3 
 
Introduzione 
 
 
“ Una lavanda mediocre in un flaconcino scintillante è una merce migliore 
di qualsiasi raffinato profumo indiano in lattina” (Balio 1985, 325). 
Trovo che questa frase rispecchi molto il concetto di pubblicità odierna: in 
una campagna pubblicitaria ogni cosa, dal viso della modella alla più 
piccola grinza di una camicia, deve apparire assolutamente perfetta, che 
sia frutto di un’accurata disposizione degli elementi sul set o 
semplicemente un ricorso al classico e irrinunciabile Photoshop.                                                              
La comunicazione è oggi una delle attività più importanti per un’azienda 
da un punto di vista strategico. Tutti “comunicano” qualcosa in modo più o 
meno consapevole e la cosa importante è saper giocare le proprie carte, 
veicolare al meglio le informazioni che s’intendono trasmettere al cliente e 
alla concorrenza. Non è più sufficiente “far bene” per le organizzazioni: 
per generare nuovo valore è necessario “farlo sapere” ed essere 
riconosciuti per averlo fatto. Fare e non comunicare equivale a “non fare” 
e da un punto di vista organizzativo ed economico rappresenta uno spreco 
di risorse. La comunicazione è un fattore che, da una parte, crea valore 
perché potenzia il capitale intangibile dell’organizzazione (notorietà, 
reputazione, ecc.) e dall’altra lo diffonde, perché rende esplicito al 
mercato il proprio valore intrinseco. Possiamo avere il prodotto più sicuro, 
innovativo, tecnologico ed efficiente presente sul mercato, ma se tutto ciò 
non è percepito dal pubblico, non fa vendite.  
Fondamentale dunque è permettere al potenziale cliente di capire qual è il 
reale valore dell’offerta, in modo che questo sia poi disposto a pagare un 
prezzo superiore rispetto ad altri. Allo stesso tempo è opportuno 
reclamizzare il brand in maniera coerente e sincera, perché se non 
soddisferà le attese del cliente, si diffonderà un passaparola negativo e 
dannoso per vendite e reputazione.
4 
 
Creare un’immagine forte del marchio diventa quindi un investimento 
strategico e una necessità, esso non è più solo un nome, ma raccoglie al 
suo interno stili di vita, interessi, bisogni, sogni ed emozioni. Il passaggio 
da un determinato livello di valore intrinseco a un valore percepito 
superiore è dunque il frutto combinato di un “saper fare”, di un “far 
sapere” e di una consapevole e costante capacità di comunicare. Ma come 
farsi notare tra le centinaia di pubblicità trasmesse ogni giorno dai diversi 
concorrenti? La quantità di stimoli quotidiani è infinitamente superiore alla 
nostra capacità di percepirli, il consumatore oggi è diventato un esperto 
nell’uso delle tecniche di selezione per filtrare i messaggi che riceve. I 
fattori in gioco in questa selezione sono dati dalle sue esigenze, i suoi 
gusti e umori del momento. Dalla moltitudine di messaggi quotidiani che 
riceviamo, decidiamo di raccogliere solo ciò che ci interessa o può esserci 
utile, il resto lo dimentichiamo. Ci sono annunci, film, manifesti, spot… che 
ricordiamo per qualche loro caratteristica insolita o interessante e questa, 
nel momento in cui la percepiamo, viene immediatamente mescolata con 
le nostre conoscenze, esperienze e opinioni diventando una nuova 
conoscenza. Le associazioni fatte a livello individuale non sono prevedibili 
dal pubblicitario e rappresentano sempre una sfida: poiché sono 
dipendenti dalle conoscenze di ognuno, possono produrre letture distorte 
del reale contenuto rendendo così inefficace la pubblicità.                            
La GUESS? Marchio di moda partito dall’abbigliamento per poi allargare i 
suoi orizzonti anche su intimo, gioielli, accessori e profumi, ha compiuto 
nell’aprile 2012 trent’anni di attività e le sue campagne pubblicitarie, 
grazie anche all’utilizzo di testimonial bellissime, hanno sempre conseguito 
un grande successo. Incuriosita dalla storia dei quattro fratelli Marciano, 
che lasciano il sud della Francia per realizzare il sogno americano, ho 
deciso di scegliere questo brand fra tanti altri per analizzare le loro 
pubblicità stampa. Il mio lavoro esaminerà nel primo capitolo il concetto di 
brand in generale e tutti i valori coinvolti al suo interno facendo particolare 
riferimento al marchio Guess; si parlerà di comunicazione e della valenza
5 
 
