III 
Introduzione 
 
 
Che cosa è l‟Unione europea? Rispondere a questa domanda non è affatto 
semplice, poiché il lungo processo di integrazione europea ha determinato un 
profondo cambiamento dell‟assetto istituzionale e delle competenze di quella 
che, oggi, è l‟Unione europea. È sufficiente ricordare che «da area di libero 
scambio (dove i paesi eliminano tutte le restrizioni al commercio nell‟ambito dei 
rapporti commerciali tra i paesi che ne prendono parte) l‟UE è diventata 
un‟unione doganale (con tariffe e restrizioni comuni nei confronti di paesi terzi), 
un mercato comune (con un sistema comune di “leggi” che governano la 
produzione, l‟occupazione e lo scambio, la libera circolazione dei lavoratori, dei 
capitali, dei materiali e di beni e servizi) e, oggi, un‟unione economica e 
monetaria in cui a tutte le caratteristiche del mercato comune si aggiungono 
tassi di cambio fissi tra paesi membri e politiche macroeconomiche comuni»
1
. 
Le soluzioni proposte per studiare l‟Unione europea sono molteplici e 
attingono a differenti discipline. 
Con il presente lavoro si intende analizzare il sistema politico europeo 
attraverso la prospettiva teorica della politica comparata. Si è, infatti, rifiutato 
l‟approccio teorico e culturale dell‟”eccezionalismo europeo”
2
, secondo il quale 
l‟Unione europea costituisce un sistema politico unico e senza precedenti, 
ovvero “eccezionale”. Collocare l‟Unione europea nello spazio tra il regime 
internazionale e lo Stato nazionale (più precisamente, come suggerisce il noto 
politologo Arend Lijphart, considerarla uno stato federale in fieri) ha permesso 
di studiare l‟UE come un sistema politico interno, pertanto comparabile con atri 
sistemi politici interni (in particolare con quei sistemi che si avvicinano al 
modello consensuale di democrazia proposto da Lijphart), avendo comunque 
                                                 
1
 Marco BRUNAZZO, Come funziona l‟Unione Europea. Le istituzioni, i processi 
decisionali, le politiche, Editori Laterza, Bari 2009, p. XI. 
2
 «L‟eccezionalismo è un approccio teorico e culturale nato originariamente negli Stati 
Uniti con lo scopo di mostrare l‟unicità (quindi: la non comparabilità) dell‟esperienza politica 
e istituzionale di quel paese. Va da sé che tale approccio si è diffuso anche in molti altri 
paesi europei, dando vita ai vari eccezionalismi nazionali». (Sergio FABBRINI (a cura di), 
L‟Unione europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema sovranazionale, Editori Laterza, Bari 
2002, p.VI)
IV 
sempre presenti le differenze che ancora esistono tra l‟Unione europea e gli Stati 
nazionali. 
Il primo capitolo introduce alla conoscenza dei diversi approcci cui sono 
ricorsi i politologi per conoscere l‟Unione europea. In particolare si sono 
raggruppati gli studi sull‟Unione europea in tre grandi correnti: le ricerche che 
analizzano l‟UE come un‟organizzazione internazionale, quelle che la 
esaminano come un sistema politico e infine, quelle che la ritengono un sistema 
di governance. 
Il secondo capitolo contiene, invece, una schematica presentazione del 
modello maggioritario e del modello consensuale di democrazia elaborati da 
Arend Lijphart, nonché un riepilogo delle caratteristiche dei due Paesi che, nella 
realtà, più si avvicinano ai due modelli ideali di democrazia, ovvero Il Regno 
Unito (per il modello maggioritario) e la Svizzera (per il modello consensuale). 
Il terzo ed il quarto capitolo analizzano, in modo dettagliato, l‟apparato 
istituzionale dell‟Unione europea ed il suo funzionamento. Per realizzare tale 
studio si sono utilizzate le dieci variabili individuate da Lijphart per descrivere i 
modi in cui una democrazia può essere organizzata e può funzionare. Poiché 
Lijphart ha raggruppato tali variabili in due dimensioni, si è deciso di dedicare il 
terzo capitolo alle caratteristiche della dimensione esecutivo-partiti nell‟Unione 
europea ed il quarto a quelle della dimensione federale-unitaria. 
Infine, nelle conclusioni, oltre a valutare l‟affinità dell‟Unione europea con il 
modello consensuale di democrazia, si affronta la questione della 
“democraticità” del sistema politico europeo.
