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Introduzione 
  
Gli strumenti di valutazione che ho utilizzato per l’elaborazione della tesi sono 
principalmente il DSM-V ed ICD-10. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of  
Mental Disorder) prodotto da un’associazione professionale nazionale per psichiatri 
statunitensi, e l’ICD (International Classification of Deseas) creato da un’Assemblea 
Mondiale della Sanità composta dai 193 membri dell’OMS, tradotto e diffuso nel mondo, 
il quale non è una classificazione dei disturbi mentali, bensì di tutte le malattie 
riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (APA, 2009).  
I due strumenti pur essendo abbastanza simili nelle categorie diagnostiche, si 
differenziano nella struttura. Il manuale possiede una struttura in tre sezioni che permette 
di definire il disturbo considerando altre variabili, mentre l’ICD codifica la 
sintomatologia in un sistema lineare (Taurino, Codispoti, Bastianoni, 2008).  
Quest’ultimo descrive una specifica sindrome per ogni soggetto e non accetta la  
comorbilità, mentre nel DSM non sono così limitati i criteri, infatti si possono enunciare 
diagnosi multiple ed a ogni disturbo viene specificata la comorbilità (Cornoldi, 2007; 
Crispini, Giaconi, Capparrucci, 2005).   
ICD-10 è la decima revisione della classificazione internazionale dei sintomi e disturbi 
psichici e comportamentali, fornisce indicazioni diagnostiche per formulare al meglio una 
diagnosi attendibile con l’uso di uno schema alfanumerico (ICD-10, 2001). 
Il DSM è il più conosciuto ed utilizzato dai sanitari come indice di riferimento per la 
diagnosi psichiatrica e per le scelte terapeutiche. Esso utilizza una classificazione di tipo 
categoriale suddividendo i disturbi in classi diversi, usufruendo di un set di criteri di tipo
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descrittivo, in cui i soggetti sono classificati in base al grado di somiglianza con il 
prototipo della categoria, quindi con un approccio categoriale prototipico.  
Per la diagnosi non si richiede che siano presenti tutti i criteri del disturbo, ma solo un 
numero prefissato di essi: i criteri detti politetici. È un manuale ateoretico, cioè non segue 
nessuna scuola o orientamento, quindi è utile per tutti i clinici. I disturbi psichici si 
manifestino con un set di segni, sintomi e comportamenti, che abbiano un andamento 
prevedibile e talvolta una familiarità. L’obiettivo, è quindi, quello di classificare i disturbi 
del paziente e le sue disfunzioni in base a categorie diagnostiche definite  
(Biondi, Bersani, Valentini, 2014).
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I CAPITOLO  
 ADHD  
1.1 I disturbi del neurosviluppo  
In questo primo capitolo per definire i bambini con ADHD, mi sono servita del manuale 
DSM-5 sia per il contenuto che per la struttura.  
I disturbi del neurosviluppo (DNS) sono un insieme di condizioni che hanno inizio nel 
periodo dello sviluppo, si presentano soprattutto nelle prime fasi e sono caratterizzati da 
deficit dello sviluppo stesso che causa un mal funzionamento personale, sociale, 
scolastico o lavorativo, e molto spesso avviene in bambini che ancora non hanno iniziato 
la scuola primaria. La gamma dei deficit dello sviluppo differisce da un avere limitazioni 
dell’apprendimento o del controllo delle funzioni, fino ad arrivare alla compromissione 
totale delle abilità sociali o dell’intelligenza.  
I DNS si manifestano in comorbidità
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 con altri disturbi: infatti molti bambini con il 
disturbo da deficit di attenzione/iperattività, possiedono anche un disturbo specifico 
dell’apprendimento. La disabilità intellettiva comprende deficit di capacità mentali 
generali che gravano anche sul funzionamento adattivo in ambito lavorativo, familiare, 
scolastico, mentre il ritardo globale viene individuato, quando l’individuo non raggiunge 
le diverse fasi dello sviluppo, nelle aree del funzionamento intellettivo. La diagnosi quindi 
viene usata negli individui che non hanno la capacità di subire valutazioni sistematiche 
del funzionamento intellettivo, per cui un trauma cranico nel periodo dello sviluppo può 
essere una causa della disabilità intellettiva.  
                                                 
