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1.1 Esegesi dei libretti di deposito a risparmio  
 
 
La piø antica origine dei libretti di deposito a risparmio rinvenibile nei 
testi legislativi, era costituita dagli artt. 22-28 contenuti nel T.U. per le casse 
di risparmio1 ed i monti di credito su pegno di prima categoria2, approvato con r.d. 
del 25 aprile 1929, n. 967
3
. 
                                                 
1Nate nell ottocento, per incoraggiare la formazione del risparmio presso le classi popolari, 
industriali e rurali, (da raccogliere ed impiegare in titoli pubblici) e per concedere credito 
all industria, al commercio e all agricoltura (specie in forma di mutuo ipotecario), le Casse 
italiane sono stare regolate ciascuna solo dal proprio statuto, fino alle norme legislative 
comuni introdotte dalla l. 15.7.1888 n. 5546 e dal suo regolamento del 1897, piø volte 
modificati ed infine sostituiti dal r.d. 25.4.1929 n. 967, testo unico delle leggi sulle Casse di 
Risparmio e sui Monti di Piet  di prima categoria: TUCR -abrogato dal TUBC nel 1993- e 
dal regolamento approvato con r.d. 5.2.1931 n. 525. Con il TUCR, alle Casse sono stati 
assimilati sotto la stessa disciplina i Monti di piet , rinominati, Monti di credito su pegno di 
prima categoria -ex l. 10.5.1938 n. 525-. In particolare l art. 1del TUCR definiva le Casse 
di risparmio come:  Istituti che si propongono di raccogliere depositi a titolo di risparmio 
e di trovare ad essi conveniente collocamento . Esse avevano personalit  giuridica di 
diritto pubblico e in massima parte erano controllate da enti pubblici. Le Casse ed i Monti 
di prima categoria erano assimilati alle aziende di credito private -dal d.p.r. 27.6.1985 n. 
350- per quanto concerne il riconoscimento della natura d impresa e l operativit . Nel 1990 
operavano in Italia 75 Casse e 7 Monti di prima categoria con 4.689 sportelli. Sotto 
l impulso delle due direttive di coordinamento bancario  -Prima Direttiva 77/780/CEE e 
Seconda Direttiva 89/646/CEE- recepite dalla legge Amato - Carli del 1990, le Casse hanno 
assunto la forma di societ  per azioni -Cassa di Risparmio S.p.A- e si sono trasformate in 
fondazioni con finalit  di interesse pubblico e di utilit  sociale -fermo restando l obbligo 
della permanenza del controllo pubblico in modo tale che la privatizzazione fosse solo 
formale-. Le stesse, hanno quindi assunto la forma di societ  commerciali private 
disciplinate dal codice civile e dalle norme in materia bancaria, cos  come le altre banche 
operanti nel settore del credito. Ad oggi, molte ex casse sono state cedute o fuse con altre 
banche, riducendo od annullando la precedente partecipazione pubblica di controllo. 
2L origine dei Monti di Piet  risale, invece, al medioevo; nate per dare credito su pegno, 
d importo anche minimo a modico interesse, a favore dei poveri per contrastare l usura e 
alleviare l indigenza. Fino al Settecento i Monti sono disciplinati solo dai propri statuti; con 
l ottocento, nel nostro Paese vengono fatti rientrare nel novero delle opere pie e degli 
istituti pubblici di beneficenza ed assistenza; fino ad arrivare all assimilizzazione dei Monti 
con le Casse di risparmio, che diviene completa con il TUCR.  
3Allo stato attuale abrogato dall art. 161.1 del T.U. delle leggi bancarie e creditizie- 
approvato con decreto legislativo 1.9.1993, n. 385 e successive modifiche-. Con il TUBC 
del 1993 i Monti di prima categoria hanno seguito le stesse sorti delle Casse di Risparmio 
10 
 