1 
Capitolo 1 
Approcci e teorie  
1.1. Che cos‟è l‟Unione europea? 
Per quanto non fossero mancate in passato le riflessioni sull‟idea di un 
legame più stretto fra i popoli e gli Stati europei, è negli anni successivi alla 
Seconda Guerra Mondiale che tale progetto viene perseguito concretamente. 
Nell‟immediato dopoguerra si pensava, infatti, a come impedire il ripetersi di 
situazioni politiche, economiche e militari che avevano portato l‟Europa, ed il 
mondo intero, a quel disastro. È per questo motivo che, pur essendo l‟Unione 
europea il «risultato dell‟evoluzione storica di un accordo internazionale
3
 tra 
                                                 
3
 Il Trattato CECA (Comunità europea del carbone e dell‟acciaio), firmato a Parigi nel 
1951 da Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, pose le basi per la prima 
integrazione completa tra i Paesi europei ed entrò in vigore il 1 gennaio 1952; il processo di 
graduale integrazione proseguì con i Trattati istitutivi della Comunità economica europea 
(CEE) e della Comunità europea per l‟ energia atomica (Euratom), firmati dai medesimi Stati 
membri a Roma nel 1957. Nel 1967 entrò in vigore il Trattato sulla fusione degli esecutivi: a 
partire da quel momento le Comunità europee pur rimanendo distinte e con le diverse 
competenze ad esse attribuite dai tre Trattati istitutivi, funzionavano con organi comuni. Nel 
1986 fu stipulato l‟Atto Unico, che impresse una forte accelerazione al processo di 
integrazione dei mercati. 
L‟Europa comunitaria subì una sensibile modificazione con il Trattato di Maastricht 
sull‟Unione europea, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993. Il 
Trattato di Maastricht è composto da tre parti che costituiscono i tre pilastri della nuova 
Europa: le disposizioni che hanno modificato i Trattati esistenti, in particolare quello CEE, in 
base alle quali la “Comunità economica europea” perdeva la connotazione economica, 
trasformandosi in “Comunità europea” (CE) e le disposizioni relative a quelli che si è soliti 
definire come il secondo ed il terzo pilastro, cioè alla “politica estera e di sicurezza comune” 
(PESC) e alla “cooperazione tra gli Stati membri nei settori della giustizia e degli affari 
interni”. Dal punto di vista dell‟assetto strutturale, non sono state previste istituzioni 
dell‟Unione che non fossero quelle delle Comunità. 
         Il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, è noto soprattutto per 
aver proceduto ad una rinumerazione di tutti gli articoli dei Trattati esistenti e per aver 
apportato modifiche al Trattato sull‟Unione europea nelle sue tre parti, dunque sia per 
quanto riguarda il primo pilastro (quello cd. comunitario), sia per quanto riguarda il 
secondo (PESC), sia per quanto riguarda il terzo (che assume il nome di “Cooperazione di 
polizia e giudiziaria in materia penale” -CPGP- ). 
Il tema dell‟ampliamento ad un numero consistente di Paesi ha, come è noto, 
alimentato il dibattito all‟interno della Comunità soprattutto a partire dalla seconda metà 
degli anni novanta: nel febbraio del 2001 è stato firmato il Trattato di Nizza, entrato in 
vigore il 1° febbraio 2003, mentre il 29 ottobre 2004 è stato firmato a Roma il Trattato che 
istituisce una Costituzione per l‟Europa, la cui mancata entrata in vigore, a causa dell‟esito 
negativo dei referendum organizzati in Francia e nei Paesi Bassi, ha imposto all'Unione una 
profonda riflessione sul futuro del percorso di integrazione.
2 
alcuni paesi europei finalizzato alla gestione di risorse economiche di comune 
strategico interesse»
4
, è del tutto riduttivo pensare al processo di integrazione 
europea come all‟esito di una pressione esclusivamente economica. 
Il cosiddetto processo di europeizzazione, che ha caratterizzato la seconda 
metà del XX secolo ed i primi anni del nuovo millennio, ha portato alla creazione 
di un‟ “Europa unita” formata da 27 Paesi membri
5
 capace di porre ai governi 
nazionali vincoli tali da costringerli ad adattare o trasformare molte delle loro 
istituzioni e politiche pubbliche. 
È pertanto naturale che con l‟aumentare del potere decisionale 
dell‟Unione europea sia andato crescendo l‟interesse degli studiosi: politologi, 
storici, giuristi, economisti e sociologi studiano da anni ogni singolo aspetto 
dell‟UE, ogni singola istituzione, politica pubblica e decisione. 
