Capitolo 1                                          La normativa in Italia sul risparmio energetico nell’edilizia  
 
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Capitolo 1 
La normativa in Italia sul risparmio energetico nell’edilizia 
 
1.1 La legge 373/1976 
  
Il problema del risparmio energetico risale in Italia agli anni ’70 del secolo scorso quando, dopo la 
«guerra del Kippur» tra Israele e i paesi arabi nel 1973, vi fu l’aumento del costo dell’energia che 
contribuì a determinare una crisi economica mondiale. Così nel nostro Paese il 30 aprile 1976 viene 
promulgata la legge 373  “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli 
edifici” con la quale si analizza il problema energetico legato ai consumi per il riscaldamento. Nella 
legge sono regolate le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l’esercizio e la 
manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di 
acqua calda per usi igienici e sanitari e sono regolate le caratteristiche di isolamento termico degli 
edifici da costruire o da ristrutturare, nei quali sia prevista l’installazione di un impianto termico di 
riscaldamento degli ambienti. 
 
1.2 La legge 10/1991 e i DPR 412/1993 e 551/1999 
 
La legge 373 aveva carenze di tipo tecnico (si fissavano i limiti di potenza degli impianti di 
riscaldamento senza però fornire metodi di calcolo e verifica; non veniva considerata l’efficienza 
degli impianti) e così dopo 15 anni viene integrata e in parte sostituita dalla legge n. 10 del 9 
gennaio 1991 «Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale 
dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia», pubblicata 
sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 il giorno 16 dello stesso mese. 
Nata quindi con l’intento di razionalizzare l’uso di energia per il riscaldamento, la legge n 10/91 è 
una legge quadro che fissa principi e responsabilità  di validità generale che verranno regolamentati 
successivamente dai DPR 412/93 e dal DPR 551/99 che ne disciplinano anche i vari calcoli. 
Nei DPR vengono così ad essere definiti le zone climatiche (A-B-C-D-E-F) in funzione dei gradi 
giorno, la classificazione generale degli edifici per categorie , i valori massimi della temperatura 
ambiente, e i tre parametri a cui è legata l’efficienza dell’edificio: il rendimento globale medio 
stagionale, definito come rapporto tra il fabbisogno di energia termica utile per la climatizzazione 
invernale e l’energia primaria delle fonti energetiche, al di sotto di certi valori del quale non avviene 
il risparmio energetico (ottenuto dal prodotto rendimento di produzione x rendimento di regolazione 
x rendimento di distribuzione x rendimento di emissione dell’energia termica) , il F.E.N. 
(Fabbisogno Energetico Normalizzato convenzionale per la climatizzazione invernale, definito 
come la quantità di energia primaria globalmente richiesta, nel corso di un anno, per mantenere gli 
ambienti riscaldati ad una temperatura costante di 20° C con un adeguato ricambio d’aria durante 
una stagione di riscaldamento convenientemente fissato) e il Cd, verificato minore del Cd-valore 
limite del coefficiente di dispersione volumica per trasmissione dell’involucro edilizio ed ottenuto 
dal rapporto tra la potenza termica dispersa per trasmissione attraverso l’involucro dell’edificio e il 
volume lordo riscaldato. Negli ultimi articoli del DPR vengono definiti i limiti di esercizio degli 
impianti termici affinché non vengano superati i valori massimi di temperatura fissati dal decreto e 
ne vengono regolamentati anche la manutenzione e i relativi controlli. Il D.M. 13/12/1993 richiede 
anche la verifica dell'assenza di fenomeni di condensa interstiziale dei componenti opachi e vetrati. 
Per determinare la verifica igrometrica delle strutture si deve applicare il diagramma di Glaser che 
richiede come dati lo spessore, la conduttività termica, la permeabilità dei vari strati componenti 
rispetto alle condizioni invernali ed estive. 
Per disciplinare i molti calcoli, i DPR hanno avuto come punti di riferimento varie normative UNI, 
tra le quali: UNI 10344, UNI 10345, UNI 10346, UNI 10348, UNI 10349, UNI 10351, UNI 10355, 
UNI 10376, UNI 10379 che forniscono indicazioni progettuali per valutare in sede preventiva, in 
progetto, o in verifica le caratteristiche degli impianti; indicazioni progettuali per il calcolo dei
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disperdimenti attraverso superfici perimetrali dell’edificio e le singolarità; calcolo delle resistenze 
termiche, coefficienti di adduzione e conducibilità termica dei diversi materiali da costruzione; 
parametri climatici su base mensile per le città italiane; calcolo dei disperdimenti energetici in base 
alle temperature interna ed esterna, legati alla produzione ed alla distribuzione di energia; fattori di 
correzione per tener conto dell’umidità nei materiali in opera. 
Un parametro importante che viene preso in esame è l’inerzia termica dell’edificio, ossia la capacità 
di autoregolazione dei flussi energetici che lo attraversano in regime dinamico, caratterizzando la 
capacità che ha la struttura di accumulare calore; rilevante è anche il surriscaldamento estivo: 
entrambi i termini influiscono sul bilancio termico dell’edificio (quindi sui consumi energetici) e sul 
benessere degli occupati. 
Di particolare rilievo nel testo della legge 10/91 sono l’articolo 28, che obbliga il proprietario 
dell’edificio a depositare in comune in doppia copia  il progetto delle opere stesse corredate da una 
relazione tecnica sottoscritta dal progettista che ne attesta la rispondenza alle prescrizioni della 
legge stessa e l’articolo 30, nel quale si parla per la prima volta di certificazione energetica 
prevedendo che nei casi di compravendita o di locazione la certificazione energetica deve essere 
portata a conoscenza dell'acquirente o del locatario, che il proprietario o il locatario possono 
richiedere al comune ove è ubicato l'edificio la certificazione energetica e che  
 l'attestato relativo alla certificazione energetica ha una validità temporale di cinque anni a partire 
dal momento del suo rilascio. L’articolo rimandava all’emanazione del decreto attuativo dopo 
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in grado di definire le norme e i soggetti 
abilitati per la certificazione energetica degli edifici, ma tutto è rimasto inatteso. 
La legge 10/91 rimane però poco attuata, sia per la lentezza della burocrazia, sia per il poco 
interesse manifestato dall’utenza e dai progettisti in Italia negli anni ’90  per le problematiche 
energetiche. 
 
