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determinato dalla società di gestione (Borsa italiana S.p.A., MTS S.p.A., 
TLX S.p.A.)1.  
L’esercizio dei mercati regolamentati è sottoposto a preventiva 
autorizzazione della CONSOB ed è subordinato alle seguenti condizioni: 
 ξ la società di gestione del mercato deve disporre delle risorse 
finanziarie nella misura stabilita dalla CONSOB; avere oggetto 
sociale esclusivo; avere esponenti e partecipanti al capitale in 
possesso – i primi – dei requisiti di professionalità, onorabilità e 
indipendenza ed – i secondi – dei requisiti di onorabilità; 
 ξ il regolamento del mercato deve essere conforme alla 
disciplina comunitaria; 
 ξ la società di gestione deve presentare un programma di 
attività, nel quale siano illustrati i tipi di attività previsti e la sua 
struttura organizzativa. 
Una volta rilasciata l’autorizzazione, la CONSOB iscrive i mercati 
regolamentati in un apposito elenco e ai fini del mutuo riconoscimento 
negli altri Stati dell’Unione Europea, la CONSOB comunica agli altri 
Stati membri e alla Commissione Europea l’elenco dei mercati 
regolamentati da essa autorizzati, nonché le loro norme di organizzazione 
e di funzionamento. Ai sensi della Direttiva comunitaria 93/22/CE in 
materia di servizi di investimenti, dunque, i mercati regolamentati si 
caratterizzano per la presenza di una precisa regolamentazione circa gli 
operatori ammessi al mercato, gli strumenti trattati, gli obblighi 
informativi ai quali sono sottoposti i soggetti operanti, il meccanismo di 
definizione del prezzo, le modalità di negoziazione e le procedure di 
liquidazione degli scambi. L’effetto è evidentemente quello di assicurare 
una uniformità di tipo organizzativo.  
                                                 
1
 Capriglione F., “Intermediari finanziari, investitori, mercati. Il recepimento della MiFid. 
Profili sistematici”, CEDAM, 2008. 
  7 
 
I mercati regolamentati di diritto italiano attualmente autorizzati sono i 
seguenti: mercati gestiti da Borsa Italiana s.p.a. (mercato telematico 
azionario MTA e i suoi segmenti STAR, MTF, SeDex, MOT, EuroMOT, 
IDEM, Nuovo Mercato); mercati gestiti da MTS s.p.a. (MTS, 
BONDVISION); mercati gestiti da TLX s.p.a. (mercato TLX). 
Nonostante il legislatore del TUF dedichi alla disciplina dei mercati due 
capi, distinguendo tra “mercati regolamentati” e “mercati non 
regolamentati”, non esiste una definizione legislativa che chiarisca la 
differenza. La dottrina distingue solitamente in base alla previsione da 
parte del legislatore di una disciplina o “statuto speciale”.  
Si è soliti parlare di mercati non regolamentati per indicare quei mercati 
non riconosciuti ufficialmente (non ufficiali) e dunque non ricompresi 
nell’elenco dei mercati regolamentati di cui alla delibera CONSOB 
10386/1996, la cui disciplina non trova fondamento in un sistema di 
regole organiche. Un mercato non regolamentato è un luogo, fisico o 
virtuale, in cui gli operatori si incontrano al fine di collocare, scambiare o 
rimborsare valori mobiliari. L’assenza di regolamentazione riguarda il 
fatto che il funzionamento di tale mercato, i titoli e gli operatori ammessi 
non sono assoggettati alla disciplina specifica e alla autorizzazione delle 
Autorità di Vigilanza in materia di mercati regolamentati e non sono 
iscritti nell’apposito albo.  
L’espressione è spesso usata come sinonimo di mercati over the counter 
(mercati OTC) per ricomprendere tutti quei sistemi di negoziazione 
alternativi ai mercati regolamentati o ufficiali, ma non meno importanti 
dal punto di vista delle transazioni che vi sono effettuate. Si tratta di 
sistemi di contrattazione normalmente caratterizzati dall’assenza di 
quotazioni ufficiali, dalla presenza di contrattazioni non standardizzate 
relativamente agli importi unitari e alle scadenze, dalla mancanza di 
organismi centrali di compensazione e garanzia, nonché di 
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un’informativa meno trasparente sulla quotazione dei diversi prodotti. 
