2
A fatica il mercato riesce, infatti, a valutare correttamente le tecnologie a più alto
costo d’investimento, preferendo concentrare gli investimenti su soluzioni
tecnologiche più economiche (e quindi minor rischio sul capitale investito), anche
se queste rivelassero un costo complessivo superiore.
Difatti un ulteriore aspetto critico per lo sviluppo delle nuove energie rinnovabili è
legato proprio alla difficoltà di valutare correttamente le esternalità connesse con
la produzione di energia, che fanno apparire costose queste opzioni tecnologiche
quando ci si limita ad una prospettiva di costi privati e non di costi sociali.
Una corretta valutazione dei costi ambientali, infatti, ridimensionerebbe
decisamente il divario di costo con le fonti fossili, fino ad annullarlo in molti casi,
soprattutto con gli attuali costi dei combustibili.
Infine si tenga conto che la maggior parte delle fonti rinnovabili sono utilizzabili
con tecnologie piuttosto giovani, se si esclude l’idroelettrica.
Da quanto sopra esposto si comprende la necessità ma soprattutto l’urgenza di un
intervento pubblico per indirizzare le politiche energetiche su scala locale,
nazionale ed internazionale verso le scelte ottime sul piano sociale, al fine di
rendere concrete le nuove opportunità tecnologiche.
La scelta dell’argomento di questo lavoro è stata dettata dal forte interesse
personale nei confronti dei problemi ambientali e di uno sviluppo equo e
sostenibile della società.
Ai fini di uno sviluppo sostenibile, l’energia rappresenta al tempo stesso il
problema e la soluzione. Essa rende infatti possibile lo sviluppo, ma è anche una
delle principali cause di inquinamento atmosferico e di altri danni che vengono
arrecati alla salute dell’uomo e all’ambiente.
La valutazione dell’ambiente attraverso monitoraggi rappresenta un primo passo
verso la gestione del cosiddetto “rischio ambientale”.
Il controllo e la valutazione del rischio ambientale risulta essere un’azione
importante per la vita dell’uomo e per le sue relazioni sociali, e soprattutto per le
aziende.
La gestione del rischio ambientale di un’attività industriale, oltre a garantire una
buona immagine dell’impresa dal punto di vista dei consumatori, comporta spesso
un’ottimizzazione delle tecniche produttive.
3
La problematica che innanzitutto si è affrontata in questo lavoro è quella di come
riuscire a conciliare un aumento del consumo di energia, oltretutto auspicabile per
i paesi in via di sviluppo e del Terzo Mondo, con la scarsità delle risorse
energetiche fossili e la già preoccupante concentrazione dei gas serra in atmosfera.
Ci si è inoltre interrogati su come le risorse energetiche rinnovabili, in particolar
modo il Sole, possono davvero dare un contributo importante per un nuovo
sistema energetico.
Ed è proprio da queste domande che ha avuto inizio lo studio e l’analisi, per
riuscire a capire se potesse esistere una soluzione adatta e realistica per un
cambiamento dell’attuale sistema energetico.
Dopo aver quindi analizzato il problema energetico nazionale e i limiti e le
opportunità che esso presenta, si è passati ad analizzare il caso studio del Progetto
“Archimede”, per comprendere se esiste effettivamente una concreta possibilità di
produrre energia elettrica in maniera sempre più efficiente, pulita ed economica.
A tal fine si è studiato il caso applicando, quale strumento di analisi tecnica-
economica, l’LCC, un metodo molto innovativo rispetto all’analisi finanziaria
classica, che considera la validità di un’alternativa di investimento sia dal punto di
vista economico e finanziario, prendendo cioè in considerazione tutti i costi, i
ricavi e i flussi di cassa che derivano da tale investimento lungo tutto il ciclo di
vita dell’intervento, sia dal punto di vista ambientale, considerando le prestazioni
riconducibili in tale ambito, nelle diverse fasi, lungo l’intera filiera produttiva,
ossia progettazione, produzione, distribuzione e dismissione.
