Introduzione Quali furono la linea e la condotta politica di Enrico Berlinguer verso i cattolici, parte 
determinante della società e dell'elettorato italiano? In quale modo il segretario che portò il 
Pci al suo massimo storico riuscì ad elaborare delle politiche accettabili anche 
dall'elettorato cattolico? Quale fu il rapporto col grande antagonista di sempre, la 
Democrazia cristiana? Vi furono risultati apprezzabili? 
Questa ricerca intende ricostruire proprio il pensiero e le mosse di Berlinguer (e 
nominando il segretario si deve aggiungere anche “del Pci”, dato il seguito interno che il 
politico sardo ebbe per almeno due terzi del suo mandato) riguardo tale problematica e 
soprattutto vuole cercare di capire come poi le posizioni dell'ex segretario comunista si 
siano tradotte in atti politici pratici sia verso la Democrazia cristiana, sia verso il “mondo” 
cattolico, in una prospettiva che può risultare di interesse anche oggi, in una fase politica 
in cui la questione dell'appartenenza politica dei cattolici non solo è irrisolta, ma addirittura 
non trova un suo referente politico certo, essendo il mondo cattolico diviso in almeno tre 
partiti, di cui uno, quello che più si richiama all'esperienza democristiana, è 
rappresentativo di una percentuale di voti di poco superiore al 5%.
L'arco di tempo che coinvolge la presente ricerca è quello corrispondente alla 
segreteria di Enrico Berlinguer presso il Pci, e quindi inizia con il XIII Congresso del 
partito, tenutosi nel marzo 1972 per terminare con la morte dell'ex segretario sardo, 
avvenuta a Padova l'11 giugno del 1984. 
Per la stesura della tesi si è fatto ricorso in prima battuta alle ricostruzioni 
generaliste sul periodo preso in questione; si è poi proceduto con l'approfondimento delle 
questioni biografiche riguardanti il segretario del Pci, consultando delle biografie sia di 
stampo storico-critico che di stampo maggiormente aneddotico e “personale”. 
Una parte importante della ricerca è stata dedicata poi alla bibliografia degli scritti di 
Berlinguer, desunti sia da varie edizioni di testi antologici usciti negli anni, sia affidandosi 
all'archivio de “L'Unità”, di cui sono stati consultati circa 600 numeri quotidiani. Sono stati 
visionati inoltre anche una quarantina di articoli provenienti da riviste ed altri quotidiani 
appartenenti sia all'area comunista che non. Inoltre, è stato approfondito il lavoro a livello 
critico mediante lo studio delle memorie di vari collaboratori vicini a Berlinguer e di vari 
contributi critici di studiosi storici, uomini politici vicini e non ai comunisti. Infine, 
5
preziosissimo è stato l'apporto dell'Archivio dell'Istituto Gramsci di Roma, grazie al quale è 
stato possibile consultare in particolar modo i verbali delle riunioni della Direzione 
comunista e la corrispondenza privata di Berlinguer con molte personalità del mondo 
cattolico, lungo i 12 anni della leadership del politico di origine sarda. 
La ricerca è stata divisa in quattro capitoli che rappresentano quattro fasi della 
strategia berlingueriana (in un misto di continuità e di rotture) verso il mondo cattolico: la 
prima fase è quella che va dal 1972 al 1974 ed è caratterizzata da tre eventi. Il primo è la 
proposta di un nuovo governo con il Pci al potere, cioè dell'ipotesi di “svolta democratica”. 
Il secondo evento è la teorizzazione del “compromesso storico”, elaborato nei tre articoli 
che vanno a comporre quel saggio conosciuto sotto il nome di “Riflessioni sull'Italia dopo i 
fatti del Cile”, uscito nel settembre-ottobre del '73 subito dopo il golpe cileno dei militari di 
Pinochet contro il presidente socialista Salvador Allende. In questi articoli Berlinguer pone 
fortemente, ampliandola dal Congresso del '72, la questione di un incontro e di una 
collaborazione tra le masse socialiste, comuniste e cattoliche per la tenuta democratica e 
per la salvezza del paese. La terza ed ultima parte di questa prima fase è invece quella 
caratterizzata dallo scontro per il referendum sul divorzio del maggio 1974, che 
rappresenterà la prima sconfitta, se pur comunque non in ambito elettorale, della 
Democrazia cristiana a scapito delle forze divorziste: è anche l'inizio dell'ascesa elettorale 
dei comunisti.