Gli sforzi per definire l‟Unione europea sono motivati dal fatto che essa 
incide in maniera significativa nella società dei suoi Stati membri. È sufficiente 
ricordare che circa l‟80% della legislazione nazionale in materia di libera 
circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone è di derivazione 
comunitaria e che l‟UE oggi si occupa, in modo sostanzialmente autonomo, di 
materie, come la politica di concorrenza, tradizionalmente appartenenti agli 
Stati nazionali: «in altre parole, in ambiti di politica pubblica storicamente 
nazionali e rilevantissimi per la vita quotidiana dei cittadini, gli Stati membri 
                                                                                                                                               
Il frutto dei negoziati condotti dagli Stati membri all'interno di una conferenza 
intergovernativa, ai cui lavori hanno partecipato anche la Commissione ed il Parlamento 
europeo, è il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 dai capi di Stato e di governo 
degli Stati membri ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Tale Trattato introduce diverse 
riforme istituzionali, in particolare prevede il superamento e l‟unificazione dei cosiddetti tre 
pilastri e viene riconosciuta la personalità giuridica dell‟Unione europea (prima solo la 
Comunità europea aveva personalità). Il testo del Trattato è diviso in due parti principali: 
 il Trattato sull‟Unione europea (TUE), che è il trattato-base che contiene i principi e le 
norme fondamentali, stabilisce gli obiettivi, i valori, le competenze, l‟ assetto 
istituzionale dell‟Unione, i rapporti con gli Stati membri e i cittadini e le procedure di 
revisione ed adesione; 
 il Trattato sul funzionamento dell‟Unione europea (TFUE), che è il trattato applicativo 
che detta le regole dei vari organi, la disciplina del mercato interno e le norme che 
presiedono allo svolgimento delle varie politiche comuni. 
(Per un inquadramento generale della materia si veda Roberto ADAM - Antonio TIZZANO, 
Lineamenti di diritto dell'Unione europea, Giappichelli Editore, Torino 2010, pp. 1-9) 
4
 Sergio FABBRINI, L‟Unione Europea come democrazia composita?, in “Rivista 
Italiana di Scienza Politica”, vol. XXXIV, n. 1, aprile 2004, Bologna, il Mulino, p. 5. 
5
 I paesi che attualmente costituiscono l‟Unione europea sono 27: Belgio, Francia, 
Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi (1952), Danimarca, Irlanda, Regno Unito (1973), 
Grecia (1981), Portogallo, Spagna (1986), Austria, Finlandia, Svezia (1995), Repubblica 
Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria 
(2004), Bulgaria, Romania (2007).
3 
dell‟UE hanno perso molto del loro potere decisionale e della loro autonomia»
6
. 
Inoltre molti paesi membri dell‟UE hanno abbandonato le proprie monete 
nazionali ed hanno adottato una moneta comune, l‟euro, che è dal 2009 la 
moneta di scambio di 325 milioni di abitanti di 17 Stati membri
7
. «Ciò significa 
che alcuni governi hanno deciso di fare pacificamente quello che in passato 
imponevano solo le guerre di conquista: rinunciare alla moneta nazionale»
8
. 
Questa scelta comporta che gli Stati membri che hanno adottato l‟euro 
debbano rispettare dei vincoli di bilancio stringenti che ne limitano di molto 
l‟autonomia decisionale in materia economica. 
Tuttavia, nonostante l‟impegno degli studiosi, resta ancora da definire 
l‟oggetto stesso dello studio: alla domanda “che cos‟è l‟Unione europea?” non è, 
infatti, ancora stata fornita una risposta univoca e condivisa. 
Vi sono numerosi motivi per cui è tutt‟oggi difficile capire l‟Unione europea 
ed il primo è sicuramente legato al fatto che essa è in costante cambiamento. 
Per cercare di concettualizzare questo cambiamento sono stati individuati due 
elementi principali: uno riguarda la “dimensione” dell‟UE e l‟altro le sue 
“competenze”. Nel tempo, infatti, si è registrato non solo un progressivo 
“allargamento” (widening) dei Paesi membri dell‟UE ma anche un 
“approfondimento” (deepening) delle competenze delle istituzioni europee, 
accompagnato da un continuo processo di riforma delle stesse attraverso la 
revisione dei vari Trattati istitutivi delle Comunità europee e, successivamente, 
dell‟Unione europea.  