La maggiore sensibilità e attenzione alle problematiche ambientali da parte dei
soggetti economici, istituzionali e sociali spinge infatti ad andare oltre la semplice
e tradizionale analisi economica basata su indici puramente finanziari.
Di fronte all’attuale problematica ambientale ed energetica occorre analizzare,
propedeuticamente, l’ecocompatibilità di un prodotto/processo.
Scopo di questo lavoro di tesi è quello di effettuare un’analisi tecnico – economica
mediante l’applicazione dell’LCC, al fine di avere una visione congiunta degli
aspetti ambientali ed economici connessi alla produzione di un impianto elettrico
per la produzione di energia termosolare.
4
Con l’uso di tale strumento è possibile quindi basare il processo decisionale sulla
valutazione dei costi totali che l’impianto termosolare implica, dove per costi
totali sostenuti per la realizzazione dell’opera si considerano sia i costi tradizionali
sia, e soprattutto, i costi sociali ed ambientali non considerando i quali, in termini
complessivi, i benefici (o danni), riconducibili all’impianto, potrebbero essere
esattamente determinati.
Il presente lavoro è articolato in cinque capitoli, l’ultimo dei quali presenta il caso
aziendale trattato, la cui scelta è ricaduta sull’analisi dei costi del ciclo di vita di
un progetto d’investimento che la nota azienda elettrica nazionale, Enel S.p.A, in
collaborazione con l’ENEA, ha recentemente avviato sull’utilizzo di energia
solare per la produzione su scala industriale di energia elettrica.
Tale progetto denominato “Archimede”, prendendo spunto dalla famosa impresa
compiuta dallo scienziato Siracusano (287 a.C. ÷ 212 a.C.), a costruzione ultimata
sarà il primo impianto solare al mondo capace di fornire energia elettrica sia di
giorno che di notte, grazie a dei sistemi innovativi provenienti dall’area di ricerca
dell’ENEA, a prezzi competitivi e con una tecnologia totalmente pulita.
Compito di questo capitolo è quello di mettere in evidenza la fattibilità economico
finanziaria dell’investimento proposto per l’intero ciclo di vita.
Il primo capitolo mette in luce lo stato dell’arte delle tecnologie di sfruttamento
delle fonti energetiche rinnovabili, mettendone in evidenza le potenzialità di
ulteriori sviluppi in termini tecnologici ed in termini economici.
Il secondo capitolo prende in considerazione il sistema termosolare,
descrivendone la tecnologia e le prospettive di sviluppo.
Il terzo capitolo descrive il Life Cycle Management come il nuovo paradigma di
gestione del prodotto o del processo, basato su un approccio al ciclo di vita che
integra le analisi LCA ed LCC, e quindi si giova degli aspetti più significativi di
entrambi i tipi di analisi.
Il quarto capitolo mette in luce tutti gli elementi di criticità dell’attuale sistema
energetico sia in chiave europea che nazionale, descrivendo il ruolo di Enel Spa in
tale contesto.
5
Il quinto capitolo rappresenta infine un’introduzione al caso aziendale esaminato,
qui verranno descritti i componenti innovativi che caratterizzano il progetto
“Archimede”, evidenziando anche i criteri di scelta e le caratteristiche del sito
(Priolo Gargallo, Siracusa).
Questo capitolo è dedicato quindi al life cycle cost analysis dell’investimento di
Enel S.p.A nel citato progetto.
Qui viene dato ampio spazio all’analisi e alla comparazione dei costi e dei ricavi
presenti nella realizzazione, gestione e smaltimento dell’impianto oggetto del
progetto in questione.
L’analisi è stata condotta seguendo le metodologie standard dell’Enel per la
valutazione degli investimenti nel settore delle energie rinnovabili, utilizzando i
costi, di realizzazione e di gestione, ed i ricavi di esercizio, risultanti dai
documenti e dai rapporti dell’Azienda.
