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Il termine “rete” (o quello inglese di “network”, che si utilizzerà in tutto il testo 
come sinonimo) esprime una forma organizzativa particolarmente calzante per la 
descrizione di alcuni sistemi complessi in cui interagiscono molteplici soggetti, 
detti nodi. 
A differenza della comunità, in cui individui eterogenei entrano in contatto e 
superano le tradizionali differenze sviluppando un comune senso di appartenenza, 
nel network ognuno ha la facoltà di muoversi liberamente, scegliendo i partner 
con cui stabilire le relazioni desiderate.  
Il network si configura come sistema complesso perché è una struttura omogenea 
osservabile in sé ma è composto da tanti nodi eterogenei; permette 
l’individuazione di leggi matematiche (e quindi razionali) dall’insieme di nodi 
apparentemente caotico e soprattutto è un’entità superiore rispetto alla semplice 
somma delle sue parti costituenti, perché comprende anche le relazioni tra esse.  
In questo senso si può osservarlo e studiarlo come un fenomeno a sé stante che 
condiziona, con la sua architettura, le possibilità e il comportamento dei nodi, che 
hanno possibilità di agire soltanto seguendo i percorsi fatti di singoli collegamenti 
che caratterizzano la struttura della rete.       
Il sistema possiede infatti molto di più delle sue componenti considerate 
isolatamente: la sua organizzazione, la sua unità globale e le nuove proprietà che 
dimostra di possedere sono i fattori che lo differenziano dal mero aggregato di 
parti. Alcune qualità che i nodi manifestano se inseriti in una struttura organizzata 
possono essere assenti o virtuali quando le parti stesse si trovano in uno stato di 
isolamento; esse possono cioè essere acquisite e sviluppate nell’organizzazione e 
grazie all’organizzazione.  
Numerose discipline hanno adottato la nozione di rete per studiare fenomeni 
complessi; in ambito economico e sociale la forma reticolare ha riscosso un 
notevole interesse soprattutto in conseguenza degli sviluppi delle tecnologie che 
hanno accresciuto le possibilità di informazione e comunicazione tra 
organizzazioni e singoli individui, creando un ventaglio di opportunità molto 
ampio e disegnando una rete di contatti potenziali molto intricato. 
Anche l’economia industriale quindi si trova a studiare sistemi di imprese che 
sono difficilmente analizzabili utilizzando le concezioni tradizionali perché 
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operano in un ambito sempre più vasto e in un mercato sempre più affollato e 
concorrenziale, nel quale le interazioni tra i diversi protagonisti possono assumere 
numerose forme.  
Questa tesi si propone di verificare l’utilità di tale paradigma nell’analisi dei 
processi produttivi, intesi come attività elaborate e scomponibili in fasi, in ognuna 
delle quali numerose imprese svolgono un determinato ruolo. Il loro compito non 
riguarda esclusivamente l’attività manifatturiera, ma anche molte altre funzioni 
quali la ricerca, la progettazione, lo sviluppo del prodotto, il marketing, la finanza 
e molti altri. Si tratta di operatori con caratteristiche diverse che svolgono funzioni 
diverse e partecipano alla realizzazione del valore finale quando si giunge al 
prodotto finito da destinare al mercato.  
La compresenza di molti attori nei processi produttivi ha sempre più carattere 
necessario, perché è la risposta più logica all’impossibilità per una sola impresa di 
gestire la mole crescente di competenze e conoscenze indispensabili nella 
realizzazione dei beni ad alta tecnologia. 
In questo lavoro si intende presentare alcuni temi formali di analisi dei network 
allo scopo di fornire degli strumenti che si aggiungono alle tecniche tradizionali 
per descrivere e migliorare le dinamiche industriali di queste filiere. 
Sfruttando l’interesse interdisciplinare che la rete ha suscitato tra le produzioni 
scientifiche recenti, sono state selezionate alcune tecniche di analisi prodotte 
inizialmente in ambiti molto diversi. 
Il punto di partenza è la Social Network Analysis, ovvero l’analisi dei network 
sociali sviluppata nella seconda metà dello scorso secolo in seguito all’esigenza di 
descrivere una società post industriale in cui venivano messi in crisi i tradizionali 
valori e il senso di appartenenza dell’individuo alla propria comunità e si 
sostituiva una crescente libertà di partecipazione a sistemi sociali diversi, con 
l’individuo al centro di una fitta ragnatela di relazioni di tipo diverso (relazioni 
multiple) che si sovrappongono. 