La seconda fase inizia subito dopo e va dalle elezioni amministrative del 1975 (in 
cui il Pci totalizza oltre il 33% dei voti, raggiungendo quasi la Dc) alla fine del '77. In questo 
periodo, oltre alle amministrative del '75, si verifica il terremoto politico del '76, allorquando 
il Pci conferma i risultati dell'anno precedente e continua l'inseguimento ai democristiani 
(anche se non ne effettua il sorpasso come da molti preconizzato). In questo periodo per 
la prima volta il Pci viene associato all'elaborazione di alcuni provvedimenti legislativi 
mediante il governo dell'astensione ed il susseguente accordo programmatico tra i “partiti 
costituzionali”. In questa fase, in cui il segretario riduce la sua lettura del mondo cattolico 
alla sola Dc ed al rapporto con essa, non emerge una particolare attenzione verso il 
mondo cattolico “socialmente” inteso come era stato nel triennio precedente. L'unico 
episodio degno di nota è lo scambio di missive tra monsignor Luigi Bettazzi e Berlinguer 
su temi riguardanti in particolar modo la libertà di culto e di fede per gli appartenenti al Pci 
(che pure avrà uno strascico critico ed un effetto all'interno dello Statuto dello stesso 
Partito comunista). Per il resto, in questo periodo, l'analisi del Pci e del suo segretario 
6
riguardo il mondo cattolico è schiacciata sulle prospettive politico-istituzionali ed intra-
partitiche e risulta a tratti fin troppo semplicistica e schematica, tutta concentrata soltanto a 
capire quale corrente nella Dc avesse il ruolo decisivo in determinati momenti. C'è da dire 
quindi che il Berlinguer “togliattiano” di inizio anni Settanta, quel Berlinguer che cercava 
l'accordo tra le tre “grandi masse” socialiste, comuniste e cattoliche, perde molto del 
respiro della sua proposta unitaria originaria pur essendo riuscito a far crescere il suo 
partito costringendo, nel contempo, la Dc ad accettare una “collaborazione legislativa” 
(seppur esterna dal punto di vista della composizione dell'esecutivo). 
La terza fase è quella che copre gli anni '78 e '79. E' una fase decisiva e difficile per 
tutta la democrazia italiana. Il 1978 è l'anno dell'ingresso nella maggioranza per il Pci, che 
avviene però in modo forzato proprio il giorno del rapimento di Aldo Moro e segna l'inizio 
della crisi della politica di solidarietà nazionale inaugurata nel '76. Il 1979 è l'anno della 
rottura definitiva della solidarietà nazionale, con l'uscita del Pci dal governo nel primo 
mese di quell'anno. In questa terza fase non si notano variazioni della linea berlingueriana; 
anzi si assiste ad un abbandono ancor più forte rispetto al periodo precedente del mondo 
cattolico per privilegiare sempre più il discorso prettamente di dialogo tra partiti. 
Da quel momento inizia la quarta fase del pensiero berlingueriano in merito ai 
cattolici: la linea diviene molto critica verso la Dc, con toni che superano di molto le accuse 
del periodo del referendum sul divorzio. Il segretario comunista lancia le parole d'ordine 
della “questione morale” e della “diversità” del Pci, scagliandosi contro quel sistema dei 
partiti di governo che aveva visto finalmente protagonista il Pci fino a pochi mesi prima. In 
questo periodo Berlinguer cerca di recuperare il rapporto con i cattolici soprattutto 
mediante un nuovo discorso sulla pace, una tematica che il segretario svilupperà dopo 
l'invasione sovietica dell'Afghanistan, episodio che segnerà il totale distacco del segretario 
comunista da Mosca. Negli anni '80 Berlinguer partecipa a numerose iniziative del 
movimento pacifista divenendone promotore in prima persona e intrattenendo molti 
rapporti anche con membri del clero “di base”, soprattutto parroci e padri francescani, che 
ne richiederanno spesso la disponibilità ad interviste e scambi di opinioni per i tanti organi 
di stampa periodici del mondo cattolico. Il segretario  comunista trova nel movimento 
pacifista, in cui l'associazionismo cattolico di base ha un ruolo rilevante, un nuovo terreno 
di incontro con i cattolici.
