7
necessari ad instaurare una relazione con un utente. Ecco 
quindi che le aziende iniziano a muoversi verso un’altra 
direzione, adottano strumenti comunicativi che possano 
migliorare la relazione col cliente, aprono un blog e 
iniziano a dialogare direttamente con i navigatori. La mia 
ricerca analizza il blog come strumento di comunicazione e 
marketing, in tal senso si parla di corporate blog. Lo spunto 
iniziale a tutta la ricerca nasce grazie al Cluetrain 
Manifesto, in modo particolare dalla sua prima tesi: i 
mercati sono conversazioni, da qui l’idea di analizzare il 
blog per capire come questo strumento possa essere 
utilizzato da  un’azienda. In particolare lo considero 
efficace nella creazione di un dialogo tra azienda e cliente, 
quindi un blog utilizzato dalle aziende per avere una 
relazione con i loro clienti. Cercherò di capire se questo 
strumento possa dare la possibilità all’azienda si rivolgersi 
al cliente in modo totalmente trasparente. In questa ricerca 
è stato necessario procedere con l’analisi di due casi di 
successo che potessero confermare quanto detto finora, la 
Samsung Electronics Italia e la Puiatti hanno risposto alle 
mie aspettative. 
Da un punto di vista strutturale la ricerca si articola in due 
parti, nella prima, una volta analizzato il contesto 
principale, la società postindustriale e la nascita di Internet, 
con tutte le conseguenze legate a questi cambiamenti, si 
parla del fenomeno blog, in tutte le sue forme. Riporto in 
modo particolare, definizioni, numeri, la struttura tipica di 
un blog e i vari modi di concepire questo strumento. Viene 
inoltre affrontato il concetto del passaparola sviluppato 
all’interno della blogosfera e le dinamiche e le conseguenze 
legate a questo meccanismo.  
 
 8
Poi i blogs
3
 come strumento di business e come possibile 
destinazione per gli investimenti pubblicitari online.   
La seconda parte è dedicata alla presentazione del disegno 
di ricerca, in cui vengono esplicitati obiettivi, oggetto e 
campo d’indagine, l’ipotesi guida e le ipotesi di lavoro. Ma 
in modo particolare cercherò di analizzare e spiegare le 
caratteristiche distintive di un corporate blog, i suoi punti 
critici e le sue potenzialità. In questa sede vengono inoltre 
presentati i due casi aziendali indagati, sia per confermare 
le ipotesi di lavoro, sia per comprendere le motivazioni che 
hanno spinto le due aziende a decidere di puntare su questo 
strumento. Il lavoro si conclude lasciando spazio ad alcune 
mie riflessioni e alle considerazioni conclusive del rapporto 
di ricerca. 
                                                 
3
 Per tutta la ricerca utilizzerò il termine blogs per il plurale di blog, 
scelta un po’ contro tendenza visto che i testi in lingua italiana riportano 
tutti la parola blog sia per il singolare che per il plurale. Personalmente 
ho deciso di attenermi a quanto riportato nei testi in lingua americana o 
inglese.  
 9
1. LO SCENARIO: LE CONSEGUENZE 
LEGATE ALLA POSTINDUSTRIALITA’ 
 
Nella società industriale, definita anche l’epoca del 
“progresso”
4
, l’industria si presentava come una novità 
straordinaria nell’organizzazione delle città, dei commerci, 
della produzione. E’ stata una novità così forte da 
modificare completamente la qualità della vita delle 
persone e l’organizzazione di qualunque attività. Mentre 
prima infatti il lavoro, il mercato, i lavoratori erano un 
insieme unico (si viveva nella bottega in cui si lavorava), 
con l’avvento della società industriale tutto questo viene 
diviso. Il luogo di lavoro si divide dal luogo di vita.
5
 Il 
lavoratore non si sveglia e si mette a lavorare, ma si avvia 
alla fabbrica, che spesso è a molti chilometri di distanza. La 
struttura industriale, basata sull’idea di progresso, modificò 
il modo di considerare il lavoro, scisse le famiglie e la casa 
dalla fabbrica. Il lavoro industriale era caratterizzato da una 
forte standardizzazione: i prodotti erano sempre uguali. 
L’organizzazione era piramidale con un grande 
accentramento del potere ed un’attenzione fortissima verso 
l’efficienza. Efficienza significava produrre il numero più 
alto possibile di determinati beni nel minimo tempo. Più 
pezzi si facevano, più l’organizzazione era efficiente. È da 
queste concezioni che prendono vita i modelli di Ford e 
Taylor, concentrati sulla produzione di beni materiali, 
sull’organizzazione scientifica del lavoro in cui prevaleva 
l’operaio manifatturiero: ogni lavoratore ripeteva 
all’infinito quei pochi gesti che servivano per creare i 
                                                 