6
CAPITOLO 1
LE FONTI DI ENERGIA ALTERNATIVE
7
1.1 Fonti di energia rinnovabili
L’accesso ai servizi energetici (illuminare un ambiente, riscaldarlo, avere la
possibilità da questo ambiente di scambiare immagini, dati e parole con
l’esterno…) e un’adeguata disponibilità di energia sono requisiti essenziali per lo
sviluppo socio–economico, per migliorare la qualità della vita e soddisfare i
bisogni umani fondamentali.
Nella società contemporanea, la qualità dei consumi energetici è importante tanto
quanto la quantità: l’energia deve essere disponibile dove e quando serve.
I comportamenti energetici odierni sono però molto differenti rispetto a quelli del
passato: si sono moltiplicati i consumi di energia finalizzati al trasporto (ascensori,
automobili, motociclette, metropolitane, navi, aerei, treni, razzi spaziali e
missili...) e alla comunicazione (telecomandi per televisori, telefoni e cellulari,
internet, trasmissioni radiotelevisive, radar...).
Gran parte delle applicazioni di uso domestico utilizzano elettricità, al punto che le
nostre abitazioni sono diventati sistemi elettrici “energivori”
1
: frigorifero, forno,
tostapane, frullatore, accendigas, scaldabagno, asciugacapelli, lavatrice, stereo,
televisore, radio, computer.
E’ evidente dunque come l’energia elettrica sia diventata oggi parte integrante del
nostro vivere quotidiano e, al tempo stesso, ci porta a riflettere su una realtà che
ormai è sempre più incombente: le risorse energetiche tradizionali (i combustibili
fossili) si stanno esaurendo, i loro utilizzo crea conseguenze sempre meno gestibili
e l’uomo deve trovare soluzioni che gli consentano di assicurarsi l’attuale standard
di vita salvaguardando, nello stesso tempo, l’ambiente in cui vive.
Fin quando infatti l’utilizzo energetico della combustione era limitato in intensità
e disperso sul pianeta, i suoi effetti sono stati completamente trascurabili: la
fotosintesi clorofilliana utilizza l’energia elettromagnetica dell’irraggiamento
solare per trasformare l’anidride carbonica contenuta nell’atmosfera in materiale
organico (le piante), il quale poi alimenta la catena alimentare, fino a costituire il
1
P. PIETROGRANDE, Energia verde per un paese rinnovabile, Franco Muzzio Editore, Roma, 2003,
pag. 20
8
substrato che nel corso dei secoli e in condizioni opportune da’ luogo a nuovi
giacimenti di gas, lignite, carbone e petrolio
2
.
Il sistema “terra” potrebbe quindi essere in equilibrio, riassorbendo le emissioni
della combustione procurata dall’uomo.
Quando però la rapidità di utilizzo delle fonti fossili è maggiore della loro
ricostituzione, come sta avvenendo oggi, si ha un progressivo accumulo di
emissioni nell’atmosfera e una rapida erosione delle fonti fossili: oggi si
consumano circa 10 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), emettendo
nell’atmosfera 20 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, a fronte di riserve
note per 141 miliardi di tonnellate di petrolio, 145 mila miliardi di metri cubi di
gas naturale e mille miliardi di tonnellate di carbone
3
.
Alla velocità attuale di utilizzo, nel 2045 le riserve note di petrolio saranno
esaurite, nel 2066 saranno invece esaurite le riserve note di gas, mentre avremmo
ancora un paio di secoli di autonomia per quanto riguarda il carbone.
Ciò ovviamente si basa sull’ipotesi che i consumi energetici mondiali si
mantengano inalterati.
Occorre però considerare che oggi quasi due miliardi di persone non hanno ancora
accesso all’energia elettrica e all’acqua potabile e quindi un miglioramento della
qualità della vita di queste persone corrisponderà ad un ulteriore incremento dei
consumi complessivi di energia, ad un più rapido esaurimento delle risorse, a
crescenti costi degli interventi necessari a riparare i danni “collaterali” (per
esempio a livello ambientale frane, alluvioni, desertificazione, inquinamento
dell’aria e dell’acqua...).
