5 
Premium ha condotto la sua battaglia attraverso una leadership di prezzi, forte 
anche delle sue lobbies politiche. 
Sia in Italia che in Spagna, per il momento faticano a farsi largo le cosiddette 
IPTV, ovvero le quelle televisioni che sfruttano la tecnologia di internet per la 
trasmissione.  
Le italiane Alice e Fastweb hanno preferito collaborare con Sky e Mediaset 
piuttosto che competere. Lo stesso avviene in Spagna dove grandi imprese di 
telecomunicazione hanno investito nel mercato della televisione a pagamento. Il 
Marketing di queste imprese si basa tutto o quasi sul cosiddetto triple play, cioè la 
vendita simultanea di connessione ad internet, tariffe telefoniche speciali e canali 
tv, indirizzando la propria offerta ad una nicchia di target internauta.  
La grande peculiarità della Spagna risiede nelle tante tv via cavo a pagamento di 
grandi e piccole dimensioni che si rivolgono ad una clientela locale cavalcando 
l’ onda del regionalismo spagnolo, tipico di alcune cominidades della penisola 
iberica. 
I piatti forti della pay-tv sono gli stessi in tutta Europa: alle due C di calcio e 
cinema, però va aggiunta anche la C di corrida per quanto riguarda gli iberici. 
Va detto che lo studio del mercato delle pay-tv deve fare i conti con la rapida 
mutabilità di questi mercati dal momento che si tratta di situazioni in progress che 
cambiano di  mese in mese secondo tendenze legate soprattutto a investimenti di 
tipo pubblicitario e di promozione. 
In definitiva analizzeremo i mercati di Italia e Spagna cercando di capire le 
dinamiche che hanno portato a certe scelte di tipo strategico dei vari attori 
soprattutto in merito ai diversi target ai quali si rivolgono, alle scelte di pricing, agli 
interventi sulla qualità dell’ offerta e  ai canali distributivi sfruttati per la 
commercializzazione dei loro prodotti. 
Al marketing mix vanno aggiunte tutte quelle iniziative di tipo 
pubblicitario/promozionale, nonché strategie della diversificazione del prodotto del 
tipo cross selling,  che le varie imprese si sono inventati per raggiungere il loro 
obiettivi come la Revista di Digital+ o la Digital Key  di Sky. 
Come dimostrano i numeri, in Italia come in tutta Europa il mercato della pay-tv è 
un mercato in espansione, che seppur con differenze di tipo tecnologico e a volte 
anche culturale, è destinato ad ingrandirsi senza mai inghiottire la tv generalista 
che vive di altri alimenti rispetto a quello di cui si ciba la televisione a pagamento. 
Dopo la Francia, dove l’ IPTV ha avuto una penetrazione rapida ed efficace, 
presto tutta l’ Europa si aprirà a questa convergenza diffusa tra internet e 
televisione.  
 6 
Diverso, invece, è il caso della mobile tv  che appare più come una forma di 
sperimentazione rispetto alle prestazioni del telefonino che una vera e propria 
televisione con la T  maiuscola. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 7 
CAP 1. IL MONDO DELLA PAY TV 
 
Cos'è una pay-tv? 
 
 
 
Il termine anglosassone «pay-tv» non è altro che la traduzione di quella che in 
Italia chiamiamo la televisione a pagamento, cioè quella televisione che si 
contrappone alla televisione che trasmette in chiaro e che quindi non può essere 
vista gratis. 
Il payment, naturalmente, implica un modo di pensare la televisione 
completamente nuovo, sia dal punto di vista dei contenuti che da quello 
economico e delle strategie aziendali.  
 
Broadcasting Vs Narrowcasting 
In base ai criteri economici distinguiamo due fasi che la televisione ha 
attraversato nella sua storia:1 
  
-una prima fase dell'impresa televisiva centrata sullo sfruttamento delle risorse 
pubblicitarie che è cominciata con la nascita e la diffusione delle emittenti private 
negli anni '70, 
 
                                                 
                
1
 Matteucci Nicola,  Economia delle pay-tv, Carocci, 2008 
 
 
 8 
-una seconda fase, quella delle pay-tv, che si sviluppa a partire dai primi anni '90 
e basata sull'abbonamento che ogni telespettatore deve pagare per accedere alla 
programmazione. E' in questa fase che assistiamo ad un rinnovamento profondo 
nel modo di fare televisione: dall'organizzazione al prodotto, dalla ricerca e 
sviluppo ai rapporti con gli utenti. 
 
