Nel secondo capitolo passerò ad analizzare le cause che hanno portato all'affermazione 
del modello separazionista e scriverò delle politiche scolastiche adottate in Provincia, il 
terreno in cui si è combattuta una vera e propria battaglia tra sudtirolesi e altoatesini per 
l'affermazione della propria identità culturale; inoltre analizzerò i due diversi Statuti di 
Autonomia  mettendo  in  luce  le  norme  che  hanno  comportato  un'ulteriore 
deterioramento  dei  rapporti,  portando  ad  una  limitazione  dell'apprendimento  della 
seconda lingua e al mantenimento del contrasto etnico senza attuare nessuna efficace 
manovra di riappacificazione. 
Il terzo capitolo invece tratterà dei progetti scolastici che hanno cercato di creare dei 
ponti  tra  le  due comunità,  attraverso iniziative  che potremmo definire  interculturali, 
cercando di favorire l'apprendimento della seconda lingua (L2). In più parlerò di quelle 
sperimentazioni  avviate  nelle  scuole,  come  la  compresenza  e  l'immersione,  atte  a 
potenziare l'acquisizione della L2, con l'obiettivo di affermare un reale bilinguismo in 
Provincia, il quale con l'introduzione del “Patentino” è diventato un diritto.
Nella  seconda  parte  della  tesi  parlerò  invece  degli  aspetti  pedagogici,  sociologici  e 
psicologici  riguardanti  l'integrazione  tra  diversità  culturali  e  della  differenza  tra 
multiculturalismo e  intercultura.  Tratterò  dei  rapporti  tra  gruppi  e  delle  proposte  di 
intervento  nella  società  e  nella  scuola  avanzate  dalla  pedagogia  interculturale. 
Analizzerò  questi  temi  secondo  un  approccio  costruttivista,  in  cui  si  considera 
l'individuo e la realtà stessa come frutto di una costruzione culturale, determinata a sua 
volta dagli interessi delle classi dominanti. 
Nel primo capitolo scriverò della nuova identità assunta dalla pedagogia negli ultimi 
decenni e delle nuove emergenze educative causate dalle “rivoluzioni” sociali apportate 
dalla  tecnica.  Analizzerò  il  rapporto  tra  differenze  culturali,  analizzando  le  risposte 
individuali  che  scaturiscono  dall'incontro  tra  Sè  e  “Altro  da  Sé”  e  i  modelli  di 
integrazione utilizzati dai Paesi occidentali per  rispondere alle esigenze scaturite dalla 
trasformazione  sociale  in  direzione  plurietnica;  inoltre  analizzerò  il  modello 
multiculturale e interculturale e tratterò, dal punto di vista sociologico, delle dinamiche 
di gruppo e i rapporti di potere che in esso si esercitano.
Il secondo capitolo tratterà di psicologia culturale e del suo approccio culturalista nello 
2
studio dell'individuo; tratterò delle teorie che spiegano le dinamiche psicologiche che 
stanno alla base del riconoscimento del Sé e del diverso da Sé, della rappresentazione 
sociale  del  ingroup  e  del outgroup,  dell'etnocentrismo e  dello  stretto  rapporto  che 
intercorre tra individuo e cultura. Tratterò della memoria collettiva, dei momenti che 
caratterizzano il conflitto interetnico e delle strategie per consentire la riappacificazione, 
il ruolo dei media sulla rappresentazione della realtà degli individui e la loro capacità di 
influenzare il senso comune di una collettività.
Nel terzo e ultimo capitolo invece tratterò di scuola, come si inserisce nella società, 
come si è evoluta in età contemporanea e verso che direzione si sta dirigendo in età 
post.moderna.  Descriverò  il  modello  di  scuola  democratica,  i  suoi  obiettivi  ,  le  sue 
finalità  e  proporrò  alcune  metodologie  didattiche  di  intervento  per  promuovere  la 
formazione di un pensiero migrante e riflessivo con cui poter esercitare un proficuo 
contatto interculturale. 