1.3 La direttiva 2002/91/CE 
 
La situazione ha iniziato ad evolversi con l’emanazione della direttiva 2002/91/CE “Sul rendimento 
energetico in edilizia” emessa il 16 dicembre 2002. 
La direttiva è nata per proporre uno strumento che aiuti a diminuire le emissioni di CO
2
 in accordo 
con il Protocollo di Kyoto (trattato internazionale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto 
l’11 dicembre 1997 ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005 che prevede l’obbligo in capo ai Paesi 
industrializzati di operare una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti in una misura non 
inferiore al 5.2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 nel periodo 2008-2012) ed ha come 
principale obiettivo il miglioramento del rendimento energetico degli edifici della Comunità 
Europea tenendo conto delle specifiche condizioni ambientali, climatiche e delle norme preesistenti, 
per sviluppare proprie procedure di regolamentazione. 
La Direttiva quindi introduce i principali requisiti che devono essere introdotti nelle legislazioni 
degli Stati membri dell’Unione Europea: 
- istituzione ed applicazione a livello nazionale e regionale di una metodologia di calcolo 
uniforme del rendimento energetico degli edifici (articolo 3) 
- adozione di misure necessarie per garantire che siano istituiti requisiti minimi di rendimento 
energetico per gli edifici, distinguendo tra edifici esistenti o di nuova costruzione e tra 
diverse categorie di edifici anche in funzione delle zone climatiche in cui questi si vengono 
a trovare (articolo 4) 
- valutazione  dei requisiti minimi  di rendimento energetico per edifici di nuova costruzione e 
per  edifici esistenti con superficie superiore a 1000 m
2
 che subiscono ristrutturazioni 
importanti (articoli 5 e 6).  
- introduzione dell’attestato di certificazione energetica di validità massima decennale messo 
a disposizione del proprietario o del futuro acquirente in fase di costruzione, compravendita
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o locazione di un edificio che consenta di valutare e raffrontare il rendimento energetico 
dell’edificio. (articolo 7) 
- ispezioni regolari delle caldaie  e dei sistemi di condizionamento dell’aria con potenza 
frigorifera maggiore di 12 kW. Sia le ispezioni, sia  la certificazione degli edifici deve essere 
effettuata da esperti indipendenti. (articoli 8, 9 e 10). 
Secondo la Direttiva, il calcolo del rendimento energetico degli edifici sarà eseguito con 
metodologie anche diverse fra regione e regione, ma comunque tali da prendere in considerazione i 
seguenti aspetti: 
- la coibentazione, l’esposizione e il clima 
- il tipo di impianto di riscaldamento, condizionamento e illuminazione artificiale (solo per il 
terziario) 
- l’impiego di fonti di energia rinnovabili e le caratteristiche architettoniche dell’edificio. 
 
