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Capitolo I 
Giovanni Bovio: vita, opere, politica 
 
«Giovanni Bovio — cittadino di spartana austerità — fra il mercimonio 
affannoso dei politicanti — pensatore solitario — fra lo strepito di 
cozzanti dottrine — artefice possente di stile — fra la pretenziosa 
nullaggine dei parolai — traversò impavido — le torbide correnti del 
secolo — e ne uscì puro a fronte alta — con l'animo illuminato — dalla 
fede confortevole — nell'ascensione perpetua del pensiero umano.» 
Mario Rapisardi 
 
Sono queste toccanti e incisive parole racchiuse in poche righe da un 
epigrafe a lui dedicata dall’amico e poeta italiano Mario Rapisardi, con 
le quali ho scelto di introdurre la figura di Giovanni Bovio, pensatore, 
filosofo e politico nelle fila del partito repubblicano, che ha occupato 
un ruolo rilevante sotto il profilo storico-politico nell’Italia postunitaria 
fino a toccare i primi anni del ‘900.  
 
1.1 La vita 
La famiglia Bovio originaria di Altamura, in provincia di Bari, prima 
dell’anno 1799 era ricca, ma a seguito della catastrofe repubblicana 
che travolse la città, perdette ogni avere e si trasferì a Trani. Fu qui 
che il 6 febbraio 1837 in una modesta casa di via Mario Pagano, 
nacque Giovanni Bovio, quinto dei sei figli di papà Nicola, modesto
9 
impiegato di cancelleria, e di mamma Chiara Pasquino. Trascorse la 
sua fanciullezza e la sua giovinezza a Trani, tra le ristrettezze 
economiche familiari e l'insaziabile sete di sapere che fin da piccolo lo 
spinsero a leggere e a interessarsi di cultura. In relazione alla sua 
formazione dobbiamo evidenziare come il filosofo, non seguì mai un 
regolare percorso di studi e ciò non tanto per le disagiate condizione 
economiche della famiglia, come egli stesso più di una volta sostenne, 
quanto poiché di carattere forte, egli risultava ribelle ad ogni sistema 
precostituito di formazione. Ben presto però, essendo dotato di una 
straordinaria memoria, intraprese un personale percorso di formazione 
culturale, compiendo numerosi studi da autodidatta e attingendo il più 
delle volte a libri riguardanti il mondo classico, umanistico e 
filosofico, che riusciva a ottenere in prestito da conoscenti, ciò gli 
permise in pochi anni di formarsi da solo una vasta cultura. Tuttavia 
anche se dopo questi anni di intenso studio sembrava già aver 
sviluppato un suo primo e generale pensiero politico, decise 
comunque di rimanere estraneo al mondo della politica fino alla 
caduta dei Borboni.  
Nel 1860, aderì invece al nuovo ordine di cose, senza però partecipare 
attivamente alla vita pubblica, e chiese invano che gli fosse assegnata 
una cattedra di liceo per potersi dedicare alla stesura di un lavoro 
filosofico di grande ambizione, Il Verbo Novello, sistema di filosofia 
universale
2
, quello che resterà il suo primo grande lavoro. Nell’opera, 
pubblicata con l’aiuto economico di alcuni amici, Bovio procedeva 
all’esposizione di un sistema filosofico complesso, che si proponeva 
come fine ultimo quello del superamento del sistema hegeliano e di 
                                                           
2
 Bovio G., Il Verbo Novello: sistema di filosofia universale, Bari, Tip. de’ Socii Cannone, 1864.
10 
quello giobertiano, considerati rispettivamente le ultime 
manifestazioni del panteismo e del teismo. Questa sua prima opera, 
inviata a molti importanti esponenti della cultura italiana, ricevette un 
apprezzamento unanime, in particolar modo per la maturità del 
pensiero riscontrato nella concezione filosofica boviana e per la 
larghezza della sua dottrina. Evento questo che gli procurò inoltre una 
certa notorietà, ben presto ampliata dal successo ottenuto con la 
stesura di altre due operette, la tragedia L’Urea
3
 e il dialogo Cesalpino 
al letto del Tasso
4
. Tuttavia nonostante questa piccola parentesi, data 
dal successo delle sue opere, non venne per Bovio la tanto sperata 
sistemazione, benché nel 1866 avesse provato ad ottenere a Bari un 
posto di bibliotecario, e l’anno successivo, nella stessa città, concorse 
per una cattedra di diritto penale. Per guadagnarsi da vivere continuò a 
svolgere a Trani l’attività di insegnante privato dando lezioni di diritto, 
di letteratura e di filosofia; ma la sua in quel periodo fu una vita 
vissuta in maniera molto stentata, soprattutto in seguito alla scomunica 
del vescovo dopo la pubblicazione del Verbo Novello
5
. In questa fase 
della sua vita, il Bovio, dedito all’insegnamento e agli studi, pur 
mostrando nei suoi ragionamenti e nei suoi scritti una certa 
propensione verso una forma di liberalismo avanzato, continuò ancora 
a interessarsi poco di politica, fino a quando nel 1868 non ebbe 
l’occasione d’incontrare e di conoscere lo scrittore e patriota Edoardo 
Pantano, giunto nelle Puglie per diffondere la mazziniana Alleanza 
repubblicana universale. Fu proprio quest’incontro a segnare 
l’ingresso del nostro filosofo nella vita politica, aderendo sin dal 
primo momento al movimento repubblicano, nei cui ideali riteneva si 
                                                           
