Prefazione  
 
Una tesi volta allo studio delle caratteristiche e del funzionamento di componenti quali le 
valvole termoioniche, potrebbe sembrare qualcosa di inutile e puramente accademico.  In realtà, 
come si puntualizzerà, anche nell’era contemporanea del silicio e della ricerca di prestazioni 
sempre più spinte dei sistemi elettronici, le valvole termoioniche giocano un ruolo di 
prim’ordine in campi quali l’audio domestico o la strumentazione musicale. 
Esistono molti testi che concentrano l’attenzione sull’impiego dei tubi termoionici in 
circuiti per applicazioni audio, si possono trovare anche lavori di progettazione di 
apparecchiature Hi-Fi valvolari. Ciò che manca e che da tempo ormai non viene più sviluppato, 
è un lavoro che dovrebbe stare alla base di quelli precedentemente citati: lo studio approfondito, 
teorico e sperimentale, del rumore di una valvola termoionica. 
Quello che si va qui ad introdurre vuole quindi essere uno studio, condotto secondo 
tecniche moderne e con strumentazione all’avanguardia, del comportamento statico e dinamico 
di una valvola termoionica. In particolare si concentrerà l’attenzione, in primo luogo, sulla 
misurazione delle caratteristiche statiche, dalle quali derivare tutti i parametri di interesse per lo 
studio di un circuito. Con i dati raccolti si definiranno dei modelli da impiegare con il 
simulatore circuitale PSpice, in modo da rendere più agevole l’analisi di eventuali circuiti. 
Eseguita l’analisi statica si passerà allo studio del comportamento dei tubi in frequenza, 
misurando gli spettri di rumore al variare dei parametri di polarizzazione. Gli spettri misurati 
saranno conseguentemente analizzati per poi confrontare i risultati ottenuti con la teoria 
sviluppata negli anni passati al riguardo. Si cercherà, infine, di valutare i risultati ottenuti dallo 
studio di rumore in funzione del peso che le differenti frequenze dello spettro audio hanno 
durante l’ascolto. 
Tutta la trattazione è stata eseguita parallelamente su tre differenti modelli di tubo, in 
particolare di doppi triodi. Tali modelli sono stati scelti dopo un’attenta indagine di mercato 
volta ad individuare le tipologie di prodotti attualmente disponibili ed i modelli di valvole in 
essi impiegati. La scelta ha tenuto conto anche della reperibilità sul mercato dei tre dispositivi, 
che sono stati, quindi, selezionati fra quelli di odierna produzione. La produzione di valvole 
termoioniche, infatti, non è mai cessata. Negli USA e nell’area dei paesi sovietici ed ex-sovietici 
sopravvivono marchi che hanno fatto la storia del settore delle valvole termoioniche, affiancati 
oggi da produzioni cinesi, anche se di qualità spesso decisamente inferiore.
Prefazione 
 
 
 
~ 2 ~
Durante lo svolgimento dell’attività di laboratorio, è stata anche eseguita una prima 
caratterizzazione di preamplificatore valvolare commerciale: l’SP-3A-1 prodotto da Audio 
Research, uno dei costruttori americani fra i più conosciuti nel settore Hi-Fi. Avendo 
concentrato la quasi totalità del tempo allo studio dei tubi non è stato possibile eseguire 
un’analisi teorico-sperimentale completa e approfondita del preamplificatore, ma le misure 
svolte hanno costituito un’interessante esperienza di caratterizzazione di un sistema 
commerciale. Le valvole utilizzate nel preamplificatore in esame sono dello stesso tipo di quelle 
caratterizzate, quindi i risultati delle due sessioni di misure possono essere confrontati per 
valutare quanto un tubo termoionico incida sulle prestazioni finali di rumore di un sistema. 
  
