5
Tuttavia, l’importanza della previdenza complementare non si esaurisce sul 
piano sociale, ma è destinata ad estendersi anche a livello economico-finanziario: 
nella loro veste d’investitori istituzionali, i fondi pensione potranno divenire i 
protagonisti dei mercati finanziari italiani (come è già avvenuto in altri paesi). 
Il lavoro che mi accingo a presentare sarà un’analisi della materia fondi 
pensione, finalizzata, innanzi tutto, a tratteggiare le origini della previdenza sociale 
pubblica e della sua coesistenza con la previdenza integrativa e privata, il tutto alla 
luce dei principi costituzionali e delle numerose leggi che si sono succedute nel 
tempo e, poi, ad evidenziare la funzione socio-economica di questi fondi. 
Inoltre, dedicherò una parte di questo lavoro alla spiegazione della disciplina 
vigente, ponendo in luce i seguenti aspetti: tipologia dei fondi, modalità di 
costituzione, adesione, contribuzione, modelli gestionali dei fondi, prestazioni 
erogabili, partecipazione dei lavoratori ed influenze del sistema pubblico su queste 
forme di previdenza integrativa, il ruolo dei sindacati nel procedimento di 
costituzione dei fondi pensione. 
Infine, sarà proposta un’analisi della struttura previdenziale integrativa in alcuni 
paesi stranieri (U.S.A., Gran Bretagna, Francia, Germania), dove questi piani di 
previdenza privata svolgono un ruolo di primo piano, sia nel campo finanziario 
(essendo fra i principali intermediari del paese), sia nell’ambito del sistema 
previdenziale. 
In questo ambito darò rilievo alle motivazioni che possono spingere i lavoratori 
ad aderire alle varie forme di previdenza integrativa, quali possono essere i 
vantaggi dell’aderire ad un fondo pensione aziendale oppure ad uno di quelli creati 
dalle assicurazioni private, dalle banche, dalle società intermediazione mobiliare. 
 6
 
CAPITOLO I 
 
 
1. Le origini storiche della previdenza sociale 
Le origini del sistema previdenziale italiano risalgono alla seconda metà del 
XIX secolo. Nell’Italia appena unificata, lo stesso Cavour si fece promotore di un 
disegno di legge che, ad integrazione dei sistemi di beneficenza già esistenti, 
istituiva una cassa di rendite vitalizie per la vecchiaia. Tale legge rimase tuttavia 
inapplicata; cosicché i soli mezzi d'intervento a favore del lavoratore in stato di 
bisogno continuarono ad essere la beneficenza pubblica e quella privata. Ciò fino 
agli ultimi anni del XIX sec., allorché, sotto la spinta di molteplici fattori fra cui 
l'azione rivendicativa delle associazioni sindacali, la pressione dei grandi partiti di 
massa, il radicale mutamento di orientamenti politici, lo stimolante confronto con 
legislazioni straniere più avanzate, si cominciarono a studiare sistemi previdenziali 
più idonei a creare garanzie per il lavoratore, che si fosse trovato in stato di 
bisogno a causa della sopravvenuta incapacità lavorativa
1
. 
In Italia il primo passo in tale direzione si è avuto con l’istituzione delle Casse 
di mutuo soccorso. Queste ultime sorsero già alla fine del ‘700, ma ebbero una loro 
disciplina legislativa solo nel 1886. Secondo quanto stabilito con la legge n° 318, 
le casse per ottenere la registrazione (alla quale seguiva il riconoscimento quale 
persona giuridica), dovevano perseguire il fine di assicurare ai soci, o ai loro 
familiari, un sussidio nel caso si fossero verificate delle cause che avessero 
                                          