4
 B.Cova, Il marketing tribale, Il Sole 24 Ore, 2003,  p. 8  
5
 Vedi intervento del sociologo del lavoro D. De Masi al seminario 
Italcongressi Btc sul tema “Creatività, eventi, socializzazione”  tenutosi 
a Firenze il 4 dicembre 2002. 
 10
prodotti. Verso la fine del ‘900 questo sistema inizia ad 
entrare in crisi, ci si rende conto che i cosiddetti beni 
materiali non sono sufficienti a soddisfare il mercato, 
subentra quindi l’idea dei beni immateriali, i cosiddetti 
servizi. Il 1956 fu, in tal senso, un anno che entrò nella 
storia: per la prima volta infatti il numero degli impiegati 
addetti ai servizi superò, negli USA, quello degli operai 
manifatturieri
6
. E’ così che prende avvio la società 
postindustriale: una società dove domina la produzione dei 
beni immateriali, che si manifesta nei servizi, nelle 
informazioni, nella comunicazione, nei simboli, nei valori e 
nell’estetica. Al centro del flusso comunicativo non ci sono 
più le merci e le persone ma i servizi e le informazioni. 
Siamo in presenza della società dell’informazione , come 
viene definita dai sociologi Bell
7
 o Touraine
8
, dove 
l’informazione è la merce principale e la sua 
produzione/distribuzione è al centro dell’economia dei 
servizi. Ciò che conta, in questo tipo di società non è più il 
possesso delle risorse, né delle macchine per trasformarle. 
Il potere è nelle mani di chi ha maggiori conoscenze, o può 
controllare il flusso delle informazioni. 
 
 
 
                                                 
6
 J. Rifkin, La fine del lavoro, Baldini&Castoldi, Milano, 1995. 
7
 L’idea si trova espressa in modo paradigmatico nella celebre teoria 
della società post-industriale del sociologo Daniel Bell. Egli postula che 
con la crescita del reddito "la domanda dei consumatori si sposta dai 
beni primari (in risposta ai bisogni di prima necessità, come 
l'alimentazione) ai beni secondari (principalmente industriali) e, infine, 
ai beni superiori, che sono essenzialmente i servizi". L'idea è quindi che 
"la crescita dell'economia produce una terziarizzazione della domanda 
finale". (da D. Bell, Postindustriality society, 1973, Comunità) 
8
 A.Touraine, Critica della modernità, Franco Angeli, Milano, 1993. 
 11
Il nuovo consumatore 
 
Il passaggio dall’epoca industriale a quella postindustriale 
ha generato un forte cambiamento anche nel concetto di 
consumo: da attività semplice e controllabile si è 
trasformato in un fenomeno sempre più complesso ed 
imprevedibile. Come ha sottolineato Fabris: “il consumo di 
oggi, con i suoi significati tangibili, è diventato linguaggio 
e comunicazione”
9
. Si è assistito ad un cambiamento di 
pensiero e filosofia aziendale: dal “product-oriented” si è 
arrivati al “consumer-oriented”. Nell’età industriale le 
aziende infatti proponevano un’offerta indifferenziata, dove 
il consumo era fortemente legato alla produzione: non era 
nient’altro che una sua variabile dipendente e poteva essere 
definito come “linguaggio della produzione”.
10
 Con la 
postmodernità il quadro cambia completamente. Il consumo 
assume una posizione centrale e non appare più legato alla 
produzione. “The consumer is the king
11
”: è questo 
l’obiettivo principale di ogni attività produttiva. Riuscire 
cioè a soddisfare bisogni e aspettative del consumatore. Si 
assiste alla nascita di un individuo “autonomo” capace di 
adottare schemi propri, liberi dalla logica della 
produzione.
12
 Siamo in una fase in cui, al concetto di 
consumo di merce, inteso nel senso più materiale del 
termine, si sostituisce il consumo di simboli e segni. E’ 
normale quindi per le aziende doversi rapportare con un 
individuo-consumatore che “non si caratterizza più solo per 
dare spazio alle emozioni, ma anche per impiegare il 
                                                 