3
PARTE PRIMA
La realtà multiculturale della Provincia di Bolzano. Aspetti  
storico-sociali di un territorio diviso
Capitolo 1
Il rapporto interetnico nella storiografia della Regione
Trentino-Alto Adige/Sűdtirol
“In questo territorio vivono da sempre popolazioni di lingua tedesca, di lingua italiana 
e di lingua ladina, pur in quantità e percentuale diverse, e da sempre la popolazione  
minoritaria  chiede  autonomia,  da  sempre  la  popolazione  maggioritaria  nega  
l’autonomia all’altra1” 
1.1 Il “Tirolo storico”. L'inizio delle contrapposizioni tra la “minoranza” trentina e 
la “maggioranza” tirolese di lingua tedesca
Il  “Tirolo  storico”  era  parte  del  multietnico  Impero  Austro-Ungarico,  il  quale 
1 Donne G.D. (a cura di), Incontri sulla storia dell'Alto Adige, Bolzano, Provincia Autonoma, 1994, 
pag.237
4
comprendeva  ben  11  gruppi  nazionali  ed  era  conosciuto  per  la  sua  efficienza 
amministrativa e per la sua tolleranza nei confronti delle minoranze presenti all'interno 
del suo vasto Impero. La regione tirolese era divisa in Tirolo settentrionale, al nord del 
Brennero (Inn), il  Tirolo orientale (Isel e Drava) e il  Tirolo meridionale il  quale era 
diviso in  Deutschsudtirol  (tedesco)  e  in  Welschtirol2 (italiano),  dove era  presente  la 
minoranza etnica italofona rappresentata dai “trenitini”. Questa regione si presentava 
alle  soglie  del  nuovo  secolo  con  due  caratteristiche  principali:  una  forte  tradizione 
conservatrice,  diffidente  nei  confronti  della  modernità  e  molto  legata  al  potere 
temporale  dei  principi  vescovi  e  alla  politica  dell'alto  clero  e  una  società 
prevalentemente  rurale  con  un  economia  che  si  basava  quasi  esclusivamente 
sull'agricoltura.  La  borghesia  era  debole  e  trovava  pochi  spazi  all'interno  di  questo 
territorio dominato dall'aristocrazia e dall'alto clero. In questi termini considera C. Nolet 
la situazione tirolese a quell'epoca:
“All'inizio del Novecento il quadro sociale e politico del Tirolo non ha nulla di idilliaco  
tanto che si potrebbe parlare di un ritardo del Tirolo di almeno un decennio rispetto  
alle regioni più evolute dell'Impero3”.
Il  forte  tradizionalismo  e  la  “chiusura”  nei  confronti  della  modernità  della  società 
tirolese viene ben rappresentato dal “maso chiuso”, che tuttora sopravvive nelle piccole 
realtà  montane,  esso  è  un'unità  fondiario-agricola  (azienda  agricola)  di  gestione 
famigliare  con proprie  particolarità  normative4 che  sin  dal  medioevo è  presente  nel 
territorio e si presenta, come si deduce dal termine stesso, come una realtà chiusa  alle 
influenze esterne e con un forte legame con le proprie tradizioni e alle propri codici 
comportamentali.
Il Tirolo, fino all'insorgere dei movimenti nazionalisti e indipendentisti della seconda 
2 Da questa zona del Tirolo meridionale nasce l'appellativo che tuttora si usa in Sudtirol per denominare 
gli italiani in tono spregiativo: Walsch. Questo termine deriva dal termine dialettale di Welschtirol che 
semplificato diviene Walsch.
3
    Donne G.D (a cura di), op.cit., 1994, saggio di C.Nolet
4 Queste norme sono rimaste in vigore sino ad una legge Provinciale del 2002 che ha parificato maschi 
e femmine nella successione. L'eredità del maso era esclusiva del primogenito maschio.
5
metà  del  XIX secolo,  si  configurava  come un territorio  con  una  popolazione  unita 
nonostante la presenza di cospicue minoranze etniche. Di seguito sono riportate le cifre 
della popolazione tirolese per gruppo etnico dal 1890:
Tabella 1. Totale della popolazione nel Tirolo
Abitanti Tedeschi Italiani Ladini Stranieri
1890 813 000 441 000 349 000 19 000 4 000
1900 853 000 469 000 360 000 19 000 5 000
1910 947 000 525 000 386 000 21 000 15 000
(Dati estratti da,  La regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol nel XX secolo ,  Cfr. testo in 
bibliografia.)
Tabella 2. Totale popolazione nella provincia di Bolzano
Anni
Italiani Tedeschi Ladini Altri Tot.