Ricercare le chiavi di lettura di un tema così interessante comporta anzitutto 
ricostruire la storia del paese in quel periodo difficile ed ancora per molti tratti oscuro dei 
7
cosiddetti “anni di piombo”. Oltre a ciò è necessario calarsi all'interno di un mondo e di un 
sistema partitico assai diverso da quello odierno: molti partiti dell'epoca non esistono più 
perché sciolti od assorbiti, mediante numerose mutazioni ideologiche e cambi di nome, 
dentro altre formazioni (Pci, Dc, Msi) o sono ridotti a ricoprire ruoli subalterni in situazioni 
di quasi invisibilità (Pri, le due sponde opposte del Psi, la nuova Dc) oppure esistono 
ancora nominalmente (anche se fortemente mutati) ma danno dimostrazione della loro 
esistenza più sui canali informatici (Pli, Psdi) che nell'agorà politica. Anche il sistema 
politico che si è preso in esame è assai diverso: alla totale mancanza di alternanza, vero 
problema della “speciale” (per dirla con Craveri) democrazia italiana, si è giunti, con le 
riforme dei primi anni novanta dello scorso secolo, ad un rinnovamento del sistema, che 
ha finalmente dotato l'Italia del sistema dell'alternanza tra maggioranza ed opposizione. 
E' inoltre necessario calarsi molto anche nel personaggio Berlinguer, politico di 
grande cultura e militanza comunista, figlio di una famiglia alto-borghese dell'ex 
aristocrazia sarda, con un padre di militanza antifascista ed azionista. Enrico Berlinguer 
era una figura assai diversa e peculiare rispetto alla immagine-stereotipo del politico: un 
carattere schivo, timido ma molto deciso, ai limiti della testardaggine, grazie a quel suo 
essere così “normale”, così pieno dei difetti che molti italiani vedevano in loro stessi, 
sapeva parlare alla gente proprio per quella totale assenza di altezzosità e di artificio che 
poteva essere riscontrata in molti personaggi dell'epoca. Anche la retorica appariva 
semplice e comprensiva per quelle masse di lavoratori e di operai per cui non smise mai di 
parteggiare, pur riuscendo a comporre lunghissimi interventi, che lo portavano ad esibirsi 
di fronte a centinaia di migliaia di persone anche per tre ore filate di discorso. Nella 
normalità e nella naturale vicinanza, nell'affetto per l'uomo quasi prima che per il politico, 
crebbe il “mito” di Berlinguer: le immagini del suo funerale, partecipato da un milione di 
persone in quel giugno del 1984, trasmettono ancora oggi forti emozioni  per la viva 
partecipazione di chi accorse a quelle esequie, come la scena dell'abbraccio alla bara 
compiuto dal Presidente Sandro Pertini testimonia in modo inequivocabilmente 
commovente.
Il lavoro è stato diviso in quattro capitoli che rispecchiano le quattro fasi delle 
prese di posizione berlingueriane sui cattolici di cui si è già accennato sopra: si è seguito 
un criterio cronologico dentro al quale poi sono state fatte risalire le svolte più importanti 
riguardanti il tema della ricerca. Ogni capitolo è aperto da una breve premessa che 
rammenta i punti principali all'interno dei capitoli stessi, al fine di dare al lettore una piccola 
8
analisi di partenza affinché diventi più agevole la comprensione dei vari interventi di 
Berlinguer presi in esame che, come si noterà, a volte si ripeteranno nelle linee essenziali, 
dimostrando una coerenza ed una fermezza sui punti politici fondamentali ai limiti della 
ripetitività. Dopo l'esame dei documenti appartenenti all'ex segretario comunista (si tratta 
di discorsi tenuti in pubblico – sia comizi che interventi presso le grandi assise comuniste - 
o in televisione, di relazioni effettuate presso il Comitato centrale del partito e nelle riunioni 
di direzione, di conferenze stampa, di articoli di taglio teorico usciti sui periodici di 
ispirazione comunista, di interviste apparse su “L'Unità” ma anche su altri giornali come il 
“Corriere della Sera” e “la Repubblica” o su agenzie di stampa). Si passerà infine a delle 
conclusioni che sono state riunite tutte dentro una apposita sezione finale, ove sarà 
possibile trovare gli spunti critici emersi durante l'analisi dei materiali.