1
 Cfr. AA.VV. Enciclopedia Multimediale Rizzoli-Larousse, alla voce, Previdenza 
 7
diminuito o privato in toto il lavoratore della sua capacità lavorativa (es. malattia, 
infortunio ecc.). 
Questi stessi fini costituiscono oggi le fondamenta della previdenza sociale
2
. 
Dopo questa prima novità nel settore degli infortuni e delle malattie, si 
riscontrano ulteriori innovazioni, tra le quali assunse (e tuttora mantiene) un ruolo 
preminente, l’introduzione del criterio dell’automaticità dell’assicurazione sociale 
antinfortunistica (1917), in base al quale il rapporto assicurativo esiste ed è valido 
in ogni caso e il lavoratore ha diritto alle prestazioni per il solo fatto oggettivo 
dello svolgimento del lavoro, indipendentemente dal fatto che il datore abbia 
stipulato la convenzione con l’ente assicuratore o non abbia versato i contributi 
dovuti (art. 2116 cod. civ.). 
In seguito vennero presi in considerazione altri eventi lesivi della capacità 
lavorativa e, di conseguenza, tutelate: vecchiaia e invalidità (1919), disoccupazione 
involontaria (1923), malattie professionali dell’industria (1934). Tutte queste 
innovazioni trovarono, poi, conferma nell’art. 38, II comma, della Costituzione 
italiana, che stabilisce espressamente che << i lavoratori hanno diritto che siano 
preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di 
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria >>
3
. 
 
                                          
2
 Cfr. CHERUBINI, Profilo del mutuo soccorso in Italia dalle origini al 1924, in Prev. Soc., 1961, pag. 7 ss 
3
 Cfr. AA.VV. Enciclopedia Multimediale, op. cit., alla voce, Previdenza 
 8
 
2. I caratteri generali della previdenza sociale 
Innanzi tutto occorre dare una definizione di previdenza sociale: trattasi 
dell’insieme delle prestazioni istituite dalla legge a favore della generalità dei 
lavoratori dipendenti (pubblici o privati) e di alcune categorie di lavoratori 
autonomi. Per garantire a quest’ultimi ed ai loro familiari un sostentamento, che gli 
permetta di mantenere un tenore di vita dignitoso, qualora si verifichi una 
diminuzione della capacità lavorativa del cittadino (es. malattia, infortunio, 
raggiungimento dell’età pensionabile). Tali prestazioni sono erogate sotto forma di 
pensioni. 
Il mezzo giuridico attraverso il quale si attua la previdenza sociale è costituito 
dalle Assicurazioni Sociali Obbligatorie che trovano la loro fonte giuridica nel 
primo comma dell’art. 38 della nostra carta costituzionale: << Ogni cittadino 
inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al 
mantenimento e all’assistenza sociale >>. 
Lo scopo primario di queste assicurazioni, consistente nella protezione 
del lavoratore e della sua famiglia, le avvicina in qualche modo ai contratti 
di assicurazione a favore di terzi. Tuttavia, con l’evolversi della legislazione 
speciale, le due tipologie di contratti si sono profondamente differenziate, 
soprattutto in relazione alle caratteristiche peculiari delle assicurazioni 
sociali: 
• Obbligatorietà: è la legge che impone, da un lato al datore di lavoro e al 
lavoratore di versare i contributi (art. 2115, I comma, cod. civ.) e, dall’altro, 
all’ente gestore di assicurare il rischio quando sussistono le condizioni previste 
dalla legge (art. 38, II e IV comma, Cost.); 
• Automaticità: il rapporto di assicurazione sorge ope legis (ex art. 2116 cod. 
civ.); in tal modo la semplice esistenza dell’obbligo contributivo, fa sorgere in 
capo al lavoratore, che si trovi in stato di bisogno, il diritto alle relative prestazioni; 
 9
• Sanzioni penali: sono applicabili in caso di mancata contribuzione. Infatti 
l’art.509 cod. pen. afferma che << Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non 
adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme 
emanate dagli organi corporativi, è punito con la sanzione amministrativa da lire 
duecentomila a lire un milione >>; 
• Intervento statale: per mezzo di integrazioni nella gestione finanziaria degli 
istituti di previdenza e assistenza sociale; 
• Finalità: lo scopo è anche e soprattutto quello di reintegrare, per quanto 
possibile, la capacità produttiva del lavoratore; si tratta di un tipo di finalità non 
puramente risarcitoria. 
Pur restando comune lo scopo di attenuare o eliminare gli effetti di alcune cause 
generali di povertà, l’evento assicurato può essere di ordine fisiologico (invalidità, 
vecchiaia, morte), economico (disoccupazione), patologico (malattia, infortunio) e 
così via. 
Nell’ordinamento italiano il finanziamento delle assicurazioni sociali è 
realizzato con il versamento di contributi da parte del datore di lavoro e del 
lavoratore all’istituto di previdenza e assistenza. L’onere di versarli è, peraltro, 
posto a carico dell’imprenditore, anche per la parte spettante al dipendente (art. 
2115, I e II comma, cod. civ.). A questi devono essere aggiunti i contributi dello 
Stato, che a volte interviene in tali operazioni, assumendosi il carico di una quota 
delle somme gravanti a titolo di contribuzione sui datori di lavoro (si tratta della 
c.d. fiscalizzazione degli oneri sociali), altre volte si sostituisce ad entrambi i 
soggetti del rapporto di lavoro (c.d. contribuzione figurativa, in caso di servizio 
militare, gravidanza e puerperio, malattie, e simili)
4
. 
                                          