Una dettagliata tipologia dei libretti di deposito, era quindi reperibile ed 
elencata minuziosamente dall art. 22 R.D. del 25 aprile 1929 sul 
riordinamento delle casse di risparmio e dei monti di credito su pegno4. 
In particolare, l art. 22 prevedeva quattro tipi di deposito a risparmio. 
Innanzitutto il libretto nominativo, cioŁ quello intestato ad un nome. 
Il libretto nominativo si caratterizza in senso negativo rispetto agli altri 
tipi di libretto previsti, in conseguenza di una sua inidoneit  alla 
circolazione, non essendo destinato a fornire uno strumento per realizzare 
una trasmissione del credito corrispondente. Quanto detto non dipende tanto 
dal fatto che lo stesso rechi un intestazione nominativa5, quanto piuttosto Ł 
argomentabile dal riferimento alla disciplina positiva, e cioŁ al fatto che la 
disposizione contenuta nell art.1836, considerando liberatorio il pagamento 
effettuato dalla banca all esibitore del libretto (esclusi gli estremi in cui la 
banca stessa incorra nelle fattispecie del dolo o della colpa grave) anche se 
questi non Ł titolare del relativo credito, Ł dettata e si riferisce in modo 
univoco ai libretti pagabili al portatore e non invece a quelli nominativi: ci  
Ł da interpretare nel senso che, nella previsione legislativa, i libretti 
                                                 
4A norma dell art. 22 T.U. sulle Casse di risparmio:  I libretti di risparmio rilasciati al 
depositante al tempo del primo versamento sono nominativi, al portatore, o nominativi, ma 
pagabili al portatore. Quelli al portatore possono avere l indicazione di un nome . 
5
Il che sarebbe da escludere giacchØ esistono titoli di credito nominativi, che sono 
certamente destinati alla circolazione. 
11 
 
nominativi non sono stati ipotizzati come strumenti di circolazione del 
credito6  
Tuttavia, quanto affermato non esclude che vi possa essere una 
scissione fra l effettivo titolare del conto di deposito e chi riscuote l importo 
del libretto, in conseguenza della possibilit  di falsificazione dei documenti 
d identificazione della persona cui il libretto risulta intestato oppure per 
negligenza della banca nel controllarne l identit ; una tale scissione sar  
risolta nei termini previsti dalle norme generali sull adempimento 
dell obbligazione, e cioŁ sottoponendo la banca all onere della prova 
prevista dall art. 1189 del codice civile7. Appare quindi legittimo ritenere 
che il libretto non abbia una funzione di legittimazione, poichØ l esibitore 
viene identificato non in quanto soggetto portatore del documento, ma in 
quanto soggetto titolare del rapporto di deposito. Pertanto, sulla base di tali 
considerazioni, si Ł affermato che la funzione di tale documento, la cui 
esibizione Ł necessaria ai fini dell obbligatoriet  dell annotazione dei 
movimenti, risponde solo all esigenza probatoria di avere una 
documentazione circa l entit  del credito, senza aver riguardo nØ alla sua 
circolazione, nØ tantomeno alla legittimazione della sua riscossione8. 
                                                 
6MARTORANO F., I libretti di deposito, in G.B. Portale (a cura di), Le operazioni 
bancarie, I, GiuffrŁ, Milano ,1978, 390. 
7
Il 1 comma dell art. 1189 cos  recita:  Il debitore che esegue il pagamento a chi appare 
legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, Ł liberato se prova a essere stato in 
buona fede . 
8MARTORANO, I libretti di deposito, op. cit., 390. 
12 
 
Ad un esigenza di maggiore speditezza nella riscossione e di una 
 certa  trasferibilit  del credito, rispondeva la clausola  pagabile al 
portatore , in cui era proprio la previsione documentale ad operare una 
scissione tra il titolare del credito e il soggetto nei confronti del quale la 
banca era autorizzata ad adempiere la prestazione in esso contenuta con 
effetto liberatorio. 
La giurisprudenza tendeva a qualificare il soggetto cui era pagabile tale 
tipo di libretto nominativo, come una persona autorizzata dal creditore alla 
riscossione, cioŁ una sorta di mandatario all incasso. Tale qualificazione, 
per , non trovava adeguato fondamento nella disciplina, in quanto la banca 
non era tenuta a verificare che il soggetto che si presentava come portatore 
di questo libretto rivestiva la qualit  sostanziale di mandatario del titolare 
del conto, trattandosi, in pratica, solo di una persona alla quale la banca 
pagava con effetto liberatorio; la banca rimaneva quindi estranea al rapporto 
interno fra l intestatario del libretto e chi si presentava a riscuotere; rapporto 
che poteva essere della piø svariata natura e concretizzarsi sia in una mera 
autorizzazione a riscuotere che in una vera e propria cessione del credito.  
E  da rilevare che, ad oggi, relativamente alla tipologia dei libretti di 
deposito a risparmio, nelle n.b.u. la distinzione si riduce ai soli libretti 
nominativi ed al portatore, evidentemente, quello con clausola al portatore 
presentava incertezza di disciplina che ne sconsigliava l uso nonostante le 
13 
 