9
Capitolo I
Le origini del Compromesso Storico (1972-74)
Premessa In questo primo capitolo si ripercorreranno i primi tre anni della segreteria di Enrico 
Berlinguer. Il primo anno, il 1972, è caratterizzato dal XIII Congresso del Pci e dalle 
elezioni politiche: Berlinguer inizia ad elaborare la linea della collaborazione tra le masse 
“comuniste, socialiste e cattoliche” in vista di una “svolta democratica” e per la salvezza ed 
il risanamento della Repubblica, messa in discussione dai ritorni della destra eversiva e 
terrorista in collusione con le forze esterne tanto denunciate dal politico sardo. Il timore per 
lo stato della democrazia italiana, evidenziato anche dal parallelo che Berlinguer stabilirà 
tra il golpe cileno e la situazione italiana lo indurrà a scrivere quegli ormai famosi tre 
articoli apparsi su “Rinascita” tra il settembre e l'ottobre del 1973, che forniranno la base di 
riferimento per la ricerca di intese con il mondo cattolico (certamente la Dc, ma anche 
verso la “massa” cattolica). Il 1974 è invece l'anno dedicato al referendum sul divorzio, che 
terminerà con la vittoria dei “no” all'abrogazione della legge Fortuna-Baslini: questo evento 
rappresenterà un primo campanello d'allarme per la Dc e una prima parziale – indiretta - 
vittoria (anche) del Pci. 
1.1. Berlinguer segretario e la linea verso il mondo cattolico 1.1.1. Il XIII Congresso del PCI
Il 13 di marzo del 1972 si apre al “Palalido” di Milano il XIII Congresso del Partito 
Comunista Italiano 1
; l'assise massima del Pci avviene in un momento movimentato della 
vita democratica nazionale: ad inizio anno, il 18 gennaio, Ugo La Malfa dava il via alla crisi 
1 Simona Colarizi, Storia del Novecento italiano, Rizzoli, Milano, 2000, p. 604
10
del centro-sinistra con l'annuncio dell'uscita del suo partito, il Partito Repubblicano Italiano, 
dalla maggioranza governativa guidata dal democristiano Emilio Colombo adducendo 
motivi di carattere economico riguardanti, secondo il segretario repubblicano, una 
eccessiva dilatazione della spesa pubblica 2
. Il 18 febbraio il neo Presidente della 
Repubblica Giovanni Leone (eletto la vigilia di Natale dell'anno precedente, dopo ventitré 
scrutini e con i voti decisivi del Movimento Sociale Italiano) incaricava per la prima volta 
Giulio Andreotti di formare un nuovo governo: l'esponente della Dc però non aveva i 
numeri nelle Camere e, vistasi negare la fiducia al Senato, tornava da Leone il quale, per 
la prima volta nella storia della Repubblica, decideva di sciogliere le Camere rinviando 
così il paese alle elezioni anticipate 3
: questa decisione costituirà un precedente importante 
per la storia politica italiana. Ad inizio marzo un nuovo attore si presenta sulla scena 
politica e sociale del paese: il neonato gruppo terroristico delle Brigate Rosse rapisce a 
Milano il dirigente della Sit-Siemens Idalgo Macchiarini per poi rilasciarlo poche ore dopo 4
. 