1880 6 884 186 087 8 822 3 513 205 306
1890 9 369 187 100 8 954 4 862 210 285
1900 8 916 197 822 8 907 7 149 222 794
1910 7 339 223 913 9 429 10 770 251 451
1921 27 048 193 271 9 910 24 506 254 735
(Dati Astat, censimento della popolazione residente 2001)
La Tabella 1 ci mostra come nel Tirolo storico la presenza italiana fosse cospicua e in 
costante aumento, nella tabella 2 invece si denota un forte aumento della popolazione 
italiana dal 1880 al 1890 e nei decenni successivi prima dell'annessione all'Italia una 
costante diminuzione; questo calo può essere spiegato dall'inasprirsi del conflitto etnico 
a partire proprio dalla fine del XIX secolo che può aver contribuito a determinare una 
costante diminuzione della popolazione italiana.
L'integrazione  tra  gruppo  etnico  tedesco  e  italiano,  la  quale  si  registrava 
precedentemente  all'inasprirsi  dei  nazionalismi  di  fine  secolo,   è  stata  garantita 
6
principalmente da due fattori: la chiesa e la tradizione. Il primo fattore unificante era 
costituito dalla comune fede al cattolicesimo, il Tirolo veniva denominato Heiliges Land 
(Terra santa),  esso in  funzione della  propria dottrina universalista  aveva il  potere di 
unire le etnie nonostante le differenze culturali, “abbracciandole” sotto un'unica grande 
cultura o fede. Il secondo fattore era rappresentato dalla presenza di un comune mito 
regionale, rappresentato dalle gesta di Andreas Hofer che agli inizi dell'Ottocento aveva 
unito  gli  Schűtzen,  tra  cui  gli  Schűtzen  trentini,  contro  le  armate  Napoleoniche, 
riuscendo a respingerle. La presenza di questo corpo militare dei “difensori del Tirolo”, 
con  forti  connotati  folkloristici,  ha  rappresentato  un'ulteriore  elemento  di 
caratterizzazione  identitaria  diventando  un  simbolo  della  tradizione  tirolese.  Questi 
elementi, dal mio punto di vista hanno contribuito all'unione della Regione attraverso un 
comune sentimento di appartenenza avente la forza di superare le differenze linguistiche 
fintanto che tali simboli erano condivisi e non erano ancora stati messi in discussione 
dalle ideologie nazionaliste.
I fattori  disgreganti  e destabilizzanti  dell'unità tirolese si  svilupparono nella seconda 
metà dell'Ottocento attraverso il consolidarsi nel territorio delle ideologie nazionaliste, 
le quali fecero insorgere aspri conflitti etnici soprattutto tra popolazione di madrelingua 
tedesca  e  di  madrelingua  italiana.  Il  fenomeno  che  fece  accendere  tale  scontro  è 
scaturito dalla richiesta d'autonomia che il “Trentino” avanzava da tempo, rivolta ad 
ottenere un'autonomia amministrativa per i suoi 360.000 abitanti di lingua italiana. I 
deputati politici presentarono già dal 1848 continue proposte e progetti in tal senso che 
venivano regolarmente respinte  o rinviate  dal  parlamento viennese fino a  portare  la 
rappresentanza trentina alla scelta dell'astensionismo e al rifiuto di partecipare ai lavori 
parlamentari (il periodo di astensionismo più lungo si ebbe dal 1891 al 1900). Contraria 
all'autonomia era l'unanimità dei tirolesi tedeschi  che vedevano in questa richiesta il 
primo passo verso una separazione definitiva del Tirolo italiano. L'estremizzarsi delle 
posizioni che volevano l'autonomia per la minoranza italiana, portò verso l'inizio del 
XX secolo lo sviluppo del movimento irredentista trentino che, abbracciando gli ideali 
risorgimentali,  voleva  fare  in  modo  che  il  Trentino  entrasse  a  far  parte  dell'Italia. 
