INTRODUZIONE 
L‟omogenitorialità è una dimensione relativamente nuova all‟interno del nostro 
contesto sociale e, come tale, solleva critiche, dubbi, paure, pregiudizi, desideri, 
richieste. Ma cos‟è? 
Per parlare di omogenitorialità dobbiamo prima parlare di omosessualità; con 
quest‟ultimo termine si indica l‟attrazione fisica, sentimentale e sessuale provata da un 
individuo nei confronti di un soggetto dello stesso sesso. Considerata fino agli anni „70 
condizione patologica anche dalla nosografia psichiatrica, oggi, la sua accettazione 
esplicitata anche dall‟unione di fatto, è presente nella maggioranza dei paesi 
maggiormente sviluppati e di cultura occidentale (non islamica). 
Omogenitorialità deriva dal termine greco “omos”, aggettivo che vuol dire 
stesso, uguale, identico e “ghenea” che significa stirpe, famiglia; genitori dello stesso 
sesso, dunque una coppia gay o lesbica i cui componenti ricoprono un ruolo genitoriale. 
La realtà di cui stiamo parlando è “in emergenza” visto il rilievo ormai 
quotidiano che il tema dell‟omosessualità e della genitorialità omosessuale veste. 
L‟omogenitorialità può essere, infatti, definita in emergenza in quanto dimensione 
nuova, che “emerge”dalla realtà dei fatti; è evidente inoltre il fenomeno dell‟aumento 
progressivo delle “famiglie arcobaleno” che, via via, vanno moltiplicandosi anche 
all‟interno del nostro territorio nazionale. Realtà in emergenza anche per quanto 
riguarda una dimensione che richiede ausilio, comprensione, tutela, che richiede di 
essere scoperta poiché ancora misconosciuta; nella situazione corrente infatti ci 
troviamo di fronte ad un incremento di famiglie omoparentali che però per lo Stato 
Italiano non esistono, non hanno diritti, non sono tutelate e non si sa quando né se lo 
saranno. 
Iniziamo col mettere in crisi la concezione di famiglia tradizionale come legame 
di sangue definendola con il termine “household”, coniato per indicare l‟insieme di tutte 
le persone che siedono allo stesso tavolo; queste evoluzioni portano al cambiamento, 
seppur lento, della descrizione della famiglia e della famiglia stessa, nonché alla 
trasformazione dei legami di parentela. Invece di cedere alla stigmatizzazione, lesbiche 
1 
e gay stanno dando vita a nuclei familiari del tutto simili a quelli delle coppie 
eterosessuali. 
L‟obiettivo del mio lavoro, seppur non pretenda minimamente di esaurire la 
discussione ma semmai di ampliarla, è quello di partire dal conteso storico e sociale per 
delineare il modo in cui nella storia si è evoluta l‟idea di omosessualità, penetrare poi 
nel discorso evidenziando come questa idea sia cambiata nel mondo della psicologia ed 
addentrarmi infine nel nocciolo della discussione psicologica che vede come 
protagonista l‟intero nucleo della famiglia omogenitoriale. In questo modo andare ad 
indagare come il contesto socio-storico-culturale del nostro paese abbia condizionato e 
condizioni tutt‟ora i pregiudizi, come questi ultimi condizionino a loro volta l‟omofobia 
interiorizzata di persone gay, la quale alimenta nuovi processi omofobi che vincolano la 
possibile creazione di leggi a favore delle famiglie arcobaleno, il tutto in una danza 
vorticosa di circolarità. Risulta fondamentale andare a sondare quali possano essere le 
paure, le aspettative e le richieste da parte delle figure omogenitoriali nei confronti della 
società; ciò sarà preso in considerazione nella parte empirica dello studio: la ricerca sarà 
effettuata con l‟utilizzo di questionari creati ad hoc e somministrati a genitori 
omosessuali. All‟ultimo capitolo si affidano i risultati dei questionari, i commenti 
conclusivi sulle possibili implicazioni psicologiche e sociali e le riflessioni personali. 