La prima fase è caratterizzata da un tipo di impresa televisiva che, attraverso una 
rete di diffusione capillare, offre flussi di programmi ad un pubblico indifferenziato 
e di massa, la cosiddetta televisione generica. Questo tipo di approccio è 
chiamato Broadcasting. 
L'obiettivo economico dell'impresa è raggiunto attraverso due tipi di scambi 
successivi. 
Il primo, di natura non economica e strumentale al secondo, consiste nell'offrire al 
telespettatore un flusso di programmi audiovisivi in cambio della sua attenzione o 
almeno della sua presenza davanti al teleschermo.  
Il secondo consiste nell'offrire, in cambio di denaro, l'attenzione-presenza del 
telespettatore all'inserzionista pubblicitario, che in tal modo ottiene visibilità per il 
proprio prodotto. La cosa importante è il tempo del telespettatore, mentre la 
programmazione è solo un bene strumentale utilizzato per ottenere il prodotto 
finale che è l'attenzione del pubblico. 
 
Ma ad un certo punto ci si è accorti che quello non era l'unico modo possibile ed è 
qui che ha inizio l'avventura dalla pay-tv. Le imprese televisive offrono programmi, 
o prodotti a prevalente contenuto tematico, per pubblici mirati e ad accesso 
selezionato in base ad una tariffa da pagare. Queste imprese portano delle novità 
di grande rilievo perchè mutano l'oggetto dello scambio economico, i rapporti tra 
domanda ed offerta ed infine, la stessa logica del palinsesto che tende a 
scomparire. Dal punto di vista del Marketing strategico gli obiettivi, come 
vedremo, si spostano: innanzitutto nelle pay-tv si ristabilisce un normale rapporto 
di mercato tra chi offre e chi domanda programmi. Così l'offerta ora deve cercare 
di adeguarsi alla domanda di programmi per ottimizzare le sue entrate 
economiche, anziché per ottenere ascolti. L'utente paga un abbonamento non per 
accedere ad una programmazione di flusso, ma per disporre di un certo tipo di 
programmi. Quella che prima era una guerra giocata quantitativamente su dati 
Auditel con le pay-tv è diventata una lotta sulla qualità dell'offerta e su come 
questa riesca ad intercettare i gusti e i bisogni del pubblico. La domanda non è  
 
 9 
più «Come faccio ad attirare l'attenzione del telespettatore? », bensì «Per quale 
tipo di offerta lo spettatore è disposto a pagare? » 
 
 
Nascita delle pay-tv 
 
Negli USA alcuni fanno risalire al lontano 1949 la prima richiesta di concessione 
alla Federal  Communication Commission.4   
Negli anni '50 sorgono le prime iniziative come Telemeter, Subscriber Vision e 
Phonevision, ma sono per lo più esperimenti limitati nel numero di abbonati e 
rimasti nell'ombra di fronte al successo dell'esordiente televisione commerciale. 
L'esperienza più significativa è quella di Subscription TV Inc. (STV), nata in 
California nel 1964 per trasmettere all'inizio sport e documentari e, dopo poco 
tempo, film; ma l'opposizione è stata talmente forte, che in seguito a referendum 
popolare, è stata dichiarata illegale con una sentenza poi confermata nel 1966 
dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. 
 
All'inizio degli anni '70 ci riprova Time Inc.5.  Il grande gruppo editoriale 
americano, che a quell'epoca ha già iniziato la sua politica di diversificazione 
multimediale. Decide di creare nel 1972 Home Box Office (HBO), la pay-tv che 
negli Stati Uniti otterrà i maggiori successi nel settore. HBO ha la funzione di 
rompighiaccio e libera la pay-tv dai numerosi vincoli che fino a quel momento ne 
impedivano il decollo su scala nazionale. La sua affermazione è lenta e difficile. Ci 
vogliono tre anni ed un attento aggiustamento dell'offerta, poi stabilizzata 
prevalentemente su film e sport, per arrivare a duecentomila abbonati. HBO 
raggiungerà il punto di equilibrio economico (break-even ), alla fine del 1977 
con un milione di abbonati e la sua crescita sarà irreversibile. 
 
