Introduzione 
Regola d’Arte” nell’attuazione della sicurezza elettrica. In questa ottica si cercherà di mettere in 
risalto i punti in cui la normativa non risulta particolarmente né adeguatamente cautelativa, come 
nel caso di sale per endoscopia, identificando altresì ipotesi impiantistiche che congiuntamente 
all’utilizzo delle apparecchiature possano ridurre ulteriormente il subdolo rischio di fibrillazione  
ventricolare (o di gravi aritmie). 
 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
 
 
 
1 IL RISCHIO ELETTRICO NEI LOCALI AD USO MEDICO  
 
Art 1 “ Tutti i materiali, le apparecchiature,le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici 
devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte” 
Art 2 “I materiali, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici 
realizzati secondo le Norme del Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola 
d’arte” (Legge 186 del primo marzo 1968 )  
 
La presenza d’elettricità nell’ambiente medico è diventata un requisito quasi indispensabile nelle 
varie pratiche mediche: si pensi al più banale dispositivo elettromedicale fino al complesso sistema 
di una sala operatoria. In tali strutture il problema della sicurezza elettrica, e quindi la realizzazione 
dei dispositivi e degli impianti a regola dell’arte, è particolarmente rilevante per le implicazioni 
etiche, legate alla salvaguardia della vita umana in un ambiente a ciò preposto.  
I pericoli derivanti dall’elettricità in un locale ad uso medico possono essere raggruppati in due 
categorie: il primo e più ovvio tipo di pericolo è legato all’impianto elettrico, il secondo è 
condizionato all’utilizzo di apparecchiature elettromedicali. Ovviamente, la sicurezza elettrica 
dell’impianto e quella delle apparecchiature elettromedicali concorrono strettamente ad offrire le 
adeguate condizioni di sicurezza per svolgere moltissime pratiche cliniche.  
L’entità del danno provocato dal passaggio di una corrente elettrica attraverso il corpo umano è 
sicuramente variabile e dipende da una serie di parametri quali, ad esempio il tipo di contatto, la 
sua durata, ecc.. I contatti indiretti possono essere causa per il paziente di rischi elettrici 
classificabili come macroshock e microshock, eventi pericolosi che possono provocare innesco di 
fibrillazione ventricolare. Il microshock, a differenza del macroshock, è caratteristico dei locali ad 
uso medico dove la presenza del paziente connesso a dispositivi medici che utilizzano un contatto 
elettrico diretto con la zona cardiaca, espone ovviamente il paziente a gradi di pericolosità di gran 
lunga superiori e tali quindi da richiedere accorgimenti tecnici del tutto particolari.  
Nel presente capitolo si cerca di fornire una compendiosa panoramica del rischio elettrico nei locali 
adibiti ad uso medico. 
 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
1.1 Effetti dell’elettricità sul corpo umano 
Correva l’anno 1790 quando Luigi Galvani, professore di anatomia all’ università di Bologna, 
condusse i suoi celebri esperimenti sulla contrazione del muscolo di rana per mezzo di un 
bimetallo. Egli dichiarò trattasi di “elettricità animale” che si scaricava attraverso il bimetallo, 
Alessandro Volta, professore di fisica all’ ateneo pavese, non soddisfatto di questa spiegazione, 
cercò di dare al fenomeno un interpretazione fisica più completa e corretta. Galvani fece bene ad 
associare l’attività elettrica a quella biologica, ma Volta aveva ragione nel considerare la rana un 
semplice conduttore elettrolitico, che chiudeva il circuito tra due metalli di natura diversa. 
L’attività biologica si accompagna ad un attività elettrica. Nulla da meravigliarsi quindi che 
correnti elettriche esterne, sommandosi alle piccole correnti fisiologiche interne, possano alterare 
le funzioni vitali dell’ organismo, fino a provocare effetti letali. L’eccitabilità della cellula è legata 
al fatto che, come si spiegherà più in dettaglio  nel paragrafo 1.1.4, sussistono delle differenze di 
potenziale a livello della membrana cellulare. Per adesso cominciamo a precisare che ogni cellula 
“elettricamente attiva” è caratterizzata da una curva di eccitabilità che prende il nome di curva 
intensità-durata. Questa contiene già i presupposti della curva di pericolosità tempo-corrente per 
l’intero corpo umano che come vedremo in seguito, è anch’essa molto simile a un’iperbole 
equilatera. Una membrana cellulare può essere modellata tramite una resistenza e una capacità in 
parallelo. Quando uno stimolo di corrente depolarizza la membrana a riposo si genera un 
potenziale d’azione e la cellula è eccitata.  Le strutture muscolari e nervose così come lo stesso 
muscolo cardiaco sono caratterizzate da un valore minimo di intensità di corrente capace di 
provocare la stimolazione che prende  il nome di reobase. Lo stimolo, però, eccita la cellula solo se 
ha un’intensità sufficiente in relazione al tempo per cui permane. Si può definire dunque una curva 
di eccitabilità della cellula I=I(t) descritta dalla seguente espressione: 
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−
=
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−
=
−−
ττ
tt
m
th
e
I
eR
V
I
11
0
 