Verrà ora data una breve presentazione del contenuto dei capitoli a seguire: 
Capitolo 1: vuole essere un’introduzione alla tecnologia delle valvole termoioniche. Si 
richiamano i principi di funzionamento di un tubo termoionico e le principali equazioni che lo 
governano. Si dà una breve descrizione della struttura interna di un tubo termoionico del tipo di 
quelli analizzati nei capitoli a seguire. Da ultimo, un paragrafo di presentazione dell’impiego 
odierno, soprattutto nel campo della riproduzione audio, dei tubi termoionici, finalizzato a 
giustificare il lavoro svolto e la scelta dei modelli di valvola analizzati. 
Capitolo 2: dopo una breve introduzione sul funzionamento dei modelli del simulatore 
circuitale PSpice, si descrivono due differenti modelli matematici sviluppati per riprodurre le 
caratteristiche di un tubo termoionico. I modelli in questione sono quello classico di Child-
Langmuir e quello più recente di Koren. Definite le equazioni da introdurre nel simulatore e da 
impiegare per l’analisi dei dati, si è quindi passati alla misurazione di caratteristiche e 
transcaratteristiche per ciascuno dei tre tubi. 
Capitolo 3: è sostanzialmente un capitolo di ricerca bibliografica nel quale si è cercato di 
riunire i risultati sperimentali ottenuti negli anni e le conclusioni cui questi risultati hanno 
portato. Il fine è quello di avere tutta la teoria riguardante il rumore di un tubo termoionico 
ordinatamente riunita, in modo da poterla poi confrontare con i risultati sperimentali derivanti 
dalle misure dei capitoli a seguire. 
Capitolo 4: dopo avere richiamato i calcoli e le problematiche derivanti dalla progettazione del 
sistema per l’acquisizione degli spettri di rumore e per lo studio del comportamento in 
frequenza di dispositivi termoionici di tipo doppio triodo della serie ECC, viene presentata la 
procedura seguita nello svolgimento delle misure. 
Capitolo 5: vengono qui presentati i risultati delle misure di rumore eseguite sui tre valvole. Al
Prefazione 
 
 
 
~ 3 ~
termine del capitolo viene eseguito un confronto volto a scegliere per ciascun dispositivo il 
punto di lavoro ottimale dal punto di vista del rumore, e a scegliere il dispositivo a rumore 
minimo fra i tre analizzati. 
Capitolo 6: la certezza che la temperatura operativa dell’elemento emittente, quindi la potenza 
elettrica fornita all’elettrodo riscaldante, vada ad influenzare l’emissione, quindi le 
caratteristiche di funzionamento di un tubo termoionico, ha portato alla necessità di un ulteriore 
serie di misure. Il tubo che era stato scelto fra i tre come quello a rumore minore è stato 
caratterizzato sia dal punto di vista statico, che in frequenza e del rumore per differenti valori di 
potenza elettrica applicata al filamento. Viene anche trattata la problematica della distorsione 
legata alla linearità del trasferimento in-out della valvola. 
Capitolo 7: l’intero studio è volto alla caratterizzazione di dispositivi da impiegare in circuiti 
per il processamento di segnali audio. Non è, quindi, possibile non considerare come le diverse 
componenti di un segnale audio vengano recepite dall’utente finale e il peso che 
conseguentemente assumono. In questo capitolo si analizzano, quindi, gli aspetti che legano i 
risultati di ‘ascolto’ ai risultati sperimentali ottenuti con apparecchiature di laboratorio. 
Capitolo 8: il capitolo è dedicato ad una breve analisi teorico-sperimentale del preamplificatore 
valvolare Hi-Fi commerciale: SP-3A-1 prodotto da Audio Research.
CAPITOLO 1 
Principi costruttivi dei tubi a vuoto 
 