1.4 I decreti legislativi 192/2005 e 311/2006 
 
La normativa 2002/91/CE fu recepita nell’ agosto del 2005 in Italia con uno specifico decreto 
valido a livello nazionale, il D.Lgs. n. 192. Il D.Lgs 192 “stabilisce i criteri, le condizioni e le 
modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la 
valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire a 
conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal 
protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo 
tecnologico”. 
Il decreto disciplina in particolare: 
- la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici; 
- l’applicazione dei requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche; 
- i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici; 
- le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione; 
- i criteri per garantire la qualificazione e l’indipendenza degli esperti incaricati della 
certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti; 
- la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle elaborazioni e degli studi necessari 
alla politica energetica del settore; 
- la promozione dell’uso razionale dell’energia anche attraverso l’informazione e la 
sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l’aggiornamento degli operatori del 
settore. 
Fino all’applicazione dei suoi Decreti Attuativi, il calcolo della prestazione energetica degli edifici 
nella climatizzazione invernale e del Fabbisogno annuo di Energia Primaria (FEP) è stato 
disciplinato dalla legge 10/91 come modificata dal D.Lgs. 192/2005. Il Decreto è stato 
successivamente modificato ed integrato da un nuovo decreto il D.Lgs. 311 emanato il 29 dicembre 
2006.  Il Decreto ha inoltre previsto l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione di dotarsi di un 
attestato di certificazione energetica, di validità massima di 10 anni dal rilascio, aggiornato ad ogni 
intervento di ristrutturazione che modifichi le prestazioni energetiche e che riporti suggerimenti per 
il miglioramento della prestazione energetica. Gradualmente è stato esteso l’obbligo della 
certificazione energetica a tutti gli edifici preesistenti all’entrata in vigore del D.Lgs 192/2005 
qualora immessi sul mercato in vendita o in locazione e dal 1 gennaio 2007 l’attestato di 
certificazione energetica è diventato necessario per fruire di incentivi e agevolazioni fiscali destinati 
al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici. Il D.Lgs 192/2005 però non si applica 
agli immobili ricadenti nell’ambito del D.Lgs. 42 del 22 gennaio 2004, recante il codice dei beni 
culturali e del paesaggio nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe un’alterazione 
inaccettabile del loro carattere o aspetto con particolare riferimento ai caratteri storici o artistici.
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1.5 La direttiva 2006/32/CE 
 
Sempre nel 2006 a livello europeo è stata emanata la Direttiva 2006/32/CE, che ha lo scopo di 
migliorare l’efficienza degli usi finali dell’energia sotto il profilo dei costi/benefici negli Stati 
membri, creando le condizioni per lo sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici. 
La direttiva si applica ai distributori di energia, ai gestori dei sistemi di distribuzione, alle società di 
vendita di energia e agli utenti finali. 
Gli Stati membri hanno l’obiettivo di raggiungere un risparmio energetico pari al 9% entro il 2015 
da conseguire tramite servizi energetici e altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica.  
 