 
 
Dove V
th
 è la tensione di soglia (circa 20 mV); t è la durata dello stimolo; τ è la costante di tempo 
della membrana ed è pari a τ=RmCm. 
La reobase rappresenta la minima intensità dello stimolo capace di produrre l’eccitamento della 
cellula se applicato per un tempo indefinito ed è uguale a 
m
th
R
V
I =
0
 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
Per caratterizzare la curva si fa anche riferimento al tempo minimo per cui deve essere applicato 
uno stimolo di ampiezza doppia di quella di reobase per produrre l’eccitamento (tempo di 
cronassia). 
 
 
Figura 1 : Curva intensità-durata  
 
Quando una corrente elettrica attraversa il corpo umano può, dunque, produrre effetti pericolosi 
consistenti generalmente in alterazioni di varie funzioni dell’organismo (comprese alcune vitali), in 
lesioni al sistema nervoso, ai vasi sanguigni, all’apparato visivo e uditivo, all’epidermide ecc..  
Alcuni tra questi effetti risultano essere particolarmente pericolosi. In condizione di macroshock si 
possono osservare alcuni degli effetti precedentemente citati e solo correnti e tensioni di contatto 
particolarmente elevate possono dare origine alla fibrillazione ventricolare. In caso di microshock 
la fibrillazione ventricolare avviene con elevata probabilità anche con valori di corrente e tensione 
relativamente molto bassi.  
 
Nel seguito si elencano alcuni dei principali effetti della corrente sull’organismo umano.  
1.1.1 Tetanizzazione 
Il passaggio della corrente elettrica attraverso le strutture neuromuscolari, quando questa raggiunge 
determinati livelli, provoca il tetano muscolare o la tetanizzazione muscolare: questa consiste di 
una serie di violente contrazioni muscolari (contrazioni toniche), senza intervalli di rilassamento, a 
carattere involontario, simili a quelle osservabili nei malati di tetano. Le correnti a frequenza 
 7
Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
industriale, capaci di provocare il tetano muscolare, hanno intensità tre o quattro volte superiore 
alla reobase.  
1.1.2 Ustioni 
Quando il corpo umano è attraversato dalla corrente elettrica, cioè viene a far parte di un circuito 
elettrico, possono verificarsi ustioni lungo il percorso della corrente nei punti dove questa assume 
densità elevate. Il fenomeno delle ustioni è legato all’effetto Joule: la trasformazione di potenza 
elettrica in potenza termica provoca un innalzamento della temperatura locale e quindi la comparsa 
di specifiche lesioni (spesso il punto di contatto elettrico, e quindi quello a maggiore densità di 
corrente, è la cute: tali lesioni cutanee sono anche note come “marchio elettrico”). 
1.1.3 Arresto della respirazione  
I centri respiratori governano, attraverso un’attività automatica riflessa, i movimenti respiratori; si 
tratta di centri nervosi, inspiratori ed espiratori, situati nel pavimento del quarto ventricolo e 
collegati funzionalmente con i centri che regolano la pressione del sangue e il ritmo del cuore e ad 
un centro della protuberanza (centro pneumotassico) che sembra sensibile alla concentrazione di 
anidride carbonica e che svolge, in particolare, la funzione di regolare il ritmo del respiro. Dai 
centri respiratori si dipartono le fibre che portano gli impulsi ai vari nuclei motori che comandano i 
movimenti della laringe, del diaframma e i muscoli inspiratori. Il passaggio della corrente elettrica 
nei centri respiratori può provocare l’arresto della respirazione (paralisi respiratoria), senza alcuna 
possibilità di ripresa e di regolazione volontaria del ritmo. Questo fenomeno può verificarsi per 
inibizione diretta dei centri respiratori o per contrazione tetanica dei muscoli della gabbia toracica; 
viene comunque resa impossibile la ventilazione, ossia l’ingresso e l’uscita dell’aria dai polmoni, a 
causa dell’assenza dei necessari movimenti respiratori del torace. Il risultato è l’asfissia, con 
mancata ossigenazione di tutti gli organi e gli apparati e l’accumulo di anidride carbonica nei 
tessuti, che, se protratta nel tempo, può portare alla morte dell’individuo. 
 
