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Introduzione
Il presente lavoro si propone di affrontare l’argomento Simpson con i mezzi e le
conoscenze a propria disposizione, nella maniera più semplice e chiara
possibile, cercando di esaurire e spiegare attentamente le tematiche e le
situazioni che affiorano, nel momento in cui si vuole parlare e discutere di
questa serie. I Simpson, creati dalla penna del fumettista Matt Groening, nel
lontano 1987, cominciano subito la loro scalata al successo: Homer, Marge, Bart,
Lisa e Maggie entrano nel cuore di milioni di persone nel mondo e influenzano
profondamente la società contemporanea sotto molteplici aspetti e punti di
vista, trasformando e modificando le abitudini degli americani (the American
way of life), tanto da essere stati oggetto di diversi studi in prestigiose università
e istituti di ricerca, che hanno osservato la serie e l’hanno analizzata in
riferimento al contesto e alla società contemporanea.
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La presente trattazione comincia con un capitolo introduttivo sul cinema
d’animazione statunitense; mi soffermerò, in particolare, sulla produzione
Disney, partendo dalle origini di quest’azienda, analizzando la sua crescita e il
suo sviluppo, dagli anni Trenta fino agli anni Cinquanta del Ventesimo secolo.
L’impero creato da Disney viene affrontato in relazione alla case di produzione
cinematografiche concorrenti, in particolare facendo un paragone con la Warner
Brothers, ricordando gli artisti più importanti, che hanno fatto la storia di un
cinema d’animazione innovativo, divertente, sarcastico e fortemente ironico, il
quale si contrappone al cinema disneiano, più ingenuo, lirico e fiabesco. Tutto
questo per dimostrare che I Simpson, alla fine, derivano da questa realtà, da
questa arte, avvicinandosi in particolar modo al cinema appena descritto.
Dopo aver parlato della influenza di Disney e delle aziende concorrenti, mi
soffermo sulle nuove avanguardie e tecnologie, che hanno contribuito ad
innovare questo campo e la sua arte in generale. Mi riferisco, in particolare, ai
1
Steven Keslowitz, The World According to The Simpsons. What Our Favorite TV Family Says About Life,
Love and the Pursuit of the Perfect Donut, Naperville, (Illinois), Sourcebooks, Inc., 2006, pp. 4-5.
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Pixar Studios, i quali hanno apportato un grande cambiamento nell’attuale
panorama del cinema d’animazione.
Nel secondo capitolo, si entra nel merito, introducendo e analizzando l’oggetto
principale del presente lavoro: I Simpson. Vengono spiegate le origini di questa
serie, e c’è il tentativo di spiegare l’enorme successo planetario ottenuto in
questi ventisei anni. Inoltre viene analizzata la complessa struttura della serie,
cominciando dal genere. Questo tentativo non può dare una soluzione
definitiva, in quanto, trattandosi di un prodotto altamente diversificato,
strutturato su più livelli interconnessi tra loro, è molto difficile classificarlo in
un genere specifico, o trovare una definizione completa, che possa descrivere
questa serie in maniera esaustiva.
Successivamente viene introdotto e descritto l’universo altrettanto complesso
rappresentato nella presente serie, osservando come si avvicini alla realtà. La
città di Springfield potrebbe essere paragonata a una qualsiasi cittadina
americana di media grandezza.
A seguire, l’attenzione si sposta sui personaggi, facendo una distinzione tra
personaggi principali (sui quali si regge l’intera serie) e comprimari (altrettanto
importanti). La famiglia Simpson è composta da personaggi estremamente
complessi ed eclettici, ognuno di loro va preso per quello che è, coi i suoi pregi e
i suoi difetti. Lo stesso vale per i comprimari, che non sono semplici personaggi
secondari, ma sono talmente ben caratterizzati da essere fondamentali, e senza i
quali la serie stessa non avrebbe ottenuto lo stesso successo e apprezzamento da
parte della critica. Ognuno dei personaggi ha delle caratteristiche ben precise,
che possono essere rintracciabili nel mondo e nella società contemporanea.
I Simpson non solo hanno avuto una grande influenza e risonanza sul pubblico a
livello culturale, ma hanno spopolato anche nel merchandising, creandosi una
grossa fetta di mercato.
Nell’ultimo capitolo, quello più importante, viene rivolta particolare attenzione
all’aspetto critico presente nella serie in questione. La critica rivolta alla società
permea quasi ogni episodio: infatti raramente, nel corso delle puntate, vengono
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affrontate questioni banali e irrilevanti; tutt’altro, le tematiche e le situazioni
rappresentate sono estremamente serie e attuali, e soprattutto fanno riflettere
sui molti problemi che affliggono la nostra società e sui nostri comportamenti,
che hanno sempre delle conseguenze con le quali dobbiamo fare i conti. Il fatto
di affrontare una vastità di argomenti, sempre con ironia e humour, non è cosa
da poco per un “cartoon”.