1.6 Il decreto legislativo 115/2008 e 56/2010 
 
La Direttiva è stata recepita ed attuata attraverso il D.Lgs. 115 del 30 maggio 2008 “Attuazione 
della Direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e 
abrogazione della direttiva 96/76/CEE”. 
Il decreto introduce una serie di misure aventi lo scopo di migliorare l’efficienza energetica degli 
edifici, inserendo semplificazioni di carattere urbanistico per il computo dei volumi e deroghe per le 
distanze tra i fabbricati e le altezze. Il decreto 115 introduce all’articolo 18 i criteri generali di 
prestazione energetica per l’edilizia pubblica e privata, nonché i requisiti professionali dei tecnici e 
degli organismi abilitati alla certificazione energetica. L’allegato III individua le metodologie di 
calcolo e i requisiti per l’esecuzione delle diagnosi energetiche e la certificazione energetica degli 
edifici; in particolare sopperisce all’assenza dei Decreti Attuativi del D.Lgs. 192/2005 prescrivendo 
l'obbligo di riferirsi alla Specifica tecnica UNI/TS 11300 Parti 1 e 2 per il calcolo del fabbisogno 
energetico degli edifici. Per quanto riguarda l’efficienza energetica nel settore pubblico, all’art. 12 
viene stabilito che la responsabilità amministrativa connessa agli obblighi di miglioramento 
dell’efficienza energetica nel settore pubblico grava sull’amministrazione pubblica proprietaria o 
utilizzatrice del bene o servizio, nella persona del responsabile del procedimento; all’art. 13 invece 
si stabilisce che gli obblighi della pubblica amministrazione comprendono le diagnosi energetiche 
degli edifici pubblici in caso di interventi di ristrutturazione degli impianti termici, compresa la 
sostituzione dei generatori, o di ristrutturazioni edilizie che riguardino almeno il 15% della 
superficie esterna dell’involucro edilizio che racchiude il volume lordo riscaldato; è prevista inoltre 
l’affissione dell’attestato di certificazione in un luogo dello stesso edificio facilmente accessibile al 
pubblico se la metratura totale dell’edificio supera i 1000 m
2
. Il successivo Decreto Legge 112 del 
25 giugno 2008 ha abolito l’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica agli atti di 
compravendita e locazione di immobili. È però rimasto valido l’obbligo di redigerlo. Il D.Lgs. 56 
del 26 gennaio 2010 ha aggiornato ed integrato il D.Lgs. 115/2008. 
 
1.7 Il decreto del Presidente della Repubblica 59/2009 e le linee guida per la Certificazione 
Energetica degli Edifici 
 
Il 2 aprile 2009 è stato pubblicato il DPR 59, decreto attuativo del D.Lgs. 192 e del D.Lgs. 311, che 
fornisce precisazioni tecnico-attuative in merito al D.Lgs. 192 e relative alle problematiche di 
efficienza energetica nel periodo estivo, per la cui valutazione è stato introdotto il parametro Y
IE
 