In Europa la pay-tv fa il suo esordio in Francia nel 1984 con Canal Plus.6 , creata 
dal gruppo Havas, che è il leader europeo nel settore delle pay-tv, seguita 
dall'inglese  BSkyB. 
Con la nascita della televisione satellitare, negli anni ottanta, la pay-tv ha iniziato 
a diffondersi anche via satellite, trovando in essa una tecnologia meno costosa 
(un solo trasmettitore radio posto su un satellite è in grado di coprire interi 
continenti) e più efficiente (la frequenze disponibili via satellite sono in numero  
 
 
 10 
maggiore rispetto a quelle terrestri, già occupate da molti altri servizi, inoltre è 
possibile trasmettere sulle stesse frequenze da diverse posizioni orbitali). 
 
In Italia, la prima televisione a pagamento è stata Telepiù,  che nasce nel 1990 
come società formata da Silvio Berlusconi (che però dovrà lasciare a causa della 
proprietà di altre reti tv), Vittorio Cecchi Gori, Leo Kirch e altri soci minori che poi 
nel 1997 la venderanno per il 90% a Canal Plus. Sempre nel 1997 nasce Stream 
Tv, l'unica rivale di Telepiù con la quale si darà battaglia per 6 anni fino a quando 
Telepiù ha un crollo finanziario, soprattutto a causa del mercato nero delle schede 
pirata che consentono di vedere la programmazione senza pagare 
l’abbonamento. La società fu quindi acquisita da Rupert Murdoch, il quale la 
fonde con Stream TV dando vita a Sky Italia. 
Dal 2003 quindi SKY Italia ha monopolizzato il mercato italiano a pagamento fino 
al gennaio 2005 quando sul digitale terrestre è stata aperta una nuova frontiera 
della pay-tv: Mediaset, con Mediaset Premium, e in misura infinitamente minore 
Telecom Italia Media, con Cartapiù,  che hanno iniziato ad offrire un servizio di 
pay per view che non necessita di abbonamento.2 
 
La storia delle pay-tv italiane quindi è materia di recente approfondimento se 
consideriamo che fino alla fine degli anni '80 pochi avrebbero scommesso sul 
successo e sullo sviluppo di una televisione alternativa a quella generica. La 
domanda che tutti si facevano è «Perchè gli italiani dovrebbero pagare per vedere 
la tv?» A questa risposta riportiamo le parole di Tullio Camiglieri in un intervista 
rilasciata in occasione della presentazione del suo libro «La grande avventura 
della pay-tv» 3 : «Di fronte a prodotti di qualità, esclusivi e offerti con tecnologie 
avanzate, penso alll'alta definizione, ai 16:9, all’uso del suono, anche gli italiani 
hanno dato prova del fatto di essere  disposti a pagare un abbonamento. Inoltre, 
proprio in quegli anni, c’è stato anche un importante calo, a livello qualitativo, del 
livello della televisione generalista che ha cominciato ad uniformarsi verso il 
basso. Questo ha sicuramente aiutato la pay -tv a trovare favore e accoglienza da 
parte del pubblico.» 
 
 
                                                 
             
2
 Giorgio Manzoli, Televisione digitale: via satellite, cavo, ponte radio terrestre, Milano,   
                     Delfino, 2006 
                 3  www.ilrecensore.it 
 