Il primo capitolo riassume i principali contributi di questo filone sociologico, 
segnalando le due principali scuole di pensiero (la scuola di Manchester e quella 
di Harvard) e mettendo a fuoco sia le differenze che le affinità dei ricercatori. Le 
teorie dell’analisi delle reti sociali forniscono una considerevole mole di indici e 
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tecniche di misura sia della rete globale che delle sotto-reti  che la compongono e 
dei singoli individui, caratterizzandone l’identità i base al capitale relazionale di 
cui sono dotati.  
Per capitale relazionale si intendono le possibilità fisiche di azione del nodo 
all’interno della rete, che dipendono in maniera direttamente proporzionale 
dall’identità degli attori a cui è connesso e dall’intensità dei legami stessi. 
Sia la morfologia della rete che la posizione degli individui determinano la 
distribuzione del potere nel network. A prima vista infatti l’organizzazione 
reticolare sembra rappresentare il superamento delle tradizionali strutture 
gerarchiche, poichè richiama l’idea di una architettura in cui il potere è 
maggiormente distribuito tra i nodi, che dovrebbero così eliminare o ridurre le 
differenze che li contraddistinguono. 
Gli indici di centralità della Social Network Analysis dimostrano invece che tale 
convinzione è illusoria,    perché nelle reti si verifica una redistribuzione del 
potere che genera però nel tempo nuovi rapporti di forza tra gli operatori, legati a 
dinamiche diverse rispetto a quelle della gerarchia, ma evidenziabili con 
chiarezza. 
Come dimostrano infatti le descrizioni di reti reali nel secondo capitolo, si 
osservano in natura delle organizzazioni in cui una ristretta minoranza di  
partecipanti (l’elite degli hub) riesce ad ottenere posizioni di assoluto rilievo, ed è 
così in grado di diventare fondamentale nel funzionamento di tutta la struttura. 
Molti temi di analisi descritti in queste pagine provengono da produzioni 
scientifiche di fisici, matematici ed esperti di computer science. In particolare, ai 
fini della successiva analisi economica, viene dato particolare rilievo ai modelli 
Small World (Watts e Strogratz, 1998) e alla distribuzione del grado dei nodi di 
tipo scale free, che Barabasi (2001) ha scoperto essere tipica delle reti reali. 
Per meglio comprendere le implicazioni derivanti dalla presenza di queste 
proprietà, si opera un confronto tra le reti e quelle teoriche (o casuali) mediante 
l’utilizzo della teoria dei grafi. 
Tali considerazioni sono valide  sia per le reti generate e sviluppate dall’uomo che 
per quelle cresciute spontaneamente, e anche per quelle ibride (Internet e il World 
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Wide Web ne rappresentano l’esempio più famoso: entrambe sono state create 
dall’uomo ma poi sono cresciute in maniera assolutamente incontrollata). 
Le reti di imprese si auto-strutturano fino ad assumere la forma descritta, così 
nel terzo capitolo si introduce il particolare tipo di rete che sarà successivamente 
analizzato, vale a dire un network di imprese che operano nella Ricerca e 
Sviluppo  di applicazioni biotecnologiche (i cosiddetti network d’innovazione).  
Si passa a precisare le interazioni che si verificano in queste reti e le modalità con 
cui gli oggetti di scambio (le innovazioni tecniche e scientifiche che dovranno 
essere applicate sui prodotti) si diffondono, evidenziando che la morfologia delle 
reti reali non segue i tradizionali modelli di diffusone delle informazioni (i 
cosiddetti “modelli a soglia”) ma anzi emerge ulteriore conferma dell’importanza 
delle imprese con più relazioni nella diffusione capillare dell’idea innovativa. 
La rete di imprese viene successivamente presentata come una forma evolutiva dei 
processi produttivi, nella quale  non vi è più una sola impresa molto grande (la 
flagship, letteralmente “nave ammiraglia”) in mezzo ad una galassia di piccoli 
fornitori e distributori, ma molte imprese che si specializzano per attività e 
partecipano ad una specifica fase della filiera.  