9
 G.Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, 
Milano, 2003. 
10
 Ibidem 
11
 Ibidem 
12
 E.Di Nallo (a cura di), Il significato sociale del consumo, Laterza, 
Roma, 1992. 
 12
consumo come segno e comunicazione della propria 
identità” (Fabris, 2003)
13
. Ciò significa che a spingere 
all’acquisto non è più tanto la razionalità quanto i fattori 
emotivi e psicologici. Sono quindi sempre più le emozioni a 
guidare le scelte di consumo. Ecco quindi che  appare ormai 
superata l’idea che, una volta posseduto un marchio 
famoso, dietro di esso si possa vendere qualsiasi tipo di 
prodotto. Il consumatore oggi è più esigente: è disposto a 
pagare molto per un marchio solo se questo è garanzia di un 
effettivo valore aggiunto (qualità, durata, stile, 
responsabilità sociale). Le marche infatti passano dal 
diventare “status-symbol” a rappresentare uno “style-
symbol”
14
. 
Per riassumere, il nuovo consumatore appare essere: 
o 
autonomo: è diventato più critico ed indipendente; 
o 
competente: ha più informazioni sulle sue scelte di 
consumo; 
o 
esigente: richiede sempre di più da chi vende; 
o 
disincantato: è sempre più realistico verso il mercato. 
Glen Urban in un suo articolo “The trust imperative”
15
 fa 
un’attenta analisi di come si sia rafforzato il potere del 
consumatore di oggi. Negli ultimi dieci anni, infatti, una 
serie di trasformazioni a livello sociale, economico e 
tecnologico hanno creato un nuovo tipo di attore che si 
situa agli antipodi della concezione passata. L’individuo del 
terzo millennio vuole essere protagonista utilizzando al 
massimo il suo potere per intervenire nei meccanismi del 
                                                 
13
 “…il valore di un bene è anche un valore semantico e valoriale con 
cui ci esprimiamo e con cui comunichiamo con gli altri”,da “Il nuovo 
consumatore: verso il postmoderno” p. 89 di G. Fabris. 2003, Franco 
Angeli, Milano 
14
 Dal sito www.tendenze.info/cms 
15
 Glen L. Urban, The trust imperative, Alfred P. Sloan School of 
Management, Massachusetts Institute of Technology, Marzo 2003. 
 13
mercato. Non più quindi solo un osservatore esterno di un 
mondo da cui egli è del tutto escluso, ma forza trainante 
cosciente della propria importanza. Urban individua tra le 
cause di tale inversione di marcia la crescente facilità di 
accesso alle informazioni che caratterizza la società 
odierna. L’avvento di Internet ha rappresentato infatti una 
democratizzazione del flusso informativo mai vista prima. 
La diffusione delle tecnologie e delle conoscenze necessarie 
alla navigazione garantisce a chiunque la possibilità di 
trovare in tempo reale tutti i dati di cui ha bisogno per 
portare a termine il processo decisionale. 
 
La nuova comunicazione 
 
In un contesto del genere, per chi si occupa di 
comunicazione in generale, e di pubblicità o di marketing in 
particolare, bisogna capire come riuscire a colpire 
l’attenzione del destinatario? Come sorprenderlo? Ecco 
quindi che negli ultimi anni le aziende stanno spostando la 
loro attenzione e le loro energie : 
o 
dal messaggio pubblicitario ammiccante alla 
presentazione del prodotto e dei suoi valori; 
o 
dal monologo dell’azienda attraverso sistemi di 
informazione broadcasting al dialogo attraverso 
sistemi di comunicazione a due vie attraverso la 
promozione e il web; 
o 
dai processi produttivi ai processi di relazione con il 
cliente.
16
 
Con la nascita di internet in particolare, si sta 
rivoluzionando il modo in cui le aziende si rivolgono ai loro 
clienti o potenziali clienti, un individuo/consumatore, per 
                                                 
