, sembrano 
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particolarmente interessanti quelle nei dintorni di Sicignano degli Alburni (presso 
un’opera di captazione di acque) laddove sono stati riscontrati piano di taglio 
inversi a direzione circa E-W e ad immersione verso sud; tali piani interessano 
un’ampia fascia detritica di probabile età Plio-Pleistocenica, con un corteo di 
deformazioni minori compatibili con una direzione di massima compressione 
diretta verso i quadranti settentrionali. Dal momento che l’orientazione di tali 
strutture non è compatibile con i movimenti trascorrenti evidenziati lungo le 
faglie N 120°, esse sembrerebbero legate agli ultimi accavallamenti del 
Massiccio. 
La depressione del Tanagro ha subito una evoluzione particolarmente 
complessa: nel corso del Pliocene superiore e forse nella parte iniziale del 
Pleistocene inferiore, essa ha fatto parte di un bacino diversamente delineato, che 
costituiva il prolungamento di quello che attualmente è il bacino del Melandro e, 
solo nel corso del Pleistocene inferiore-medio, essa ha visto realizzarsi la sua 
attuale strutturazione.Il margine sud-occidentale della Valle costituisce il limite 
tra l’area del Marzano, che nel corso del Pliocene è stata sede di sedimentazione 
marina, e la struttura degli Alburni che già durante tale periodo era emersa, 
sebbene fosse delimitata da versanti bordieri altimetricamente meno pronunciati. 
Non è possibile stabilire con certezza quale fosse l’assetto strutturale e quali le 
caratteristiche cinematiche del margine degli Alburni in tale momento. E 
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possibile, tuttavia, che avesse già iniziato a delinearsi la strutturazione, 
controllata dalle faglie trascorrenti sinistre orientate N 120° e dalle faglie dirette 
orientate ENE-WSW, responsabili dell’apertura dei pull-apart basins di Petina e 
Particelle. 
Lungo tale fascia avrebbero agito due importanti eventi nel corso del Plio-
Pleistocene, il primo transpressivo avrebbe generato anche strutture compressive 
di rilievo (per esempio, le pieghe che interessano i calcari). Al secondo evento, 
transtensivo, sarebbero imputabili i pull-apart basins di Petina e di Particelle 
ipotizzati lungo il margine della Valle del Tanagro, i quali confermano anche che 
l’azione di tali disturbi può essere estesa alla dorsale del Monte Forloso. 
Abbiamo dati attendibili circa il ruolo avuto dalle faglie trascorrenti sinistre N 
120° nella creazione di conche solo per ciò che concerne il margine degli 
Alburni, però esistono indizi sufficienti almeno ad estendere l’attività di tali 
faglie a tutta la depressione del Tanagro (che ne è stata interessata in più 
momenti). 
Ad un diverso tipo di regime tettonico potrebbero essere imputati i 
ribassamenti, controllati da lineamenti appenninici (direzioni comprese tra N140° 
e N 120°) e faglie dirette orientate NE-SW, che hanno prodotto l’attuale assetto 
della depressione del Tanagro. E’ possibile ipotizzare che le faglie appenniniche, 
in regime distensivo abbiano guidato i ribassamenti mentre le antiappenniniche, 
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che si esauriscono contro queste ultime, potrebbero configurarsi come faglie di 
trasferimento tra i diversi settori ribassati. Questi ultimi eventi potrebbero, in 
questo quadro, essere legati alla tettonica distensiva conseguente all’ipotizzato 
rimbalzo elastico della piattaforma Apula (Cinque et al., 1992).