4
 Cfr.AA.VV. Enciclop. Multim.op. cit., alla voce, Contributi previdenziali 
 10 
 
3. Le prestazioni previdenziali: le pensioni 
Come precedentemente accennato, le prestazioni previdenziali sono erogate in 
forma di pensioni, cioè << prestazioni economiche periodiche (in quanto pagate a 
scadenze fisse, di regola mensili) e continuative (cioè erogate fino alla morte 
dell’avente diritto), imposte dalla legge (art. 38 Cost.), a favore dei cittadini che si 
trovano in condizioni di bisogno normativamente previste >>
5
. 
Esistono due tecniche (o sistemi) per creare una pensione
6
. 
• Sistema a ripartizione: questo sistema prevede che le pensioni alle 
generazioni già a riposo, siano pagate per mezzo dei versamenti fatti da quelle in 
attività (che a loro volta riceveranno la pensione, grazie a un'altra generazione di 
lavoratori); questo modus operandi è stato chiamato anche “mutualità 
generazionale”, giacché implica l’esistenza di un patto tra generazioni. Va 
precisato che è la tecnica utilizzata dagli enti pubblici previdenziali. 
• Sistema a capitalizzazione: i contributi versati sono investiti nel modo più 
redditizio possibile; i guadagni così percepiti consentiranno, al momento del 
pensionamento, di pagare la rendita. Questo è il metodo usato da Compagnie 
d’Assicurazione e dai fondi pensione. 
Tradizionalmente le pensioni sono riconosciute in relazione ad un rapporto di 
lavoro, tuttavia esistono anche trattamenti pensionistici che non discendono da un 
rapporto lavorativo; queste sono le c.d. pensioni sociali, istituite con la legge 30 
maggio 1969 n. 153, erogate a favore dei cittadini italiani ultrasessantacinquenni 
privi di un reddito sufficiente. Tale prestazione ha carattere assistenziale e può, 
pertanto, essere concessa anche a chi non ha mai versato i contributi; infatti 
requisiti essenziali per ottenerla sono: 
                                          
5
 Definizione tratta dall’Enciclopedia del Diritto, A. VALLARDI alla voce, Pensioni 
6
 Cfr. GARELLI, MASSI, RICCIO in Guida ai fondi pensione, Buffetti editore 1998, pag. 27 e ss. 
 11 
 
• il compimento dei 65 anni, 
• la cittadinanza italiana, 
• la residenza nel territorio nazionale. 
E’ opportuno ricordare che dal 1° gennaio 1996 la pensione sociale e le 
relative maggiorazioni sono state sostituite dall'assegno sociale, il quale, 
però, ne conserva le caratteristiche. 
Ponendo l’attenzione sull’attuale sistema pensionistico è importante ricordare 
che nel 1995 è stata varata la legge 8 agosto n. 335, comunemente conosciuta come 
“Riforma Dini”, che ha introdotto rilevanti novità. 
Questa ha avuto tra i suoi meriti quello di aver fissato dei principi generali 
validi non solo per i dipendenti pubblici e privati, ma anche per alcuni fondi privati 
sostitutivi della previdenza obbligatoria. Principi come il passaggio dal sistema 
retributivo (le pensioni da erogare sono calcolate in base allo stipendio percepito), 
a quello contributivo (in questo caso il calcolo della pensione si basa su quanto 
effettivamente versato dal lavoratore, durante la sua vita lavorativa)
7
. 
Si tratta di una riforma che dovrebbe portare dei risultati nel lungo periodo, 
attraverso il raggiungimento di vari traguardi intermedi, che rappresentano 
altrettanti obiettivi, per concludersi formalmente nel 2070, anno in cui, almeno in 
linea teorica, o meglio secondo le aspettative del Governo Dini, tutti i pensionati 
percepiranno il loro assegno solo sulla base dei contributi versati
8
. 
                                          