Le competenze rilevanti non appartengono più ad un unico soggetto, ma sono 
distribuite lungo la filiera, generando due conseguenze fondamentali: 
⎯ la possibilità di approfondimento delle tecnologie di cui ci occupa, grazie 
alla specializzazione per attività che consente di concentrarsi sul core 
business e reperire le risorse secondarie in rete; 
⎯ la necessità di ricombinazione delle competenze sviluppate 
individualmente da far confluire nel processo di produzione in cui si 
partecipa con le altre imprese, arrivando così ad un prodotto finito con 
caratteristiche tecniche d’avanguardia.    
Lo studio dei network evidenzia quindi la necessità di ridefinire la nozione di 
gerarchia dei ruoli. Mentre nello schema della flagship le imprese minori 
accusavano una fortissima dipendenza nei confronti dell’impresa focale che era 
l’unica con cui si relazionavano, all’interno della rete anche le imprese piccole e 
specializzate possono fornire le proprie competenze a più clienti, aumentando il 
proprio potere di mercato. 
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La situazione risultante non vede tutti gli operatori sullo stesso piano, ma 
ridefinisce i rapporti di forza tra le imprese, che diventano molto più articolati e in 
continuo cambiamento. Nei network d’innovazione la relazione dominante è 
quella collaborativa, che assicura ai protagonisti una serie di vantaggi descritti nel 
cap.3, tra i quali quello cruciale per le imprese di Ricerca e Sviluppo è 
probabilmente l’apprendimento relazionale. Gli agenti in pratica sono motivati a 
scambiare conoscenze perchè creano valore a livello collettivo, e la sorte di ogni 
operatore è maggiormente legata a quella degli altri all’interno della filiera 
produttiva. Gli scambi di conoscenza reciproci e continuativi sono fonte di 
vantaggio competitivo difficilmente imitabile dai concorrenti (specialmente nel 
breve e medio periodo) perché necessitano di rapporti in cui ci sia una profonda 
fiducia da entrambe le parti. 
L’aspetto fiduciario all’interno del network di imprese è un punto nevralgico 
anche perché il sistema genera valore dall’unione delle risorse di più imprese, ma 
la ripartizione dei profitti deve essere attuata singolarmente. Si prospetta quindi 
una fase molto delicata di quantificazione dell’apporto dei singoli nella 
produzione del prodotto finito, che deve essere la base su cui effettuare la 
divisione del ritorno economico. 
Nel quarto capitolo si fornisce l’analisi di un caso pratico, il network di imprese 
che partecipano ad alcuni progetti di ricerca sulle biotecnologie finanziati dalla 
Comunità Europea nell’ambito del Sesto Programma Quadro (ci si riferisce a 
quello in corso di svolgimento, che è cominciato nel 2002 e si concluderà nel 
2006) e disponibili nella banca dati Cordis (Community Research and 
Development Information Service) .  
Attraverso gli strumenti selezionati nel primo capitolo, si forniscono dei riscontri 
delle caratteristiche delle reti reali individuate nel Cap.2, che anche il network 
Cordis dimostra di possedere. Questo viene rappresentato attraverso il software 
Ucinet VI con un grafo, cioè un insieme di punti legati da frecce, ognuna delle 
quali dotata di un punteggio che rappresenta l’intensità della relazione (data dal 
numero di volte in cui due agenti partecipano allo stesso progetto).  
I legami si suppongono non orientati, o meglio reciproci, perché lo scambio di 
conoscenza genera quasi necessariamente un insieme di opinioni che il ricevente 
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invia al mittente e che questo può utilizzare in maniera molto proficua per 
apportare modifiche e miglioramenti a quanto prodotto.    
L’analisi si sofferma prima sulle proprietà della rete globale, per dare un giudizio 
sulla connettività in base alla quantità e alla qualità di relazioni nel network.  
Dopo aver delineato il quadro in cui si svolge l’azione, si procede a definire i ruoli 
degli agenti, anche per individuare chi è il responsabile delle proprietà generali 
osservate prima. 
In particolare nel network Cordis si individua una serie di imprese che coprono 
una percentuale molto piccola del totale ma hanno importanza fondamentale 
perché dotate sia di una grande abbondanza di relazioni che di collegamenti molto 
intensi. La cooperazione in rete passa necessariamente attraverso le loro mani e 
dipende dalla loro volontà di collegare i punti periferici; essi si configurano come 
il vero “motore” delle relazioni economiche del network, ed hanno quindi un 
potere molto forte, come dimostrano le numerose misurazioni. 