1.1.4 Elettrofisiologia cardiaca e fibrillazione ventricolare 
Lo studio degli effetti  patologici delle correnti elettriche, per quanto riguarda la fibrillazione 
ventricolare, richiede di premettere alcuni brevi cenni sui potenziali bioelettrici, con particolare 
riferimento al cuore e al ciclo cardiaco. I potenziali bioelettrici sono caratteristici di tutte le cellule 
eccitabili e pertanto anche di quelle miocardiche. Si tratta di differenze di potenziale tra l’ interno e 
l’ esterno della membrana cellulare. Tali strutture agiscono come filtri selettivi di ioni: gli ioni che 
principalmente contribuiscono alla generazione dei potenziali biolettrici sono il sodio, il potassio e 
il cloro. Sulla membrana cellulare si determina dunque un gradiente di concentrazione e un 
gradiente di potenziale elettrico. Il potassio (K+), ha una concentrazione maggiore all’interno delle 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
cellule; il sodio (Na+), invece, tende a concentrarsi all’ esterno della membrana cellulare. Quando 
la cellula si trova in condizioni di riposo, si stabilisce un equilibrio dinamico: il flusso totale di ioni 
Na+ e K+ che attraversa la membrana cellulare, per effetto del potenziale elettrico, fornisce una 
corrente risultante nulla. Pertanto le concentrazioni di ioni esterne e interne rimangono costanti, 
con uno squilibrio di carica positiva all’ esterno della membrana dovuto principalmente alla 
diversità di concentrazione tra esterno e interno degli ioni Na+ e K+: la cellula è dunque 
polarizzata. Rispetto alla superficie esterna, il potenziale all’ interno della membrana cellulare è 
negativo, dell’ ordine di -50mV/ -100mV. Per le cellule miocardiche è stato stimato essere pari a -
80mV. Oltre alle forze di natura elettrostatica e al gradiente di concentrazione nella cellula 
agiscono altre forze , di natura enzimatica,mediante le quali la cellula assorbe o espelle ioni, in 
particolare ioni Na+ e K+.Si tratta di forze che contribuiscono a ripristinare la concentrazione 
ionica di polarizzazione, quando questa viene alterata; il  fenomeno prende il nome di trasporto 
attivo ed è legato all’azione di una particolare struttura: la  pompa sodio-potassio. Le strutture 
eccitabili conseguentemente a uno stimolo vanno incontro a un fenomeno reversibile, denominato 
potenziale di azione che si manifesta come una depolarizzazione della cellula (cambiamento di 
segno del potenziale interno rispetto all’ esterno). Il potenziale d’azione si innesca per effetto di 
una variazione della conduttanza specifica degli ioni sodio e potassio in funzione di uno stimolo al 
variare del tempo.  
Una particolare proprietà delle cellule cardiache è quella dell’autoritmicità, ovvero la proprietà di 
eccitarsi spontaneamente e sempre con la stessa  frequenza, per il fatto che la permeabilità della 
membrana rispetto agli ioni sodio e potassio decade spontaneamente. La conduttanza decresce 
spontaneamente fino a quando, raggiunto il valore di soglia( tra -70mV e -40mV)del potenziale di 
membrana, si innesca il potenziale di azione ( depolarizzazione fino a un picco di 20 mV); tale 
decadimento determina, in modo ciclico, l’innesco del potenziale d’azione, senza che intervengano 
stimoli esterni . In modo particolare, l’autoritmicità è propria del nodo senoatriale e del nodo 
atrioventricolare. Nel cuore sano, il generatore biologico di impulsi che presiede al ciclo cardiaco è 
il nodo senoatriale: situato nell’atrio destro, avente una frequenza di depolarizzazione più elevata 
di quella di tutele altre cellule del cuore . Sono gli impulsi del nodosenoatriale, pertanto, a 
sincronizzare tutte le cellule del cuore e a propagare l’eccitazione, prima che insorga la 
depolarizzazione spontanea. Per il semplice contatto, le fibre muscolari  atriali trasmettono la 
depolarizzazione a tutta la zona atriale, con una velocità dell’ ordine di 1 m/s (in 100ms gli atri 
risultano depolarizzanti). Dal punto di vista della trasmissione della depolarizzazione, il cuore è 
diviso in senso trasversale da un setto isolante, che separa gli atri dai ventricoli. Tale setto è 
attraversato da una formazione anatomica simile al nodo seno atriale, che prende il nome di nodo 
atrioventricolare, dal quale hanno origine i fasci di His, gruppo di fibre dotato di un elevata 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
conducibilità elettrica. I fasci di His mettono in collegamento elettrico il nodo atrioventricolare con 
le fibre del Purkinje, che portano lo stimolo elettrico al tessuto muscolare delle branche ventricolari 
comandandone le contrazioni. Tale conformazione anatomica fa sì che l’impulso proveniente dagli 
atri si trasmetta ai ventricoli solo attraverso il nodo atrioventricolare, con una velocità di 0,1m/s: 
dieci volte inferiore a quella di trasmissione negli atri. Il conseguente ritardo di trasmissione dell’ 
impulso nella zona ventricolare (0,5s) permette il riempimento dei ventricoli stessi prima che abbia 
inizio la loro contrazione. Dal nodo atrioventricolare, l’ impulso si trasmette ai fasci di His e da 
questi alle fibre del Purkinje, per le quali la velocità di propagazione è invece dell’ ordine di 
1,5/2,5 m/s, superiore anche a quella che si rileva nelle fibre atriali . 
 