che esprime la trasmittanza termica periodica, ossia la “capacità di una parete opaca di sfasare ed 
attenuare il flusso termico che la attraversa nell’arco delle 24 ore”. 
Riguardo alle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, l’articolo 3 
prescrive l’adozione delle norme tecniche nazionali, definite nel contesto delle norme EN a 
supporto della direttiva 2002/91/CE, della serie UNI-TS 11300 e delle loro successive modifiche. 
L’art. 4 definisce i criteri generali e i requisiti delle prestazioni energetiche di edifici e impianti che 
riguardano il valore dell’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale Ep
i
, che 
deve essere minore rispetto ai valori riportati nel D.Lgs. 311/2006, e il valore dell’indice Ep
e,invol
,
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prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell’involucro edilizio, che deve essere inferiore 
a quello previsto dallo stesso art. 4.  
Nel mese di giugno dello stesso anno il DPR 59/09 è stato completato dalle "Linee guida nazionali 
per la certificazione energetica degli edifici".  
Le linee guida, oltre a definire gli strumenti che rendono uniforme e confrontabile la qualità 
energetica degli immobili, spiegano gli strumenti di raccordo, concertazione e cooperazione tra lo 
Stato e le Regioni, alcune delle quali hanno già definito proprie procedure di certificazione che però 
si dovranno integrare alla normativa nazionale, pur nel rispetto delle peculiarità di ciascuna 
Regione. Le disposizioni contenute nelle Linee Guida si applicano alle Regioni e alle Province 
autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare dei propri strumenti di certificazione 
energetica degli edifici e perderanno la loro efficacia nel momento in cui entreranno in vigore gli 
strumenti attuativi regionali di certificazione energetica. 
Le linee guida definiscono principalmente: 
- Prestazione energetica degli edifici; 
- Metodologia di classificazione degli edifici; 
- Metodi di calcolo: Norme UNI TS 11300 parte 1 e 2 per il metodo di calcolo di progetto; le 
norme UNI TS 11300, il programma DOCET di ENEA/CNR ed il metodo semplificato 
riportato all’allegato 2 del Decreto , per il calcolo da rilievo o standard; per la parte estiva si 
effettua la valutazione del fabbisogno di energia termica mediante la UNI TS 11300, 
considerando caratteristiche specifiche dell’involucro legate a fattori di attenuazione e dallo 
sfasamento del flusso termico;  
- Rappresentazione grafica delle prestazioni e modello di attestato energetico. 
L’attestato di certificazione energetica deve contenere l’informazione sintetica in termini di 
classe energetica globale definita secondo le modalità riportate nell’Allegato 4 per la 
climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria. 
Per l’acqua calda sanitaria invece la classe limite di riferimento è definita sulla base dei 
valori delle tecniche nazionali. Le classi migliori (A, B, C) sono legate ad una riduzione di 
fabbisogno di energia dovuta all’uso di fonti rinnovabili. 
La rappresentazione grafica globale delle prestazioni energetiche (tachimetro) e della 
classificazione energetica è identificata come sommatoria delle prestazioni parziali relative 
alla climatizzazione invernale ed alla produzione di acqua calda sanitaria. 
- Classificazione energetica per i singoli appartamenti. 
 