1
 “Comorbidità” e “comorbilità” sono termini utilizzati in ambito medico per indicare la coesistenza di 
diverse patologie in uno stesso individuo.
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Il disturbo della fluenza nell’infanzia, il disturbo fonetico-fonologico, il disturbo della 
comunicazione sociale e del linguaggio fanno tutti parte del disturbo della 
comunicazione, e quest’ultimi tre, possiedono il deficit dello sviluppo e dell’uso del 
linguaggio, e della comunicazione sociale. Il disturbo della fluenza è caratterizzato invece 
da una difformità della normale articolazione della parola: sia di suoni che di sillabe, 
pronunciati con eccessiva tensione fisica.  
Il disturbo specifico dell’apprendimento viene accertato in un individuo quando ci sono 
deficit nella percezione ed elaborazione di informazioni in modo attento e preciso, 
esordisce soprattutto durante gli anni della formazione scolastica ed è particolareggiato 
da durature e crescenti complessità nell’apprendere le basi della scrittura, della lettura e 
del calcolo. In ambito scolastico l’operosità dell’individuo che presenta dette situazioni è 
molto al di sotto dei suoi coetanei, oppure con grandissimo sforzo può arrivare a livelli 
accettabili. Questo disturbo può manifestarsi in soggetti considerati intellettivamente 
dotati o in cui le necessità di apprendimento mettono un muro che non può essere 
oltrepassato dall’intelligenza innata e dalle strategie compensatorie. 
Il disturbo da deficit di disattenzione/iperattività è un disturbo del neurosviluppo 
caratterizzato da livelli di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività.  
La disattenzione si presenta nell’incapacità di avere un’attenzione prolungata su un 
compito, perdita di oggetti e il non ascoltare, mentre l’iperattività – impulsività, si esprime 
con agitazione, impazienza nell’aspettare, e nel rimanere seduto. Durante l’infanzia il 
DDAI coincide spesso con il disturbo della condotta e quello oppositivo provocatorio, e 
se perdura in età adulta, come accade spesso, influisce sul funzionamento sociale, 
scolastico e lavorativo.
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Il disturbo dello sviluppo della coordinazione, da movimento stereotipato e da tic, fanno 
parte del disturbo di movimento. Il primo presenta deficit nell’acquisizione ed esecuzione 
di motricità coordinate, per cui il bambino sarà caratterizzato da goffaggine, mentre il 
disturbo da movimento stereotipato è contraddistinto in soggetti che hanno movimenti 
motori frequenti, come dondolarsi e ciò influenza l’agire sociale e scolastico. I disturbi 
da tic, appunto, presentano tic motori o vocali, movimenti convenzionali o vocalizzazioni 
improvvisi.  
Infine, il disturbo dello spettro dell’autismo è tipico di deficit di interazione sociale e 
comunicazione sociale in diversi contesti. Per quanto riguarda la diagnosi, oltre queste 
tipologie di comunicazione, considera anche deficit nel comportamento, che può essere 
limitato o ripetitivo. Le caratteristiche del paziente vengono individuate grazie agli 
specificatori, che servono sia per fare una diagnosi, che per avere una descrizione più 
dettagliata del disturbo.  
L’utilizzo di specificatori nelle diagnosi favorisce la descrizione clinica del decorso della 
patologia, per cui i disturbi del neurosviluppo possono comprendere lo specificatore 
“associato a una condizione medica o genetica nota o a un fattore ambientale”, oltre a 
quelli che descrivono il quadro clinico. Questo specificatore serve ai clinici per 
documentare i fattori che possono aver un ruolo nell’eziologia del disturbo, così anche 
altri fattori che possono influenzare il decorso clinico.
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1.2 Classificazione  
“Prima del nome di ogni disturbo sono indicati il codice ICD-9-CM, seguito dal codice  
ICD-10-CM tra parentesi. Le righe vuote indicano che non sono applicabili né il codice 
ICD-9-CM né il codice ICD-10-CM. ____.__ (____.__) Disturbo da deficit di  
attenzione/iperattività 
Specificare quale:  
314.01 (F90.2) Manifestazione combinata  
314.00 (F90.0) Manifestazione con disattenzione predominante  
314.01 (F90.1) Manifestazione con iperattività/impulsività predominanti  
Specificare se: In remissione parziale  
Specificare la gravità attuale: Lieve; Moderata; Grave  
314.01 (F90.8) Disturbo da deficit di attenzione/iperattività con altra specificazione (76)  
314.01 (F90.9) Disturbo da deficit di attenzione/iperattività senza specificazione” (APA, 
2013).   
  
1.3 Criteri diagnostici  
A. Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI) presenta una grave e persistente 
assenza di attenzione e/o iperattività ed impulsività, che interviene nel funzionamento o 
nello sviluppo, come caratterizzato da (1) e/o (2):
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1. Disattenzione: sei o più dei successivi sintomi possono durare per almeno 6 mesi con 
un’intensità inconciliabile con il livello di sviluppo ed hanno un impatto negativo sulle 
attività sociali e scolastiche. Per gli adulti ed adolescenti (dai 17 anni di età in poi) sono 
richiesti almeno cinque sintomi.  
a. Molto spesso non presta attenzione o si distrae in attività scolastiche, lavorative.  
b. Non riesce a far perdurare l’attenzione su compiti o nel gioco.  
c. Di frequente non sembra ascoltare quando gli/le si parla direttamente.  
d. non porta a termine il proprio lavoro, i compiti scolastici e non segue istruzioni.  
e. ha difficoltà di organizzazione dei compiti: difficoltà nell’ordinare il materiale, nella 
gestione del tempo e nel rispettare le scadenze.  
f. evita, è riluttante ed ostile nei compiti che richiedono uno sforzo mentale e che hanno 
una durata maggiore nel tempo.  
g. perde il materiale per svolgere i compiti o le varie attività.  
h. gli stimoli esterni gli/le causano distrazioni.  
i. è spesso disattento/a nelle attività quotidiane.  
  
2. Iperattività e impulsività: sei o più dei seguenti sintomi possono durare per almeno  
6 mesi con un’intensità inconciliabile con il livello di sviluppo ed hanno un impatto 
negativo sulle attività sociali e scolastiche. Per gli adulti ed adolescenti (dai 17 anni di età 
in poi) sono richiesti almeno cinque sintomi.  
a. spesso si muove, batte mani e piedi, e dondola sulla sedia.  
b. nelle situazioni in cui dovrebbe rimanere seduto, lui/lei lascia il proprio posto.  
c. spesso si agita e salta in situazioni inadeguate.