Questo movimento fu tutto sommato un fenomeno minoritario poiché gran parte della 
7
popolazione, costituita in maggioranza da contadini appartenenti all'ala conservatrice, 
agli albori della guerra era ancora fedelissima all'Austria. Costituiva comunque un dato 
di fatto che i rapporti tra le due comunità non erano dei migliori, soprattutto nei rapporti 
diplomatici, infatti:
“Dagli anni Ottanta la vita quotidiana, ma soprattutto l'opinione pubblica, fu segnata 
sempre più da rivalità, conflitti e meschini scontri nazionalisti. Si litigava praticamente  
su tutto: sugli impiegati pubblici italiani che prestavano servizio in Sudtirolo, perchè 
erano bilingui, mentre i tirolesi tedeschi vedevano una pericolosa italianizzazione della  
loro regione (...)si litagava sulla costruzione di un'università italiana...” 5
A contribuire all'inasprimento dei rapporti etnici tra queste due culture, intervenne la 
diffusione alla fine del XIX secolo del pangermanesimo6 nell'area tedesca, il quale portò 
in  Sudtirol  alla  formazione  di  gruppi  xenofobi  e  anti-italiani  come  la 
“Deutschnationalelandespartei  fur  Tirol” e  il  “Volksbund” fondato  nel  1905,  i  quali 
miravano apertamente a una ritedeschizzazione del Trentino e al  ritorno ai toponimi 
tedeschi  che presumeva originari7.  Questo radicalizzarsi  delle  rivendicazioni etniche, 
rispetto  ad  un  passato  di  “immobilità  sociale”,  vengono ben  descritte  da  Nolet  che 
afferma:
“  Se in passato era più importante  essere cattolici  che tedeschi  adesso diventa più  
importante essere tedeschi che cattolici (…) la borghesia italiana e tedesca è sempre 
più orientata ad accentuare l'importanza della questione nazionale”8.
L'insorgere del nazionalismo e lo sviluppo dei partiti di massa, i quali hanno contribuito 
a  causare  queste  dure  contrapposizioni  culturali,  hanno  nonostante  tutto  favorito  la 
5
   Ferrandi G., Pallaver G. (a cura di), La regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol nel XX secolo. Politica e  
istituzioni, , Trento, Regione Autonoma Trentino Alto Adige, 2007, pag. 60
6
Ideologia nazionalista che mirava ad unire tutte le popolazioni tedesche sotto un unico grande stato 
(Reich).
7
     Ferrandi G., Pallaver G. (a cura di), op.cit., 2007, pag.82
8
 Donne G.D (a cura di), op.cit., 1994, pag. 230
8
modernizzazione del territorio, portandolo ad uscire dalla propria tradizionale chiusura. 
Agli inizi del Novecento comincia così l'industrializzazione della Regione e nasce il 
fenomeno turistico che porterà questo territorio (che si presta perfettamente al turismo 
sia invernale che estivo) a godere delle ricchezze apportate da questa fruttuosa industria 
che,  in  seguito  all'accesso  al  turismo  di  massa,  è  diventata  la  prima  in  ordine  di 
importanza.
L'estremizzarsi delle ideologie nazionaliste e delle chiusure protezionistiche in Europa, 
hanno contribuito a determinare lo scoppio della prima guerra mondiale la quale fece 
emergere in Tirolo tutti i contrasti e le rivalità presenti tra la maggioranza tedesca e la 
minoranza italiana, portandole ad essere protagoniste di rappresaglie e soprusi. Si pensi 
alla deportazione delle persone “politicamente inaffidabili” del territorio trentino messa 
in pratica dalle autorità austriache che trasferirono migliaia di trentini nei vari “campi di 
raccolta”  presenti  nell'Impero.  Lo  stesso  vescovo  di  Trento  C.  Endrici  che  aveva 
condannato  l'eccesso  di  tali  misure  fu  confinato  in  un'abazia  vicino  Vienna.  Circa 
70.000 mila trentini e ladini furono trasferiti  nelle regioni più interne dell'Impero, in 
parte concentrati nelle baracche delle cosiddette “città di legno”, praticamente campi di 
raccolta.  Altri  30.000 mila invece furono profughi in Italia e in 700 disertarono per 
arruolarsi  nell'esercito  italiano9 .  Insomma  la  guerra  fece  emergere  tutte  le 
contrapposizioni  etniche  all'interno  di  questa  Regione  dell'Impero,  soprattutto 
nell'attuale Trentino, il quale si trovava in una zona molto calda poiché vi era localizzato 
il fronte con l'Italia.
1.2 L'annessione all'Italia del Tirolo meridionale e l'italianizzazione della Provincia 
di Bolzano
Finita la guerra, il Tirolo meridionale passò sotto la giurisdizione italiana con il trattato 
di pace di Saint-Germain nel 1919. Il passaggio all'Italia di questa zona a maggioranza 
tedesca  ed  il  successivo tentativo  di  assimilazione  operata  dai  fascisti,  provocò una 
risposta da parte della nuova minoranza che portò ad una strenua difesa della propria 
9 Romeo C., Storia territorio società. Alto Adige/Sudtirol. Percorsi di storia contemporanea,  
Vienna/Bolzano, Folio editore, 2005     
9