 
 11 
 
Possiamo allora dire che la pay-tv è stata una scommessa vinta da chi ha 
investito per rispondere ad una domanda latente da parte del pubblico che 
desiderava una televisione con dinamiche e contenuti totalmente diversi da quelli 
della televisione che siamo abituati a vedere. 
Stiamo parlando di una vera e propria rivoluzione sia dal punto di vista 
dell'approccio del pubblico verso la televisione sia dal punto di vista delle strategie 
aziendali. 
Il pubblico delle pay-tv è un pubblico scelto, segmentato, con gusti specifici che 
sceglie attivamente di pagare per accedere a dei contenuti che lui e solo lui ritiene 
interessanti. Non è un subire passivamente il palinsesto quotidiano, bensì una 
decisione attiva nella selezione dei pacchetti messi a disposizione dalle varie 
piattaforme. Chi paga per vedere la televisione non accende il televisore per 
abitudine, ma per poter vedere dei programmi specifici, modellati in base ai suoi 
gusti e alle sue passioni e per i quali egli ritiene valga la pena sostenere dei costi. 
Dal punto di vista aziendale siamo di fronte ad un cambiamento profondo se 
consideriamo che la fonte di ricavo non è più soltanto la pubblicità, che è solo il 
9%, ma la vendita diretta di pacchetti o singoli programmi al cliente. L'obiettivo 
non è la massa indiscriminata di telespettatori, ma un pubblico profilato che 
adesso è più facilmente misurabile e analizzabile. 
La pay-per-view (paghi solo ciò che vedi), per esempio, consente di conoscere 
il numero esatto di telespettatori che hanno comprato e quindi visto un 
programma permettendo di capire e interpretare le preferenze del pubblico. 
Con la pay-tv il cliente ha a disposizione più canali, un 'offerta tematica, di 
migliore qualità, una maggiore qualità dell'immagine e del suono e delle possibilità 
di interazione, oltre che ad un palinsesto flessibile e minori intrusioni pubblicitarie. 
In conclusione possiamo quindi dire che la pay-tv offre un prodotto che soddisfa 
un bisogno del consumatore , ovvero uno stato di privazione percepita.4 In questo 
caso il bisogno è determinato dalla mancata trasmissione di certi contenuti 
televisivi da parte della tv tradizionale.  A questo prodotto evidentemente il 
consumatore associa un valore più o meno alto, ma sicuramente un valore 
minimo per il quale egli pensa valga la pena pagare un prezzo. In fatti il valore 
(customer value) in Marketing è la differenza tra i benefici che il cliente consegue 
dal possesso e/o uso di un prodotto e i costi per ottenere il prodotto stesso.  
 
                                                 
               
4
 Paolo Bertozzi, Marketing del Turismo, 2003 
 12 
La tecnologia della pay tv 
Aldilà degli attori che fanno parte del mercato delle pay-tv, dobbiamo prima 
distinguere le diverse tipologie tecniche di televisione a pagamento, in quanto 
differenti supporti implicano differenti contenuti con differenti target e mercati. 
Esistono dunque 3 tipi di pay-tv: 
 
- TV satellitare 
- TV via cavo 
- Digitale Terrestre  
- IPTV  
 
Il satellite 
La televisione satellitare o televisione via satellite, è la televisione che giunge agli 
utenti per mezzo di onde radio emesse da trasmettitori posti su satelliti per 
telecomunicazioni geostazionari. 
Mentre la televisione terrestre e la televisione via cavo servono quasi sempre 
aree geografiche non eccedenti le nazioni, la televisione satellitare normalmente 
serve invece aree geografiche continentali. Con la televisione satellitare è 
possibile quindi ricevere televisioni di altre nazioni. 
La televisione satellitare permette una ricezione perfetta anche in zone montuose, 
zone in cui la televisione terrestre ha difficoltà a fornire servizio.  
Per ricevere la televisione satellitare è necessario disporre, oltre che di 
un'antenna parabolica, di un televisore compatibile con gli standard televisivi delle 
televisioni satellitari che si vuole ricevere. Per quanto riguarda l'Italia non sono 
molti i modelli di televisori compatibili con la televisione satellitare in quanto 
normalmente sono compatibili con la sola televisione terrestre. 
In alternativa sono disponibili set-top box contenenti l'elettronica per la 
compatibilità con tali standard.  
Per quanto riguarda le pay-tv satellitari spesso il set-top box è una scelta 
obbligata in quanto i provider televisivi satellitari utilizzano standard proprietari per 
i servizi interattivi e/o non supportano gli standard aperti per la decriptazione delle 
televisioni a pagamento.5 
 
 
                                                 
              
5
 Giorgio Manzoli, Televisione digitale: via satellite, cavo, ponte radio terrestre, Milano,               
                 Delfino, 2006 
 
 13 
            La tv via cavo 
La televisione via cavo è la televisione che giunge agli utenti per mezzo di un 
cavo per telecomunicazioni. E’ diffusa agli utenti attraverso reti per 
telecomunicazioni che possono utilizzare metodi di trasmissione diversi in diversi 
tratti della rete. In Italia, come vedremo, la tv via cavo non è molto sviluppata. 
 