Inoltre l‟insieme di interazioni tra attori privati, istituzioni comunitarie e 
istituzioni nazionali ha dato vita ad un processo di integrazione caratterizzato 
non solo da una dimensione “negativa” (la progressiva eliminazione delle 
barriere nazionali che impedivano la formazione di un mercato omogeneo), ma 
anche da una dimensione “positiva” (l‟introduzione per via comunitaria di nuove 
regole necessarie per la creazione di un mercato continentale giuridicamente 
uniforme) le quali, alimentandosi reciprocamente, hanno reso il processo di 
integrazione europea tutt‟altro che lineare e continuo. 
                                                 
6
 Marco BRUNAZZO, op. cit., p. VI. 
7
 I paesi che hanno adottato l‟euro sono: Austria, Belgio, Germania, Finlandia, 
Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna (1999), Grecia (2001), Portogallo 
(2002), Slovenia (2007), Cipro, Malta (2008), Slovacchia (2009), Estonia (2011). 
8
 Marco BRUNAZZO, op. cit., p. VII.
4 
È poi bene evidenziare che, se per quanto riguarda l‟adozione e/o la 
revisione dei trattati istitutivi si è registrata un‟alternanza tra una prolungata fase 
di stasi (gli anni ‟60, ‟70 e la prima metà degli anni ‟80) e una fase breve ma 
accelerata di riforme (la seconda metà degli anni ‟80, gli anni‟90 e il primo 
decennio del nuovo millennio), la trasformazione dell‟Unione europea è 
avvenuta anche senza la modifica da parte degli Stati membri di tali trattati: la 
Corte di Giustizia dell‟Unione europea, in particolare, ha assunto un ruolo 
sempre più attivo nella risoluzione dei conflitti tra le istituzioni comunitarie o tra 
dette istituzioni e gli Stati membri o, ancora, tra Stati membri, determinando 
significativi cambiamenti nei rapporti inter-istituzionali
9
. 
Un‟altra considerazione che emerge dall‟analisi del processo di 
integrazione europea riguarda lo sfasamento tra lo sviluppo dell‟ “Europa 
economica”  e quello dell‟ “Europa politica”. Che integrazione economica ed 
integrazione politica non avrebbero progredito con la stessa velocità fu chiaro 
fin dalla nascita della CECA: secondo il cosiddetto “metodo comunitario”, 
esposto per la prima volta da Robert Schuman, allora ministro degli esteri 
francese, nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950, che sostanzialmente diede 
l‟avvio alla nascita della CECA
10
, «la libera delega da parte dei governi nazionali 
delle sovranità in alcuni settori fondamentali della loro economia ad istituzioni 
sovranazionali ed indipendenti»
11
 avrebbe permesso di creare innanzitutto una 
comunità economica e, solo successivamente, anche una politica. È per questo 
motivo che molti studiosi hanno considerato l‟introduzione dell‟euro il momento 
culminante dell‟integrazione economica e il primo vero passo vero 
l‟integrazione politica. 
Tuttavia, l‟inclusione recente di molti nuovi Stati membri, che ha portato ad 
un‟Europa a 27, comporta una diversità interna crescente che favorisce forme di 
integrazione ad intensità differenziata (non tutti i paesi dell‟UE hanno, infatti, 
adottato l‟euro). Si deve inoltre ricordare che, secondo altri ricercatori, perché si 
                                                 
9
 Attraverso le due note sentenze van Gend en Los del 1962 e Costa vs Enel del 1964 
la Corte di giustizia ha affermato, rispettivamente, «il principio dell‟effetto diretto della 
legislazione europea sugli individui e le imprese di ogni singolo paese membro e il principio 
della supremazia della legge comunitaria su quella nazionale, anche se quest‟ultima è stata 
approvata successivamente alla prima». (Sergio FABBRINI, L‟Unione Europea come 
democrazia composita?  cit., p. 7) 
10
 Egli affermò in quell‟occasione «[…] l‟Europa non potrà farsi in una sola volta, né 
sarà costruita tutta insieme, essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una 
solidarietà di fatto». (Marco BRUNAZZO, op. cit., pp. XIII-XIV) 
11
 Marco BRUNAZZO, op. cit., p. XIII.
5 
crei una comunità politica occorrono identità ed aspirazioni comuni, elementi 
che una moneta unica difficilmente può, di per sé, determinare.  
1.2. Il processo di integrazione europea: definizione 
Poiché il processo di integrazione europea che ha portato all‟attuale 
assetto dell‟Unione europea costituisce un caso particolare di integrazione 
politica internazionale, pare innanzitutto opportuno fornire una definizione di 
tale fenomeno. 