3
 Bovio G., L’Urea, Bari, Tipografia Nazionale, 1867. 
4
 Bovio G., Cesalpino al letto del Tasso, Milano, C. Barbini, 1868. 
5
 Bovio G., Il Verbo Novello: sistema di filosofia universale, op. cit.
11 
rispecchiasse meglio il suo pensiero. Alla fine del 1869 Bovio, 
ventitreenne fu costretto a trasferirsi a Napoli perché continuamente 
osteggiato dagli ambienti clericali tranesi. Proprio a Napoli che 
divenne sua città d’adozione, morirà povero e incontaminato
6
 il 15 
aprile 1903, dopo aver fatto trepidare l’Italia per un lungo periodo a 
causa della sue condizioni di salute. E’ nella città partenopea che 
Giovanni Bovio continuò a dedicarsi alla sua attività d’insegnamento 
privato, collaborando con la scuola del noto giureconsulto e massone 
Luigi Zuppetta con cui istaurò sin da principio un ottimo rapporto 
d’amicizia, nel frattempo inoltre collaborava anche con alcuni 
periodici e riviste politiche e letterarie cittadine. Il suo obiettivo 
restava però sempre quello di cercare una stabile sistemazione e così 
dopo diverse richieste di cattedre nei licei, ottenne nel 1872, dopo aver 
sostenuto un esame in quanto sprovvisto di laurea, la libera decenza in 
filosofia del diritto presso l’università di Napoli. Da questo momento 
il professor Bovio divenne uno delle personalità più amate dell’ateneo 
napoletano, apprezzato e rispettato dai colleghi ma soprattutto dai suoi 
studenti. La sua vita fatta di lotte, di orazioni grondanti impegno dì 
uomo giusto, dal forte ingegno e con un’eccezionale carica morale ed 
ideale; di lezioni da vero maestro impartite dalla sua cattedra 
universitaria, ebbe una fase particolarmente significativa durante il 
colera del 1884 che aveva assunto proporzioni spaventose in città. 
Egli in quell’occasione si prodigò per l'organizzazione e la 
razionalizzazione dell'intervento dei volontari, coordinando i massoni 
dell’associazione di volontariato Croce Verde, che intervennero 
direttamente in soccorso della povera gente. 
                                                           
6
 Come ricorda lo scrittore M. Rapisardi in un’altra epigrafe a lui dedicata.
12 
1.2 Le prime opere impegnate e di carattere politico 
Fu proprio presso l’ateneo partenopeo che Bovio ebbe modo di 
approfondire i suoi studi sulle tematiche etico-giuridiche, 
concentrandosi in particolar modo su una materia specifica, la 
filosofia del diritto e dando così corpo al Saggio critico del diritto 
penale
7
. Quest’opera rappresenterà una guida importante anche per le 
generazioni successive di giuristi, con una prima parte molto 
interessante che verte sulla eterogeneità del rapporto tra reato e pena. 
Il filosofo sosteneva che essendo questi ultimi, termini fra loro 
incommensurabili, essi sfuggono a una valutazione etico-giuridica che 
poggia sul principio della proporzionalità, pertanto a suo giudizio la 
fenomenologia del reato si muove non sul terreno della giustizia, ma 
su quello storico positivo, che vede lo scontro di gruppi opposti, 
rispetto a cui lo Stato deve gradualmente affermarsi come termine 
medio, col compito di dare equilibrio ai conflitti storici. In particolar 
modo nel saggio si pone lo Stato come termine intermedio tra la 
società, che tende alla conservazione, e l’individuo che invece 
all’opposto tende alla trasformazione, esplicando il suo compito 
attraverso il diritto penale; pertanto è attraverso il progresso della 
civiltà che la sfera del diritto penale tenderà a diminuire e lascerà 
posto a quella del diritto civile. Certamente in questo, che è uno dei 
suoi primi scritti, non sfugge a lui l’apporto progressista del 
socialismo, ma ne intuisce i limiti e le implicazioni contraddittorie. 
Così, nonostante la sua costante fiducia nella forza propulsiva della 
ragione umana, Bovio aveva compreso comunque che non era 
possibile attribuirle l’insostituibile funzione etico-giuridica, che 
                                                           