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CAPITOLO 1: Cornice contestuale 
1.1 Un breve excursus storico per comprendere meglio l’omosessualità: 
dai greci ai giorni nostri 
La concezione di omosessuale nasce verso la fine dell‟Ottocento con la nascita 
della psichiatria stessa, come equivalente di malattia e di devianza. La storia del termine 
omosessualità passa quindi ad un ribaltamento avvenuto soprattutto dopo la Seconda 
guerra mondiale, in cui si parla di orgoglio omosessuale e in cui alla parola 
omosessuale viene sostituita quella di gay, liberandosi così dalla valenza negativa avuta 
in passato. 
Vediamo in modo più specifico l‟evoluzione di tale tendenza sessuale nel tempo, 
partendo dal periodo in cui si comincia ad averne documentazione. 
I. L’omosessualità nell’antica Grecia 
Nel mondo antico amare un altro uomo non costituiva un comportamento fuori 
dalla norma. Non esisteva, infatti, una differenza fra omosessualità ed eterosessualità, 
ma tra comportamento passivo e attivo. Assumere un comportamento passivo era 
considerato contro natura se si aveva una certa età, oppure se si aveva la condizione di 
uomo libero o di persona benestante. 
L'identità sessuale non era definita (Cohen, 1987, 1991): nella Grecia antica, 
infatti, il diffuso comportamento bisessuale rendeva problematica l'acquisizione di una 
identità omosessuale, intesa come preferenza esclusiva per il sesso maschile; l'essere 
soggetti passivi in giovane età veniva quindi considerata una forma di educazione e di 
sottomissione al volere dell'autorità (Benadusi, 2007). Superata l'adolescenza, l'uomo si 
sposava, ma poiché non era tenuto alla fedeltà, poteva intrattenere relazioni sessuali o 
con altre donne (in genere prostitute) o con dei giovanissimi, purché, come si è detto, il 
ruolo sessuale fosse attivo. Non si trattava certamente di una relazione alla pari: al 
fanciullo era assegnato il ruolo passivo (Percy, 1996). Egli veniva scelto con precise 
limitazioni di età, ad esempio ad Atene era un fanciullo fra i 12 e i 17 anni. Non solo era 
vietato scegliere un bambino di età inferiore ma anche continuare nel ruolo passivo oltre 
i 17 anni era ritenuto inaccettabile. All'interno di tali regole la relazione non era solo 
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tollerata ma diveniva socialmente apprezzabile, poiché ritenuta formativa ed educativa 
per l'adolescente. 
A Sparta, una legge molto antica ordinava che tutti gli uomini adulti avessero 
una relazione con un adolescente, finché quest'ultimo non si fosse sposato e avesse 
avuto dei figli. Gli Spartani pensavano che le relazioni, sia affettive che sessuali, tra 
uomini adulti e ragazzi avrebbero rafforzato la lealtà in combattimento e favorito i 
comportamenti coraggiosi da parte di coloro che volevano impressionare i propri amati. 
Quando i giovani soldati raggiungevano la maturità, la relazione sarebbe dovuta 
diventare prettamente affettiva, ma non è chiaro quanto frequentemente ciò avvenisse. 
Alcuni giovani erano, di fatto, accusati di continuare la relazione con il proprio uomo 
anche durante l'età adulta. È chiaro quindi come le relazioni fra persone dello stesso 
sesso potessero essere accettate solo all'interno di un comportamento bisessuale, ovvero, 
per quanto di per sé non vi fosse nulla di condannabile nell'attrazione verso persone 
dello stesso sesso, ciò poteva realizzarsi solo dopo che un cittadino adulto (e ciò valeva 
anche per i cittadini romani) avesse assolto ai doveri nei confronti dello stato. Fra questi 
ovviamente figurava al primo posto unirsi in matrimonio, generare figli e rispettare le 
leggi e convenzioni sociali sulla famiglia, considerata il fulcro della società. 
Il primo modello di relazione bisessuale tramandatoci è quello manifestato dagli 
eroi omerici, reputata secondo una definizione di H. I. Marrou (1948) una 
"omosessualità militare", la cui essenza consiste in un cameratismo fra guerrieri: ad 
esempio, il rapporto fra Achille e Patroclo è stato in questo senso ritenuto 
paradigmatico. È indicativo il tipo di rimprovero che Teti, madre di Achille, rivolge al 
figlio per la sua la relazione con Patroclo: non di biasimo per l'eroe che mantiene una 
relazione con un altro uomo, ma perché questa sta ritardando il dovere naturale di 
sposarsi e generare una discendenza. 