Con il termine “integrazione” si intende quel particolare processo tramite il 
quale da una molteplicità di entità si giunge ad una sola entità. Riprendendo la 
definizione di sistema politico fornita da David Easton, è possibile riferire 
l‟aggettivo “politica” all‟allocazione autoritativa dei valori; l‟attributo 
“internazionale”, invece, più semplicemente specifica il livello territoriale a cui 
avviene l‟integrazione
12
. 
Pertanto si può definire il “processo di integrazione internazionale” come il 
«trasferimento di autorità da parte di più Stati nazionali ad un ente 
sovranazionale, il quale eserciterà poi quell‟autorità»
13
.  
Il processo di integrazione europea comporta pertanto il trasferimento da 
parte degli Stati nazionali europei di parte della propria sovranità all‟Unione 
europea. Si tratta sicuramente di un processo di integrazione politica 
internazionale “consensuale”, poiché gli Stati europei hanno trasferito autorità 
all‟Unione europea per loro volontà
14
, e “graduale ed indefinito”, dal momento 
che gli ambiti su cui l‟Unione esercita la propria autorità non sono predefiniti ma 
ridefiniti passo per passo, senza un assetto definitivo
15
. Da ciò consegue che il 
                                                 
12
 Il livello dell‟integrazione può, infatti, essere «locale (più comuni in una regione), 
statale (più regioni in uno stato) o internazionale (più stati in un‟entità sovranazionale)». 
(Fulvio ATTINA‟ – Giorgio NATALICCHI, L‟Unione europea. Governo, istituzioni, politiche, il 
Mulino, Bologna 2010, p. 15) 
13
 Si tratta di una definizione restrittiva poiché considera solamente l‟aspetto politico 
dell‟integrazione (cioè il trasferimento di autorità da parte dei governi ad un ente 
sovranazionale) e non anche l‟aspetto sociologico (ovvero la creazione di legami 
transnazionali tra le varie élite, le popolazioni, ecc.). 
14
 Il processo di integrazione politica internazionale può anche essere “imposto”, 
ovvero il trasferimento di autorità all‟ente sovranazionale può essere «imposto 
coercitivamente dall‟interno (tramite una guerra interna o una rivoluzione) o dall‟esterno 
(tramite una guerra di conquista)». (Fulvio ATTINA‟ – Giorgio NATALICCHI, op. cit., p. 15) 
15
 Nel caso di un‟integrazione di tipo federativo, invece, l‟integrazione è “immediata e 
definita”, nel senso che «gli stati membri si uniscono dandosi una costituzione unica che 
stabilisce gli ambiti di competenza dell‟ente sovranazionale e degli stati federati». (Fulvio 
ATTINA‟ – Giorgio NATALICCHI, op. cit., p. 16)
6 
processo di integrazione europea non costituisca un fenomeno unidirezionale 
né irreversibile, essendo sempre possibile il verificarsi del processo di 
disintegrazione, come è accaduto, ad esempio, per l‟Unione Sovietica. 
D‟altra parte, come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, il processo di 
integrazione europea ha seguito un percorso inverso a quello della formazione 
degli stati nazionali: il passaggio di sovranità all‟Unione europea ha innanzitutto 
riguardato quegli ambiti che toccano meno le funzioni essenziali di uno stato e, 
solo con il passare del tempo (verso la fine del processo di integrazione), 
riguarderanno la politica estera e di difesa, di sicurezza interna, di 
amministrazione della giustizia, di tassazione e di welfare, ecc. 
1.3. L‟Unione europea e lo Stato nazionale 
Pur non essendone l‟unica causa, gli sviluppi dell‟Unione europea sono 
strettamente connessi con i cambiamenti dei sistemi statali. Tali cambiamenti 
testimoniano un‟ulteriore fase di sviluppo nell‟evoluzione dello Stato europeo 
occidentale
16
, il quale è risultato essere inadeguato ad affrontare in maniera 
efficiente i problemi di governo così come si sono configurati nel secondo 
dopoguerra in Europa. 
«Con il processo di integrazione europea [si è verificata] la trasformazione 
del concetto stesso di sovranità, tradizionalmente riferito allo Stato nazionale 
moderno e basato sul principio di unità e concentrazione del potere coercitivo 
legittimo entro un dato territorio»
17
. 
Lo Stato nazionale europeo è, infatti, «il risultato di un processo di 
istituzionalizzazione accentrata dell‟autorità pubblica che è durato diversi 
secoli»
18
. L‟Unione europea, al contrario, non è nata da un centro, la sua 
espansione non è stata sostenuta da un apparato amministrativo e il fattore 
                                                                                                                                               
 
16
 Stefano Bartolini ha identificato nel processo di integrazione europea «una sesta 
cruciale fase di sviluppo nella storia europea» che si avvia dopo il processo che ha condotto, 
a partire dal XVI secolo, alla formazione dello Stato moderno, allo sviluppo del capitalismo, 
alla formazione della nazione, ai processi di democratizzazione ed al primo affermarsi dei 
sistemi di welfare. (Stefano BARTOLINI, Tra formazione e trascendenza dei confini. 