7
 Il passaggio è avvenuto solo per chi alla data del 31 dicembre 1995, aveva un’anzianità contributiva di almeno 18 
anni; viceversa, a coloro che alla stessa data avevano un'anzianità contributiva inferiore ai 18 anni, la pensione è 
calcolata in parte con il sistema retributivo ed in parte secondo il sistema contributivo (c.d. sistema misto). Cfr. nel 
sito internet www.minlavoro.it 
8
 Cfr. Inchiesta del Corriere della Sera, Il nodo della previdenza, 31 agosto – 1 settembre 2000 
 12 
Questa normativa ha, inoltre, apportato varie modifiche, soprattutto con 
riferimento ai requisiti per ottenere il pensionamento. Vediamo cosa prevede la 
riforma in relazione ai vari tipi di pensione
9
: 
a) Pensione di vecchiaia: è la pensione che spetta ai lavoratori che abbiano 
raggiunto l’età anagrafica prevista dalla legge e il requisito minimo di 
contribuzione. Nell'assicurazione generale obbligatoria (AGO) dell’INPS, l'età 
richiesta per accedere alla pensione di vecchiaia, è aumentata gradualmente; si è 
partiti dai 62 anni per gli uomini e 57 per le donne (questo fino al 31 dicembre 
1996), per arrivare agli attuali 65 anni per gli uomini e 60 per le donne (dal 1 
gennaio 2000), come mostra la tabella che segue: 
 
Età richiesta per la pensione di vecchiaia 
Periodi di compimento dell’età 
pensionabile 
Uomini Donne 
Fino al 31 dicembre 1996 62 anni 57 anni 
Dal 1° gennaio 1997 al 30 giugno 1998 63 anni 58 anni 
Dal 1° luglio 1998 al 31 dicembre 1999 64 anni 59 anni 
Dal 1° gennaio 2000 in poi 65 anni 60 anni 
  
Lo stesso deve dirsi per il requisito minimo contributivo, che è passato dai 17 
anni del 1996 (884 contributi settimanali), agli attuali 19 anni (988 contributi 
settimanali), fino a giungere nel 2001 alla soglia dei vent’anni, vale a dire 1040 
contributi settimanali. 
Il diritto alla pensione in esame decorre dal primo giorno del mese successivo a 
quello in cui il lavoratore ha raggiunto l’età pensionabile, oppure, se a tale data non 
                                          
9
 Il paragrafo, nella parte in cui tratta dei singoli trattamenti pensionistici, si basa quasi esclusivamente su dati forniti 
dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale nel sito internet www.minlavoro.it 
 13 
sono soddisfatti i requisiti d’anzianità contributiva, dal primo giorno del mese 
successivo a quello in cui sono raggiunti i requisiti di cui sopra. 
Un’ultima constatazione: tutte le età indicate sono valide per chi accede alla 
pensione con almeno una quota di essa calcolata con il sistema retributivo. 
Viceversa, per quelli la cui pensione sarà calcolata interamente secondo il sistema 
contributivo, l’età per il pensionamento sarà flessibile (da 57 a 65 anni) con 
rendimenti maggiori man mano che si ritarda l’uscita dalla vita lavorativa
10
. 
b) Pensione d’anzianità: è la prestazione pensionistica che viene erogata 
al raggiungimento di un certo numero di anni di contribuzione in 
concorrenza con una determinata età anagrafica. Prima dell’entrata in vigore 
della riforma del ’95, si poteva anche prescindere dall’età anagrafica 
dell’assicurato (es. per i lavoratori dell’INPS, era sufficiente il versamento 
di almeno 35 anni di contributi). Invece l’art. 1, comma 25, della legge di 
riforma, prevede tre modalità di accesso alla pensione d’anzianità dei 
lavoratori dipendenti
11
: 
• almeno 35 anni di contributi, in concorrenza con almeno 57 anni di età 
anagrafica; 
• indipendentemente dall’età anagrafica, quando si raggiungono i 40 anni di 
contribuzione; 
• con 37 anni di contribuzione, nei casi in cui il rapporto di lavoro si sia 
trasformato in un rapporto di lavoro a tempo parziale. 
Queste condizioni, peraltro, non sono diventate automaticamente operanti. La 
legge di riforma, infatti, ha previsto una fase transitoria in cui i requisiti appena 
indicati per l’accesso alla pensione d’anzianità saranno raggiunti attraverso il 
                                          