 
 
Figura 2: propagazione della depolarizzazione dal nodo senoatriale  alle varie regioni del cuore (valori in 
secondi) 
 
Il cuore, proprio a causa della natura elettrica del suo funzionamento, è  particolarmente sensibile 
alla corrente elettrica. 
 Le correnti esterne che attraversano il cuore definiscono una densità di carica a livello delle sue 
strutture cellulari. Il flusso di cariche esterne va a alterare la normale distribuzione di ioni a ridosso 
della membrana cellulare generando un’instabilità elettrica delle strutture cellulari. L’attivazione  
“anomala” di alcuni punti del cuore determina un alterazione del fronte di depolarizzazione che 
avanza normalmente  dagli atri verso i ventricoli percorrendo il circuito preferenziale di 
conduzione del cuore e attivando via via le cellule del miocardio di lavoro. Questa instabilità 
elettrica determina un asincronismo nell’ attività meccanica: il cuore perde la sua funzione di 
pompa contraendosi “come un sacco pieno di vermi”: si parla di fibrillazione ventricolare.  
La probabilità che si verifichi la fibrillazione ventricolare è funzione sia dell'intensità di corrente 
sia della sua durata ma dipende anche dal momento in cui la corrente attraversa il cuore; la 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
fibrillazione ha buone possibilità di innesco quando la corrente fluisce attraverso il cuore durante 
un periodo critico, in corrispondenza della fase di espansione (diastole), detto di vulnerabilità. Tale 
periodo si presenta sul fronte dell’onda T e ha una durata compresa fra il 10 e il 15% del ciclo 
cardiaco pari a 0,10 / 0,15 s.  
Si deve pertanto ritenere, che per durate superiori al periodo del battito cardiaco la fibrillazione 
ventricolare può manifestarsi sempre al di sopra dei limiti di corrente indicati; per periodi inferiori 
la fibrillazione si manifesta con una probabilità che è legata al rapporto tra la durata della corrente 
e la durata del ciclo cardiaco. Inoltre la parte più sensibile del cuore è l’area ventricolare destra, 
vicina all’ apice : pertanto alcune parti del cuore sono più sensibili di altre. 
 La fibrillazione ventricolare é reversibile entro i primi due o tre minuti soltanto se il cuore  é 
sottoposto ad una scarica elettrica molto violenta tramite defibrillatore.  
 