sue caratteristiche che lo rendevano uno strumento di risparmio  snello 9. 
Le incertezze suddette discendono soprattutto dal carattere equivoco del 
testo dell art. 1836 c.c. -regolante la legittimazione del possessore del 
libretto- che al 1  comma usa la dizione:  se libretto di deposito Ł pagabile 
al portatore ( )  ed al 2  comma parla di  libretti di deposito pagabili al 
portatore intestati al nome  di una determinata  persona , ha consentito di 
estrapolare tre diverse indicazioni dell ambito di applicazione della 
disciplina appena delineata: 1) il 1  comma dell art. 1836 si riferirebbe al 
libretto al portatore; il 2  comma dell art. 1836 al libretto contrassegnato da 
un nome; 2) il 1  e 2  comma dell art. 1836 si riferirebbero ai soli libretti al 
portatore; 3) il 1  comma dell art. 1836 si riferirebbe al libretto nominativo 
pagabile al portatore; il 2  comma invece al libretto al portatore 
contrassegnato da un nome.10. 
Questa tipologia di libretti, seppure in disuso o addirittura non piø 
esistente nella pratica di alcune banche11, allo stato attuale, nel nostro codice 
civile, c Ł ancora un riferimento (seppure di dubbia interpretazione a causa 
                                                 
9
 Il libretto nominativo pagabile al portatore, rappresentava infatti, uno strumento che 
consentiva di fatto una circolazione piø agevolata del credito corrispondente, evitando di 
ricorrere ogni volta che il titolare dello stesso si presentava alla banca per l incasso, alla 
formale prova della qualit  di cessionario; prova che Ł invece necessaria, qualora si tratti di 
un libretto nominativo  puro . 
10
 MAGGIOLO, voce Libretti di deposito, in Noviss. Digesto it., IX, Torino, 1963, 892; 
MARTORANO, I libretti di deposito, op. cit., 390 e ss. 
11
 Da alcuni autori, infatti, Ł stato addirittura eliminato dal novero delle possibili tipologie 
del libretto di risparmio. Si veda al riguardo: Gruppo di studio, Universit  Ca Foscari di 
Venezia, corso di diritto bancario- prof. A. Urbani- I libretti di deposito a Risparmio sono 
titoli di credito?, di Fochesato Giulia e Lucchese Gianna, consultabile sul sito: 
http://univelex.unive.it/Bancaria/GruppiStudio/Anni/2003-
2004/I%20libretti%20di%20deposito%20a%20risparmio%20sono%20titoli%20di%20credi
to.pdf. 
14 
 
della non chiarezza del dettato del secondo comma dell art. 1836) e per 
questo motivo meritano di essere inclusi in questa esposizione. Scopo del 
presente lavoro, Ł infatti anche quello di svolgere un analisi storica, che 
evidenzi in maniera critica, i vuoti normativi esistenti su tale forma di 
risparmio.  
Vi Ł poi il libretto al portatore, caso nel quale il diritto a riscuotere Ł 
riconosciuto al possessore in quanto tale, realizzandosi cos  una certa 
analogia con i titoli di credito. La dottrina qualifica tale tipo di libretto come 
un vero e proprio strumento di circolazione del credito, atteso che, come 
abbiamo visto, poteva costituire strumento di circolazione anche il libretto 
nominativo pagabile al portatore; la differenza tra i due tipi di libretto 
risiedeva nel fatto che mentre nel libretto nominativo pagabile al portatore la 
titolarit  del credito era sempre radicata nell originario intestatario del 
libretto, con la conseguenza che la banca poteva opporre all esibitore 
eventuali eccezioni fondate su altri rapporti intrattenuti con il primo e che le 
consentivano di negare in tutto o in parte l adempimento, nel libretto al 
portatore ci  non pu  avvenire, in quanto non esiste scissione tra 
l intestatario del conto ed il legittimato alla riscossione. 
Infine, c Ł il libretto al portatore contrassegnato da un nome12 che, 
come confermato dall art. 2 - secondo comma- delle norme bancarie 
                                                 