1.1 Introduzione  
Il funzionamento di un tubo termoionico è basato su un fascio di elettroni che, prodotti da 
un apposito elettrodo (catodo), vengono raccolti da un secondo (anodo), eventualmente dopo 
essere passati attraverso uno o più elettrodi accessori (griglie). E’, quindi, un meccanismo 
abbastanza elementare che richiama da vicino quello caratteristico del funzionamento di un 
MOS. 
Nel capitolo che segue verranno esposti i concetti chiave sia della meccanica costruttiva 
che della fisica alla base del funzionamento di una valvola termoionica.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 5 ~
1.2 Il catodo e l’emissione termoionica 
Come preannunciato il funzionamento di una valvola termoionica è basata sul trattamento 
di un fascio di elettroni. Come prima cosa, quindi, è necessario creare il fascio stesso. I 
meccanismi di estrazione degli elettroni da un materiale sono sostanzialmente tre, dei quali due 
intercorrono nel funzionamento di una valvola: 
   Emissione termoionica: è quella principale, con la quale si va a creare il fascio 
elettronico al catodo, elettrodo preposto allo scopo. L’energia necessaria agli elettroni 
per estrarli dal materiale è fornita sotto forma di energia termica. Si va, cioè, a scaldare 
il materiale che compone il catodo. L’energia termica si trasferisce agli elettroni liberi 
sotto forma di energia cinetica, consentendo ad essi di abbandonare la superficie del 
materiale; 
   Emissione fotoelettrica: utilizzando appositi materiali, per i quali l’energia di 
estrazione
1
 è ridotta, è possibile estrarre elettroni semplicemente bombardandone la 
superficie con fotoni, o, detto più semplicemente, ‘illuminandone’ la superficie. Questo 
meccanismo non interviene nel funzionamento di una valvola; 
   Emissione secondaria: bombardando la superficie di un materiale conduttore con una 
fonte primaria di elettroni, si riesce a trasferire agli elettroni liberi una certa energia. Se 
tale energia è superiore a quella di estrazione caratteristica del materiale in questione, si 
osserva l’emissione di un certo numero di cariche, dette appunto elettroni secondari. 
Questo meccanismo costituisce una delle possibili fonti di rumore di un tubo 
termoionico. 
Estraendo elettroni dal materiale, questo non si troverà più nella condizione di equilibrio, 
ma si porterà ad un certo potenziale (positivo data la perdita di cariche negative). Poiché la 
condizione di equilibrio, però, deve essere mantenuta, è necessario rifornire dall’esterno gli [1] 
elettroni che vadano a ‘sostituirsi’ a quelli emessi. Da questo l’insorgere della corrente di 
catodo. 
L’emissione termoionica può essere facilmente accostata all’evaporazione di un liquido, 
nel quale le particelle che posseggono sufficiente energia da sfuggire alla superficie, si 
trasformano in vapore. Aumentando la temperatura del liquido aumenta velocemente anche il 
numero di particelle emesse. 
                                                      
1
 Energia necessaria per estrarre l’elettrone dal materiale, staccandolo da un atomo del reticolo e 
allontanandolo dalla superficie dell’elettrodo.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 6 ~
Il numero di elettroni emessi per unità di area da un materiale, è direttamente 
proporzionale sia alla temperatura T del materiale, sia alla costante ø, la quale rappresenta il 
potenziale di estrazione da applicare ad un elettrone per estrarlo dal catodo. La densità di 
corrente così ottenuta può essere espressa come [1]: 
 
 
nullnull null
null
null
null
null
null
null
nullnull
null
null
nullnull
null
null (1.1)
 
dove A
0
 è la costante di Richardson: null
null
null
4nullnullnullnull
null
null
null
null null 120  null
null
nullnull
null
°null
null
null ; 
T è la temperatura in °Kelvin; 
ø il potenziale di estrazione (vedi Figura 1); 
k la costante di Boltzmann: null null 1,38 · 10
nullnullnull
 null
null
°null
null ; 
h la costante di Planck: nullnull6 , 6 3·1 0
nullnullnull
 null null·null null . 
 