1.8 La direttiva 2010/31/CE 
 
Nel 2010 è entrata in vigore la direttiva europea 2010/31/CE sul rendimento energetico degli 
edifici, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea il 18 giugno 2010. 
La Direttiva 2010/31/CE, in vigore dal 9 luglio 2010, abroga, con effetto dal 1° febbraio 2012, la 
Direttiva 2002/91/CE. 
La Direttiva, come specifica l'art.1, “promuove il miglioramento della prestazione energetica degli 
edifici all'interno dell'Unione, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché 
delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni e all'efficacia sotto il profilo dei costi”. 
In particolare la nuova normativa europea fornisce disposizioni su: 
- metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità 
immobiliari; 
- applicazione di requisiti minimi alla prestazione energetica di edifici e unità immobiliari 
- certificazione energetica degli edifici o delle unità immobiliari; 
- sistemi di controllo indipendenti per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di 
ispezione; 
- piani nazionali destinati ad aumentare il numero di “edifici a energia quasi zero”;
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- ispezione periodica degli impianti di riscaldamento e condizionamento d'aria negli edifici; 
La direttiva prevede che gli Stati membri definiscano  una metodologia di calcolo della prestazione 
energetica degli edifici e stabiliscano requisiti degli impianti tecnici per l'edilizia relativamente: 
- al rendimento energetico globale 
- alla corretta installazione e alle dimensioni 
- alla regolazione e al controllo adeguati 
Tali requisiti, stabiliti per il caso di nuova installazione, sostituzione o miglioramento di sistemi 
tecnici per l'edilizia, si applicano per i seguenti impianti: 
- impianti di riscaldamento; 
- impianti di produzione di acqua calda; 
- impianti di condizionamento d'aria; 
- grandi impianti di ventilazione. 
Entro il 31 dicembre 2020 è previsto, infine, che tutti gli edifici di nuova costruzione siano “edifici 
a energia quasi zero”, cioè edifici ad altissima prestazione energetica, il cui fabbisogno energetico 
dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili. Per gli edifici 
pubblici tale scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018. 
1.9 Il decreto legislativo 28/2011 
Nel 2011 è stata apportata una modifica al D.Lgs. 192/2005 attraverso il Decreto Legislativo n. 28 
del 3 marzo 2011: è stato introdotto l’obbligo di inserire nei contratti di compravendita o di 
locazione una clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le 
informazioni relative alla certificazione energetica; si prevede dal 1 gennaio 2012 che gli annunci 
commerciali di vendita di edifici o di singole unità immobiliari riportino l’indice di prestazione 
energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica. Si è stabilito inoltre: 
- per gli edifici di superficie minore di 1000 m
2
 e realizzati prima del 8 ottobre 2005 si può 
evitare l’attestato di certificazione energetica compilando un’autocertificazione energetica di 
classe G, ovvero si attesta che la casa o l’edificio ha il parametro più alto della scala e quindi 
quello più basso; 
- dal 31 maggio 2012 una copertura del 50%, del fabbisogno di energia termica per la 
produzione di acqua calda sanitaria; 
- l’obbligo di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili la cui potenza (P) è 
proporzionata alla superficie in pianta dell'edificio al livello del terreno (S) mediante la 
relazione P = S/K; 
- la predisposizione dell’attestato di certificazione energetica dell’edificio pubblico, con 
esposizione al pubblico della targhetta energetica nei contratti relativi alla gestione degli 
impianti termici odi climatizzazione degli edifici pubblici; 
- un bonus volumetrico del 5%  per i progetti di edifici di nuova costruzione e di 
ristrutturazione che assicurino una copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il 
raffrescamento in misura superiore di almeno il 30 per cento rispetto ai valori minimi 
obbligatori indicati nell'Allegato 3; 
- la qualifica professionale per l’attività di installazione e di manutenzione straordinaria di 
caldaie, caminetti e stufe a biomassa, di sistemi solari fotovoltaici e termici sugli edifici, di 
sistemi geotermici a bassa entalpia e di pompe di calore, è conseguita col possesso dei 
requisiti tecnico professionali previsti dal D.M. 37/08;
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- l’incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. 
1.10 Le norme UNI TS 11300 del Comitato Termotecnico Italiano 
La Direttiva europea 2002/91/CE ha previsto l’emanazione di norme tecniche europee per 
armonizzare le procedure e i metodi per la verifica dei requisiti energetici e per la certificazione 
energetica degli edifici. A tal fine la Commissione europea con il mandato M/343 ha chiesto agli 
organismi di formazione europei (CEN, CENELEC, ETSI) di emanare un pacchetto di norme 
armonizzate che devono essere a supporto della Direttiva 2002/91/CE e servire da guida a tutti gli 
Stati membri. Attualmente il pacchetto di norme, denominato pacchetto EPBD (Energy 
Performance Building Directive) è composto da circa 40 norme. In Italia il Comitato Termotecnico 
Italiano ha voluto tradurre e riassumere tali norme allo scopo di fornire uno strumento agile e di 
immediata consultazione per le pratiche di certificazione energetica, sviluppando tre norme 
pubblicate dall’UNI: nel maggio 2008 le prime due (UNI TS 11300 parti 1 e 2) e nel maggio 2010 
la terza (UNI TS 11300 parte 3). Tali norme servono per la determinazione delle prestazioni 
energetiche degli edifici relative rispettivamente alla climatizzazione invernale e la produzione di 
acqua calda per usi igienico-sanitari, alla climatizzazione estiva e alla ventilazione per il 
raffrescamento. È in fase di emanazione un’altra norma (UNI TS 11300 parte 4) relativa alla 
determinazione delle prestazioni energetiche riguardanti l’utilizzo di fonti rinnovabili e di altri 
metodi di generazione per il riscaldamento e preparazione di acqua calda sanitaria. 
La norma UNI TS 11300 parte 1 ha lo scopo di definire: 
- i dati di input dell’edificio richiesti per il calcolo del fabbisogno di energia per il 
riscaldamento, secondo la UNI EN ISO 13790/2008 (caratteristiche tipologiche, termiche, 
costruttive, dati climatici, modalità di occupazione); 
- i dati utili per la caratterizzazione dell’edificio (anno di costruzione, tipologia costruttiva, 
finiture esterne); 
- le procedure e le modalità per il rilievo dei dati in campo (qualora non si disponga dei dati di 
progetto); 
- le ipotesi di calcolo da adottare per la certificazione energetica degli edifici (con riferimento 
alle norme, al periodo di calcolo, zone termiche…) 
La norma UNI TS 11300 parte 2 descrive la procedura per il calcolo dei rendimenti medi riferiti ad 
un periodo prefissato dei componenti dei sistemi impiantistici impiegati nel riscaldamento 
dell’ambiente e nella produzione di acqua calda sanitaria. In particolare con questa norma possono 
essere determinati il rendimento medio mensile del sistema di emissione o erogazione, il 
rendimento medio mensile del sistema di controllo o regolazione, il rendimento medio mensile 
dell’eventuale sistema di accumulo, il rendimento medio mensile del sistema di generazione, il 
rendimento globale medio stagionale del solo sistema di riscaldamento, sola produzione di acqua 
calda sanitaria e dei sistemi impiantistici combinati (riscaldamento + acqua calda sanitaria). 
In particolare la norma contiene: 
- il calcolo del fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento e dei rendimenti di 
impianto; 
- il calcolo del fabbisogno di energia per la produzione di acqua calda per usi igienico 
sanitari; 
- i dati relativi ai sistemi impiantistici; 
- il calcolo e il rilievo dei consumi.
Capitolo 1                                          La normativa in Italia sul risparmio energetico nell’edilizia  
 