10
 Il sistema contributivo, a differenza di quello retributivo, è caratterizzato dalla flessibilità nella scelta del 
momento in cui accedere al trattamento pensionistico. Il sistema contributivo non si basa, infatti, su una rigida età 
pensionabile ma su un meccanismo che incentiva a prolungare la vita lavorativa per ottenere una pensione più alta. 
Si vedano anche, GARELLI, MASSI, RICCIO in, Guida ai fondi pensione, op. cit. , pag. 34 e ss. 
11
 Al comma 28 dello stesso articolo si afferma che tali requisiti sono validi anche per i lavoratori autonomi iscritti 
all’AGO. 
 14 
graduale innalzamento dei requisiti attualmente in vigore. In sostanza, dal 1998 al 
2008, i lavoratori dipendenti del settore privato potranno conseguire la pensione 
scegliendo di far valere o il solo requisito contributivo o almeno 35 anni di 
contribuzione in concomitanza con una determinata età anagrafica, secondo la 
progressione stabilita dalla legge. Per alcune categorie di lavoratori restano, invece, 
in vigore le disposizioni stabilite dalla legge n. 335: 
• i lavoratori dipendenti pubblici e privati qualificati dai contratti collettivi 
come operai e i lavoratori ad essi equivalenti; 
• i lavoratori che risultino essere stati iscritti a forme pensionistiche 
obbligatorie per non meno di un anno in età compresa tra i 14 ed i 19 anni; 
• i lavoratori che siano stati collocati in mobilità ovvero in cassa integrazione 
guadagni straordinaria per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 3 novembre 
1997 ovvero siano stati ammessi entro la medesima data alla prosecuzione 
volontaria. 
c) Pensione d’invalidità: compete ai lavoratori subordinati o autonomi, iscritti 
all’AGO, la cui capacità lavorativa, sia ridotta (da epoca anteriore all’entrata in 
vigore della legge 12 giugno 1984 n. 222) permanentemente, a causa d’infermità o 
difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. 
La suddetta legge ha riformato l’intera materia, rendendo più rigoroso il 
requisito minimo di contribuzione (devono, infatti, risultare almeno 5 anni 
di contribuzione) e sostituendo il criterio della capacità di guadagno con 
quello della capacità di lavoro. La novità di maggior rilievo, peraltro, è stata 
l’istituzione dell’assegno d’invalidità e della pensione d’inabilità, in luogo 
della pensione d’invalidità, a seconda che la capacità di lavoro sia ridotta in 
misura inferiore a un terzo o totalmente esclusa. L’art. 1, I comma, della 
legge 222/1984 definisce invalido << l’assicurato, la cui capacità di 
lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo 
permanente a causa di infermità o difetto fisico a meno di un terzo>>; 
 15 
l’assegno è riconosciuto per un triennio ed è rinnovabile, su istanza del 
titolare dell’assegno, per periodi della stessa durata qualora permangano le 
condizioni che dettero luogo alla sua liquidazione; dopo tre riconoscimenti 
consecutivi è confermato automaticamente, salvo revoca per accertamento 
dell’avvenuto recupero della capacità di lavoro. Per l’art. 2, I comma, della 
suddetta legge è inabile << l’assicurato o il titolare d’assegno d’invalidità 
che, a causa d’infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta e 
permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa >>. 
Anche in questi casi è prevista la revoca per miglioramenti e la concessione 
dell’assegno d’invalidità, se sussistono i requisiti o addirittura la revoca 
della pensione
12
. 
d) Pensione ai superstiti: è il trattamento pensionistico liquidato nei casi di 
morte del titolare di pensione già iscritto ad un fondo pensionistico (c.d. pensione 
di riversibilità), o prima che il defunto fosse divenuto titolare di pensione (c.d. 
pensione indiretta). I superstiti che hanno diritto alla pensione sono il coniuge, i 
figli (legittimi, legittimati o equiparati) nel caso in cui soddisfino certi requisiti
13
, i 
genitori, cui spetta la pensione ai superstiti solo nel caso in cui non esistano o non 
ne abbiano diritto, né il coniuge né i figli e soltanto nell’ipotesi che soddisfino 
queste tre condizioni: 
• abbiano un'età superiore ai 65 anni; 
• non siano titolari di pensione
14
; 
• fossero a carico del defunto. 
Inoltre, può essere corrisposta anche ai fratelli ed alle sorelle, ma solo nel caso 
in cui non esistano o non ne abbiano diritto i predetti soggetti, e fossero inabili, 
                                          