 
Figura 1: Diagramma dei livelli energetici al catodo.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 7 ~
1.3 Materiali emettitori 
Il principale svantaggio nell’uso di materiali ‘puri’ per la costruzioni di emettitori è 
l’elevata temperatura alla quale questi dovrebbero operare per garantire un’emissione 
accettabile. Questo è dovuto all’elevato valore dell’energia di estrazione, cioè di ø, che si 
traduce nella richiesta di una elevata quantità di energia da fornire agli elettroni per strapparli al 
materiale. Per tale motivo si sono cercati tipi di materiale, e strutture catodiche più complesse 
che garantissero un’adeguata emissione contenendo la dissipazione di potenza. Di seguito ne 
verrà data una veloce presentazione [1]. 
1.3.1 Catodi ricoperti con materiali elettropositivi 
La soluzione più semplice per ridurre l’energia spesa per l’estrazione di elettroni da un 
materiale, è quella di ridurre il lavoro di estrazione caratteristico del materiale. Dall’equazione 
(1.1) si osserva facilmente come, mantenendo costante il valore di emissione, la riduzione di un 
certo fattore dell’energia di estrazione ø, porti ad una riduzione della medesima quantità della 
temperatura operativa del catodo. La riduzione dell’energia di estrazione può essere ottenuta 
deponendo un sottilissimo strato (al limite un unico strato atomico) di materiale elettropositivo 
sulla superficie del catodo. Un materiale elettropositivo è un elemento che abbia una tendenza a 
cedere elettroni. 
Poiché, come detto, durante il funzionamento il materiale che compone il catodo tende ad 
evaporare, se questo è ricoperto si deve provvedere a rimpiazzare la frazione di ricopertura 
evaporata. I catodi sviluppati su questo principio di funzionamento sono sostanzialmente di due 
tipi: 
   Tungsteno toriato: caratteristica fondamentale del tungsteno è che può operare ad 
altissime temperature, offrendo quindi ottime emissioni termoioniche nonostante 
l’elevato valore di ø. Inoltre è molto adatto a restare indifferente al bombardamento di 
ioni positivi, sempre presenti all’interno del tubo, anche se in piccolissime quantità, a 
causa della presenza di residui di gas. Per questo motivo il suo impiego è rivolto 
soprattutto alla costruzione di filamenti per tubi ad elevate tensioni anodiche 
(dell’ordine dei 3500 V). 
Per cercare di mantenere inalterate le caratteristiche peculiari del tungsteno, 
migliorandone le capacità emissive, si è pensato di drogare il tungsteno puro 
aggiungendovi una certa quantità di torio. L’emissione di questo tipo di materiale è
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 8 ~
molto più elevata rispetto quella del normale tungsteno, considerando la medesima 
temperatura di funzionamento. Questo fatto è dovuto ad uno strato molecolare di torio 
deposto sulla superficie, il quale riduce sensibilmente il lavoro di estrazione. Per lo 
stesso motivo l’emissione è apprezzabile già a temperature di 500 ÷ 600°K più basse 
rispetto al normale tungsteno. La composizione di questi emettitori prevede di 
aggiungere al normale tungsteno un agente riducente, solitamente carbonio, e una 
piccola quantità, 1 o 2%, di ossido di torio. Prima dell’utilizzo, però, l’emettitore 
necessita di un processo di attivazione in due fasi: 
Fase 1 (flashing): l’emettitore viene scaldato ad una temperatura di 2600-
2800°K per circa mezzo minuto, durante il quale il carbonio presente nella lega riduce 
l’ossido di torio a torio metallico; 
Fase 2: si lascia scendere la temperatura fino a 2100-2200°K e si mantiene 
questo stato per alcuni minuti. Il torio diffonde sulla superficie formando uno strato di 
materiale dello spessore di una molecola. 
Durante il normale funzionamento il torio superficiale evapora in continuazione, ma 
viene rimpiazzato da quello che diffonde verso la superficie dall’interno dell’emettitore. 
Gli emettitori al tungsteno toriato sono molto più efficienti dei normali emettitori al 
tungsteno; il prezzo da pagare è il rilascio di una certa quantità di gas nel tubo durante il 
funzionamento, dovuto all’evaporazione sopra descritta. 
   Catodi a riserva di bario: in Figura 2 è possibile osservare una tipica sezione di un 
catodo di questo tipo. In pratica esistono due metodi costruttivi. Nel primo la superficie 
del catodo è costituita da uno strato di tungsteno poroso, al di sotto del quale c’è una 
sorta di ‘serbatoio’ contenente ossidi di bario, spesso miscelati con ossidi di stronzio. 
Nel secondo caso gli ossidi impregnano direttamente il tungsteno poroso. Il principio di 
funzionamento è il medesimo nei due casi: riscaldando a 1300-1400 °K l’emettitore, gli 
ossidi reagiscono con il tungsteno, portando alla formazione di bario, che migrando 
verso la superficie, va a costituire lo strato molecolare voluto. La vita del catodo, in 
questi casi, è limitata sostanzialmente dalla disponibilità di ossidi di bario e va dalle 
1000 ore del primo caso alle 10000 del secondo. Il vantaggio che si ottiene a fronte 
della riduzione di vita utile è un cospicuo incremento nel valore di emissione.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 9 ~
 
Figura 2: Schema costruttivo dei catodi a riserva di Bario. 
 