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La norma UNI TS 11300 parte 3 invece fornisce dati e metodi per la determinazione: 
- dei rendimenti e dei fabbisogni di energia dei sistemi di climatizzazione estiva; 
- dei fabbisogni di energia primaria per la climatizzazione estiva. 
La norma si applica a sistemi di nuova progettazione, ristrutturati o esistenti: 
- per il raffrescamento; 
- per la climatizzazione estiva. 
La norma consente: 
- il calcolo delle perdite di emissione, regolazione, distribuzione ed accumulo dell’impianto e 
il calcolo dell’energia eventualmente recuperata; 
- il calcolo del fabbisogno per il trattamento dell’aria; 
- il calcolo del fabbisogno di energia elettrica per ausiliari degli impianti di climatizzazione; 
- il calcolo del coefficiente di prestazione medio mensile η
mm
 delle macchine frigorifere, 
attraverso la valutazione dei dati prestazionali di riferimento forniti dai costruttori; 
- il calcolo del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione estiva.
Capitolo 2  Relazione tecnico - illustrativa dell’edificio pubblico sito a Castelmassa considerato  
 
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Capitolo 2 
Relazione tecnico – illustrativa dell’edificio pubblico sito a Castelmassa 
considerato 
 
L’edificio considerato è il Municipio del Comune di Castelmassa, nell’Alto Polesine. 
 