Sempre a Milano, due giorni prima dell'inizio del Congresso comunista, finisce nel sangue 
uno scontro tra cortei convocati contemporaneamente, l'uno promosso dal “Comitato di 
lotta contro la strage di stato” (a cui partecipano decine di militanti di gruppi della sinistra 
extraparlamentare riuniti sotto sigle quali “Potere operaio”, “Lotta continua”, “Avanguardia 
operaia”), l'altro dal “Comitato permanente anticomunista” (una sigla che dovrebbe riunire 
quella che è la “maggioranza silenziosa”) di Adamo Degli Occhi 5
: facile prevedere gli 
scontri e dover constatare la morte di un cittadino milanese che passava di lì per caso, 
colpito da un lacrimogeno sparato dalle forze dell'ordine ad altezza d'uomo. 
In questa situazione tormentata e con un Parlamento che, in attesa del nuovo 
governo, cerca inutilmente di discutere sulla legge Carettoni (un tentativo di riforma della 
Fortuna-Baslini)
6
, si giunge quindi ad una situazione di stallo in cui nessun partito vuole 
andare al referendum sul divorzio (pronto ad essere celebrato di lì a pochi mesi): uno 
scontro così ampio che non conviene né alla Dc (che ha tra gli alleati di governo alcuni 
partiti pro-divorzio come il Pli, il Pri, il Psdi e il Psi), né al Pci che sta cerando di 
accreditarsi come forza di governo e non vuole decisamente forzare sull'elettorato 
cattolico, come il vice-segretario Berlinguer aveva avuto occasione di sottolineare in 
occasione delle riunioni del Comitato Centrale del 1 luglio 7
 e di quello dell' 11 novembre 
2 Piero Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Utet, Torino, 1996, p. 486
3 Ivi, p. 451
4 S. Colarizi, Storia del Novecento italiano, cit., p. 605
5 Ibid.
6 P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., p. 586
7 Enrico Berlinguer, La questione comunista , a cura di Antonio Tatò, Editori Riuniti, Roma 1975,  p.337
11
1971, in cui per la prima volta si parlava di “costruzione di un'alternativa democratica” 8
 e di 
“lotta per la formazione di una nuova maggioranza” 9
 mediante uno spostamento degli 
equilibri interni ed esterni del partito democristiano agendo direttamente sulla sua base 
“interclassista”.
In questo quadro inizia quel XIII Congresso che vedrà l'elezione di Enrico 
Berlinguer a segretario generale del Pci. Proprio a Berlinguer è affidata la relazione 
introduttiva del Congresso, in cui si illustrano le linee emerse dai dibattiti federali e da 
quelli del Comitato Centrale. E’ una relazione molto lunga e complessa (occuperà in tutto 
ben sei pagine dell'edizione nazionale de L'Unità del 14 marzo). Il vice-segretario affronta i 
problemi della crisi della democrazia italiana: il governo che non c'è, il centro-sinistra che è 
definito come una formula ormai “finita” 10
, il decadimento morale, civile e politico dello 
Stato 11
, la situazione internazionale (in riferimento particolarmente al Vietnam), lo stato di 
un'economia che inizia a subire le prime crisi post-boom , l'attacco al mondo del lavoro e 
contro le lotte operaie iniziate nel 1968 e culminate con l'elaborazione dello “Statuto dei 
lavoratori” del 1970, i problemi della giustizia, dello sviluppo tecnologico, del riordinamento 
democratico delle forze armate e di polizia e il dibattito sulla questione femminile.
Emerge in questo ampio panorama la questione del “dialogo ed incontro con il 
mondo cattolico” cui Berlinguer dedica una parte apposita della sua relazione (in realtà 
questa parte della relazione è precedente al Congresso, poiché è la copia quasi identica 
del discorso tenuto circa venti giorni, il 22 febbraio, dall'eleggendo segretario al congresso 
della federazione romana del Pci). 