7
 Bovio G., Saggio critico del diritto penale, Milano, E. Sonzogno, 1882.
13 
invece solo lo Stato poteva esercitare. Intensa fu anche l’attività 
letteraria e fin dalla giovinezza compose poesie, bozze e articoli di 
letteratura e di critica pubblicati in vari giornali e riviste. Nel periodo 
della maturità arrivò a produrre anche alcuni drammi in prosa come: 
Cristo alla festa di Purim
8
, San Paolo
9
, Il Millennio
10
, alcuni dei quali 
furono anche rappresentati. La sua trilogia di drammi a soggetto 
religioso suscitò immediatamente enorme scalpore nel mondo 
ecclesiastico e una vera e propria polemica tra il fronte laico, schierato 
in difesa di Bovio, e i cattolici
11
. Inoltre in concomitanza con la sua 
ricerca, che aveva come intento quello di collocare la critica penale su 
un nuovo fondamento etico, il Bovio si avviava ad affrontare temi di 
più immediata rilevanza politica. Era infatti dai tempi della sua venuta 
a Napoli e dell’incontro con Zuppetta, già vecchio esponente della 
democrazia, che sul finire del 1869 con la partecipazione 
all’anticoncilio, il nostro filosofo entrava apertamente tra le file dei 
repubblicani, assumendo però inizialmente un atteggiamento critico 
nei confronti delle correnti tradizionali, in particolar modo verso il 
mazzinianesimo. Seppur legato all’eroe genovese da un rapporto di 
profonda stima e ammirazione, Bovio riteneva le dottrine di Mazzini 
ormai superate dai tempi, e come si percepisce anche nei numerosi 
scritti
12
 che nella sua vita frequentemente gli dedicò, lo considerava 
come uno dei grandi “iniziatori della civiltà”, arrivando a paragonarlo 
talvolta a Socrate e a Cristo. Allo stesso tempo però, collocandolo nel 
                                                           
8
 Bovio G., Cristo alla festa di Purim, Napoli, Iride, 1887. 
9
 Bovio G., San Paolo, Napoli, Edizione del periodico Fortunio, 1895. 
10
 Bovio G., Il Millennio, Napoli, Fortunio, 1895. 
11
 Tra i maggiori scritti contro la trilogia religiosa boviana vanno segnalati:  
-. Barba F. M, Esame critico del dramma di Bovio, Napoli, Tip. Giannini, 1894.  
-. Delfino G, La critica del dialogo San Paolo di Giovanni Bovio, Reggio Calabria, 1895. 
12
 Uno dei più importanti è: Bovio G., Mazzini /Giovanni Bovio con prefazione di C.Romussi, 
Milano, Sonzogno, 1905.
14 
contesto storico in cui ci si trovava, riteneva Mazzini come una figura 
non più attuale nel panorama politico. Uno dei temi che furono a lui 
più cari, essendo per natura portato alla sintesi e alla mediazione 
riguardava la possibilità del superamento del dissidio fra mazziniani e 
internazionalisti, inaspritosi dopo il 1871; ritenuto tale dissidio non 
insormontabile dal nostro Bovio, egli cercò pertanto di proporre una 
formula che avvicinasse le diverse correnti democratiche. E’ questa la 
fase in cui si vengono prodotte le opere boviane a carattere politico 
più importanti come il volume Discorsi politici
13
, che seppur in quegli 
anni ancora così poco conosciuti, furono emblematici e chiarificatori 
di tanti aspetti controversi o ancora fraintesi della sua personalità; è in 
questi scritti che l’ideale repubblicano veniva fatto scaturire dallo 
stesso processo unitario. Viene affrontato il problema, in quel 
momento così vivo, della concezione della libertà e di conseguenza il 
tema dello Stato. Sono proprio questi due elementi così importanti a 
divenire quasi i capisaldi attorno ai quali ruota tutto il pensiero 
politico boviano, essi infatti appaiono come entità unite da un 
inscindibile legame di interdipendenza
14
. Riflettendo proprio sulla 
funzione dello Stato, il Bovio ebbe ad affermare: “Se torna quella 
perduta felicità di tempi edennici, lo Stato manderemo a spasso, 
aboliremo i codici, le armi, la moneta, i tribunali e ci rimarremo 
contenti alle foglie del fico. Ma la Storia, giudicata senza utopie e 
senza desideri, è un duello senza tregua, del quale arbitro eterno è lo 
Stato[…]”
15
.  
 