Questi elementi implicano, evidentemente, un maggior rischio per gli 
investitori rispetto ai mercati ufficiali.  
I mercati regolamentati quindi si caratterizzano per il fatto di essere retti 
da un sistema di regole organiche che presiedono alla rispettiva 
organizzazione e funzionamento.  Rispetto alla categoria dei mercati 
organizzati, caratterizzata dalla presenza di una organizzazione delle 
contrattazioni e della prestazione di servizi connessi, nei mercati 
regolamentati si aggiunge un elemento ulteriore: la disciplina e il 
controllo degli stessi. Detti mercati sono dunque caratterizzati dalla 
presenza di una organizzazione e di regole di funzionamento 
istituzionalizzate. L’organizzazione è demandata a specifici operatori, 
autorizzati a disciplinare l’attività di mercato mediante l’adozione di 
disposizioni regolamentari (da qui mercato regolamentato) sotto la 
supervisione di un’autorità pubblica. In realtà, i sistemi di scambio 
alternativi a quelli “ufficiali” erano un fenomeno diffuso anche prima 
della riforma introdotta dal decreto Eurosim, in presenza dunque di un 
modello pubblicistico di mercato. Le autorità di vigilanza tendevano 
comunque a garantire una maggiore concentrazione degli scambi sul 
mercato ufficiale per evitare effetti negativi sulla liquidità e sulla 
trasparenza delle operazioni. In assenza di precise norme in senso 
contrario, comunque, si procedeva spesso alla stipulazione di contratti di 
compravendita di titoli anche al di fuori del mercato di borsa. Solo con la 
legge n. 1 del 1991 si introducono più stringenti obblighi di 
concentrazione. Il legislatore del 1996 ha di fatto rimesso all’iniziativa 
privata l’ istituzione e la gestione di sistemi di contrattazione di strumenti 
finanziari, con la possibilità di optare tra la creazione di mercati 
regolamentati, sottoposti a determinati controlli e ad uno specifico regime 
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di vigilanza disciplinato nel TUF e la creazione di “strutture alternative”, 
soggette a controlli pubblici meno stringenti. 
 Il TUF disciplina i c.d. “sistemi di scambi organizzati di strumenti 
finanziari”(SSO). Come chiarito dalla CONSOB, l’espressione individua 
“un insieme di regole e di strutture, anche automatizzate, che consente in 
via continuativa o periodica di raccogliere e diffondere proposte di 
negoziazione di strumenti finanziari e di dare esecuzione a dette proposte 
con le modalità previste dal sistema”.  
Il SSO è, quindi, un sistema all’interno del quale, secondo regole 
predisposte dall’organizzatore – il quale non incontra nessuna restrizione 
né in ordine alla veste giuridica dell’impresa né in ordine alle modalità di 
esercizio dell’attività, che pertanto potrà essere esercitata sia con 
modalità imprenditoriali, sia con modalità non economiche – vengono 
scambiate azioni o altri strumenti finanziari, in genere non trattati nel 
circuito borsistico oppure in orario in cui tale circuito è chiuso, 
nell’osservanza di un regolamento interamente autonomo, predisposto 
dall’organizzatore, e dunque sottratto a qualsiasi tipo di controllo, anche 
solo formale o residuale, di una qualsiasi autorità e se il servizio è reso 
non nei confronti del pubblico ma nei confronti dei soli operatori 
professionali non presuppone neppure il possesso dell’autorizzazione allo 
svolgimento dell’attività di negoziazione.  