12
 Cfr. Enciclopedia del Diritto GARZANTI alla voce, Pensione. 
13
 Almeno uno di questi requisiti: a) abbiano meno di 18 anni; b) abbiano tra 18 e 21 anni e, frequentando una scuola 
media o professionale, fossero a carico del genitore defunto; c) abbiano tra 21 e 26 anni e, frequentando un corso 
legale di laurea, fossero a carico del genitore defunto; d) siano inabili di qualunque età. 
14
 Non sono considerate, né la pensione sociale, che viene però revocata dalla data di decorrenza della pensione ai 
superstiti, né le pensioni di guerra; 
 16 
viventi a carico del deceduto e non pensionati, al momento della morte del 
pensionato o dell'assicurato, (a questo fine non hanno rilevanza la pensione di 
guerra e la pensione sociale). La riforma del '95 (art. 1, comma 41) ha aumentato 
dal 60% al 70% la quota di pensione in favore del figlio unico superstite, però ha 
introdotto un limite alla cumulabilità tra trattamenti ai superstiti e redditi propri del 
beneficiario. In altre parole, se il beneficiario percepisce un reddito che supera un 
certo importo, il trattamento sarà ridotto (es. se il reddito annuo percepito è tre 
volte superiore, al trattamento minimo dell'INPS, la riduzione sarà del 25%). 
 
4. La previdenza privata 
Prima di passare ad una trattazione più approfondita dell’istituto della 
previdenza integrativa, occorre fare una breve premessa sulla previdenza privata. 
L’articolo 38 della nostra Costituzione al suo quinto comma recita 
testualmente: << L’assistenza privata è libera >>. Nei lavori preparatori 
della Costituente venne esplicitamente affermato che il termine assistenza 
privata, doveva riferirsi a tutte le forme di protezione create dall’autonomia 
dei singoli o dei gruppi, ossia alla previdenza privata
15
. << In tal modo il 
legislatore ha voluto predisporre per la previdenza privata, una piena ed 
espressa garanzia costituzionale, anziché lasciare che la sua ammissibilità 
si ricavasse dai principi generali >>
16
. 
Questa garanzia esclude, ogni possibile interferenza o condizionamento degli 
organi statali; e, inoltre, assicura la libera scelta degli interessi da proteggere e 
delle forme di solidarietà da porre in essere a tal fine; e ancora, possibilità per i 
singoli di aderire o meno ad iniziative di questo genere. 
                                          
15
 Tale previsione venne ritenuta necessaria per evitare che lo Stato avesse il monopolio dell’assistenza, 
riconoscendo all’autonomia privata la possibilità di provvedere liberamente a costituire forme assistenziali o 
mutualistiche.Al riguardo si veda anche CINELLI, Appunti per un dibattito sulla previdenza integrativa, R.I.D.L., 
1986, Vol I, I, pag 888 e ss 
16
 Così testualmente SIMI, Il pluralismo previdenziale secondo Costituzione, Milano 1986, pag 122 e ss 
 17 
Dal punto di vista funzionale, tuttavia, tale sfera di libertà subisce una 
limitazione indiretta in quanto, il quarto comma della norma in questione stabilisce 
che lo Stato debba predisporre organi ed istituti ad hoc, per svolgere le funzioni 
previdenziali. Pertanto, l’iniziativa privata, pur essendo libera di scegliere gli 
interessi e i bisogni da tutelare ed anche il modo per raggiungere il proprio scopo, 
non può provvedere a soddisfare bisogni socialmente rilevanti, in quanto tale 
compito è dalla Costituzione affidato ad organi e istituti specificatamente creati
17
. 
In altre parole la previdenza privata non può sostituirsi, neppure in parte, ai 
compiti specifici della previdenza pubblica, potendo solo aggiungersi ad essa. Il 
suo intervento aggiuntivo presuppone che gli interessi principali (socialmente 
rilevanti) siano già soddisfatti dagli enti previdenziali pubblici
18
. 
 