Integrazione europea e Stato-nazione, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, vol. XXXIV, n. 2, 
agosto 2004, Bologna, il Mulino, pp. 167-195) 
17
 Paolo CARAFFINI, Democrazia e rappresentanza nell‟Unione europea. Sistema 
politico dell‟Unione europea e rappresentanza: attori, politiche, partiti, organizzazioni e 
movimenti, materiale didattico, Torino 2010. 
18
 Paolo CARAFFINI, op. cit..
7 
militare non ha giocato alcun ruolo nel suo consolidamento. Lo Stato nazione si 
connota anche territorialmente, ovvero dispone della  capacità di controllare un 
preciso territorio nell‟ambito del quale l‟autorità legale e la capacità funzionale 
del potere pubblico coincidono. L‟UE, invece, può essere considerata come un 
sistema di giurisdizioni sovrapposte e differenziate (basti pensare alla moneta 
unica) e non come una giurisdizione unitaria e uniforme. 
Per questi motivi molti osservatori ritengono che l‟Unione europea non 
possa essere considerato uno Stato: essi affermano che le istituzioni comunitarie 
non costituiscono un sistema statale ma, piuttosto, un sistema politico-
amministrativo sui generis. L‟Unione europea sarebbe pertanto una comunità 
politica il cui territorio e le cui strutture di mantenimento e controllo variano e 
progrediscono nel corso del tempo attraverso un processo graduale ma non 
costante. 
D‟altra parte se si considera la sovranità come «la capacità di uno Stato di 
controllare la decisione ultimativa all‟interno di un dato territorio»
19
 senza essere 
soggetto a restrizioni esterne, è evidente che gli Stati membri dell‟Unione 
europea sono sovrani in alcune decisioni ma non in altre. Ciò comporta che la 
sovranità nazionale, a differenza di quello che si pensava in passato, non è un 
attributo unitario ed univoco che si presenta allo stesso modo in relazione a 
qualsiasi problema che richiede l‟intervento dell‟autorità pubblica: la sovranità è 
qualcosa che si può scomporre e riaggregare in base ai distinti problemi di 
politica pubblica. 
Inoltre le crescenti interdipendenze strutturali e funzionali tra i Paesi 
europei hanno reso problematico soprattutto un postulato della sovranità 
convenzionale, ovvero la distinzione tra politica interna e politica estera: «se per 
un verso, infatti, gli Stati membri non dispongono del potere ultimativo su molti 
dei propri affari interni, né sotto il profilo politico né sotto quello giuridico, per 
altro verso l‟Unione europea non è giuridicamente né politicamente 
indipendente dagli Stati membri»
20
.  
Bisogna anche aggiungere che, se è vero che l‟Unione europea trova le 
sue origini nel sistema di diritto internazionale (i Trattati istitutivi delle Comunità 
                                                 
19
 Sergio FABBRINI, Le istituzioni dell‟Unione europea in prospettiva comparata, in 
FABBRINI Sergio (a cura di), L‟Unione europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema 
sovranazionale, Editori Laterza, Bari 2002, p. 9. 
20
  Paolo CARAFFINI, op. cit..
8 
e dell‟Unione europea sono stati e sono negoziati e firmati secondo la normale 
prassi diplomatica), nell‟attuale UE possiamo rilevare un duplice titolo di 
legittimazione: gli Stati membri, rappresentati nel Consiglio europeo e nel 
Consiglio dei ministri, e i cittadini, direttamente rappresentati nel Parlamento 
europeo. 
Queste considerazioni hanno spinto alcuni analisti a considerare l‟Unione 
europea come un sistema politico post-nazionale che si caratterizza, ad oggi, per 
una complessa struttura istituzionale, anche se non ancora pienamente 
compiuta in relazione agli istituti ed alle procedure di democrazia. 
1.4. L‟Unione europea è (forse)…
21
 
Data la complessità del sistema comunitario e l‟incertezza dell‟evoluzione 
del processo di integrazione europea, non stupisce che le definizioni proposte 
per l‟Unione europea da parte dei politologi siano molte e differenti tra loro a 
seconda delle prospettive utilizzate per la sua analisi. 
