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INTRODUZIONE 
 
L'anemia infettiva felina è una malattia causata da un gruppo di batteri appartenenti 
alla famiglia Mycoplasmataceae, comunemente chiamati micoplasmi o emoplasmi 
o emobartonella. Attualmente si conoscono tre specie di emoplasmi nei gatti: 
Mycoplasma haemofelis (M. haemofelis), Candidatus Mycoplasma haemominutum 
(Candidatus M. haemominutum) e Candidatus Mycoplasma turicensis (Candidatus 
M. turicensis). Tra i tre, quello dotato di maggior potere patogeno è M. haemofelis, 
in grado di indurre grave anemia emolitica, spesso anche mortale, mentre 
Candidatus M. haemominutum e Candidatus M. turicensis si rendono responsabili 
più frequentemente di infezioni subcliniche e causano solo di rado malattia 
clinicamente manifesta. Ad ogni modo il loro potenziale patogeno è variabile e può 
dipendere da diversi cofattori, quali immunosoppressione, coinfezioni con altre 
specie di emoplasmi o infezioni da retrovirus, che possono incrementare la gravità 
della malattia (Novacco et al., 2013). 
Sono ancora molti i dubbi e le incognite riguardo a questi agenti eziologici e alle 
malattie che causano. Fino ad oggi nessuno è mai stato in grado di coltivare gli 
emoplasmi in vitro, riducendo notevolmente la comprensione di molti aspetti. 
Questi microrganismi sembrano essere alquanto esigenti dal punto di vista 
metabolico, poiché possiedono capacità biosintetiche piuttosto limitate; per questo 
motivo, per la loro crescita, necessitano di terreni particolarmente ricchi di sostanze 
nutritive, tra cui siero, vitamine, amminoacidi, precursori dell’acido nucleico, ioni 
inorganici e glucosio da poter utilizzare come fonte di energia (Rikihisa et al., 1997). 
L’incapacità di coltivare in vitro i micoplasmi emotropici rende più complicato il 
trattamento e ostacola gli studi riguardo la trasmissione dell’infezione. 
Pur essendo batteri epicellulari che aderiscono alla superficie eritrocitaria, l’esame 
microscopico su striscio di sangue risulta essere poco sensibile ai fini della diagnosi, 
soprattutto in soggetti con bassa batteriemia. Attualmente la metodica più sensibile 
per diagnosticare la presenza dei micoplasmi è la reazione a catena della polimerasi 
(PCR), la quale va a ricercare il DNA del batterio all’interno dell’organismo ospite; 
è considerata, inoltre, la tecnica più adeguata anche in termini di sensibilità che di 
specificità. Proprio l’uso della PCR ha fornito, negli ultimi anni, importanti 
informazioni riguardanti principalmente la patogenesi, l'epidemiologia e il 
trattamento dell'infezione. 
Le modalità di trasmissione di questi micoplasmi non sono state ancora del tutto
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chiarite. Fino a poco tempo fa si credeva che le pulci (Ctenocephalides felis) 
giocassero un ruolo fondamentale nella trasmissione dell’infezione, ma il recente 
ritrovamento, in zone indenni da pulci, di soggetti infetti potrebbe far avanzare 
l’inattendibilità di tale ipotesi. 
Da pochi anni è stato anche evidenziato il potenziale zoonotico di questi 
microrganismi, dopo la loro identificazione, mediante tecniche molecolari, in 
soggetti immunodepressi (es. AIDS) e professionisti, che possono essere esposti 
anche di frequente a soggetti con infezioni da emoplasmi (Aquino et al., 2014). La 
maggior parte degli uomini con infezione da micoplasmi era priva di sintomi clinici, 
quindi questi soggetti rappresentavano dei portatori asintomatici dell’infezione 
(Congbin et al., 2010); tuttavia, sono stati anche riscontrati casi con infezione 
clinicamente manifesta, in cui i segni clinici erano principalmente piressia, 
linfadenopatia e anemia emolitica (Steer et al., 2011). 
Sembrerebbe, in aggiunta, che i felidi selvatici possano fungere da reservoirs, 
contribuendo, in questo modo, al mantenimento dell’infezione in natura, e che i 
gatti domestici possano, a loro volta, rappresentare una fonte d’infezione per gli 
animali selvatici (André et al., 2014). 
Infine, sono ancora più scarse le conoscenze sull’ultimo emoplasma scoperto, che 
è Candidatus M. turicensis, che sembra possedere caratteristiche e potenzialità 
diverse rispetto agli altri due emoplasmi conosciuti. Il presente elaborato ha lo 
scopo di fornire informazioni aggiornate riguardo a questi aspetti.
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EZIOLOGIA 
 