1.2 Considerazioni generali su Macroshock e Microshock  
Si distinguono due modalità attraverso le quali può aversi passaggio di corrente elettrica nel cuore: 
macroshock e microshock. Il macroshock viene identificato con la scossa, con la comparsa di vari 
fenomeni fino ad arrivare alla tetanizzazione muscolare (mancanza più o meno accentuata della 
respirazione, possibili svenimenti, asfissia, collasso ed eventuale perdita dei sensi), mentre il 
microshock lo si identifica con una microscossa a livello cardiaco. Per stabilire, quindi, il grado di 
pericolosità di una differenza di potenziale che può interessare il paziente, è di grande importanza 
conoscere il modo con cui si può presentare il contatto elettrico. Se il contatto avviene a livello 
epidermico ed anche nella peggiore delle ipotesi, quale il contatto mano-mano, solo una porzione 
di corrente attraversa il cuore (valori pericolosi intorno a 100 mA) e si ottiene il tipico fenomeno di 
macroshock. Si ha il pericolo di microshock quando una corrente, pur piccolissima (valori 
pericolosi intorno a 10 µA), interessa direttamente il muscolo cardiaco e può innescare il fenomeno 
della fibrillazione ventricolare. Si pensi, ad esempio, all’impiego di un catetere intracardiaco in 
grado di condurre la corrente elettrica: in tal caso si può verificare un passaggio della totalità della 
corrente in una regione localizzata del muscolo cardiaco (ad esempio in corrispondenza della punta 
del catetere). 
Il macroshock, dunque, può riguardare sia il paziente che gli operatori e si verifica quando un 
individuo (o meglio la sua superficie corporea) viene a contatto con una differenza di potenziale in 
modo da non interessare a fondo (direttamente, esclusivamente) la massa cardiaca. Il microshock 
in genere si verifica quando una differenza di potenziale viene applicata direttamente al cuore 
attraverso una sonda intracardiaca. Si noti come l’intensità di corrente che provoca il microshock 
sia 10.000 volte più piccola di quella che provoca il macroshock e di conseguenza, anche piccoli 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
valori di eventuali differenze di potenziale che si venissero a creare (ad esempio tra due strumenti 
che possono venire a contatto del paziente) devono essere contenuti entro i limiti accettabili; 
addirittura, in sale operatorie di particolare importanza (interventi a cuore aperto), entro 10mV e 
anche meno.  
Si presenta, quindi, il macroshock quando si ha un passaggio di corrente nella persona dovuto al 
contatto con una parte accidentalmente in tensione. La corrente in generale (seppur si differenziano 
vari tipi di percorsi) attraversa il corpo interessandone un'ampia sezione ma solo una minima parte 
fluisce attraverso il cuore. Il rischio che il cuore entri in fibrillazione ventricolare è relativamente al 
caso di microshock molto più basso. I rischi aumentano quando il paziente è sottoposto a pratiche 
medico chirurgiche che comportano interventi di cateterismo cardiaco oppure, più semplicemente, 
l'applicazione di sonde o elettrodi in prossimità del cuore. Non si parla più di macroshock ma di 
microshock perché la corrente, concentrata nella zona cardiaca, introduce un disturbo agli equilibri 
elettrofisiologici dell'attività cardiaca che rende di gran lunga più elevata la probabilità di una 
fibrillazione ventricolare. Come si può intuire anche dall’ analisi della figura 3 la differenza 
sostanziale risiede nella densità di corrente che interessa il cuore: in caso di microshock, a parità di 
corrente,  risulta notevolmente maggiore. Tratteremo più avanti, in maniera dettagliata, dei valori 
di densità di corrente capace di indurre fibrillazione ventricolare . 
 
 
Figura 3  : Condizioni di Macroshock e di Microshock  
 
 
1.3 Limiti di pericolosità della corrente elettrica  
1.3.1 Zone di pericolosità convenzionali  IEC  della corrente elettrica alternata 
sinusoidale a 50, 60 Hz  
I limiti di pericolosità variano a seconda del tipo di contatto. 
Con riferimento al macroshock i limiti convenzionali di pericolosità della corrente elettrica 
alternata in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo umano, sono stati riassunti in un 
grafico tempo-corrente [1].  
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
Per correnti alternate fino a: 
 0,5 mA (soglia di percezione) il passaggio di corrente non provoca nessuna reazione 
qualunque sia la durata; 
 10 mA (limite di rilascio - durata qualsiasi) non si hanno in genere effetti pericolosi; 
 >10 mA non pericolosa se la durata del contatto è decrescente rispetto al valore di corrente. 
 