La bisessualità femminile in Grecia era meno soggetta a regolazioni, ciò a causa 
del ruolo sociale assolutamente subalterno che la cultura dominante assegnava alla 
donna (http://www.celticworld.it/phorum/read.php?13,11274). 
II. L’omosessualità nell’antica Roma 
Leggermente differente è il contesto Romano: la massima virtù era la virilità, 
intesa anche, se non principalmente, come sottomissione sessuale; era pertanto 
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applicabile solo ai soggetti "inferiori": l‟uomo aveva a disposizione, oltre alla moglie e 
alle prostitute, schiavi, liberti e gli uomini dei paesi conquistati, verso i quali 
commetteva spesso stupro e pedofilia; era del tutto esclusa però la possibilità per un 
cittadino romano libero di avere un ruolo passivo: ciò sarebbe stato in stridente 
contraddizione con l'ideologia del civis romanus come dominatore assoluto. Non 
avendo quindi nessuna valenza educativa ed essendo, anzi, una dimostrazione di 
predominio, non poteva avere senso una relazione pederastica come quella greca, 
almeno verso un fanciullo libero. Al contrario, fin dalla più tenera infanzia il romano era 
educato a sottomettere gli altri, anche sessualmente, e a non piegarsi mai. La passività 
sessuale non poteva essere tollerata, neppure temporaneamente come nel modello 
ellenico; a riprova di ciò la cosiddetta "lex Scatinia" (149 a.C.) puniva esplicitamente lo 
"stuprum cum puero" (intendendo con ciò un fanciullo libero). 
A Roma quindi gli uomini di status sociale elevato potevano ricercare la 
soddisfazione sessuale anche in altri uomini di status inferiore, a condizione di 
mantenere un ruolo attivo. 
La causa che portò più probabilmente all‟inasprimento dei provvedimenti 
legislativi contro l'omosessualità passiva, fino alla loro estensione anche agli 
omosessuali attivi è legata dunque all‟imposizione della morale cristiana (Cantarella, 
1
1995): una chiara influenza sembra essere la condanna a morte disposta da Giustiniano 
nel VI sec. d.C. per tutti gli omosessuali. 
La sessualità fu così gradualmente slegata dal piacere e ricondotta 
esclusivamente alla procreazione all'interno del matrimonio, aumentando l'ostracismo 
nei confronti della sodomia. 
III. L’omosessualità dal Medioevo al Nazismo 
Dopo la caduta dell‟impero Romano l‟omosessualità ha continuato ad esser 
considerata come un crimine: lo stesso Carlo Magno esortava tramite editto la Chiesa in 
modo che tale male venisse sradicato dall‟umanità; nonostante ciò l‟editto in questione 
1
 Secondo la scrittrice: “La politica imperiale in materia di omosessualità sembra effettivamente orientata e 
determinata dal desiderio di imporre la morale cristiana, secondo la quale ogni manifestazione di omosessualità 
doveva sparire perché, sempre e comunque, il rapporto contro natura offendeva il Signore” (p. 64). Sempre secondo 
Cantarella, anche la condanna a morte disposta da Giustiniano fu dimostrazione di un condizionamento da parte del 
pensiero e delle dottrine giudaico-cristiane. 
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deteneva un carattere non punitivo ma solo esortativo. La mentalità nei confronti delle 
pratiche omosessuali andò via via inasprendosi e così iniziarono i primi esili dei così 
denominati sodomiti e si giungeva a pene ben più aspre come il rogo per chi era 
scoperto ospitare un omosessuale. La Constitutio Senese (1262-1270 d.C.) condannava 
chiunque fosse imputabile del crimine di intrattenere un rapporto con una persona del 
medesimo sesso, alla multa di 300 lire e, in caso costui non pagasse, all‟impiccagione 
per genitali (http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/2009_10_01_archive.html). 