Se nel precedente capitolo viene delineato un quadro complessivo dei
personaggi, descrivendone le caratteristiche principali e la loro posizione
sociale, in questo, si dà maggior importanza alla loro descrizione in riferimento
alla società, in quanto ognuno di essi presenta caratteristiche e comportamenti
facilmente riconoscibili, applicabili tranquillamente al nostro mondo e alla
nostra società.
In ultima istanza viene dato maggior spazio ad alcuni dei temi affrontati nel
corso della serie, i quali sono correlati tra di loro e riprendono il discorso
intrapreso nella descrizione dei personaggi in riferimento alla società, perché i
personaggi stessi (nei loro comportamenti e nell’interpretazione della realtà
circostante) incarnano molti degli aspetti relativi alla società contemporanea
(soprattutto quella “occidentale”). Nel particolare vengono affrontate tematiche
quali il ruolo della famiglia nella società moderna, il disagio dei giovani in
rapporto alle vecchie generazioni e alle autorità, gli effetti della globalizzazione,
la corruzione, che intacca ogni apparato civile e democratico, il capitalismo, che,
nella peggiore delle sue forme, si arricchisce in maniera esponenziale a scapito
dell’ambiente e degli esseri umani più deboli.
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Capitolo I
Breve excursus storico e panoramica sul cinema d’animazione statunitense:
dalla Disney ai Simpson
Il cinema d’animazione, se lo si considera nel lungo termine, è un’arte giovane,
eppure in meno di un secolo ha saputo farsi riconoscere e apprezzare per la sua
forza, la sua grande espressività e potenza comunicativa, a scapito però di
grandi difficoltà e di ostacoli che ha incontrato nel corso del suo sviluppo.
Infatti quest’ultimo (il cinema), denominato la “nona arte”, ha dovuto scontrarsi
con molti pregiudizi e luoghi comuni prima di potersi affermare ed essere
riconosciuto a tutti gli effetti come tale. A questo proposito ancora oggi,
purtroppo, e in passato per molto tempo il cinema d’animazione, e la sua
controparte cartacea, il fumetto, sono stati sottovalutati, non apprezzati
pienamente per le loro qualità e considerati un prodotto di basso profilo e
quindi rivolti soprattutto , se non esclusivamente, a un pubblico infantile. Esso,
invece, ha saputo prendere a piene mani dal cinema “dal vero” le tecniche,
l’espressività e i mezzi di produzione, ma alla stesso tempo ha saputo
differenziarsi e creare una arte a sé stante, un mezzo espressivo totalmente
differente dal cinema “dal vero”, appunto, sia per quanto riguarda la tecnica,
sia per quanto riguarda i principi estetici su cui il linguaggio dell’animazione è
costruito.
2
Per quanto riguarda la produzione americana Walt Disney è stato il
personaggio chiave, di svolta, che si è contraddistinto in questo campo per aver
portato l’innovazione, la creatività e il realismo di stampo naturalista. Fu
proprio questo approccio che lo consacrò come uno dei più grandi autori e
produttori cinematografici che hanno dominato la scena durante il ventesimo
secolo.
2
Gianni Rondolino, Storia del cinema d’animazione. Dalla lanterna magica a Walt Disney, da Tex Avery a
Steven Spielberg, Torino, Utet (Università), 2004, p. 4.
10
Infatti prima dell’avvento di Disney e del suo successo internazionale, il cinema
d’animazione non era ancora concepito in quanto tale, ma ci si riferiva a questa
forma di espressione con il termine cartoon, il quale ha una connotazione
prettamente caricaturale, derivante dal medium precursore del cinema
d’animazione, il fumetto. Il cartoon e i cortometraggi si basavano infatti sullo
schema narrativo e interpretativo delle strisce quotidiane pubblicate sui giornali
a partire dalla fine dell’Ottocento, tra cui le più celebri sono le avventure di
Yellow Kid del disegnatore Richard Felton Outcault, pubblicate sull’edizione
domenicale di “The World” di New York dal 1895, che viene generalmente
considerato l’iniziatore del fumetto americano.
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A seguire disegnatori e
fumettisti del calibro di Winsor McCay (anche se egli merita un discorso a
parte), Pat Sullivan, Gregory La Cava, Frank Moser, ai quali il cinema
d’animazione è debitore, si inseriscono prepotentemente in questo scenario.