 
Figura 4 : Caratteristiche convenzionali di pericolosità Corrente nel corpo umano Ib-Durata del passaggio della 
corrente t,  per il percorso mano sinistra-piedi, nel campo di frequenza tra 15 e 100 Hz. 
 
Quando si parla di pericolosità della corrente elettrica si fa riferimento, convenzionalmente, ad una 
suddivisione su base statistica del piano (t,I), dove I è il valore della corrente (in mA) che 
attraversa un corpo di un individuo medio per un tempo t (espresso in ms).  
Il piano viene suddiviso in 4 zone, come in figura 4, a seconda della pericolosità degli effetti 
procurati dalla corrente stessa: 
1) in zona 1, ovvero per correnti inferiori a 0.5mA, non si hanno abitualmente reazioni percettibili, 
salvo in caso di microshock 
2) in zona 2 si hanno reazioni del corpo umano, ma senza effetti fisiologicamente pericolosi salvo 
in caso di microshock 
3) in zona 3 (compresa fra la curva b e la c1)  si hanno effetti pericolosi, ma reversibili, che 
abitualmente si concludono senza danni organici: contrazione dei muscoli, difficoltà respiratorie, 
difficoltà nella formazione e nella conduzione degli impulsi del cuore, fino alla possibilità di 
arresto cardiaco. Non è tuttavia contemplata la possibilità di fibrillazione ventricolare, che 
costituisce la più probabile causa di morte in questi casi. Al crescere del tempo di esposizione, va 
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Il rischio elettrico nei locali ad uso medico 
comunque contemplata la possibilità di ustioni per effetto termico. La caratteristica b, in una prima 
edizione della Norma IEC, corrispondeva ad una caratteristica in continua rappresentata dall’ 
equazione: I(mA)=10+10/t(s), che riportiamo per osservare che essa ha un andamento analogo a 
quella della caratteristica di eccitabilità della cellula, con valore asintotico corrispondente alla 
reobase; essa è stata sostituita, nel 1998, dalla spezzata che appare in figura; il primo termine è il 
limite per la corrente di rilascio e rappresenta, convenzionalmente, il massimo valore di corrente 
sopportabile per un tempo indefinito.  
4) in zona 4, invece, è prevista una certa possibilità di incorrere nella fibrillazione ventricolare, via 
via più probabile superando le curve c2 (5%) e c3 (50%). Si possono distinguere, sostanzialmente, 
tre fasce di intensità di corrente, nelle quali predominano gli effetti delle correnti nella sola 
muscolatura, gli effetti cardiaci e gli effetti nervosi: zone 2, 3, 4. La curva c1, che delimita la zona 
di fibrillazione ventricolare mostra che il limite di innesco (probabilità 0%) si ha per una corrente 
pari a circa 40 mA, per un tempo indefinito, a cominciare da circa 2 s. Vengono assunti in 
corrispondenza di un tempo indefinito, all’interno della zona 4, i due valori di corrente 50 e 80 mA, 
ai quali corrispondono, rispettivamente, probabilità dal 5 al 50% di fibrillazione ventricolare.  
Nel diagramma la curva, compresa tra la b e la c1,  rappresenta i valori ammissibili di durata della 
corrente ed è stata assunta, in sede internazionale,  come curva di sicurezza corrente-tempo. In 
riferimento a questa curva vengono dimensionati i sistemi di protezione contro i contatti indiretti 
per interruzione automatica dell’ alimentazione. 
Il diagramma riportato in figura 4  è stato ricavato facendo riferimento  al percorso mano sinistra-
piedi, è quindi evidente che i limiti di pericolosità variano anche in relazione ai punti di ingresso e 
uscita della corrente. Per questo motivo è stato definito un “fattore di percorso” che indica la 
pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso 
mano sinistra-piedi [2].  
Percorso Fattore di percorso 
Mani - Piedi 1 
Mano sinistra - Piede sinistro 1 
Mano sinistra - Piede destro 1 
Mano sinistra - Entrambi i piedi 1 
Mano sinistra - Mano destra 0,4 
Mano sinistra - Dorso 0,7 
Mano sinistra - Torace 1,5 
Mano destra - Piede sinistro 0,8 
Mano destra - Piede destro 0,8 
Mano destra - Entrambi i piedi 0,8 
Mano destra - Dorso 0,3 
Mano destra - Torace 1,3 
Glutei - Mani 0,7 
Tabella 1 : fattori di percorso 
 
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