12Tipologia di libretti che, ancorchŁ ancora  menzionata dalle n.b.u. (art. 2, 2  comma) allo 
stato attuale non esiste in piø a seguito del recepimento nel nostro ordinamento della 
normativa europea di antiriciclaggio e lotta al terrorismo che esige la chiarezza dei rapporti 
finanziari che devono essere determinati e determinabili. 
15 
 
uniformi, costituiva una variante dei libretti al portatore, poichØ lo stesso 
articolo stabiliva che il libretto di risparmio Ł al portatore  anche se 
intestato ad un nome di una persona o Ł in altro modo contrassegnato . In 
tali tipi di libretti, pertanto, la presenza di un contrassegno nominativo 
rappresentava un semplice mezzo d’identificazione del documento 
nell ambito di altri della stessa serie, senza che ci  andasse ad influire sugli 
estremi della legittimazione a riscuotere. 
La tipologia di libretti esaminata veniva arricchita da quanto disposto 
dall art. 23 del T.U. n. 967 del 1929 13, che prevedeva la facolt , riservata 
alle Casse di Risparmio, di attivare, qualora tale possibilit  fosse stata 
contemplata dai loro statuti, una categoria speciale di libretti nominativi per 
determinati istituti di beneficenza e classi di persone aventi caratteristiche 
specifiche14. Con la delibera del 5 ottobre 1961, il CICR15 estendeva a tutte 
le aziende di credito la possibilit  di attivare tali tipi di libretti; si tratta dei 
cosiddetti  libretti di piccolo risparmio speciale  il cui intento, attraverso 
una loro migliore remunerazione, era quello di favorire e tutelare in modo 
migliore il risparmio. Al riguardo, taluno ha ritenuto che tale normativa non 
                                                 
13Allo stato attuale abrogato, come detto, dall art. 161.1 del t.u. delle leggi bancarie e 
creditizie. 
14Caratteristiche rinvenibili nei seguenti punti: 1) la previsione di un limite piø basso 
relativamente al minimo di ciascun versamento; 2) un limite previsto nel deposito fruttifero; 
3) un saggio piø alto nell interesse previsto. 
E  disposto inoltre che, quei libretti, non devono oltrepassare una determinata proporzione 
con la somma totale depositata. 
15La notizia di tale delibera Ł riportata in ABI, La legge bancaria, Roma, 1978, I, 357. 
Analoghe norme a quelle stabilite per le casse in tema di libretti speciali erano previste, 
peraltro, anche per le banche popolari - art. 11 del d.l. 20 febbraio 1948, n.105- e per le 
casse rurali ed artigiane - art. 14, comma 2 del T.U. approvato con r.d. 26 agosto 1937, n. 
1706 e successive modificazioni-. 
16 
 
fosse altro che l evidenziazione di una normale e sottointesa funzione 
economico-sociale che andrebbe comunque riconosciuta al libretto in 
generale, cioŁ quella di favorire la formazione e la raccolta della  moneta 
risparmio ; in conseguenza di ci , il libretto di piccolo risparmio speciale, 
veniva a rappresentare uno strumento di previdenza, offerto alle classi meno 
abbienti allo scopo di accantonare il denaro necessario per affrontare delle 
necessit  impreviste 16. Quest ultima caratteristica veniva poi confermata 
dalla circostanza che tali tipi di libretti erano previsti, inizialmente, proprio 
per quegli enti bancari -le Casse di Risparmio- che piø di altri istituti 
avevano finalit  di assistenza e di beneficenza 17. 
Una simile impostazione, collegabile al concetto del c.d.  risparmio-
previdenza  e che fu messa in dubbio, a suo tempo, per le stesse Casse di 
Risparmio18, non Ł confacente con la ratio codicistica, in quanto il 
legislatore ha adoperato il termine  risparmio  al fine di indicare  quella 
                                                 