16
 Cfr. Lorenzo Montagna, Lavapiubianco.biz, Tecniche Nuove, 
Milano, 2004, p. 85. 
 14
dirla alla Fabris, che è sicuramente più attento ed informato 
e che utilizza la rete con ben altri interessi e si espone in 
modo differente, è più attivo, partecipativo e se vogliamo 
curioso di quanto non lo fosse da spettatore degli altri 
mezzi di comunicazione. Il Web sta rivoluzionando il 
marketing, i linguaggi, la comunicazione e la relazione tra 
le persone, proprio per questo i grandi brand odierni, ma 
anche quelli più piccoli, non possono fare a meno della loro 
presenza online. Questa rivoluzione in ambito tecnologico, 
comporta delle trasformazione anche in altri settori: 
cambiano i mercati, cambiano le leggi, cambia la 
comunicazione, cambiano le aziende e i loro clienti. 
Attualmente lo sviluppo del digitale sta modificando la 
soglia evolutiva dei sistemi mediali che si sta declinando 
nel passaggio dalla dimensione mass alla dimensione 
personal e le applicazioni tecnologiche si stanno orientando 
al soddisfacimento di questa nuova frontiera della 
comunicazione. La ricerca di nuove forme di relazione, la 
capacità di stimolare una comunicazione a due vie, la 
possibilità di creare interazione è alla base della genesi e 
dello sviluppo della rete, per cui l’attenzione alla 
comunicazione online per rafforzare o costruire la propria 
immagine di marca non può più essere marginale. La 
direzione che le strategie aziendali dovrebbero 
intraprendere è quella che porta da un push-based 
marketing all’auspicabile trust-based marketing, cioè il 
marketing che si basa sulla fiducia. Il rapporto che il 
produttore deve cercare di instaurare con il proprio cliente 
dovrebbe essere di fiducia reciproca. La marca deve riuscire 
a farsi persona fra le persone per poter essere al fianco del 
proprio cliente come farebbe un amico piuttosto che un 
imbonitore senza scrupoli. Il consumatore deve sapere che 
l’azienda non sta cercando di vendergli a tutti i costi 
qualcosa lodandone i pregi e celandone i difetti. 
 15
1.1.    I mercati sono conversazioni
17
 
 
“La gente ama parlare. Ama le conversazioni aperte e di 
dirette. Dentro e fuori le organizzazioni aziendali. Le 
conversazioni interne ed esterne si stanno collegando tra 
loro. Non abbiamo scelta, se non quella di parteciparvi”
18
. 
Nell’Aprile del 1999 Rick Levine, Christopher Locke, Doc 
Searls e David Weinberger, quattro esperti americani di 
marketing, pubblicano online il Cluetrain Manifesto 
(www.cluetrain.com), e invitano a firmarlo e a discuterne. 
È un vero e proprio manifesto, redatto in  95 tesi che 
trattano la comunicazione d’impresa in Internet. La sua 
natura particolarmente provocatoria, a partire dal 
linguaggio utilizzato, semplice ma a volte colorito, tende ad 
attirare l’attenzione di quelle aziende che continuano ad 
utilizzare Internet in modo superficiale, non considerando 
la sua essenza relazionale. Lo scopo degli autori è quello di 
riformare la comunicazione online, di aprire gli occhi a chi 
in Rete comunica e continua a farlo nella maniera errata, a 
chi ostinatamente si tira fuori da questa grande 
conversazione virtuale. L’obiettivo è perciò quello di dare 
impulso ad un nuovo modo di comunicare, una riforma vera 
e propria, per questo forse il richiamo alle 95 tesi di Lutero, 
per questo il linguaggio asciutto, informale, diretto. L’idea 
di base è che Internet abbia rivoluzionato il rapporto 
esistente tra azienda, dipendenti e consumatori. L’azienda 
non può più sottrarsi alla comunicazione con l’utente, i 
                                                 