Le imprese centrali risultano essere anche dotate di maggiore attrattività nei 
confronti di  quelle che entreranno in futuro, aumentando le dimensioni della rete. 
E’ possibile arrivare a tali conclusioni con lo studio della distribuzione di 
probabilità del numero di collegamenti diretti dei nodi (degree), seguendo il 
modello “Richer gets Richer” proposto da Albert e Barabasi (2001).  
Tale modello si basa sull’idea che considera la path dependancy del network, 
ovvero la sua dipendenza dalla fase temporale in cui si osserva. Secondo tale 
concezione è possibile stimare in modo probabilistico le tendenze future della 
rete, che nel caso in esame mostrano l’aumento delle differenze tra  nodi e la 
aristocratizzazione della rete. 
I concetti introdotti nel Cap.3 permettono di dare alcune interpretazioni del 
significato di queste differenze di potere, ipotizzando alcune situazioni critiche e 
altre in cui il networking riesce a sviluppare i suoi potenziali benefici per tutti i 
partecipanti.  
La valutazione delle potenzialità del networking avviene anche ad un livello di 
analisi intermedio, in cui si pone al centro dell’attenzione l’Egonetwork (cioè il 
sistema composto da una impresa e tutte quelle con cui intrattiene relazioni 
dirette).  
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In questo modo è possibile dimostrare che il posizionamento dei nodi collegati e il 
tipo di attività che essi svolgono possono essere due elementi correlati, perchè chi 
detiene il potere all’interno della rete ha la possibilità di condizionare gli altri.  
Tra i vari ruoli individuati, uno dei più importanti è quello dell’intermediario (o 
broker), che è cruciale soprattutto nei network che diffondono informazioni.  
Il broker si configura in molti modi, a seconda della natura delle imprese che 
mette in contatto, ed ogni configurazione gli attribuisce una diversa “dose” di 
potere. Anche i nodi che non possono disporre di molte relazioni dirette sono 
talvolta in grado di sfruttare le connessioni delle imprese a cui sono essi stessi 
connessi, così facendo tutti i partecipanti diventano più prossimi (aumentano cioè 
il proprio indice di closeness) e il sistema che ne risulta ha le caratteristiche di 
“Small World”. 
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CAPITOLO 1.  
 
 
 
 
 
 
STRUMENTI DI SOCIAL NETWORK 
ANALYSIS 
 
__________________________Capitolo 1 : strumenti di Social Network Analysis 
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1.1 Evoluzione storica della network analysis. 
 
La network analysis nasce e si sviluppa grazie al contributo di più filoni di ricerca 
sociologica, ma è possibile individuare due correnti principali a cui si devono i 
contributi maggiormente significativi. 
La prima corrente affonda le radici nell’antropologia sociale britannica 
affermatasi dopo la seconda guerra mondiale ed è la cosiddetta Scuola di 
Manchester, l’altra denota un interesse più orientato verso l’analisi strutturale 
americana, ed è composta dal gruppo di studiosi di Harvard.  
La scuola di Manchester si focalizza sulla ricerca di condizioni in cui possono 
verificarsi conflitti o altre dinamiche sociali, mantenendo il discorso sempre 
inserito in un contesto storico e culturale. La scuola americana invece si 
caratterizza perché pone al centro del proprio interesse la forma delle reti più che 
il loro contenuto, utilizzando rigorosi strumenti matematici. 
 
 
1.1.1 I primi contributi 
 
Sebbene le prime produzioni scientifiche che studiano le interazioni tra attori 
all’interno di una rete possano essere fatte risalire agli anni Trenta, nel lavoro di 
psicologia di Kohler (1925) già si ritrova un principio che giustificherà l’interesse 
per la network analysis in tutto il secolo.  
La sua teoria della Forma (“Gestalt”), infatti, si concentra sullo studio dei modelli 
che risultano dalle interazioni tra pensieri e percezioni. Tali modelli non sono solo 
la semplice somma delle percezioni, ma sono considerati come un’entità totale 
che determina la natura delle sue parti componenti.  