16COLAGROSSO-MOLLE, Diritto Bancario, Stamperia nazionale, Roma, 1947, 217; 
MAGGIOLO, voce Libretti di deposito, op. cit., 888. 
17
I libretti di piccolo risparmio speciale furono disciplinati per la prima volta dall art. 8 
della legge del 15 luglio 1888, n. 5546, poi confluito nel T.U. citato. 
18VIDARI, La commercialit  dei depositi nelle casse di risparmio, in Riv. Dir comm., II, 
1904, 110- nel criticare una decisione della Cassazione - Roma del 31 marzo 1903- che 
negava che un deposito effettuato presso una Cassa di Risparmio potesse configurarsi come 
atto di commercio, ma al contrario riteneva che si dovesse qualificare come  contratto 
speciale di mutuo di natura puramente civile , avvertiva che non importa distinguere, dal 
punto di vista giuridico, se si tratti di capitali in via di formazione del risparmio ovvero di 
capitali gi  accumulati e temporaneamente sprovvisti d impiego, od invece che tratti di 
somme ingenti di spettanza delle classi che possiedano maggiori fortune, nŁ che si tratti di 
piccole somme provenienti dalle classi meno agiate. Ci  in quanto, non appena tali somme 
vengono affidate alla Cassa, le une e le altre vanno a confondersi nelle nuove correnti a cui 
le chiamano le varie forme d impiego. NØ vale opporre, al contrario, la tesi che  funzione e 
scopo della cassa Ł di promuovere e favorire la previdenza ed il risparmio , ci  in 
quanto se le casse sorsero dapprima come istituti diretti a favorire il risparmio giovandosi 
del credito, hanno poi finito per totalmente invertire le parti, divenendo istituti diretti a 
favorire il credito, giovandosi del risparmio . 
17 
 
qualsiasi moneta che sia affidata alla banca con obblighi di restituzione 19; 
infatti, se Ł  arduo porre sul campo economico una nozione di risparmio 
che prescinda dall attivit  risparmiatrice, nella quale gli economisti 
pongono l indice rilevatore del risparmio, addirittura impossibile diventa 
identificare il risparmio nella moneta che affluisce nel deposito bancario, 
perchØ questo non solo non si qualifica dal movente che spinge il 
depositante, ma da tale movente prescinde . 20 
E  da tener presente inoltre, il fatto che oggi il libretto di risparmio Ł 
sempre meno considerato, in tutte le sue forme, come uno strumento di 
accumulazione del risparmio; quando emesso con clausola al portatore, 
veniva invece, frequentemente utilizzato come mezzo per mobilizzare 
somme di denaro al fine di realizzare pagamenti o transazioni di vario 
genere: da ci  discende, a maggior ragione, l impossibilit  di riconoscere 
come autonoma categoria quella dei libretti di piccolo risparmio speciale, ai 
quali, tra l altro, non fanno cenno le n.b.u. 
Allo stesso modo, sotto questo profilo, appaiono irrilevanti i cosiddetti 
 depositi di risparmio straordinari , le cui caratteristiche sono rinvenibili 
sia dall elevato ammontare della somma depositata che dal maggiore tasso 
su di essa corrisposto. 
 
 
                                                 
19
 Cosi: BRACCO, I depositi a risparmio, Cedam, Padova, 1939, 55. 
20
 MOLLE, I contratti bancari, op. cit., 102-103. 
18 
 
1.2 Fonti normative dei libretti di deposito a risparmio 
 
 
Attualmente. il quadro normativo di riferimento della regolamentazione 
dei libretti di deposito a risparmio Ł costituito dagli art. 1835- 1836 del c.c., 
rinvenibili nel 4  libro del codice civile, nella sezione I, capo XVII del titolo 
III, intitolata dei  Depositi bancari  21. 
Ulteriori riferimenti normativi, relativi alla fattispecie esaminata, sono 
altres  rinvenibili in una legge speciale: ci riferiamo alla legge del 30 luglio 
del 1951 n. 948, modificata dalla legge del 26 maggio 1975, n. 187, in tema 
di ammortamento22. 
Queste disposizioni forniscono solo il quadro generale, giacchØ molti 
aspetti sono presi in esame dalle cosiddette  norme bancarie uniformi , che 
costituiscono regolamenti emanati dall Associazione Bancaria Italiana 
(ABI23) sul modello delle condizioni generali24 fissate dalle maggiori 
                                                 