                                                           
13
 Bovio G., Discorsi politici illustrati da una dissertazione sul diritto di punire, Napoli, Tipografia 
dell’industria, 1873. 
14
 Napolitano N., G.B., Cesena, Edizioni l’Antistato, 1960. 
15
 Bovio G., Discorsi politici illustrati da una dissertazione sul diritto di punire, cit., p. 28.
15 
1.3 Le questioni politiche e sociali: l’avvicinamento alla politica 
Compiuta l’unità nazionale sotto la spinta egemonica della monarchia, 
Bovio dopo il 1870 riteneva che dovesse essere affrontato un 
problema istituzionale totalmente nuovo, che si sostanziava nella 
necessità di rovesciare l’istituto monarchico e fondare l’uguaglianza 
civile e politica su basi repubblicane. Auspicava pertanto il 
superamento delle diverse posizioni dottrinali dei gruppi repubblicani, 
al fine di aderire ad un programma comune, che ai suoi occhi appariva 
possibile. Per giungere a questo scopo, tendeva a precisare la sua 
posizione nell’ambito della democrazia italiana, e prendendo le 
distanze sia dai mazziniani che dai federalisti e dagli internazionalisti, 
egli andava a porsi in una categoria a sé stante da lui stesso concepita, 
ovvero quella che chiamò dei fautori dell’aristocrazia elettiva. Egli 
considerava la monarchia come l’attuale realtà e ne conseguiva quindi 
che la repubblica fosse un’utopia, pertanto si dichiarava apertamente 
utopista. Immaginava una repubblica in cui tutti fossero elettori, 
grazie all’estensione universale del suffragio, motivo questo di accese 
battaglie condotte fino agli ultimi giorni di vita, ma in cui allo stesso 
tempo gli eleggibili fossero solo in pochi. Questi ultimi dovevano però 
essere scelti tra coloro che emergevano per capacità e moralità e 
nominati con mandata temporaneo e revocabile in modo da permettere 
ai cittadini un più semplice controllo della ristretta cerchia 
aristocratica che guidava lo Stato. Nel corso dei suoi studi politici e 
filosofici ininterrottamente portati avanti dal nostro filoso, vengono 
affrontati temi come quello dell’istituto monarchico, che a suo 
giudizio potrà restare in vita fino a quando dovrà risolvere il problema 
della libertà, dopodiché, in quanto contrario a questo principio, sarà
16 
costretto a cadere. La sua filosofia, colma di determinismo, fu definita 
da molti come una sorta di naturalismo matematico che lo spinse tra 
l’altro a definirsi rispetto agli anarchici. Egli pertanto arrivò a definire 
la forma repubblicana come una concezione politica a metà strada tra 
la monarchia e l’anarchia, ovvero tra una sorta di ipertrofia dello stato 
e la sua totale anarchica abolizione. A tal proposito possiamo riferire 
un aneddoto verificatosi in occasione dell’attentato da parte 
dell’anarchico Gaetano Bresci al re Umberto I; in quell’occasione 
infatti l’on. Bovio invitò tutti gli anarchici a desistere dalla violenza, 
poiché in sostanza un’esagerazione degli atti sanguinari compiuti dagli 
anarchici avrebbe prodotto un rafforzamento coattivo dell’unità 
costitutiva, allontanando quindi il momento dell’avvento della 
repubblica. A differenza della teoria socialista, Bovio riteneva che il 
nuovo stato a venire avrebbe avuto una forma storica ben delineata e 
non potendosi esclusivamente concentrare su basi economiche, 
diffondeva una concezione formale dello Stato che cercò di prendere 
piede anche presso i ceti operai. Affermava: “Prenderete quel lato che 
il tempo adduce, e come, per una certa legge che lima i disegni umani, 
i repubblicani della passata generazione fecero la monarchia italiana, 
così i socialisti faranno la repubblica”
16
. 
In Bovio, troviamo il tentativo di superare l’idealismo della metafisica 
e insieme con esso l’approccio empirico del positivismo, 
fondamentalmente fu suo il merito di introdurre in Italia l’eco delle 
nuove correnti speculative della filosofia del diritto e in particolar 
modo si fece promotore per il partito repubblicano, di nuovi nessi e 
prospettive europee e nazionali. Al contempo proliferarono anche le 
                                                           
16
 Bovio G., Il secolo nuovo: scritti,discorsi, pagine,pensieri, epigrafi, Roma, Libreria politica 
moderna, 1923, p. 22.