L'analisi di Berlinguer ricalca in questo caso alcuni elementi portati avanti da Franco 
Rodano e parte dai cambiamenti e dal dibattito in atto nella Chiesa cattolica scaturito dopo 
il Concilio Vaticano II, il quale 
rivelò la preoccupazione della Chiesa di stabilire un suo rapporto con quel gigantesco moto di 
emancipazione, esploso in ogni continente dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, del 
quale erano protagoniste sterminate masse umane e di cui erano e sono parte e guida decisiva il 
movimento operaio, i partiti comunisti, gli Stati socialisti, i movimenti antimperialistici (...) Tra le 
novità della Concilio stanno la scoperta della centralità del problema dell'emancipazione terrena 
8 Ivi, pp. 398-400
9 Ibid.
10 “Una intera fase politica si è chiusa, la più che decennale vicenda del centro-sinistra è finita”.  (Da “Il 
rapporto di Enrico Berlinguer al XIII Congresso del Pci”, L'Unità , 14 marzo 1972, p.7)
11 “Tutta la società italiana è entrata in una di quelle crisi che (...) investono non soltanto la politica e i 
rapporti politici, ma l'insieme delle strutture economiche e della vita civile, l'organizzazione dello Stato, la 
morale, la cultura”. ( Ibid. )
12
dell'uomo e non più esclusivamente della sua salvezza ultraterrena (...) E' venuto a frantumarsi il 
vecchio quadro teorico e ideale della tradizionale dottrina sociale cristiana (...) Una parte delle 
masse popolari cattoliche e dei quadri delle loro organizzazioni laiche non hanno più accettato la 
pretesa di considerare come unica,sufficiente ed esauriente, la risposta cattolica ai problemi terreni 
dell'uomo – politici, economici, sociali, civili, culturali – comprendendo la necessità del confronto 
con altre concezioni e con altri movimenti. Di conseguenza, diveniva ugualmente insostenibile 
l'antica posizione, secondo cui deputata a dare la soluzione a tali problemi rimaneva, in ultima 
istanza, la Chiesa gerarchica: di qui l'affermato orientamento che è compito dei laici compiere le 
scelte politiche necessarie (...) A seguito di tutto questo, il mondo cattolico (...) ha conosciuto e vive 
tuttora un periodo ricco di inquietudini, di ansia di ricerca, di propositi, di proteste. Ma uno 
sconvolgimento di simile portata non poteva non dare luogo a due effetti contraddittori (...) che 
rendono così acuta la crisi del mondo cattolico e della Democrazia cristiana. Per un verso abbiamo 
fenomeni come la fine del collateralismo democristiano delle ACLI, l'affermarsi di posizioni unitarie 
all'interno della CISL (…). Ma, per altro verso, è venuta sprigionandosi una reazione di marca 
strettamente conservatrice (...), una ripresa di diretto impegno politico di larga parte 
dell'episcopato.
12
Dopo l'esame della situazione del mondo cattolico non poteva che arrivare l'attacco 
alla Dc, un partito oramai diverso e degenerato da quello del periodo degasperiano, una 
formazione che nel tempo è divenuta “il centro di un nuovo sistema di potere fondato 
sull'utilizzazione dell'apparato statale, di enti e aziende pubbliche come strumenti per 
mantenere ed estendere una rete di controllo e di collegamento con una varietà di ceti 
sociali” 13
. Eppure questo meccanismo sta andando in crisi, secondo Berlinguer,  proprio 
per l'acutizzarsi dei contrasti sociali e politici in atto nel paese dal 1968 in poi. La crisi del 
mondo cattolico è anche la crisi del partito democristiano che è anche di riflesso la crisi 
dello Stato, cui si devono aggiungere i fermenti sociali del periodo: questa unione di fattori 
è decisiva per Berlinguer, perché soltanto partendo da queste contraddizioni (volendo 
appositamente usare un termine marxista) e dalla risoluzione di esse si può giungere alla 
riforma della democrazia in Italia. Date le dimensioni della crisi, il vice-segretario dice che 
da tutto questo quadro discende un nuovo compito per i comunisti:
favorire il libero sviluppo di tutte le forze cattoliche autenticamente democratiche, fare la nostra 
parte perché quei valori a cui tendono  le coscienze cristiane più vive trovino espressione 
12 Ivi, p.10. 
13 Ibid.
13
storicamente adeguata per contribuire in modo autonomo alla edificazione di una società 
superiore 14
. 