21
In realt , alla fattispecie del presente lavoro era altres  riconducibile l art. 1837, 
contenente disposizione regolanti in modo specifico, i libretti emessi in favore dei minori; 
Tale articolo risulta allo stato attuale abrogato in conseguenza dell art. 1, della legge 8 
marzo 1975 n. 39 . 
22La modifica in questione riguarda l art. 18, 2  comma, della legge del 30 luglio 1951 n. 
948, il quale disponeva :   Le aziende di credito possono stabilire norme speciali per 
facilitare il rimborso di duplicati quando la somma iscritta a credito, nel buono del libretto 
o nel libretto, non supera le 10.000 Lire ; la legge del 26 maggio 1975, n. 187 innalz  
detto limite da 10.000 Lire a 100.000. 
23L ABI costituisce un associazione senza scopo di lucro che raggruppa la quasi totalit  
delle banche operanti sul territorio nazionale con scopi di tutela degli interessi dei propri 
membri. Gli associati sono tenuti, ai sensi dell art. 4, comma 1, dello Statuto, ad osservare 
le norme dell associazione e le deliberazioni dei suoi organi. 
L ABI persegue gli obiettivi istituzionali, promuovendo fra le associate, mediante proprie 
circolari tecniche, la conclusione di Accordi interbancari e l adozione di convenzioni-tipo 
per la regolamentazione dei rapporti con la clientela (c.d. Norme Bancarie Uniformi). 
19 
 
banche, e che trascritte sui libretti, vengono portate cosi a conoscenza della 
clientela. 
L Associazione Bancaria Italiana, nella sua attivit  volta ad integrare la 
scarsa disciplina codicistica (art. 1835-1836 c.c.) relativa ai depositi a 
risparmio, con disposizioni che regolino in modo uniforme la materia25, ha 
elaborato schemi negoziali tipo relativi: a) al regolamento dei  depositi in 
conto corrente  entrato in vigore dal 1  gennaio del 1952; b)  ai 
regolamenti dei depositi fruttiferi  entrati in vigore dal 1  ottobre 1952. 
Tralasciando l analisi delle norme inerenti ai depositi in conto corrente, 
si sottolinea che, in particolare, il criterio seguito per predisporre le n.b.u 
relative ai depositi fruttiferi -a risparmio- Ł stato quello di approntare una 
serie di schemi-tipo26 diversificati, allo scopo di consentire alle aziende di 
                                                                                                                            
24Le condizioni generali che, nel rispetto dei requisiti di pubblicit  e sostanziali, previsti dal 
D. Lgs. n. 385 del 1993, precisano per le singole categorie il saggio d interesse, il periodo 
di preavviso per i prelevamenti, le forme di prelevamento, la decorrenza degli interessi sui 
versamenti, l estinzione del rapporto etc., sono poi applicate in modo tendenzialmente 
uniforme dalle banche, assicurando un accentuata standardizzazione dei rapporti con la 
clientela. La pubblicit  delle condizioni contrattuali non Ł di per sØ sufficiente per il loro 
inserimento nel singolo rapporto: Ł anche richiesta, a pena di nullit , la redazione per 
iscritto dei contratti e la consegna di un esemplare al cliente; Ł inoltre precisato che nel 
testo contrattuale devono essere indicati il tasso d interesse ed ogni altro prezzo o 
condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di 
mora (art. 117, 1 , 3 , e 4  comma). 
25A partire dagli anni cinquanta, l ABI ha proceduto a comunicare regolarmente alle 
imprese associate, per mezzo di circolari, gli accordi raggiunti dall associazione in merito 
ad una serie di tipi contrattuali tra i quali rientrano anche i libretti di deposito a risparmio, 
identificati secondo il numero del fascicolo di presentazione della relativa documentazione; 
nel caso specifico dei libretti di risparmio tale fascicolo viene identificato dalla seguente 
collocazione: II.2 "Depositi fruttiferi" -libretti di risparmio-. Si tratta essenzialmente di 
contratti tipo nei quali viene determinato nel dettaglio il contenuto delle clausole; essi 
vengono presentati al settore di riferimento come schemi dei quali Ł opportuna l adozione 
con criteri di stretta uniformit  e, tramite successive circolari, vengono progressivamente 
modificati, sempre raccomandandone l uniforme applicazione. 
26Gli schemi tipo sono il risultato prodotto dalla combinazione di due variabili: a) esistenza 
o meno di un vincolo temporale; b) carattere nominativo o al portatore del libretto 
20 
 