Riclassificazione come Mycoplasma spp 
I batteri emotropici vennero identificati per la prima volta intorno al 1870 nell’uomo, 
a seguito di un’epidemia di una malattia emolitica febbrile acuta che colpì alcuni 
lavoratori impegnati nella costruzione della ferrovia di Oroya, in Perù (Schultz, 
1968). Inizialmente si pensava che questa malattia, chiamata in seguito “febbre di 
Oroya”, fosse causata da microrganismi che si trovavano all’interno dei globuli 
rossi, ai quali nel 1913 fu dato il nome Bartonella bacilliformis (Pitassi et al., 2007). 
Intorno al 1920 vennero identificati microrganismi simili a B. bacilliformis associati 
agli eritrociti di cani e roditori. In un primo momento vennero inclusi anch’essi nel 
genere Bartonella, ma in seguito divenne evidente che questi batteri si 
differenziavano da B. bacilliformis per la loro incapacità di esser coltivati in vitro 
(Flint et al., 1959). Per questo motivo vennero classificati per anni tra i generi 
Eperythrozoon e Haemobartonella, entrambi inseriti nell’ordine Rickettsiales a 
causa del loro parassitismo obbligato, del tropismo eritrocitario, delle piccole 
dimensioni e della presunta trasmissione tramite gli artropodi (Neimark et al., 
2002b). Fino al 1993 l'ordine Rickettsiales comprendeva tre famiglie: 
Anaplasmataceae, Rickettsiaceae e Bartonellaceae. Ben presto, però, si osservò 
come i generi Eperythrozoon e Haemobartonella si distinguevano dagli altri 
membri dell'ordine Rickettsiales per la loro incapacità di crescere in vitro e per 
alcune caratteristiche ultrastrutturali che non sono tipiche dei batteri, tra cui la 
presenza di una membrana cellulare ricca di steroli. Il sospetto che questi generi 
fossero più vicini all'ordine Mycoplasmatales rispetto all'ordine Rickettsiales era, 
inoltre, avvalorato da altri fattori, tra cui la mancanza di una parete cellulare e, di 
conseguenza, la resistenza di questi germi all'azione degli antibiotici beta-lattamici, 
la capacità di aderire alla superficie dei globuli rossi piuttosto che di invadere queste 
cellule, la suscettibilità alle tetracicline e le esigenze metaboliche necessarie per la 
loro crescita in vitro (Rikihisa et al., 1997). Successivamente, eseguendo il 
sequenziamento del gene che codifica per l’estremità 16S dell’ RNA ribosomiale 
(rRNA) e l'amplificazione mediante PCR, fu possibile confrontare tali sequenze dell’ 
rRNA dei diversi batteri; in questa maniera si potè evidenziare una più stretta 
relazione filogenetica con il genere Mycoplasma della famiglia Mycoplasmataceae 
e, dal quel momento, sia il genere Eperythrozoon sia il genere Haemobartonella
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vennero riclassificati come appartenenti alla famiglia Mycoplasmataceae 
(Johansson et al., 1999). I microrganismi appartenenti al genere Mycoplasma sono 
strettamente correlati ai membri del gruppo pneumoniae (Figura 1), ma 
rappresentano un nuovo cluster di batteri che vengono definiti ‘emoplasmi’ a causa 
del loro peculiare tropismo per le cellule ematiche della serie rossa. 
 