Seguendo lo schema individuato da Pollack
22
 e ripreso da Brunazzo, è 
possibile raggruppare gli studi sull‟Unione europea in tre grandi correnti: coloro 
che ritengono che l‟UE sia un‟organizzazione internazionale (tale definizione è 
stata sviluppata dalle teorie intergovernative tra gli anni „50 e „60), coloro che la 
ritengono un sistema politico (ipotesi sostenuta principalmente a partire dalla 
fine degli anni ‟80 dagli studiosi di politica comparata, interessati a dimostrare 
che l‟UE, come altri sistemi politici, si caratterizza per una separazione dei poteri 
simile a quella che conoscono i sistemi politici nazionali) e, infine, coloro che la 
ritengono un sistema di governance (secondo questa tesi, sviluppatasi a partire 
dalla seconda metà degli anni‟90, l‟UE è un originale esperimento di 
governance sovranazionale). 
                                                 
21
 Questo paragrafo riprende principalmente l‟impostazione del lavoro di Marco 
BRUNAZZO, op. cit., pp. 3-23. 
22
 Marc A. POLLACK, Theorizing the European Union: international organization, 
domestic polity or experiment in new governance?, in «Annual Review of Political Science», 
vol. 8, anno 2005, Palo Alto (California), pp. 357-398.
9 
1.4.1. …un‟organizzazione internazionale 
Secondo alcuni studiosi l‟Unione europea è un‟organizzazione 
internazionale
23
, anche se costituisce un ordine intergovernativo originale, nel 
senso che si differenzia da tutte le altre organizzazioni internazionali esistenti. 
Questa tesi si basa sulla convinzione che gli Stati rimango gli attori più 
importanti nei processi decisionali comunitari. 
Nel quadro dell‟Unione europea, pertanto, sarebbero gli Stati membri, in 
particolare quelli più grandi, che, contrattando sulla base dei loro interessi, 
determinano l‟evoluzione dell‟integrazione in termini di riforme istituzionali e di 
contenuti delle policies. Le istituzioni sovranazionali sono ritenute semplici 
agenti degli Stati membri, agenti che in settori caratterizzati da minori 
controversie (le cosiddette “low politics”, le politiche di natura tecnico-
economica gestibili mediante decisioni che non comportano scelte tra valori 
contrastanti e non generano conflitti sociali), rivestono un ruolo più importante 
ma che, negli ambiti più sensibili (si intendono le “high politics”, cioè le politiche 
relative alla sovranità e all‟identità nazionale – politica estera e di difesa – e 
quelle caratterizzate dalla conflittualità sociale – politiche redistributive), hanno 
un ruolo secondario. 
È certo che il sistema comunitario mantiene alcune caratteristiche tipiche 
dell‟intergovernativismo
24
: 
• in molti dei principali settori politici, ed in particolare la politica estera, che 
connota la statualità di un sistema politico, e la politica di sicurezza e di 
difesa comune, prevale il principio dell‟interesse nazionale (e quindi la 
                                                 
23
 Un‟organizzazione internazionale è «un‟associazione volontaria di soggetti di diritto 
internazionale costituita mediante atti internazionali e disciplinata nei rapporti tra le parti  
da norme di diritto internazionale, che si concreta in un ente a carattere stabile, munito di 
un ordinamento giuridico interno proprio e dotato di organi ed istituti propri, attraverso i 
quali attua finalità comuni dei consociati mediante l‟esplicazione di particolari funzioni e 
l‟esercizio dei poteri all‟uopo conferitile». Ciò che emerge da questa definizione è che 
elemento indispensabile per la nascita di un‟organizzazione internazionale è la volontà 
degli Stati di cooperare per perseguire obiettivi comuni, non solo assumendosi obblighi e 
diritti ma creando una struttura organica con precisi compiti e poteri la cui attività è 
regolata dal diritto internazionale. (Ugo DRAETTA, Principi di diritto delle organizzazioni 
internazionali, Giuffrè Editore, Milano 2006, p. 16) 
24
 «L‟intergovernativismo fa riferimento ad accordi mediante i quali Stati nazionali 
cooperano fra loro per obiettivi di interesse comune in situazioni e condizioni che sono in 
grado di controllare. L‟esistenza di un controllo, che consente a tutti gli Stati partecipanti di 
decidere la misura e la natura della cooperazione che sono disposti ad accettare, implica 
che la sovranità nazionale non è direttamente minacciata». (Neill NUGENT, Governo e 
politiche dell‟Unione europea, Volume I Storia e teorie dell‟integrazione, il Mulino, Bologna 