credito la possibilit  di uniformarsi ai regolamenti che meglio si adattano 
alla struttura organizzativa dei propri servizi senza dover affrontare radicali 
e costose riforme dei sistemi in atto, redigendo peraltro,  anche regolamenti 
unici per quegli istituti che non ritenessero opportuno adottare regolamenti 
separati 27.  
Nell edizione dei Contratti bancari tipo pubblicata dall ABI nel 1986 
esistono undici schemi diversi intitolati ai Depositi fruttiferi, di cui uno di 
questi costituisce il Regolamento dei  depositi in conto corrente  e gli altri 
sono essenzialmente norme relative ai vari tipi di libretti di deposito. 
Per l’Associazione Bancaria Italiana l’adozione di schemi contrattuali 
uniformi si risolve in un vantaggio per la clientela, in quanto l’omogeneit  
del contenuto contrattuale consente al cliente di soffermarsi sulle condizioni 
economiche del rapporto, ponendolo cos  in grado di poter apprezzare, quale 
                                                                                                                            
rappresentativo. Dalla combinazione di tali elementi, sono stati approntati, dall ABI i 
seguenti schemi tipo, specificatamente previsti per i libretti di deposito a risparmio: 1) al 
portatore (liberi); 2) nominativi (liberi); 3) regolamento unico per i libretti di risparmio 
liberi, al portatore e nominativi; 4) al portatore vincolati a termine; 5) nominativi vincolati a 
termine; 6) regolamento unico per i libretti di risparmio vincolati al portatore e nominativi; 
7) regolamento unico per i libretti di risparmio liberi e vincolati, al portatore e 
nominativi;8) al portatore liberi e vincolati a termine; 9) nominativi liberi e vincolati a 
termine.  
Al riguardo Ł sufficiente tener presente il regolamento dettato per i   libretti di risparmio 
liberi e vincolati, al portatore e nominativi  (VII), che li riassume tutti: cos : 
CAMPOBASSO, voce, Deposito Bancario , in Enc. Giur., X, Roma, 1988, 4. 
27Circolare ABI, serie Tecnica R n. 16 del 19 giugno 1952. In questa circolare, riferita in 
modo specifico ai depositi fruttiferi, viene richiesto dall ABI la restituzione di una copia del 
contratto-tipo, che le associate presenteranno alla propria clientela, con l ulteriore 
raccomandazione che le stesse gli inviino una  lettera di impegno per adesione  
debitamente firmata. Attraverso successive circolari viene poi data notizia dall ABI, alle 
associate, delle adesioni pervenute dalle singole imprese; relativamente ai libretti di 
deposito a risparmio la circolare di cui si parla Ł: Circolare ABI, serie Tecnica O n. 64 del 
30/12/69. Attraverso lo strumento comunicativo delle circolari, spesso viene fissata anche 
la data a decorrere della quale le nuove  n.b.u.  dovranno considerarsi  entrate in vigore  
21 
 
sia la banca presso la quale Ł piø conveniente porre in essere la  predetta  
operazione; in questo modo si mette il cliente nelle condizioni di poter 
meglio dispiegarsi tra le varie offerte della concorrenza sotto il profilo di 
prezzo che rappresenta, in concreto, il motivo della scelta fra una banca e 
l altra in relazione ad operazioni di massa28. 
Secondo il concorde parere della dottrina29, poichØ le norme bancarie 
uniformi non sono emanate da un autorit  legislativa o amministrativa o 
comunque da un autorit  dotata di potere normativo, ma da un associazione 
di categoria,qual Ł l ABI -in quanto tale priva di potest  normativa e capace 
di vincolare i propri aderenti solo attraverso l adozione di schemi 
contrattuali- le stesse non possono qualificarsi come norme in senso tecnico 
e pertanto non possono farsi rientrare come tali nel sistema delle fonti 
dell’ordinamento. 
L’espressione "norme bancarie uniformi" va quindi privata di ogni 
significato autoritativo anche nei confronti delle aziende di credito 
associate, il cui consenso ad adottare tutte lo stesso schema normativo 
                                                 