4
I
primi cortometraggi animati cominciano a svilupparsi negli anni ‘10, non a caso
in concomitanza con l’entrata in scena del cinema comico. A partire dal
linguaggio, dalla grafica e dalla vena comica di quelle strisce essi si ispirano
molto ai fumetti, sia per quanto riguarda la struttura narrativa dei soggetti, sia
per quanto riguarda la caratterizzazione psicologico-sociale dei personaggi. In
essi troviamo infatti una serie di situazioni comico-grottesche o avventurose,
che spesso ricalcano le situazioni delle “strisce”; la successione degli elementi
drammatici, con l’alternanza delle scene secondo un tracciato dinamico
prestabilito, ripete sostanzialmente il dinamismo dei fumetti.
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Con ciò risulta
chiaro come il primo cinema d’animazione sia il risultato di una
contaminazione avvenuta con il fumetto e le sue prime forme di espressione a
carattere prettamente comico, satirico e addirittura a tratti volgare; è anche per
questo motivo che inizialmente il fumetto così come il cinema erano un
prodotto maggiormente fruibile da un pubblico indifferenziato, ma
3
G. Rondolino, op. cit., p. 74.
4
Giannalberto Bendazzi, Cartoons. Cento anni di cinema d’animazione, Venezia, Marsilio (Saggi), 1988, p.
25.
5
G. Rondolino, op. cit., p. 74.
11
sostanzialmente popolare, di gusti facili, che vedeva in essi un mezzo
d’evasione dalle difficoltà della vita.
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In riferimento alla natura dissacrante del
primo cinema comico, a cominciare dal tratto abbozzato, approssimato e
caricaturale, si distanzia l’opera di Winsor McCay, per la sua compiutezza
artistica, onirica, favolistica e poetica, per la cura con cui egli disegnava le storie,
per l’eleganza formale del disegno.
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McCay ha rappresentato il punto di svolta nel passaggio dal fumetto al cinema
d’animazione, dalla trasposizione cartacea al disegno animato, soprattutto
nell’evoluzione grafica, tecnica e di contenuti, che entrambi questi due medium
hanno subìto nel corso del secolo scorso, ed è in questo frangente che entra in
gioco la figura di Walt Disney, che ha rivoluzionato e cambiato il concetto di
disegno animato (animated cartoon): la sua rappresentazione in relazione con la
realtà fenomenica circostante ha cambiato per sempre il volto del cinema
d’animazione non solo negli Stati Uniti, ma a livello internazionale.
1.1 Il fenomeno Disney: nascita, sviluppo e crescita dell’industria che ha
segnato il volto del cinema d’animazione
Walter Elias Disney nasce a Chicago il 5 dicembre 1901. Quarto figlio di una
modesta famiglia d’origine normanna, trascorre la giovinezza in campagna, nel
Missouri, e il breve periodo trascorso in queste terre rimane impresso nella sua
memoria e nella sua futura carriera di cineasta e produttore cinematografico,
come simbolo della gioia dell’infanzia. Questi luoghi infatti ritorneranno spesso
nei suoi film, come a rendere omaggio alla natura incontaminata ed evocativa.
8
Questo approccio e questo entusiasmo faranno di lui un artista sensibile, ma
anche un accorto capo d’industria, secondo le regole codificate del self made man
americano.
9
Nella formazione culturale del giovane Disney, l’apporto delle comic strips fu
determinante, ma altrettanto determinante pare sia stato il cinema, con le sue
6
Ivi.
7
Ivi.
8
G. Bendazzi, op. cit., p. 83.
9
G. Rondolino, op. cit., p. 105.
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straordinarie possibilità di trasfigurazione fantastica della realtà.
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Come già
accennato, Disney è stato in grado di apportare un grande cambiamento
all’interno di quest’arte (relativamente nuova e in fase di sviluppo).
Questa svolta riguarda l’approccio naturalistico derivante dalla riproduzione il
più possibile fedele alla realtà, prendendo a riferimento il cinema “dal vero”.
Come vedremo più avanti industrie quali Warner Brothers, Mgm, Dreamworks
andranno in controtendenza alla produzione Disney, che domina il
palcoscenico dell’animazione americana.
Nel 1918, di ritorno dalla sua esperienza in Europa dopo una breve campagna
militare durante la Prima guerra mondiale, comincia a lavorare a Kansas City
nella compagnia di pubblicità della stessa città, ed è in quest’occasione che
conosce Ub Iwerks, il quale sarà uno dei suoi più stretti collaboratori negli anni
seguenti, destinato assieme a lui a grandi cose.
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In quel periodo decide di
fondare la propria attività pubblicitaria, sempre con il prezioso aiuto di Iwerks,
nel campo del cinema: fonda così la Laugh-O-Gram Films, con la quale produce
una serie di favole in chiave comica, come Cenerentola o Il gatto con gli stivali. Lo
spirito d’iniziativa e le idee non mancavano e questi lavori sembravano
promettenti, ma, in mancanza di fondi, la ditta fallisce, non prima di aver
prodotto nel 1923 Alice in Cartoonland, che si rivelerà una carta vincente.