Un SSO, diversamente dal mercato regolamentato, non è soggetto né a 
preventiva autorizzazione CONSOB, né ad approvazione del 
regolamento del mercato da parte della stessa; il mercato, inoltre, non 
deve essere obbligatoriamente gestito da una società per azioni avente il 
capitale minimo fissato dalla CONSOB, né sono richiesti requisiti per 
esponenti e soci, né vi è obbligo di realizzare i livelli di sicurezza e 
trasparenza prescritti per i mercati regolamentati. Gli organizzatori di 
SSO hanno l’obbligo, invece, di comunicare alla CONSOB una serie di 
  10 
 
informazioni sull’attività di organizzazione dei sistemi, e di mettere a 
disposizione del pubblico informazioni riguardanti la negoziazione in tali 
sistemi di strumenti finanziari. La ratio della disciplina, ora contenuta 
negli articoli 78 e 79 del TUF, va ricercata nell’esigenza di intervenire, 
con riferimento alle suddette strutture, a tutela dell’interesse degli 
investitori e a garanzia del funzionamento del mercato. Il legislatore ne 
riconosce la libertà di istituzione e gestione, conferendo in via esclusiva 
alla CONSOB poteri informativi ed inibitori. Detta autorità ha infatti il 
potere di “richiedere agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori 
dati, notizie e documenti sugli scambi organizzati di strumenti 
finanziari”, nonché il potere di vietare le negoziazioni “quando ciò sia 
necessario per evitare gravi pregiudizi alla tutela degli investitori”. 
L’articolo 78 del TUF qui citato riproduce il contenuto dell’art. 55 D.Lgs. 
23-7-1996, n. 415, eliminando la qualificazione negativa concernente lo 
svolgersi degli scambi in oggetto “al di fuori dei mercati regolamentati”. 
Organizzatore di un sistema di scambi organizzato può essere qualsiasi 
operatore: intermediari, emittenti, grandi investitori, imprese 
specializzate nell’e-commerce. Non sono imposti vincoli in ordine alle 
eventuali ulteriori attività esercitabili o alla cumulabilità del ruolo di 
organizzatore ed operatore o, infine, al sistema di contrattazione ed 
esecuzione degli ordini. La piena operatività riconosciuta agli scambi 
organizzati dal Decreto Eurosim, in linea peraltro con l’attenuazione 
dell’obbligo di concentrazione degli scambi, consente a dette strutture di 
competere, nell’ambito degli strumenti in essi negoziati, con i mercati  
regolamentati. In tale prospettiva, si è sostenuto che gli effetti benefici 
per l’intero sistema finanziario che ne conseguono – la maggiore 
competitività dei mercati regolamentati, uno stimolo all’innovazione, un 
possibile contenimento dei costi di negoziazione per la clientela - 
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possono essere considerati di gran lunga superiori ai limiti derivanti da 
un minore spessore e una minore trasparenza delle transazioni.  
Un ulteriore impulso in tal senso è stato fornito dall’avvio da parte di 
alcuni di tali sistemi del c.d. trading after hours, come possibilità di 
negoziare anche oltre la chiusura dei mercati regolamentati. Un esempio 
italiano è l’ “After Hours Trading” di Banca 121, borsa fuori orario 
lanciata dall’ex Banca del Salento alla fine del 1999; sistema poi 
“istituzionalizzato” dalla Borsa Italiana. Quello ideato dall’istituto di 
credito altro non era che un sistema di scambi organizzati, incentrati su 
azioni del Mib30, di cui Banca del Salento era unico organizzatore e 
responsabile. Al termine delle negoziazioni ufficiali in Piazza Affari, la 
banca concedeva ai propri clienti, attraverso la sottoscrizione di un 
apposito contratto, l’opportunità di trattare e scambiare titoli azionari del 
Mib30 nel circuito privato istituito con la propria piattaforma internet, 
sino alle 22 (orario di chiusura di Wall Street) e dunque al di fuori 
dell’orario e delle regole della Borsa ufficiale italiana. 
Quindi, l’espressione “mercati non regolamentati” individua una 
categoria residuale rispetto a quella di “mercati regolamentati” ed in tale 
accezione è utilizzata come sinonimo di mercati over the counter. Gli 
scambi organizzati di cui all’art. 78 rappresentano una categoria più 
ristretta di mercati non regolamentati, con riferimento ai quali il 
legislatore ha ritenuto opportuno introdurre una sia pur minima 
“regolamentazione” a tutela degli investitori. 
L’Italia, a differenza di altri paesi (soprattutto USA), si è mossa con un 
certo ritardo nella costruzione di un sistema di “scambi organizzati” 
diverso da quello che costituisce il mercato regolamentato gestito da 
Borsa Italiana S.p.A.. Ritardo dovuto principalmente al vincolo di 
concentrazione nei mercati regolamentati degli scambi di strumenti 
finanziari quotati; è per questo che la realtà italiana si è sviluppata, sulla