28
 In particolare, la Banca d Italia, con provvedimento n.  12 del 1994, afferma che :  un 
certo grado di uniformit  Ł da valutare positivamente se favorisce il confronto ed agevola 
il consumatore nella scelta dell impresa che offre le condizioni economiche piø 
vantaggiose . 
29MOLLE, I contratti bancari, op. cit.; SALANITRO, Le banche e i contratti bancari, Utet, 
Torino, 1983; CAVALLI, voce Norme bancarie uniformi e accordi interbancari, in Dig. 
disc. priv., sez. commerciale, Torino, 1994, 265 ss; MARTORANO, Condizioni generali di 
contratto e rapporti bancari, op. cit., 125 ss. 
22 
 
contrattuale uniforme viene tutt’al piø raccomandato dall’organismo di 
categoria, ma sicuramente non Ł "imposto"30. 
Le norme bancarie uniformi costituiscono quindi il risultato di una 
concertazione tra l’Associazione Bancaria Italiana e le piø importanti 
aziende aderenti, fino a sfociare in un testo che forma oggetto di vero e 
proprio accordo interbancario, rispetto al quale l associazione svolge il 
ruolo di promotore e collettore delle singole adesioni31.  
Deve quindi escludersi la natura di usi - sia normativi che contrattuali - 
delle suddette norme bancarie, dal momento che l adesione a tali 
 raccomandazioni  si realizza con una spontanea e generalizzata adesione 
da parte delle consociate, mentre le regole che si vorrebbero ricondurre alla 
                                                 
30Tuttavia Ł da rilevare che nonostante l adesione agli schemi contrattuali proposti 
dall ABI, da parte delle associate, rivesta carattere facoltativo, in pratica risulta che le 
imprese associate si adeguano sempre a tali indicazioni. 
31Sulle n.b.u, si Ł posto in luce la circostanza se le stesse rientrino nel campo di 
applicazione relativa all oggetto della fattispecie di cui all art. 2, 1  comma della legge 
287/90, che vieta le intese restrittive della concorrenza, individuabili specificatamente in :   
accordi o pratiche concordate tra imprese nonchØ le deliberazioni anche se adottate ai 
sensi delle disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed 
altri organismi similari .  Nel  94, l Autorit  Garante della Concorrenza e del Mercato, 
richiese il parere della Banca d Italia su tale argomento, a cui segu  una lunga istruttoria di 
quest ultima, riguardante ogni articolo delle n.b.u..  
La Banca d Italia giunse a tale conclusione:  Le disposizioni delle c.d. norme bancarie 
uniformi promosse dall ABI, seppur predisposte e divulgate solo a titolo indicativo- si tratta 
cioŁ di semplici raccomandazioni- costituiscono  intese  vietate perchØ lesive della 
concorrenza solo quando fissano condizioni economiche tali da precludere o limitare la 
possibilit  di differenziare in modo significativo il contenuto dei contratti stipulati dalle 
banche associate con la clientela . 
La Banca d Italia imponeva quindi all ABI di modificare o eliminare quelle clausole che 
risultavano essere vietate nei termini del parere espresso di cui sopra. In particolare, 
quest ultima afferm  che non era sufficiente individuare nella uniformit  delle condizioni 
generali di contratto, un ipotesi di abuso di posizione dominante, bens  ai fini 
dell accertamento di un tale abuso, era necessario valutare i comportamenti messi in atto, in 
concreto, dalle banche sul mercato. Continu  poi stabilendo che, in ogni caso, rimane di 
competenza dell autorit  giudiziaria la valutazione della validit  delle norme bancarie 
uniformi o del loro carattere  vessatorio  o addirittura abusivo, anche se esse non incidono 
sulla libert  della concorrenza, ma solo sulla legittimit  dell assetto negoziale.