del nome, che oltre ad essere il biglietto da visita dell’azienda, 
rappresenta anche una nota influente per il suo effettivo successo.  
Il ruolo della pubblicità, la sua funzione, gli strumenti di cui si avvale, in 
particolare delle campagne pubblicitarie stampate e la parte che hanno 
nell’azienda il punto vendita e il sito web. 
Nella seconda parte, dopo aver parlato  brevemente dell’impiego delle 
figure retoriche in pubblicità e dei punti di vista di due psicologi, 
McQuarrie e Berlyne, sarà introdotto il metodo d’analisi, i due studi e i 
risultati elaborati da tre professori della Athens University of Economics 
and Business: Vlasis Stathakopoulos, Ioannis G. Theodorakis ed Eleni 
Mastoridou. 
Nella terza e ultima parte, ho deciso di svolgere un’analisi applicata di 
quattro pubblicità stampate della GUESS, facendo riferimento al metodo di 
studio esposto nel secondo capitolo. Questo contributo scientifico rende 
possibile, infatti, mettere in risalto i tratti aziendali differenti e quelli che 
invece si sono mantenuti nel tempo, nel caso specifico si farà: 
- un confronto fra campagna del profumo “Guess ” del 1990 con 
Claudia Schiffer e campagna “Guess Seductive I’m Yours” del 2011 
con Alyssa Miller;    
- un confronto fra campagna “GUESS jeans” del 1989 con Claudia 
Schiffer e campagna “30 sexy years!” del 2012 sempre con lei. 
A distanza di ventitré anni, la maison ha rivoluto questa modella 
come protagonista della campagna pubblicitaria di una nuova 
capsule collection in edizione limitata, che rivisita in chiave moderna 
alcuni dei primi pezzi cult.
6 
 
Brand identity e comunicazione             1                                          
 
 
 
1.1 Identità di marca 
 
Partiamo con il chiarire subito che marchio e marca non sono sinonimi, 
benché nel linguaggio comune si tenda a confonderli, c’è fra i due una 
notevole differenza. 
Il marchio costituisce un elemento distintivo dell’azienda, che consente ai 
consumatori di riconoscere beni e servizi offerti da un’impresa rispetto a 
quelli dei suoi competitor; “nome, simbolo e payoff, sono le tre 
componenti del marchio” (Gabrielli 2012, 14).  
 
Per Zara la marca è: 
“ una sintesi di risorse dotate di potenziale generativo, capaci cioè di accrescere nel 
tempo la fiducia e la conoscenza su cui si fonda la marca stessa attraverso la creazione di 
valore. Tale capacità deriva dall’aggregazione, intorno a specifici segni di riconoscimento, 
di un definito complesso di valori (individuali e sociali), di associazioni cognitive, di 
aspettative e di percezioni, al quale i segmenti di domanda attribuiscono un valore-utilità 
che eccede la performance tecnico-funzionale del prodotto traducendosi in un valore 
economico-finanziario differenziale per l’impresa” (Zara 1997, 4-5). 
 
La marca o brand quindi è data da ricordi, significati, giudizi, sensazioni e 
azioni che la presenza del marchio suscita nella mente del cliente.  
Questo permette all’inizio di associare un nome a una serie di prodotti e in 
seguito di orientare proprio lì il processo di scelta del consumatore fra 
tante diverse possibilità.  
“La marca possiede un vero  e proprio valore quale risorsa strategica con 
cui l’impresa si assicura oltre, che un duraturo vantaggio competitivo sui
7 
 
concorrenti, anche un accrescimento della possibilità di garantirsi futuri 
profitti” (Aaker 1997,38).  
Un’attenta gestione della politica di marca, insieme ad un’accurata 
strategia di posizionamento, rende possibile:  
- la differenziazione dai concorrenti, cioè il preferire un prodotto (o un 
servizio) a parità di caratteristiche fra altre possibilità, per il solo 
fatto che questo sia di un certo brand. Questo rende inoltre il cliente 
disponibile a pagare un differenziale di prezzo, il cosiddetto premium 
price, quale valore aggiunto; 
- la fedeltà dei consumatori, cioè affidarsi a una marca 
indipendentemente dal prodotto acquistato, poiché le esperienze 
precedenti sono state positive. La presenza da molti anni in un 
settore rafforza l’immagine del brand, suscitando in particolare 
affidabilità e credibilità. 
Un brand name è capace di concentrare in sé tutte queste informazioni e 
di renderle rilevanti agli occhi del consumatore. La notorietà è il primo fine 
che un’impresa si prefigge: essere riconosciuta, memorizzata e ricordata. 
“Quando una marca raggiunge quest’obiettivo, si dice che è riuscita a 
essere un brand top of the mind. Una marca può rientrare nel paniere 
richiamato spontaneamente alla mente da un consumatore anche se 
questo non ha mai avuto esperienza di quel prodotto […]” (Gabrielli 2012, 
15). La marca è un elemento indispensabile del percorso di sviluppo e 
successo delle imprese, soprattutto per quelle impegnate nel sistema 
moda che richiedono coerenza e armonia tra le politiche di comunicazione 
e quelle di distribuzione fissate. In particolare Zara (1997) conferisce al 
concetto di marca tre componenti principali: 
- una componente identificativa riferita al sistema dei segni di 
riconoscimento che aiuti il consumatore a individuare i prodotti di 
una marca (nome, logo, colori, payoff, jingle pubblicitari, etc.);