Il digitale terrestre 
La televisione digitale terrestre, in sigla TDT (o DTT, dall'inglese Digital 
Terrestrial Television), è la televisione terrestre rappresentata in forma digitale.  
I principali benefici derivanti dall'introduzione della TDT sono: 
 
-un maggior numero di canali disponibili, grazie a tecniche di codifica di sorgente 
del segnale che permettono la riduzione (compressione dati) fino a 1/5 della 
banda di frequenze utilizzate per la trasmissione di un canale; 
 
-una migliore qualità immagine/audio, infatti il segnale digitale, grazie a tecniche 
di codifica di canale, è meno soggetto alle interferenze e può veicolare contenuti 
video in 16:9 e audio con caratteristiche simili ai DVD; 
possibilità di programmi interattivi, ad esempio esprimere giudizi o rispondere a 
quiz direttamente col telecomando; 
 
- possibile trasmissione in doppio/multiplo audio e quindi, per esempio, in 
multilingua. 
 
- interattività(i nuovi standard consentono un'interazione più semplice e 
coinvolgente grazie al fatto che lo spettatore maneggia unicamente il suo 
telecomando e può osservare i risultati delle sue azioni sullo schermo del proprio 
televisore) 
 
Per il normale spettatore lo svantaggio principale del digitale terrestre è dato dalla 
necessità di acquistare dei nuovi apparecchi atti alla sua ricezione. È possibile 
sostituire i propri televisori con nuovi modelli in grado di ricevere autonomamente 
le trasmissioni digitali oppure affiancare ai televisori già posseduti dei ricevitori 
esterni (decoder). Oltre che un costo in termini economici questo costituisce 
una difficoltà pratica per le persone che, come molti anziani, non hanno  
 
 14 
dimestichezza con la tecnologia: l'uso di una nuova televisione richiede un 
cambiamento di abitudini consolidate e l'uso di un decoder implica anche un 
telecomando in più. Anche se i televisori più recenti integrano il sintonizzatore 
digitale terrestre, spesso si tratta di modelli base: non consentono di usufruire dei 
servizi a pagamento o lo consentono solo in seguito all'acquisto di un componente 
aggiuntivo (modulo CAM); tipicamente, inoltre, non supportano l'interattività. 
Ciò significa che per usufruire dei vantaggi del digitale terrestre può essere 
necessario affiancare un decoder anche ai televisori recenti. 
Entro il 30 novembre 2012 avverrà quello che i media hanno chiamato switch off: 
ovvero il definitivo spegnimento dell' analogico in luogo del digitale.6 
 
L’ IPTV  
L'IPTV (Internet Protocol Television) è un sistema di teleradiodiffusione 
dedicato alla trasmissione di contenuti televisivi su un'infrastruttura di rete basata 
sulla suite di protocolli Internet, conosciuta anche come TCP/IP. 
Il sistema IPTV è generalmente usato per diffondere contenuti televisivi attraverso 
connessioni ad Internet a banda larga. 
L'IPTV solitamente offre 2 tipologie principali di contenuti:  
 
- contenuti in presa diretta (distribuiti contemporaneamente a più utenti)  
 
- contenuti di tipo Video-on-Demand, cioè pre-registrati e resi disponibili a ciascun 
utente che ne faccia richiesta.  
 
Nel primo caso, la distribuzione dei contenuti avviene tramite protocolli di 
multicast; nel secondo caso, si usa una connessione unicast tra l'utente e la 
piattaforma di erogazione del servizio. 
I contenuti video, in genere, sono codificati in formato MPEG2, oppure MPEG4. 
Quest'ultima tecnologia (diffusasi più di recente) sta soppiantando l'MPEG2, 
poichè consente una notevole risparmio di banda, a parità di qualità 
dell'immagine. Solo ultimamente alle tecnologie di IPTV si sono affiancati sistemi 
di P2P-TV, ovvero di condivisione dei flussi audiovisivi che, attraverso dei sistemi 
a cascata simili a quelli di Bittorrent, permettono di replicare i contenuti tra gli 
utenti e permettere a tutti di ricevere agevolmente il segnale. 
 
                                                 
                
6
 Pinna Pamela Maria, Televisione Digitale Terrestre, Gremese Editore, 2008