Pian piano la sodomia fu equiparata all‟eresia, di qui la stessa pena: il rogo fatta 
eccezione per la normativa fiorentina che prevedeva la castrazione del reo. Agli inizi del 
1400 un terremoto scosse Venezia: era lo scandalo in cui si scoprì che molti nobili erano 
invischiati in tutt‟altro che rare pratiche omosessuali; il caso fu insabbiato, ma i 
controlli nei luoghi più dediti a tali pratiche furono rinforzati; s‟intensificò sempre più il 
legame tra Chiesa e politica allo scopo di estirpare questa piaga che affliggeva 
l‟umanità. 
Una sorta di liberazione avvenne con l‟illuminismo che abolì una serie di reati 
immaginari come la stregoneria e la sodomia; anche il Codice Napoleonico mantenne 
questa prospettiva e il risultato fu una frattura tra popolazioni che non consideravano la 
sodomia un reato e popolazioni, per la maggior parte protestanti, che vedevano tale 
pratica come illecita. Queste disparità di trattamento furono uno stimolo per alcuni 
omosessuali che decisero di intraprendere campagne per abolire le leggi 
antiomosessuali, spiegando il loro modo di essere come dettato dalla natura e non da 
una perversione morale, facendo quindi pressione su medici e scienziati affinché ne 
studiassero cause e caratteristiche. Questo processo portò alla fondazione di uno dei 
primi movimenti di liberazione omosessuale 
(http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_LGBT#Medioevo). 
A fine 1800 a Milano, dopo la condanna a Oscar Wilde, furono messi allo 
scoperto alberghi che affittavano camere a coppie omosessuali, le quali in questo modo 
cercavano di sfuggire alle malelingue di chi li avrebbe visti incontrarsi in un 
appartamento privato; non solo alberghi però, anche parchi pubblici, caffè e ristoranti 
divenivano luogo d‟incontro per gli amanti. Differente era la mentalità in altre città 
europee molto più liberali e gremite di locali espressamente dedicati ai gay, come 
Berlino, che però, suo malgrado, lo rimase ancora per poco. 
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Un‟attenzione particolare merita, infatti, il trattamento riservato in Europa da 
parte dei nazionalsocialisti agli omosessuali. L'Olocausto degli ebrei europei fu l'aspetto 
più tragicamente macroscopico del pensiero razzista portato alle sue estreme 
conseguenze. L'intolleranza verso "il diverso da se", elemento fondante di ogni 
razzismo, fu applicato in primo luogo verso gli ebrei ma non soltanto verso di loro, 
l'intolleranza razzista si esercitò verso i deboli: malati di mente, incurabili, disabili. Per 
queste persone venne varato il Progetto T4, meglio noto come Progetto Eutanasia che 
condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi. 
La stessa idea secondo la quale esistessero "vite indegne di essere vissute" portò 
alla persecuzione in tutta l'Europa occupata dei Sinti e dei Rom, vale a dire degli zingari 
che a decine di migliaia vennero fucilati o mandati alle camere a gas dei campi di 
sterminio; infine il razzismo tedesco si volse contro gli omosessuali contro i quali un 
pregiudizio secolare era fortemente radicato nella società tedesca. 
Le porte dei campi di concentramento si aprirono per gli omosessuali molto 
presto: nel 1933 abbiamo i primi internamenti a Fuhlsbuttel, nel 1934 a Dachau e 
Sachsenhausen. Molte centinaia furono internate in occasione delle Olimpiadi di 
Berlino del 1936 (http://www.olokaustos.org/argomenti/homosex/omosex5.htm). Gli 
omosessuali morti nei campi di concentramento tra il 1933 e il 1945 sarebbero circa 
7.000. Si trattava per la quasi totalità di omosessuali di nazionalità tedesca, poiché, a 
differenza degli Ebrei e degli Zingari, i nazisti non perseguitarono gli omosessuali non 
tedeschi, né tanto meno cercarono di farlo. 
Sempre negli stessi anni le persone processate per la violazione del Paragrafo 
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175 furono circa 60.000, di questi circa 10.000 vennero internati nei campi di 
concentramento. Gli altri furono condannati a pene detentive; ciò perché i nazisti 
distinguevano tra le cause ambientali che avevano condotto alla omosessualità e 
l‟omosessualità abituale; nel primo caso il carcere duro, i lavori forzati, le cure 
psichiatriche e la castrazione volontaria erano ritenuti provvedimenti utili al 
reinserimento nella società; nel secondo caso invece l'omosessualità veniva considerata 
incurabile. Il tasso di mortalità degli omosessuali nei campi fu del 60%. 