Come a dire: la Dc è in crisi e non potrà soddisfare tutte le istanze dei cattolici 
veramente democratici.
Enrico Berlinguer traccia quindi la linea da seguire per il mondo comunista rispetto 
a quello cattolico: 
Si tratta dunque di estendere e di approfondire il dialogo e l'incontro tra mondo comunista e mondo 
cattolico su tutti i grandi problemi dell'epoca contemporanea. (...) Nel nostro paese l'incontro ed il 
confronto tra il movimento operaio di ispirazione comunista e socialista ed il movimento popolare 
cattolico ha un suo preciso contenuto e obiettivo politico: rinnovare lo Stato e dare ad esso un 
consenso di massa così ampio e solido da metterlo al riparo di qualsiasi involuzione conservatrice, 
da farne la guida ed il garante dell'edificazione di una società non più fondata sullo sfruttamento e 
sull'alienazione dell'uomo 15
.
Dal punto di vista politico questo momento di confronto e di incontro deve tradursi in 
qualche modo; per Berlinguer infatti l'Italia sta vivendo uno dei suoi momenti peggiori e da 
questa crisi “complessiva” deve scaturire 
una svolta democratica, che muti i fini e la qualità dello sviluppo economico-sociale, cambi la 
collocazione delle masse lavoratrici nella vita nazionale, dia una nuova direzione politica al paese. 
In un paese come l'Italia, una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione 
tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l'unità delle 
sinistre è condizione necessaria ma non sufficiente 16
.
In pratica, una riedizione aggiornata del Togliatti del 1964, ma anche una presa di 
coscienza importante del ruolo cattolico in Italia scaturito dall'esame delle condizioni 
storiche e della composizione socio-culturale-religiosa del paese. Si presti attenzione: 
l'unità delle sinistre infatti è condizione necessaria ma non sufficiente verso questo 
processo di “svolta”. Berlinguer continua il suo intervento parlando del problema del 
governo in Italia: è necessario oramai considerare il Pci come una prossima forza di 
governo proprio perché non è possibile una tale  “svolta” escludendo una forza che 
14Ibid.
15Ibid. 
16Ibid.
14
riunisce in sé quasi un terzo degli elettori (il Pci ha ottenuto nel 1968 il 26,9%)
17
 e che è 
osservatrice e diretta promotrice delle lotte dei lavoratori e degli operai, ritenuti, dalla 
lettura della società del Pci, il centro dei sistemi sociale e produttivo. Superando quindi la 
formula e la fase del centro-sinistra, Berlinguer intende aprire una stagione politica nuova 
che parta dalla “liquidazione della discriminazione anticomunista” 18
. C'è però una forza che 
impedisce tutto ciò ed è la Democrazia cristiana, che non vuole rinunciare alla sua politica 
di dominio e soprattutto non può, secondo Berlinguer, permettersi di spostare il suo asse 
di riferimento dal “sostegno alle grandi concentrazioni industriali e finanziarie” 19
 per fare 
posto “alla classe operaia e alle grandi masse lavoratrici nella organizzazione della 
produzione e nella direzione politica del paese” 20
. La Dc infatti è una forza in crisi (almeno 
dal punto di vista interno dato che i risultati elettorali non testimonieranno mai un vero e 
proprio tracollo democristiano tranne forse che nel 1983), la quale va indebolita grazie al 
voto delle masse cattoliche che dovranno, nel quasi profetico disegno berlingueriano, 
migrare verso sinistra e dare le loro preferenze ai partiti comunista e socialista per 
rinforzare quel processo unitario popolare ed operaio, che si era rafforzato dal '68, contro i 
partiti conservatori e di destra: 
è necessario che la Dc perda a sinistra (...), che i lavoratori cattolici, i cittadini di fede democratica 
che hanno votato finora la Dc facciano sentire la loro condanna contro le scelte (...) compiute da 
questo partito. Il ridimensionamento della Dc è una delle condizioni per liberare le forze 
democratiche e popolari cattoliche, farle contare, aprirle al contatto e alla collaborazione con le 
forze comuniste e socialiste 21
.