Da qui rileva la necessità di contenere questi limiti allo sviluppo dell’intera
umanità promuovendo uno sviluppo sostenibile
4
in cui nessuna parte cresca a
scapito di altre ed il capitale naturale su cui si basa tale sviluppo non diminuisca in
quantità e qualità.
2
G. FLACCAVENTO ROMANO, N. ROMANO, Conoscere le scienze, Fabbri Editori, Milano, 1998,
pag. 120
3
www.ecoage.com/fontirinnovabili/energia.htm
4
“Lo sviluppo sostenibile mira a promuovere l’equilibrato sviluppo economico e il miglioramento della
qualità della vita in grado di soddisfare le aspettative dei singoli senza compromettere la possibilità per le
future generazioni di attuare le loro aspirazioni”
9
A tal proposito, la sostenibilità da attuare posa su tre pilastri fondamentali: la
sostenibilità sociale, per rendere accessibili a tutti le risorse necessarie a garantire
lo sviluppo dei paesi più poveri e per mantenere gli standard di benessere
raggiunti dai paesi più ricchi; la sostenibilità ambientale, per mantenere integri gli
equilibri che sostengono la vita sul nostro pianeta, e quindi scongiurare crisi
ambientali e drammatici cambiamento climatici; la sostenibilità economica, perché
lo sviluppo sia attuabile nel contesto degli strumenti di politica economica oggi in
uso.
A tal fine, le fonti di energia rinnovabili sono uno dei più ovvi motori di uno
sviluppo sostenibile, perchè non compromettono il magazzino di risorse
energetiche e permettono di produrre un’energia “pulita”
5
.
Le fonti di energia rinnovabili, dette anche “alternative” appunto perché si
ripropongono in alternativa alle fonti non rinnovabili (combustibili fossili),
possono essere definite come un’entità il cui sfruttamento avviene in un tempo
confrontabile con quello necessario per la sua rigenerazione.
A differenza dei combustibili fossili e nucleari, destinati ad esaurirsi in un tempo
finito, le fonti rinnovabili possono essere considerate virtualmente inesauribili.
Le fonti di energia rinnovabili possono quindi permettere uno sviluppo sostenibile
all’uomo, senza che si danneggi la natura e per un tempo indeterminato.
Alcuni di questi tipi di energia (in particolare quella solare) hanno anche il
vantaggio di poter essere microgenerate, ossia prodotte in piccoli impianti
domestici che possono soddisfare i bisogni energetici di una singola abitazione o
di un piccolo gruppo di abitazioni.
Il Decreto Legislativo n. 387 del 2003
6
definisce all’art. 2 lettera a) le fonti
energetiche rinnovabili come: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica,
solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di
discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas).
In particolare, per biomasse s’intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e
residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali),
5
P. MENNA, Energia pulita, Il Mulino, Bologna 2003
6
Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2004 -
10
dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei
rifiuti industriali e urbani.
La fonte rinnovabile per antonomasia è rappresentata dalle radiazioni provenienti
dal sole.
Tali radiazioni sono originate dal consumo del combustibile nucleare presente nel
Sole e dato che questo è disponibile in gran quantità, è possibile considerare a tutti
gli effetti, l’energia solare, come una fonte inesauribile
7
.
E’ importante, a tal proposito, considerare come le forme di energia sul nostro
Pianeta hanno origine dall’irraggiamento solare (ad eccezione dell’energia
nucleare).
Dall’energia solare derivano: l’energia idroelettrica, che sfrutta le cadute d’acqua;
l’eolica, derivante dal vento dovuto al disuniforme riscaldamento delle masse
d’aria; l’energia delle biomasse è l’energia solare immagazzinata chimicamente,
attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana.
In Italia poco più del 16% è il consumo interno lordo di energia da fonti
rinnovabili.