 
 
 
 
 
Locazione: Castelmassa 
 
 
 
 
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Locazione edificio 
 
2.1 Cenni storici 
 
L’edificazione dell’attuale Municipio risale alla seconda metà del XVII secolo, quando la nobile 
famiglia Montecatini di Ferrara decise di far costruire una villa di campagna a Massa Superiore. La 
scelta fu determinata dal fatto che i Montecatini erano proprietari di molti beni fondiari nel 
comprensorio massese.  
Il vasto caseggiato con stalla, fienile, pozzo, orto ed altre rimesse, situato nella piazza, come riporta 
il rogito confinava – e confina ancora oggi – a nord con uno stradello dell’Abate Bellini, a est con la 
pubblica strada detta Magnana (ora via Cesare Battisti) e a ovest con la strada comune che arrivava 
alla proprietà della chiesa parrocchiale (ora via Pasi). 
Successivamente l’edificio passò di proprietà per asse ereditario al marchese Bevilacqua e in 
seguito per compravendita alla famiglia Bresciani. 
Nel 1867 il comune di Massa Superiore, dopo la liberazione dal dominio austriaco, acquistò la villa 
per poter provvedere alla locazione dei propri uffici, delle scuole elementari e del telegrafo, nonché 
per la necessità di usufruire di un piazzale per il mercato settimanale (attuale piazza Garibaldi ex 
foro boario). Per molti anni il Palazzo ha ospitato gli uffici delle Poste e telegrafo, della scuola
Capitolo 2  Relazione tecnico - illustrativa dell’edificio pubblico sito a Castelmassa considerato  
 
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d’arte, della scuola media “Giacomo Sani”. L’ultimo importante restauro della facciata fu eseguito 
nel 1924 con un costo di 34.000 lire; da allora si sono succeduti vari interventi di ritinteggiatura, 
sostituzione delle grondaie e da ultimo l’uso di materiali plastici applicato in facciata quale 
elemento di finitura. 
 
Infatti negli anni ’70 le facciate della sede municipale furono trattate in superficie con materiali 
plastici. Tali prodotti che non fanno traspirare la muratura hanno causato la risalita di umidità e di 
conseguenza lo stacco di intonaci. 
L’incuria e le mancate manutenzioni hanno portato allo stato di degrado, che ha portato nel 2005 a 
dei lavori di ristrutturazione, con la rimozione di tutti gli elementi inutilizzati come ganci, chiodi, 
scatole di derivazione incassate e non, vecchi cavi telefonici ed elettrici. 
I vecchi pluviali sono stati sostituiti, utilizzando però gli antichi terminali in ghisa. 
È stato demolito lo zoccolo in calce di grosso spessore  e l’intonaco fino all’altezza di 4,20 metri, 
mentre per la rimanente parte di facciata si è asportata la verniciatura in materiale plastico ed è stata 
ripristinata quella parte di intonaco staccato dalla muratura, con rasatura tramite apposita malta fine 
premiscelata, composta da calci aeree, calci idrauliche ed inerti selezionati. 
L’intonaco demolito fino a 4,20 metri è stato ripristinato mediante la posa di intonaco 
deumidificante applicato a più strati (rinzaffo antisale e deumidificante a base di calce idraulica 
naturale e silici amorfe espanse). 
Sono state ripristinate le cornici marcapiano esistenti ai primi del Novecento mediante l’utilizzo di 
calce idraulica premiscelata. 
È stato provveduto al ripristino, pulizia e restauro dei bancali. È stato posto in opera un basamento 
in marmo rosa di Verona di sezione trapezioidale a completamento e raccordo con i marciapiedi 
dello stesso materiale. 
È stato restaurato il portale dell’ingresso e tutte le inferriate sono state sverniciate e 
successivamente riverniciate con due mani di vernice. 
Infine è stata eseguita la coloritura delle facciate mediante l’utilizzo di vernici siloxaniche in 
tonalità di colore giallo, mentre le parti in rilievo (portale, marcapiano e cornicione) sono state 
dipinte di colore bianco. 
 
Prima del restauro 
 
Dopo il restauro