Gli analisti di rete utilizzeranno questo principio per sviluppare i concetti centrali 
della loro disciplina. Come ricordato da Wellman (1983), infatti, la sociologia 
studia le strutture sociali concentrandosi non tanto sul perché i soggetti si 
comportino in un certo modo (di ciò si occupa la psicologia), quanto piuttosto 
perché ed in che modo i loro comportamenti siano frutto di costrizioni sociali 
derivanti dal ruolo del soggetto stesso all’interno del network.  
__________________________Capitolo 1 : strumenti di Social Network Analysis 
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Se si presuppone che le scelte riguardo alle relazioni da intrattenere non siano 
completamente libere e volontarie, allora è possibile prevedere lo sviluppo di una 
rete e le sue strutture gerarchiche. 
I sociologi utilizzeranno questa riflessione per una vasta letteratura riguardante 
concetti centrali della loro disciplina quali società, cultura, ruolo. 
In base a questi presupposti la persona, che rappresenta l’ennesima parte di una 
rete di fitte relazioni, non vede gli oggetti in modo autonomo e indipendente ma la 
sua conoscenza è possibile solo utilizzando complessi schemi concettuali 
preconcepiti. Questi schemi sono il principio insito nella rete che ne determina la 
configurazione e lo sviluppo; nello specifico caso della rete sociale possono essere 
identificati con la cultura (intesa come complesso di norme, valori, 
comportamenti, tecniche, conoscenze e abitudini che emergono e vengono 
continuamente prodotti all’interno di ogni sistema sociale). 
La cultura di una società (o rete di persone) deriva necessariamente dalle 
interazioni degli individui che la creano ma allo stesso modo ne vengono 
influenzati. Questo processo è il vero contributo originale ispiratore di molti 
approcci nello studio delle reti: gli attori si dispongono in modo tale da seguire 
delle leggi formali che poi diventano la caratteristica intrinseca del network e che 
quindi limita e indirizza il comportamento degli attori stessi. 
La teoria della Gestalt appassionò allo studio alcuni ricercatori tedeschi emigrati 
negli Stati Uniti, tra cui Moreno e Lewin. Essi cercarono di ricreare le “dinamiche 
di gruppo”, cioè il flusso di informazioni e idee all’interno delle reti di conoscenze 
umane. 
Moreno (1934) studiò come l’individuo compie le sue scelte di amicizie ottenendo 
i dati tramite la compilazione di questionari. 
Il suo intento fu quello di trovare una connessione tra benessere psicologico e 
caratteristiche strutturali di quelle che da lui vengono denominate “configurazioni 
sociali”, utilizzando il sociogramma per studiarne le proprietà. 
Queste configurazioni sono formate dai modelli concreti di scelta, attrazione, 
repulsione, amicizia e altre relazioni in cui le persone sono coinvolte, e 
costituiscono la base su cui gli “aggregati sociali” di grande scala, come 
l’economia o lo Stato, si reggono e si riproducono nel tempo. Lo studio del 
__________________________Capitolo 1 : strumenti di Social Network Analysis 
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rapporto tra configurazioni di piccola scala e agglomerati di grande scala è un 
problema già visto nella sociologia tedesca classica, in particolare da Simmel 
(1908). 
Il sociogramma è una rappresentazione grafica che rappresenta gli attori del 
network con dei punti e le relazioni che instaurano con delle linee (o archi, o 
freccette). E’ utile chiarire che il termine “grafo” è un termine generico, mentre 
“sociogramma” identifica con precisione un grafo rappresentante una rete sociale 
e in questo modo si contrappone a quello relativo (ad esempio la rete di un 
impianto elettrico). 
L’applicazione del sociogramma fu un passo importante, perché consentì la 
visualizzazione grafica dei canali attraverso cui l’informazione circola al fine di 
evidenziare quali individui possono influenzare quali altri. Prima di questa 
formalizzazione la struttura sociale veniva descritta come “trama”, “intreccio”, 
metafore tessili che indicano una ragnatela molto intricata e difficilmente 
ordinabile (definizioni già presenti nei lavori di Radcliffe-Brown). 
Moreno chiarì come con questo strumento fosse possibile identificare i leaders, gli 
individui isolati, le asimmetrie, le reciprocità e le sovrapposizioni nelle catene di 
connessioni. 
Il grafo su cui egli si concentrò maggiormente fu la stella sociometrica, una figura 
abbastanza semplice, ma che illustra con chiarezza una possibile posizione di 
leadership (il nodo centrale è destinatario della scelta di amicizia di tutti gli altri).