Si colloca, infatti, nella media europea, ma deriva per il 65% da fonti
idroelettriche e geotermiche, per il 30% da biomasse e rifiuti e per appena il 3% da
“nuove rinnovabili”, con un peso dell’eolico pari al 2,1% e solare inferiore allo
0,15%
8
.
Tuttavia per soddisfare il crescente bisogno di energia elettrica ancor oggi è
economicamente più sostenibile aggiungere centrali termoelettriche piuttosto che
centrali a fonti rinnovabili: i combustibili fossili hanno ancora un prezzo di
mercato molto vantaggioso (grazie anche a 50 miliardi di dollari all’anno di
sovvenzioni, di cui 6 per supportare l’utilizzo di carbone in paesi quali Germania,
Spagna, Francia e Giappone, 3,5 miliardi nei soli Stati Uniti), le centrali
termoelettriche possono essere realizzate dove servono senza realizzare nuovi
elettrodotti, producono energia quando c’è domanda, i costi iniziali per realizzarle
sono più bassi rispetto a quelle da fonti rinnovabili.
7
Da rilevare il fatto che i principali flussi di energia rinnovabile presenti sulla Terra derivano anzitutto
dall’energia solare, sotto forme diverse, oltre che da calore immagazzinato all’interno del pianeta e
dell’energia gravitazionale del sistema planetario.
8
Dati ANSA
11
Oggi il costo di un chilowattora marginale prodotto da carbone è di euro 30/MWh,
da gas naturale 45, da un nuovo geotermico almeno 50, da un nuovo eolico 70, da
un fotovoltaico oltre 700.
In casi particolari (siti particolarmente favorevoli, infrastrutture esistenti...)
piccolo idroelettrico, geotermico o eolico possono competere con una nuova
centrale a ciclo combinato, ma certamente non sono in grado di fornire la densità
di potenza e la disponibilità di energia della centrale termoelettrica.
Per aggiungere 500 MW, di termoelettrico è sufficiente concludere una sola
procedura autorizzativa e disporre di qualche ettaro di terreno, mentre di fonti
alternative sarebbero necessari almeno 50 piccoli impianti a fonti rinnovabili, tutti
diversi tra loro, con altrettanti iter autorizzativi, in un’area grande quanto tutta
l’Italia.
Di contro, le fonti rinnovabili sfruttano risorse locali, non riducono la disponibilità
futura di risorse energetiche, attenuando la dipendenza energetica da paesi terzi,
consentono aumenti graduali di capacità, rendono possibili contratti di fornitura
con termini temporali estesi senza doverli indicizzare alle variazioni nei prezzi dei
combustibili e, nel caso dell’idroelettrico a bacino, migliorano la risposta del
sistema elettrico alle repentine fluttuazioni della domanda .
I benefici delle rinnovabili non sono tutti misurabili in termini economici per
l’imprenditore: l’indipendenza energetica è un tema strategico per i paesi, ma non
si traduce in immediati benefici per l’investitore o per l’utenza ; la riduzione delle
emissioni che la sostituzione di impianti termoelettrici comporta, riduce quelle che
vengono definite “esternalità”, ma non è di facile contabilizzazione.
La valorizzazione di siti poco utilizzati può contribuire allo sviluppo economico di
villaggi remoti, ma non risolve integralmente i problemi di sviluppo delle aree
rurali.
Certamente gli imprenditori fanno riferimento al ritorno per l’investimento
sostenuto, che deve essere commensurato al rischio assunto; tra i rischi più ovvi:
le incertezze sulla disponibilità delle risorse-fonti rinnovabili (le misurazioni
anemologiche di 12 mesi possono essere fuorvianti se c’è il sospetto che siano
avvenute in un anno particolarmente ventoso, le medie trentennali delle
precipitazioni non tengono conto dei cambiamenti climatici in atto, l’effettiva
12
capacità di un serbatoio geotermico presenta gradi di errore significativi: dove poi
è più rilevante il ricorso a manodopera o a servizi di terzi le incertezze sui costi di
esercizio aumentano il grado di rischiosità: uno sciopero degli autotrasportatori
può per esempio causare la fermata di una centrale a biomasse vanificando la
redditività faticosamente raggiunta).