2
 Paragrafo 175 del Codice penale che recitava testualmente: "Un atto sessuale innaturale commesso tra persone di 
sesso maschile o da esseri umani con animali è punibile con la prigione. Può essere imposta la pena accessoria della 
perdita dei diritti civili". 
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Questi dati portano a due ipotesi conclusive. La prima: tra gli omosessuali 
internati un considerevole numero doveva essere rappresentato dalla fascia di 
omosessuali abituali evidente e, cioè, dalle transessuali; la seconda: l'omosessualità 
"abituale" era considerata una malattia degenerativa della razza ariana e, perciò, sugli 
omosessuali vennero condotti in maniera intensiva esperimenti pseudoscientifici ad alto 
tasso di mortalità. A questo si aggiunga che i detenuti omosessuali, a differenza delle 
altre categorie, secondo numerose testimonianze, assumevano un atteggiamento di 
rinuncia alla sopravvivenza con un tasso di suicidi (gettandosi sul filo spinato 
elettrificato dei campi o rifiutando il cibo) estremamente elevato. Più di altri prigionieri 
gli omosessuali subivano un crollo psicologico profondissimo. 
In un primo tempo gli internati in base al Paragrafo 175 dovevano indossare un 
bracciale giallo con una “A” al centro che stava per la parola tedesca Arschficker: 
sodomita; altre varianti furono dei punti neri o il numero 175 in relazione all'articolo di 
legge. Soltanto successivamente venne adottato un triangolo rosa cucito all'altezza del 
petto. 
Seguendo l'idea nazista secondo la quale attraverso il duro lavoro fosse possibile 
ottenere la purificazione e l‟espiazione delle colpe, i prigionieri erano adibiti a lavori 
pesanti, masochisti ed inutili, come spazzare la neve a mani nude trasportandola su un 
lato della strada per poi essere costretti a portarla tutta sul lato opposto. 
Con la liberazione dei campi di detenzione da parte degli alleati, 
paradossalmente, i triangoli rosa non riacquistarono la libertà. Americani ed Inglesi non 
considerarono gli omosessuali in modo paritario agli altri internati, bensì alla stregua di 
criminali. Inoltre, gli anni passati in campo di concentramento non furono considerati 
equivalenti ad anni di carcere. Ci fu così chi, condannato a otto anni di prigione, aveva 
trascorso cinque anni di carcere e tre di campo e per questo venne trasferito in prigione 
per scontare altri tre anni di carcere. 
Prima ancora dell‟arrivo degli alleati, un medico danese delle SS, Carl Vernaet, 
chiese di poter sperimentare un suo preparato a base di ormoni che, secondo i suoi studi, 
avrebbe dovuto "guarire" definitivamente i triangoli rosa; un certo numero di 
omosessuali vennero inviati al campo di concentramento di Buchenwald dove Vernaet 
installò il proprio laboratorio. In via preliminare Vernaet, esaminati i prigionieri, li 
divise in tre categorie: 
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 Omosessuali incalliti (che amano lavorare a maglia o ricamare) 
 Omosessuali irrequieti (che oscillano tra virilità e indifferenza 
omosessuale) 
 Omosessuali problematici (recuperabili sotto l'aspetto psicologico) 
La prima categoria fu la quella soggetta agli esperimenti. La presunta cura di 
Vaernet consistette nell'incidere la cute dell'addome e nell'inserimento di testosterone 
sufficiente per un anno. A distanza di tre settimane l'80% delle persone operate era 
deceduto ed il 20% rimanente non presentava sintomi di guarigione. Lo stesso 
insuccesso e le stesse percentuali di mortalità si registrarono nei soggetti cosiddetti 
problematici. 
Qui di seguito riporto uno stralcio della testimonianza del comandante nazista 
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Rudolf Höss (1960) per dare una dimensione più realistica della visione degli 
omosessuali all‟epoca. 