Berlinguer torna a parlare il 17 marzo, giorno della sua investitura a Segretario del Partito 
Comunista Italiano, a pochi giorni dalla morte di Giangiacomo Feltrinelli, salito su un 
traliccio della corrente elettrica proprio per sabotare il congresso comunista 22
. Nella 
relazione finale il neo-segretario parla di Europa e comunismo, di “vigilanza democratica e 
di massa per sventare i torbidi disegni delle centrali di provocazione italiane e straniere” 23
, 
e soprattutto torna sul programma per il governo del futuro, “che abbia il consenso e 
17  Cfr. Simona Colarizi, Storia politica della Repubblica, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 107
18 Il rapporto di Berlinguer al XIII Congresso, in L'Unità, 14 marzo 1972, p. 10
19Ibid.
20 Ibid.
21 Ibid.
22 Albertina Vittoria, Storia del Pci 1920-1991, Carocci, Roma, 2006, p. 123
23 Dalle conclusioni di Berlinguer al XIII Congresso, in L'Unità, 18 marzo 1972, p.9
15
l'apporto di tutte le forze della classe operaia e del movimento popolare” 24
 (quindi cattolici 
inclusi): è un programma non riformistico, polemizza il neo-segretario con la stampa 
italiana, ma semplicemente “realistico”, poiché muove dalle realtà della società italiana.
Unità delle masse comuniste, socialiste e cattoliche; distacco delle masse popolari 
e operaie cattoliche dalla Dc e denuncia dei “crimini” commessi dalla Dc in 24 anni di 
Repubblica: il solco è tracciato.
1.1.2. Il 1972, il dopo-Congresso: la campagna elettorale per le elezioni politiche Sulle tracce di quel solco Enrico Berlinguer si muoverà per tutto il 1972. Essendo anno di 
elezioni (anticipate, come è stato ricordato sopra) la maggior parte degli interventi, pur 
sempre nel quadro dell'incontro tra le tre grandi componenti comunista, socialista e 
cattolica, sarà rivolta contro la Dc, verso cui Berlinguer, già da prima del Congresso, aveva 
inaugurato una linea di attacco frontale da cui si determinava la necessità di 
ridimensionare la Dc per “liberare le masse cattoliche. Collaborare o no con la Dc? Quale 
Dc? Oggi il problema è colpirla” 25
. Berlinguer si reca il 26 marzo ad Ancona, città colpita il 
25 gennaio da un violento terremoto (con scosse che si ripeteranno fino a a giugno, 
quando ne avverrà un'altra ancora più forte di quella di sei mesi prima)
26
. Nel capoluogo 
marchigiano il segretario comunista attacca la Dc sul tema della ricostruzione del 
capoluogo marchigiano e poi conclude con un appello pre-elettorale che ricalca le tesi del 
congresso appena svolto: per la  svolta democratica è necessario l'incontro delle tre 
grandi componenti popolari. In una successiva intervista a “Rinascita” pubblicata il 31 
marzo, il politico sardo ha modo di precisare meglio il concetto di “svolta democratica” 
escludendone eventuali aspetti tattici (il Pci non è interessato alla “stanza dei bottoni” 27
) e 
approfondendo meglio il richiamo e l'avversione al ritorno a formule centriste o di centro-
sinistra, tanto che una scelta centrista sospingerebbe il paese all'indietro e farebbe 
“esplodere contraddizioni e contrasti di grande gravità e acutezza tra le masse popolari, 
comprese quelle cattoliche e democristiane, e la direzione del paese” 28
. Addirittura la 
stessa tenuta democratica verrebbe inficiata da un mancato ingresso dei comunisti al 
24 Ibid.
25 IG, APC, 1972, Direzione, riunione del 7 marzo 1972, mf. 032, pp. 554-9 
26 Luciano Barca, Cronache dall'interno del vertice del Pci, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005, p. 541
27 Enrico Berlinguer, Per una svolta democrarica, in La crisi italiana – scritti su Rinascita, Editrice L'Unità 
Spa, Roma 1985, p. 10
28 Ivi, pp. 10-11
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