L’utilizzo di combustibili fossili, che in molti paesi è addirittura sovvenzionato
con fondi pubblici, comporta invece costi e svantaggi sociali, quali peggioramento
della qualità dell’aria, con le malattie respiratorie che ne conseguono,
innalzamento della temperatura dei fumi, incidenti durante il trasporto dei
combustibili.
La petroliera Prestige, naufragata al largo della costa spagnola, trasportava 70 mila
tonnellate di combustibile, per un valore di 15 milioni di dollari; il cedimento delle
stive ha inquinato 300 chilometri di costa, la marea nera ha invaso 90 spiagge, un
milione e mezzo di metri quadri di superficie dovranno essere bonificate.
Un danno valutabile in almeno 60 milioni di euro, perdita di 30 mila posti di
lavoro in Galizia oltre ai danni biologici.
Il sistema paese può quindi associare ai benefici delle rinnovabili un valore, in
modo da incentivare gli imprenditori a realizzare anche nel nostro paese nuova
capacità da fonti rinnovabili.
Ci si riferisce a progetti di sostegno all’investimento in impianti commerciali.
Uno strumento, per i governi, per stimolare tali investimenti è quello della
partecipazione alle spese eccedenti, ma ancor più efficaci sono stati i
provvedimenti CIP6 introdotti nel 1992, che riconoscono l’incentivo non più
sull’investimento realizzato, ma sul KWh prodotto (con quote diverse a seconda
della tecnologia).
Il CIP6 ha avuto il merito di premiare solo quegli investimenti che sono stati
esercitati correttamente e ha consentito la nascita di aziende dedicate alle sole
fonti rinnovabili quali IVPC (secondo maggior operatore eolico in Europa).
Grazie al CIP6 Enel ha anche rinnovato il parco geotermico e ha ripristinato
diverse centrali idroelettriche.
Complessivamente tale provvedimento ha consentito di realizzare impianti nuovi
o ripotenziati da rinnovabile per 7 miliardi di kWh/a di producibilità.
13
Nel 2001 sono entrate in esercizio 7 nuove centrali a fonti rinnovabili per 180
MW, di cui l’85% campi eolici, 14 MW da biomasse, e 32 centrali minidro per
trenta MW; nello stesso anno è stata messa anche in esercizio una grande centrale
idroelettrica da 32 MW, impianti di combustione rifiuti per 34 MW e sono stati
aperti cantieri per rinnovi e nuove centrali geotermoelettriche per oltre 200 MW,
entrate poi in esercizio nel 2002.
Un ulteriore progresso nell’ambito delle fonti rinnovabili è costituito
dall’introduzione del Decreto Bersani
9
nel 1999 in Italia.
Tale decreto ha sancito, tra gli altri, anche l’obbligo per tutti i produttori o gli
importatori termoelettrici di approvvigionarsi di una quota minima di energia da
fonti rinnovabili.
Inizialmente, nel 2002, tale quota è stata fissata nel 2% del totale, e si riferisce
soltanto ad energia verde prodotta da nuovi impianti, che mantengono tale
caratteristica per i primi 8 anni di esercizio.
Il decreto stabiliva in pratica la creazione di un vero e proprio mercato dell’energia
verde, o meglio dei titoli di merito (detti Certificati Verdi) che possono essere
scambiati tra operatori e che favoriscono la competizione tra fonti e tra impianti,
lasciando emergere i più competitivi, quindi i meglio gestiti e i meglio realizzati.
Il commercio dei Certificati Verdi è cominciato nel 2002, anno nel quale si stima
che i certificati abbiano avuto un controvalore di 80 milioni di euro.
Durante il primo anno di funzionamento quasi 1 TWh sono stati prodotti da nuove
centrali a fonti rinnovabili realizzate nel 2002, prevalentemente da rifiuti,
idroelettrico, eolico e geotermico e si prevede che il meccanismo sarà in grado di
generare per i prossimi anni ulteriori 3-4 TWh di energia elettrica da nuovi
impianti a fonti rinnovabili.