“[…]Su mia proposta, tutti gli omosessuali vennero allora 
messi insieme e isolati dagli altri, sotto la guida di un anziano che 
sapeva come trattarli. Anche sul lavoro vennero separati dagli altri 
prigionieri, e adibiti per un lungo periodo a lavorare con i rulli 
compressori, insieme ad altri prigionieri di altre categorie, affetti dal 
medesimo vizio. Di colpo il contagio del loro vizio cessò, e anche se 
qua e là si verificarono questi rapporti contro natura, si trattò sempre 
di casi sporadici.[…] Nel 1944 I'SS-Reichsführer fece compiere a 
Ravensbruck degli esami di «riabilitazione». Gli omosessuali della cui 
guarigione non si era perfettamente convinti, vennero messi a 
lavorare, come per caso, insieme a prostitute, e tenuti sotto 
osservazione. Le prostitute avevano il compito di avvicinarsi come per 
caso ad essi e di eccitarli sessualmente. Quelli che erano realmente 
guariti approfittavano senz'altro dell'occasione, senza neppure bisogno 
di essere stimolati, mentre gli incurabili non guardavano neppure le 
donne.[…] Secondo la procedura, a quelli che stavano per essere 
rilasciati venivano offerte occasioni di stare con individui del loro 
sesso. Quasi tutti rifiutavano questa possibilità e respingevano 
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 Rudolf Höss fu comandante ad Auschwitz, scrisse queste memorie prima di venire impiccato. 
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energicamente tutti i tentativi di avvicinamento dei veri omosessuali. 
Vi furono però anche dei casi limite, che accettarono e l'una e l'altra 
occasione. Non so se costoro potrebbero essere definiti dei bisessuali. 
In ogni caso, fu molto istruttivo per me poter studiare la vita e gli 
stimoli degli omosessuali di ogni genere e osservare le loro reazioni 
psichiche in relazione alla prigionia". (Höss, 1960, p. 27) 
IV. L’omosessualità nelle culture extraeuropee 
Per ovvie ragioni di spzio, farò solo una breve rassegna storica della condizione 
omo nel resto del mondo. Ancora oggi, nel Corano esistono divieti contro 
comportamenti omosessuali manifestati in pubblico (mentre l'attrazione tra persone 
dello stesso sesso è consentita) e sono previste pene severe per i colpevoli, fino ad 
arrivare alla pena di morte in alcune nazioni. Il Corano prescrive che quattro uomini, 
oppure otto donne, testimonino sulla avvenuta "trasgressione" per condannare i 
colpevoli. 
L‟omosessualità è concepibile solo in quanto tenuta segreta: una esplicita 
ammissione della propria omosessualità sarebbe inaccettabile. 
In Africa l‟omosessualità, sia maschile che femminile, veniva praticata nelle 
tribù quasi come usanza, nonostante i colonialisti europei si siano opposti a ciò in ogni 
maniera. Oggigiorno le pratiche omosessuali sono illegali in 29 paesi per gli uomini e in 
20 per le donne: nonostante siano stati fatti dei passi in direzione dell‟annullamento 
della forte omofobia in questi paesi, molto è ancora da fare. 
Nelle Americhe pre-colonizzazione europea, il rapporto amoroso/sessuale con 
soggetti dello stesso sesso era ben accetto, tanto che coloro che intrattenevano tali 
relazioni erano gli sciamani, gli uomini più importanti del villaggio; gli omosessuali e 
transgender erano comuni anche tra altre civiltà pre-coloniali nell'America Latina, come 
tra gli Aztechi, i Maya, i Quecha, i Mochica, i Zapotechi ed i Tupi del Brasile 
(http://www.glbtq.com/social-sciences/latin_america_colonial,2.html ). I conquistatori 
spagnoli rimasero disgustati nello scoprire queste pratiche e le vietarono utilizzando 
punizioni come bruciare al rogo i rei o farli sbranare dai cani. Oggi l‟America è 
sessualmente tollerante, a riprova di ciò il primo matrimonio gay avvenuto in America 
Latina in data 28 dicembre 2009 (http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2009/ 
12/28/Argentina-primo-matrimonio-gay-in-America-Latina/58535/). 
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