1.3.2 Catodi a strato di ossidi 
La quasi totalità dei piccoli tubi a vuoto, come anche gran parte di quelli di potenza, 
impiegati nei circuiti odierni, fa uso di emettitori a strati di ossidi. Questi sono costruiti 
deponendo un sottile strato di ossidi di materiali alcalini su un supporto metallico, che può 
essere direttamente il filamento, nel caso di tubi a riscaldamento diretto, o un elettrodo cavo, 
all’interno del quale inserire il filamento, nel caso di tubi a riscaldamento indiretto. I metalli 
alcalini solitamente utilizzati sono bario, stronzio e calcio, solitamente miscelati in differenti 
proporzioni. Il supporto metallico, nel caso di emettitori a riscaldamento indiretto, è solitamente 
nichel, che coniuga ottime qualità fisiche ad un costo ridotto. 
L’ossido viene applicato al ‘cuore’ in nichel sotto forma di carbonato di bario o di 
stronzio, disciolto in una matrice a base nitrocellulosa, o comunque organica, e spruzzato sulla 
superficie come una qualsiasi vernice (Figura 3). La fase successiva nella preparazione del 
catodo prevede l’attivazione dello stesso, riscaldandolo per alcuni minuti alla temperatura di 
circa 15000°K [2]. Questa operazione è eseguita dopo aver concluso il montaggio del tubo ed 
aver creato il vuoto al suo interno, ma prima di staccare lo stesso dalla pompa a vuoto. Durante 
l’attivazione, infatti, il carbonato si dissocia in due componenti: l’ossido, solido che resta sulla 
superficie, e il biossido, gassoso e quindi rimosso tramite la pompa. A questo punto si può 
procedere con la terza fase dell’attivazione, che prevede il raffreddamento dell’elettrodo fino a 
circa 1100°K, e la successiva applicazione, attraverso una resistenza di protezione, di un 
potenziale di 100V ad un elettrodo posto nelle vicinanze. Ciò che si verifica è un fenomeno di 
elettrolisi che porta velocemente l’emissione al valore voluto, a seguito del bombardamento 
della superficie dell’emettitore da parte di ioni positivi.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 10 ~
Dopo una accurata preparazione ed attivazione, il dispositivo è in grado di fornire 
un’emissione utile già alla temperatura di 1150°K. L’emissione termoionica ha luogo in quei 
punti della superficie nei quali si può osservare la presenza di metallo libero, ottenuto dalla 
reazione ossido-metallo o dal bombardamento di ioni. 
Gli emettitori a strato di ossido sono utilizzati ovunque possibile, in quanto garantiscono 
un’emissione molto maggiore degli altri (alcuni A/cm
2
), ma deteriorano più facilmente, se 
soggetti al bombardamento di particelle ad alta energia, e sono molto più fragili. Sono usati 
soprattutto nei tubi riceventi e trasmittenti che lavorino con tensioni anodiche di alcune 
centinaia di V.  
Gli ossidi impiegati oggigiorno per la costruzione di catodi commerciali sono solitamente 
una miscela di ossidi di bario e stronzio. Innumerevoli studi, infatti, hanno dimostrato come tale 
miscela garantisca un lavoro di estrazione associato agli elettroni minore rispetto al caso di 
utilizzo di un unico elemento quale componente dello strato di ossido. Ciò che, invece, risulta 
avere un’importanza ridotta, è il materiale che compone il cuore metallico dell’emettitore. 
Questo, infatti, non interviene direttamente nel processo di emissione, tant’è che rimuovendo lo 
strato di ossidi, si è dimostrato come l’emissione vada a cessare. Il ruolo della base metallica è 
comunque importante, in quanto reagisce con lo strato di ossidi, generando una certa quantità di 
metallo alcalino puro che, raggiunta la superficie, va a costituire il vero e proprio centro di 
emissione delle cariche. Gli elettroni, infatti, non sono emessi indistintamente da tutta la 
superficie di ossidi, ma solo da particolari zone, dove, appunto, si osserva la presenza di atomi 
di materiale alcalino puro. Questi ultimi posso essere generati secondo differenti processi, il 
primo dei quali è la reazione chimica fra l’ossido e il metallo base.  
 