Allo stato attuale se il riferimento di mercato (prezzi, costi, tecnologie) non muta è
ipotizzabile che nel 2008 si producano 25 TWh di energia verde, cui si possono
aggiungere almeno 40 dai grandi idroelettrici e 5 KWh dalla termoutilizzazione
dei rifiuti, per un totale di 70 TWh/a di producibilità complessiva: un aumento del
30%, a fronte di investimenti valutabili in 5 miliardi di euro.
9
D.Lgs. 16marzo 1999, n° 79 Concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° L 027 del 30/01/1997
14
Per raggiungere la quota del 25% di rinnovabili prevista al 2010 sarebbe
necessario un incremento di produzione termoelettrica non superiore allo 0,8%
all’anno a fronte di consumi che crescono del 2-3%.
In particolare, è ipotizzabile che un più razionale utilizzo dell’acqua, risanando i
settori idropotabile ed irriguo dagli attuali sprechi che penalizzano l’uso
idroelettrico, regole più ragionevoli per il minimo deflusso vitale nei corsi d’acqua
e 200 nuovi MW di capacità possono apportare almeno un miliardo di kWh/a in
più dall’idroelettrico, con investimenti per 400 milioni di euro e la conseguente
creazione di un indotto considerevole durante la realizzazione; il completamento
degli investimenti geotermici per nuova capacità e per gli adeguamenti degli
impianti esistenti dovrebbe rendere più fruibile la capacità delle risorse
geotermiche oggi coltivate, apportando oltre 6 TWh di energia verde (un aumento
del 38%) con investimenti per circa 500 milioni di euro e una ricaduta
occupazionale durante la realizzazione per altri 2000 addetti.
Un migliore utilizzo degli impianti a biomassa e biogas esistenti e il raddoppio
della potenza installata potrebbe consentire, investendo 700 milioni di euro di
triplicare il loro contributo e di creare 1000 nuovi posti di lavoro.
In Italia la potenzialità eolica è stata valutata in 2500-3000 MW, ma alle attuali
condizioni commerciali ed in considerazione di vincoli paesaggistici e di tutela del
territorio, non è ipotizzabile nel breve termine che si possa mettere in esercizio più
di 1500-1700 MW dei quali il 40% era già in esercizio a fine 2002: si tratta quindi
di realizzare nel periodo 2003-2007 altri 900 MW, investendo circa 900 milioni di
euro e creando un centinaio di posti stabili di lavoro.
I programmi di sussidi alla realizzazione di tetti fotovoltaici hanno avuto un
grande successo: nel 2002 sono entrati in esercizio 240 impianti per 1500 kW, ma
si pensa, per il prossimo futuro, di realizzare almeno 60 MW di tetti fotovoltaici
con un investimento di 400 milioni di euro, creando indotto per l’istallazione e la
manutenzione e ponendo i presupposti per un rafforzamento dell’industria dei
componenti in Italia (300-500 nuovi posti di lavoro).
Il business dell’energia verde è pertanto in grado di investire 3 miliardi di euro per
produrre 9 TWh/a con un beneficio per il paese per le minori importazioni di
carbone per 2 milioni di tep, e con 7 milioni di tonnellate di gas serra evitate ogni
15
anno; gli investimenti necessari avranno una ricaduta occupazionale di diverse
migliaia di addetti.
Se oggi il settore coinvolge 200 aziende, impiega già 5000 addetti per un giro di
affari di un miliardo e mezzo di euro, nel 2007 avrà raggiunto un giro di affari
dell’ordine dei 3 miliardi di euro all’anno.
1.2 Energia idroelettrica
L’energia idroelettrica è una fonte di energia pulita e rinnovabile che viene
ricavata dal corso di fiumi e di laghi grazie alla creazione di dighe o di condotte
forzate.
