Il mistero della bellezza. L'estetica trascendentale di Hans Urs von Balthasar
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13 Balthasar non osa dirlo di se stesso ma è evidente che egli ha voluto prendere il testimone dalle mani di questi kairòs dellʼestetica trascendentale per consegnarlo, in modo rinnovato e allʼaltezza dei nuovi tempi, alle generazioni future. Balthasar era molto consapevole della situazione in cui versava la filosofia del Novecento, e soprattutto delle condizioni cui era stata ridotta la bellezza. Il secolo XX percorre, anche per quanto riguarda il bello, con sempre maggior coscienza di sé e povertà di tradizione, vie sue mai battute. Briciole e frammenti franano dappertutto. Figurazioni astratte si presentano come collocate nel nulla. Le forme della tradizione vivono oramai, avulse dai loro sfondi, solo nei musei, solo custodite dagli antiquari e fotografate dai turisti che veramente neppure le guardano. 59 Questa analisi non è stata smentita, ma confermata: la bellezza è la grande assente nel panorama filosofico del Novecento 60 . Il giudizio finale di Balthasar sulla storia non è però catastrofico, e senza vie dʼuscita, né banalmente nostalgico di unʼantichità o di un evo cristiano da ripresentare con vesti moderne rinnovate. Del bello, ridotto nel mondo moderno a impressione soggettivistica, Balthasar intende restaurare il valore di proprietà trascendentale dellʼessere, insieme al «buono» e al «vero» riconosciutogli dalla filosofia medievale. Ma per riconoscere che «lʼessere è in toto, bello», bisogna abbandonare la riduzione dellʼestetica, per opera del tardo razionalismo di Baumgarten e del criticismo di Kant, a «una scienza regionalmente delimitata», per pensarla di nuovo come un «aspetto della metafisica in quanto scienza dellʼessere dellʼente» 61 . Come ha inteso Balthasar ripensare lʼestetica trascendentale attingendo al grande patrimonio lasciato dai suoi predecessori? Due, a mio avviso, sono le scelte strategiche fondamentali che delineano il suo percorso metafisico, e attorno alle quali ha costruito la sua estetica trascendentale. Balthasar ha posto come fuochi dellʼellisse della sua riflessione filosofica lʼesperienza del mistero e la percezione della Gestalt. Per mistero, è bene subito chiarirlo, egli non intende ciò che non si conosce ancora, o che mai si conoscerà, l'inconoscibile, ma un apriori assoluto, metafisico- teologico, ciò che tutto precede e fonda. Il mistero di cui Balthasar parla non è qualcosa di esoterico, e non riguarda i misteri oscuri e incomprensibili delle religioni, ma ciò di cui lʼuomo fa continuamente esperienza. Lʼidea di mistero in Balthasar non è semplice, ma − come si vedrà in seguito − complessa e paradossale perché sintetizza in sé due aspetti antitetici. Il più importante dei quali non è quello concernente la non conoscibilità, ma esattamente al contrario quello riguardante lʼeccessiva evidenza, visibilità e sovraluminosità, della realtà. Si potrebbe dire che per Balthasar è 59 Ibid., p. 39. 60 Cfr. F. Vercellone, Oltre la bellezza, Mulino, Bologna 2008, pp. 7-25. 61 F. Desideri, C. Cantelli, Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, op. cit., p.454.
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Informazioni tesi
Autore: | Gianni Vidoni |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Udine |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze storiche e filosofiche |
Relatore: | Alessandro Bertinetto |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 223 |
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