 
5. La previdenza integrativa
19
 
Per quanto riguarda la previdenza integrativa è necessario porci subito un 
quesito: la nozione di previdenza integrativa può coincidere con quella di 
previdenza privata, oppure esistono differenze tra i due sistemi? 
Per risolvere la questione occorre prendere le mosse dalla crisi economica 
iniziata alla fine degli anni’60, che ha riaperto il dibattito sulla funzione sociale 
dello Stato e sull’idea stessa di sicurezza sociale. 
La diminuzione delle risorse disponibili e lo squilibrio demografico fecero sì 
che, ad un ridimensionamento delle funzioni sociali dello Stato, si accompagnasse, 
necessariamente, una revisione dei criteri e dell’ambito di applicazione della 
sicurezza sociale
20
. 
                                          
17
 Cfr. R. PESSI, La nozione di previdenza integrativa, in Solidarietà e mutualità nel diritto della previdenza 
sociale, (a cura di R. Pessi), Napoli, 1989, pag. 13 
18
 Cfr. CINELLI, Appunti per un dibattito, op. cit., pag. 888 e ss. 
19
 Va premesso che in alternativa all’espressione previdenza integrativa, può essere utilizzata quella di previdenza 
complementare. 
20
 Cfr. R. PESSI, La nozione di previdenza integrativa, op. cit., pag. 13 e ss. 
 18 
Il sistema previdenziale pubblico, nel tentativo di realizzare la sicurezza sociale, 
ha riordinato i criteri, per l’ottenimento del diritto alla pensione, riducendo il 
rilievo del bisogno presunto e assegnando valore predominante a quello 
concretamente esistente. In tal modo, il sistema ha lasciato priva di tutela una vasta 
gamma di bisogni socialmente rilevanti (quali quelli determinati dall’esigenza di 
stabilire i mezzi adeguati per la propria vecchiaia, in misura proporzionale al 
tenore di vita raggiunto durante il periodo lavorativo)
21
. 
Si può allora ritenere che questa scelta del legislatore identifichi, in concreto, 
l’ambito operativo della previdenza integrativa e di conseguenza la sua nozione. 
<< L’ordinamento ha disegnato un sistema basato su più cerchi concentrici;i 
primi toccavano e toccano, tre tipologie di bisogni socialmente rilevanti: 1) i 
bisogni soggettivamente esistenti e oggettivamente accertati al c.d. minimo vitale, 
di cui al primo comma dell’art. 38 Cost., riferito e riferibile a tutti i cittadini 
(pensione sociale); 2) i bisogni soggettivamente esistenti e oggettivamente 
accertati al trattamento minimo per un’esistenza libera e dignitosa, di cui al 
secondo comma dell’art.38, riferito e riferibile a tutti i lavoratori(integrazione al 
minimo); 3) i bisogni presunti al mantenimento del tenore di vita raggiunto 
durante l’occupazione, anch’essi rinvenibili nel secondo comma dell’art. 38, 
riferito e riferibile a tutti i lavoratori, (pensione retributiva)
22
 >>.Vi è poi un 
quarto cerchio che è destinato alla previdenza privata. 
In passato la previdenza pubblica si era occupata delle prime tre le sfere di 
bisogni, ma, a causa della crisi di risorse, è stata costretta a ridurre la sua ingerenza 
nel terzo cerchio nella convinzione che si potesse ottimizzare l’utilizzo delle 
risorse, migliorando gli standards relativi a pensione sociale e integrazione al 
minimo. 
                                          
21
 Cfr. M: PERSIANI, Rischio e bisogno nella crisi della previdenza sociale, Giuffrè, Milano, 1985, pag 3 e ss 
22
 Così testualmente PESSI, La nozione di previdenza integrativa, op.cit. pag. 19.