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Da
questo lungometraggio, infatti, verrà prodotta una serie di film dedicati ad
Alice, che tracceranno il percorso di Disney verso una precisa forma e tecnica di
lavorazione che lo contraddistinguerà.
In seguito si associa e collabora con il fratello Roy, il quale sarebbe stato per
tutta la vita il suo mentore commerciale. La serie di Alice in Cartoonland si
basava sull’idea di una bambina in carne e ossa all’interno di un mondo di
figure animate e va avanti per quattro anni.
10
Ivi.
11
Ivi, p. 107.
G. Bendazzi, op. cit., p. 84.
12
Ivi.
13
Nel 1927 Disney comincia a lavorare a un altro personaggio, Oswald the Lucky
Rabbit, per il quale viene prodotta una serie di cortometraggi. Il suo
personaggio avrà però una caratterizzazione ben diversa dagli altri che lo
hanno preceduto, con una psicologia pure elementare ma non gratuita. Infatti, a
differenza, per esempio di Krazy Kat e Felix the Cat, non è collerico, astuto,
malizioso e cattivo, ma al contrario è un personaggio “positivo” e rassicurante.
Disney era alla ricerca d’un personaggio che incontrasse i gusti del pubblico
semplice, con il quale esso potesse identificarsi.
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Ecco cosa disse Disney a
questo proposito (pensiero e opinione che diventeranno il suo marchio di
fabbrica):
Finché un personaggio non ha una personalità ben definita, nessuno
gli crede. Può anche fare delle cose buffe o interessanti, ma se il
pubblico non riesce a identificarsi con lui, le sue azioni appariranno
irreali. E se non vi è caratterizzazione, una storia non può sembrare
vera al pubblico.
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Non va dimenticato, infine, che Iwerks fu la personalità di maggior peso e che a
lui si devono non poche soluzioni tecniche e formali, che miglioreranno
notevolmente la produzione Disney ed anche l’invenzione o la caratterizzazione
di personaggi di grande successo popolare: tra tutti Mickey Mouse.
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Sarà
proprio il personaggio di Oswald che introdurrà l’arrivo e la creazione di
Mickey Mouse, già a partire dal design, più simile a quello di un topo che a
quello di un coniglio.
Successivamente verranno prodotti altri film minori, e, in seguito al divorzio
con la Universalk, Disney fonderà nel 1928, insieme al fratello, una propria casa
di produzione, consapevole del fatto che nel frattempo si era conquistato una
notevole fetta di mercato e una fama di abile confezionatore di prodotti di
13
G. Rondolino, op. cit., pp. 108- 109.
14
Ivi.
15
Ivi.
14
successo, con il suo stile piano ed elementare, privo forse di grande originalità e
di humour, ma perfettamente adatto a un pubblico medio.
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Probabilmente sono
stati proprio questo approccio e questo suo atteggiamento a renderlo, in questo
campo, uno degli artisti più famosi in tutto il mondo.
Mickey Mouse sarà il personaggio che consacrerà la sua fama e la sua
popolarità. Il primo cortometraggio a lui dedicato è Plane Crazy. Mickey si
entusiasmava per la trasvolata di Lindbergh, e decideva di fare a sua volta
l’aviatore. Era un film divertente e ben girato, dal canto suo Mickey non
appariva più carismatico di Oswald, e nemmeno dal punto di vista grafico era
superiore.
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La spiegazione più plausibile riguardante l’aspetto del topo più
famoso al mondo, risiede nelle parole dello stesso Disney che dichiarò:
Dovevamo sfornare duecento metri di pellicola ogni due settimane,
perciò non potevamo permetterci un personaggio difficile da
disegnare. [...] Non volevamo fargli zampe da topo, perché doveva
essere umanizzato e gli mettemmo i guanti. Cinque dita ci parvero
troppe per un esserino così piccolo, e gliene levammo uno. Era un
dito in meno da animare. [...] Non aveva pelo di topo o altri impicci
che rallentassero l’animazione. Ma proprio per questo era più
difficile dargli un carattere.
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Non è facile spiegare la natura del successo di Topolino e ancor più la sua
portata universale, ma a contribuire alla sua fama e all’apprezzamento da parte
del pubblico, ci sono molto probabilmente l’umanizzazione e il carattere
antropomorfo del personaggio che ha saputo conquistare sia grandi che piccini.
Lo stesso vale per le sue avventure, che avevano dei legami più o meno espliciti
con la realtà quotidiana.
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16
Ivi.
17
G. Bendazzi, op. cit., p. 85.
18
G. Rondolino, op. cit., p. 168.
19
Ivi.