 
Figura 1. Analisi filogenetica del gene 16S del rRNA che mette in evidenza la stretta relazione 
filogenetica tra i micoplasmi del gruppo Haemoplasma e quelli del gruppo Pneumoniae (Peters et 
al., 2008).
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Micoplasmi emotropici nel gatto 
Gli studi condotti sui felidi hanno reso nota la presenza di tre diverse specie di 
emoplasmi, responsabili di anemia emolitica nel gatto. 
Il micoplasma emotropico felino venne identificato per la prima volta nel 1942 in 
Sud Africa in un gatto anemico: ad esso venne dato il nome Eperythrozoon felis. 
Circa dieci anni dopo, nel 1953, in Colorado venne riscontrata la presenza in diversi 
gatti di organismi simili. Nello stesso anno, in alcuni gatti usati per studi 
sperimentali, vennero eseguite delle inoculazioni intraperitoneali di sangue infetto 
proveniente da un gatto affetto da anemia: si potè, così, notare che i gatti, in seguito 
all’inoculazione, manifestavano segni di anemia. Dal momento che questi 
microrganismi erano raramente riscontrabili liberi nel plasma, nel 1955 per essi 
venne suggerito il nome di Haemobartonella felis (H. felis). Nei primi anni Novanta, 
con l’avvento della PCR, fu possibile eseguire l’amplificazione del DNA di 
Eperythrozoon spp e Haemobartonella spp. Le informazioni ottenute tramite il 
sequenziamento e l’amplificazione del gene 16S dell’rRNA di questi batteri, però, 
mostrarono la somiglianza con il genere Mycoplasma. Sempre nello stesso periodo 
si scoprì che, in realtà, H. felis comprendeva due differenti specie, le quali vennero 
indicate come H. felis Ohio-Florida e H. felis California. Quest'ultima specie venne 
scoperta in California in un gatto che presentava coinfezione con un Retrovirus, 
responsabile della leucemia virale felina (FeLV); era considerata meno patogena 
(Jensen et al., 2001) ed era anche definita “forma piccola di H. felis” poichè aveva 
dimensioni pari a circa la metà di quest’ultimo. In seguito H. felis Ohio-Florida 
divenne Mycoplasma haemofelis (M. haemofelis) e H. felis California venne 
rinominata Candidatus Mycoplasma haemominutum (Candidatus M. 
haemominutum) (Barker et al., 2013). 
Nel 2005 in Svizzera in un gatto domestico affetto da grave anemia emolitica venne 
descritta una nuova specie di micoplasma, indicata come Candidatus Mycoplasma 
turicensis (Candidatus M. turicensis). La presenza di questo microrganismo è stata 
successivamente segnalata anche in altri Paesi, tra cui Australia, Brasile, Canada, 
Germania, Italia, Giappone, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti. Recenti studi 
hanno, inoltre, documentato infezioni da Candidatus M. turicensis in gatti 
domestici e felidi selvatici di tutto il mondo attraverso l’uso di metodi molecolari. 
La sequenza del gene 16S dell’rRNA di Candidatus M. turicensis è stata confrontata 
con quelle di M. haemofelis e Candidatus M. haemominutum e, in questo modo, è 
stato possibile evidenziare una somiglianza rispettivamente del 88% e 83% con le
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altre due specie di micoplasmi. Nonostante ciò, il sequenziamento e l'analisi 
filogenetica del gene 16S del rRNA di questa specie ha rivelato che Candidatus M. 
turicensis è, in realtà, più strettamente correlato a Mycoplasma coccoides rispetto 
agli altri emoplasmi dei gatti (Figura 2). 
 
Figura 2. Analisi filogenetica che mostra una più stretta correlazione tra la nuova specie di 
micoplasma (Candidatus M. turicensis) e gli emoplasmi che infettano i roditori (M. coccoides e M. 
haemomuris) rispetto alle altre due specie di emoplasmi felini (M. haemofelis e Candidatus M. 
haemominutum) (Willi et al., 2005). 
 
Recentemente è stata identificata una nuova specie di micoplasma di piccole 
dimensioni, chiamata Candidatus Mycoplasma haematoparvum, che è stata 
evidenziata in un cane splenectomizzato affetto da neoplasia ematica; questa specie 
è maggiormente correlata a Candidatus M. haemominutum rispetto a Mycoplasma 
haemocanis, ma, nonostante tale similarità genetica, non è ancora chiaro se questo 
microrganismo sia in grado di infettare i gatti (Sykes et al., 2007).