Figura 3: Processo di rivestimento per verniciatura di catodi per tubi a riscaldamento indiretto. 
Fotografia di uno stabilimento Fivre risalente agli anni cinquanta.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 11 ~
Il passaggio stesso di corrente attraverso la copertura in ossido causa la dissociazione 
dello stesso in metallo ed ossigeno, per reazione elettrolitica. L’ossigeno liberato va ad 
‘inquinare’ l’ambiente interno al tubo, mentre il metallo resta sulla superficie dando luogo 
all’emissione. E’ proprio la presenza di gas residuo interno al tubo che va ad alimentare l’ultimo 
meccanismo dissociativo, che prende vita dal bombardamento ionico della superficie.  
Come già visto in precedenza il materiale emettitore tende ad evaporare durante il 
funzionamento, e deve essere quindi rimpiazzato per garantire la continuità dell’emissione. Si 
viene, quindi, a creare una sorta di equilibrio fra i tassi di evaporazione e di generazione degli 
atomi di metallo alcalino. Questo equilibrio può essere alterato in due modi: variando la 
temperatura operativa, o variando la corrente. Solitamente il processo è veloce, sì da renderlo 
invisibile. Nel caso, però, si operi a bassi valori di temperatura, o nel caso il tubo sia arrivato al 
limite di vita utile, il tempo di assestamento risulterà essere evidente. 
Come accennato in precedenza la vita utile di un catodo a strato di ossidi è limitata 
principalmente dall’evaporazione del metallo che costituisce l’ossido. Nel caso di miscele di 
ossidi di bario e stronzio si osserva che il bario evapora ad un tasso maggiore rispetto allo 
stronzio. Questo porta ad avere una prevalenza, avvicinandosi al limite operativo del tubo, di 
stronzio, che è però meno efficiente come emettitore rispetto al bario. Ciò causa una flessione 
nel valore di emissione. 
Importante sottolineare come questo tipo di emettitori sia sensibile all’inquinamento 
dell’ambiente interno al tubo, e in particolare alla presenza di ossigeno gassoso. Il 
bombardamento della superficie da parte di particelle ad elevata energia, inoltre, può essere 
causa della distruzione della ricopertura superficiale. 
 Ulteriore peculiarità degli emettitori a strato di ossidi è la capacità di reagire in tempi 
brevissimi ad eventuali impulsi della tensione applicata, rendendo disponibili grandissime 
quantità di carica, che possono portare a valori di emissione istantanea dell’ordine delle 
centinaia di A/cm
2
. Questa caratteristica è di fondamentale importanza in campo audio, 
soprattutto nel caso di tubi per impieghi di potenza, i quali devono essere in grado di seguire 
anche i transienti più veloci e pronunciati senza distorcerli. 
In Tabella 1 si presentano i valori di efficienza per i differenti materiali di impiego 
comune nella realizzazione di catodi per tubi a vuoto.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 12 ~
Tabella 1: Valori di efficienza di emissione per diversi materiali catodici. 
Tipo di materiale Valore di emissione null
nullnull
nullnull
null
null
null 
Tungsteno (riscaldamento diretto) 2 – 10 
Tungsteno toriato (riscaldamento diretto) 5 – 100 
Catodi a strato di ossido a riscaldamento indiretto 10 – 200 
Catodi a strato di ossido a riscaldamento diretto 200 - 1000 
 
1.4 Strutture catodiche 
Due sono fondamentalmente i tipi di catodo [2], entrambi illustrati in Figura 4. 
Nelle prime valvole esso era costituito dal filamento stesso, del tutto simile a quello di 
una lampadina ad incandescenza: assolveva contemporaneamente alla funzione di elemento 
riscaldante e emittente. In Figura 4 ne sono rappresentate due tipiche versioni costruttive. 
Spesso in tali valvole era prevista una molletta di tensione per il filamento, così da compensare 
l’allungamento dovuto alla dilatazione termica. 
Il catodo venne conseguentemente perfezionato portando alla realizzazione dei tubi a 
riscaldamento indiretto. Questo secondo tipo di catodo consiste in un cilindretto di nickel 
opportunamente ricoperto di ossidi ( Par. 1.3.2) e riscaldato all’interno dal normale filamento, 
molto vicino e coassiale ad esso, ma isolato elettricamente mediante un rivestimento ceramico, 
o comunque di tipo refrattario. Ora le funzioni sono diversificate, nel senso che il filamento 
provvede solo a riscaldare il catodo vero e proprio, il quale, poi, emette gli elettroni. 
 