L’energia idroelettrica è infatti quel tipo di energia che sfrutta il movimento delle
masse di acqua per produrre energia cinetica e quindi, grazie ad una turbina
accoppiata ad un alternatore l’energia elettrica
10
.
La tecnologia per domare, imbrigliare e successivamente muovere l’acqua è tra le
prime sviluppate dall’uomo che da questa traeva la principale fonte di sussistenza.
Tra i primi documenti storici che ci parlano di idraulica, la scienza che studia il
comportamento dell’acqua e che è alla base delle macchine che la utilizzano, il più
noto è il principio di Archimede, grande scienziato di Siracusa, rimasto inalterato
nella sua formulazione originale per oltre due millenni, ci dice come la spinta
esercitata dalla massa d’acqua su un corpo in essa immerso è pari al peso del
volume d’acqua scansato
11
; nel X libro del De Architectura, Vitruvio nel I° secolo
a.C. attribuisce a Ctesibio di Alessandria l’invenzione delle ruote idrauliche
motrici e della pompa a stantuffo; nel 97 d.C. Giulio Frontino, magistrato delle
acque nella Roma imperiale, illustra metodi di calcolo per i sistemi di
distribuzione dell’acqua, inclusa la velocità di attraversamento in appositi orifizi
di misura; già a quel tempo era in uso la mola aquaria, ad asse verticale, descritta
da Vitruvio ed utilizzata per frantumare il frumento, legumi, olive, piriti di ferro
(destinate quest’ultime alla fabbricazione del ferro).
10
www.wikkipedia.it
11
G. RUFFO, Fisica per moduli, Zanichelli, Milano, 2003. pp.64-68
16
Recentemente è stata ritrovata a Venafro, in Campania, l’impronta di una ruota
idraulica su una stratificazione di travertino, che ha consentito di ricostruire il
modello di una ruota a pinne, oggi conservata nel museo archeologico di Napoli,
la quale ha impressionanti analogie con le moderne turbine idrauliche.
Tra il IX e X secolo un consistente sviluppo tecnico delle macchine idrauliche,
inizialmente utilizzate per far girare le macine, consentì la trasformazione
dell’energia cinetica dello scorrere dell’acqua in energia meccanica, mediante
ruote a pale immerse per metà nel fiume.
Con lo stesso principio la ruota idraulica servì in seguito per azionare macchine
per segherie, mantici, magli per le fucine, frantoi per l’oro, per minerali e per
polvere da sparo, verricelli idraulici, gualchiere (macchine per la follatura dei
tessuti di lana), mulini per la concia, per la canapa, per la carta, torni da
falegname, soffianti per altiforni, alesatrici per cannoni.
Il mulino medioevale, localizzato in prossimità del fiume, diventa il centro delle
attività economiche e artigianali, il punto di incontro tra contadini, artigiani e
mercanti, la sede di comunicazioni e informazioni per i villaggi e in breve anche
un centro di potere.
Anche nel rinascimento alcuni grandi del pensiero come Leonardo e Galileo
Galilei basarono la tecnologia dei mulini sulle loro deduzioni scientifiche:
Leonardo nel Codice Atlantico auspicava condotte forzate che alimentassero un
ugello finale in grado di imprimere all’acqua una forte velocità, in modo poi da
colpire i cucchiai di una turbina ad asse verticale i cui disegni sono molto simili a
quelli di macchine moderne; Galileo Galilei e il suo assistente Evangelista
Torricelli perfezionarono gli aspetti di calcolo definendo una formula adatta a
calcolare la velocità dell’acqua derivata dalla “legge di caduta dei gravi” secondo
la quale la velocità aumenta con il tempo, e quindi è proporzionale alla radice
quadrata dell’altezza di caduta.
Con l’avvento nel XIX secolo dei motori a vapore e poi dell’elettricità, forza
motrice a buon mercato che fu disponibile anche lontano dai corsi d’acqua,
l’attività industriale si spostò in pianura, i mulini persero di importanza ed i
villaggi di montagna si svuotarono.