17
 Questo paragrafo si articola attorno al Cluetrain Manifesto, redatto 
nell’aprile del 1999 da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e 
David Weinberger. È possibile trovare il manifesto, e il libro che lo ha 
seguito all’indirizzo Internet www.cluetrain.com. Per consultare le tesi 
in italiano è possibile visitare il sito Internet www.mestierediscrivere.it. 
18
 Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3, Cluetrain Manifesto, 
Fazi Editore, Roma, 2001, pp. 121-122. 
 16
tempi dei monologhi sono finiti, ora è tempo di conversare. 
“la tecnologia sta dando un senso più chiaro 
all’importanza della conversazione. Le conversazioni si 
stanno muovendo più velocemente, toccando più persone e 
colmando distanze più vaste di quanto siamo abituati”
19
. 
Cambia lo scenario e i mercati sembrano essere tornati a 
quelli dell’antichità, dove si andava per “comprare e 
vendere. Ma questa attività commerciale era strumentale 
all’incontro, il vero scopo era l’incontro e il dialogo delle 
persone. Per questo si andava al mercato. Ora con Internet, 
sembra quasi paradossale, ma si sta tornando all’antico, si 
stanno riscoprendo forme di comunicazione che 
sembravano perse, le persone utilizzano la Rete per 
conversare e le aziende lo sanno. “Il modello di 
comunicazione non è più la comunicazione unilaterale e 
passiva del broadcast televisivo. Il modello di 
comunicazione è quello poco partecipativo e poco 
governabile dell’agorà, della piazza, del mercato nel senso 
in cui questa parola veniva intesa anticamente”
20
. Le 
aziende devono cambiare il loro approccio al cliente, non 
possono più nascondersi dietro a siti che riprendono lo stile 
delle brochures, questo perché i mercati sono 
conversazioni
21
, è quanto viene affermato con la prima tesi. 
L’azienda per conversare, per continuare ad esistere in 
questo scenario modificato, deve comportarsi come un 
persona. Perché le conversazioni all’interno dei mercato si 
                                                 
19
 Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3, Cluetrain Manifesto, 
Fazi Editore, 2001, p. 122 
20
 Antonio Tombolini, Prefazione all’edizione italiana, Cluetrain 
Manifesto, Fazi Editore, Roma, 2001, p. 20 
21
 “Markets are conversations.” Levine, Locke, Searls & Weinberger 
Theses n°1, The Cluetrain Manifesto, Fazi Editore, 2001. 
 17
svolgono tra esseri umani
22
 e si svolgono con voce 
umana
23
. Ed è proprio grazie a questa voce che le persone si 
riconoscono
24
, quindi l’impresa deve farsi riconoscere 
parlando come una persona per poter essere parte di questo 
nuovo scenario. Internet permette conversazioni che con i 
media tradizionali non potevano aver luogo
25
, queste 
conversazioni generano nuove forme di organizzazione 
sociale e un nuovo scambio della conoscenza
26
. Di 
conseguenza a ciò i mercati stanno cambiando, diventano 
più intelligenti, più informati e più organizzati
27
. Essendo il 
mercato conversazione, non ci posso più essere segreti. 
Quindi, dal momento che gli utenti conoscono meglio delle 
aziende i prodotti che utilizzano, sono proprio i fruitori a 
sapere cosa funziona bene e cosa è difettoso, e lo dicono a 
                                                 
22
 “Markets consist of human beings, not demographic sectors.” 
Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°2, The Cluetrain 
Manifesto: The End of Business as Usual, 2001.  
23
 “Conversations among human beings sound human. They are 
conducted in a human voice.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger 
Theses n°3, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
24
 “People recognize each other as such from the sound of this voice.” 
Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°5, The Cluetrain 
Manifesto, 2001. 
25
 “The Internet is enabling conversations among human beings that 
were simply not possible in the era of mass media.” Levine, Locke, 
Searls & Weinberger , Theses n°6, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
26
 “These networked conversations are enabling powerful new forms of 
social organization and knowledge exchange to emerge.”, Levine, 
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°9, The Cluetrain Manifesto, 
2001. 
27
 “As a result, markets are getting smarter, more informed, more 
organized. Participation in a networked market changes people 
fundamentally.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°10, 
The Cluetrain Manifesto, 2001. 
 18
tutti
28
. Il meccanismo del passaparola, tanto semplice nella 
sua forma, quanto efficace nella sua sperimentazione 
pratica. “I mercati online parleranno sempre delle aziende, 
che a queste piaccia o meno. La gente dirà quello che gli 
pare, senza preoccuparsi se viene ascoltata o citata da 
altri, anzi, lo scopo è quello di ottenere la massima 
diffusione delle proprie opinioni. Le aziende non possono 
impedire ai clienti di far sentire la loro voce, e non possono 
impedire ai dipendenti di parlare ai clienti. L’unica scelta è 
iniziare a incoraggiare i dipendenti a parlare con i 
clienti”
29
. Gli stessi consumatori sono anche coloro che 
lavorano nelle aziende, capirlo diventa fondamentale per 
non morire. Il problema più grande delle imprese è che esse 
non parlano la stessa lingua, con la stessa voce dei 
consumatori on-line, anche se è ad essi che vorrebbero 
rivolgersi
30
. Continuano a parlare la lingua delle brochures 
che a chi ascolta risulta artefatta e artificiale
31
, 
dimenticando che le persone connesse sono soggetti sempre 
più intelligenti ed informati
32
. I nuovi consumatori non 
                                                 