 
Figura 4: Tipologie di catodo e relativi simboli circuitali.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
~ 13 ~
Alle due versioni, ovviamente, corrisponde qualche differenza di comportamento. 
Per i tubi a riscaldamento diretto sono necessari pochi secondi affinché l’emissione 
termoionica raggiunga il suo valore di regime, mente per quelli a riscaldamento indiretto 
occorre attendere alcune decine di secondi. Quest’ultimo tipo, inoltre porta ad un consumo 
inevitabilmente maggiore, poiché maggiori sono le dispersioni. Tuttavia l’azione schermante del 
catodo e l’inerzia termica del sistema a riscaldamento indiretto hanno consentito di accendere il 
filamento della valvola sfruttando direttamente la corrente alternata, facilmente ottenibile dalla 
rete di distribuzione elettrica. Valori di tensione molto usati per l’accensione dei filamenti sono i 
6.3V o i 12.6V, anche se esistono diverse eccezioni. 
 
1.5 Effetto Schottky e potenziale di contatto 
Dalla (1.1) si potrebbe concludere che l’emissione, quindi il valore della corrente, 
dipendano unicamente dalle condizioni di lavoro del catodo, cioè dalla temperatura di esercizio. 
Nella realtà si osserva come sia possibile ottenere un incremento della corrente emessa anche 
agendo sulla tensione della placca, cioè sul campo elettrico che allontana gli elettroni dal 
catodo. In particolare aumentando la tensione anodica si osserva un incremento della corrente. 
Questo fenomeno è dovuto al fatto che l’aumento della tensione anodica comporta come 
conseguenza un aumento del campo elettrico. Aumentando il campo elettrico alla superficie 
dell’emettitore si va a favorire la fuoriuscita di elettroni dallo stesso, quindi ad aumentare il 
tasso di emissione, cioè la corrente. 
Osservando la Figura 5 [3], e ricordandosi che gli elettroni, essendo cariche negative, 
tendono a spostarsi da punti a potenziale minore a punti a potenziale maggiore, è possibile trarre 
qualche considerazione riguardo l’applicazione di un campo elettrico. Il campo elettrico va ad 
aumentare il potenziale linearmente con la distanza dall’emettitore. Si osserva invece che la 
barriera di potenziale caratteristica del materiale isolato decresce esponenzialmente con la 
distanza. Andando a sommare i due andamenti se ne ottiene un terzo, caratterizzato da un 
minimo e da due pendenze distinte. Il minimo si pone ad una distanza (d
c
) dall’emettitore, 
chiamata distanza critica. Il nome deriva dal fatto che l’elettrone emesso subisce una forza 
attrattiva verso il catodo, che quindi tenderebbe a farlo da questo riassorbire, prima di tale 
distanza, mentre viene attratto all’elettrodo opposto per distanze superiori. Poiché, come detto, 
gli elettroni sono attratti verso le zone a potenziale positivo, quanto esposto sopra è anche 
chiaramente deducibile dagli andamenti in Figura 5.
CAPITOLO 1                                                           Principi costruttivi dei tubo a vuoto 
 
 
 
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Figura 5: Diagramma della barriera di potenziale associata all'effetto Schottky. 
 
Applicando un certo potenziale V all’elettrodo opposto a quello di emissione, si va a 
creare un gradiente di potenziale E. Eguagliando i valori del gradiente di potenziale e del 
potenziale caratteristico, si ottiene il valore della distanza critica
2
: 
 
 
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1
2
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 (1.2)
 
Il potenziale di estrazione risulta ridotto della quantità 
 
 
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1
2
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 (1.3)
 
Un altro aspetto che va ad influenzare l’emissione è quello che viene comunemente 
chiamato potenziale di contatto [3]. Con questo nome si indica il fenomeno che si verifica 
quando due metalli diversi sono posti a contatto. A causa della differenza fra le due energie di 
estrazione si viene a creare una differenza di potenziale ai capi dei due, dovuta al fatto che gli 
elettroni sono più facilitati a spostarsi dal metallo con energia di estrazione minore a quello con 
                                                      
2
 Si ricorda che:  carica dell’elettrone: nullnull1 . 6·1 0
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costante dielettrica del vuoto: null
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null8 . 8 5·1 0
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