28
 “There are no secrets. The networked market knows more than 
companies do about their own products. And whether the news is good 
or bad, they tell everyone.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger 
Theses n°12, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
29
 Rick Levine, Parlare costa poco, capitolo 3 del Cluetrain Manifesto,  
p. 153  
30
 “Corporations do not speak in the same voice as these new 
networked conversations. To their intended online audiences, 
companies sound hollow, flat, literally inhuman.”, Levine, Locke, 
Searls & Weinberger Theses n°14, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
31
 “In just a few more years, the current homogenized “voice” of 
business—the sound of mission statements and brochures—will seem as 
contrived and artificial as the language of the 18th century French 
court.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger Theses n°15, The 
Cluetrain Manifesto, 2001. 
32
 “Companies that don’t realize their markets are now networked 
person-to-person, getting smarter as a result and deeply joined in 
 19
sono più gli stessi che guardavano le loro pubblicità in 
televisione
33
, questi “nuovi” individui sono riuniti in 
comunità ed è attraverso queste nuove entità che vorrebbero 
dialogare con la marca. Priorità per le aziende diventa 
entrare in queste comunità
34
, condividere con esse il 
linguaggio, i problemi che nascono al loro interno
35
. Le 
aziende che non appartengono a una comunità della 
comunicazione sono destinate a morire
36
. I clienti non sono 
più chiusi in se, vogliono avere risposte dalle aziende nel 
modo più veloce possibile. “i mercati vogliono parlare con 
le aziende”
37
, gli utenti ricercano il contatto diretto, 
chiedono di avere accesso a tutte le informazioni 
sull’azienda e sui prodotti disponibili, di conoscere le 
persone che sono nascoste dall’altro lato della barricata
38
. I 
                                                                                                  
conversation are missing their best opportunity.”, Levine, Locke, 
Searls & Weinberger Theses n°18, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
33
 “Companies that assume online markets are the same markets that 
used to watch their ads on television are kidding themselves.”, Levine, 
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°17, The Cluetrain Manifesto, 
2001. 
34
 “But first, they must belong to a community.”, Levine, Locke, Searls 
& Weinberger, Theses n°35, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
35
 “To speak with a human voice, companies must share the concerns of 
their communities.” , Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses 
n°34, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
36
 “Companies that do not belong to a community of discourse will 
die.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°40, The Cluetrain 
Manifesto, 2001. 
37
 “This is suicidal. Markets want to talk to companies.”, Levine, 
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°60, The Cluetrain Manifesto, 
2001. 
38
 “We want access to your corporate information, to your plans and 
strategies, your best thinking, your genuine knowledge. We will not 
settle for the 4-color brochure, for web sites chock-a-block with eye 
candy but lacking any substance.”, Levine, Locke, Searls & 
Weinberger, Theses n°64, The Cluetrain Manifesto, 2001. 
 20
clienti non sono delle entità estranee ed esterne alle aziende 
ma spesso sono gli stessi dipendenti che permettono 
all’azienda di andare avanti
39
. Chiedono di essere 
finalmente ascoltati, potrebbero anche dare suggerimenti 
utili
40
. In modo provocatorio la tesi 78 afferma: “Volete i 
nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione”
41
.  
                                                 
39
 “We’re also the workers who make your companies go. We want to 
talk to customers directly in our own voices, not in platitudes written 
into a script.”, Levine, Locke, Searls & Weinberger, Theses n°65, The 
Cluetrain Manifesto, 2001. 
40
 “We’ve got some ideas for you too: some new tools we need, some 
better service. Stuff we’d be willing to pay for. Got a minute?”, Levine, 
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°76, The Cluetrain Manifesto, 
2001. 
41
 “You want us to pay? We want you to pay attention.”,  Levine, 
Locke, Searls & Weinberger, Theses n°78, The Cluetrain Manifesto, 
2001.