2008, p. 163)
10 
sovranità dello Stato), ovvero, pur dovendosi consultare e coordinare con 
gli altri Stati membri dell‟Unione, i governi nazionali possono prendere 
decisioni autonome in tali materie; 
• gli Stati conservano il “Treaty making power”, cioè il potere di adozione e 
revisione dei Trattati, per l‟entrata in vigore dei quali è ancora necessaria la 
firma e la ratifica (parlamentare o referendaria) di tutti i Paesi membri 
dell‟UE; va rilevato però che con il Trattato di Lisbona l‟iniziativa di riforma 
dei trattati non appartiene più solo ai governi nazionali e alla Commissione 
ma anche al Parlamento europeo; 
• le maggiori decisioni sulla direzione generale e le priorità politiche 
dell‟Unione europea sono prese da organi intergovernativi come il 
Consiglio europeo, costituito dai capi di Stato e di governo dei Paesi 
membri, e il Consiglio dei ministri, i quali, spesso anche nei casi in cui è 
ammesso il voto a maggioranza qualificata, cercano di ottenere un 
consenso più ampio possibile evidenziando l‟importanza degli interessi 
nazionali in gioco; d‟altra parte al Parlamento europeo non è stato attribuito 
il pieno diritto di iniziativa legislativa; 
•  l‟Unione europea non dispone di un basilare sistema fiscale con cui 
generare entrare finanziarie e di conseguenza non gode di sufficienti risorse 
proprie; 
• l‟uso legittimo della forza è ancora una prerogativa degli Stati membri e 
l‟Unione non è dotata di una vera forza di polizia europea; 
• seppure estese, le competenze di politiche pubbliche (ad esempio le 
politiche di welfare, dell‟educazione, della cultura, supporto della piccola e 
media impresa) delle istituzioni europee continuano ad essere più limitate di 
quelle che sono tradizionalmente proprie degli Stati nazionali; 
• gli Stati membri conservano una grandissima diversità nei loro sistemi 
costituzionali e politici (monarchie costituzionali e repubbliche, sistemi 
elettorali molto diversi, differenti forme di bicameralismo, ruolo della 
magistratura, regimi federali, a forte regionalizzazione o unitari, ecc…) e le 
istituzioni comunitarie non godono della legittimità propria degli Stati 
nazionali.
11 
Possiamo quindi affermare che l‟integrazione è, per le teorie 
intergovernative
25
, un compromesso tra la necessità di un‟efficace cooperazione 
internazionale e la volontà di preservare la sovranità. 
Tuttavia oggi nell‟Unione europea convivono, accanto alle caratteristiche 
tipiche delle organizzazioni internazionali, sempre più caratteri sovranazionali
26
, 
anche con elementi propri della statualità. Ciò deriva dall‟impianto organizzativo 
e dalla dinamica funzionale dell‟Unione europea, i quali sono stati “forgiati” dai 
Trattati in un‟ottica incrementalista, cosicché, gradualmente, la sovranazionalità 
                                                 
25
 L‟intergovernativismo affonda le sue radici nella teoria realista delle relazioni 
internazionali, secondo cui gli Stati nazionali sono gli attori fondamentali di un sistema 
internazionale sostanzialmente anarchico in cui i rapporti politici fra gli Stati sono 
determinati essenzialmente dai governi nazionali. Il realismo non accorda molta importanza 
agli attori sovranazionali e, a livello statale, agli attori non governativi. In breve, secondo 
quest‟ottica le organizzazioni internazionali servono agli Stati per raggiungere più 
facilmente i loro scopi. 
L‟intergovernativismo parte da questi assunti e spiega la direzione e la velocità del 
processo di integrazione europea facendo riferimento soprattutto alle decisioni e alle azioni 
dei governi degli Stati europei: gli Stati si impegnano nel processo integrativo nella misura 
in cui questo rispecchia le loro preferenze e porta benefici tangibili per i partecipanti. Gi 
Stati rimangono potenti perché godono della sovranità territoriale e sono legittimati dal 
processo elettorale, ovvero da elezioni democratiche che determinano la formazione di un 
governo. Altri attori, all‟interno e all‟esterno degli Stati, possono esercitare una certa 
influenza sugli sviluppi dell‟integrazione, ma non si tratta certamente di un‟influenza 
cruciale né dominante. Ponendo l‟accento sugli Stati, quali attori dotati di peculiari interessi 
nazionali che difendono vigorosamente soprattutto nei settori di high politics, 
l‟intergovernativismo tende a sottolineare “la logica della diversità” piuttosto che “la logica 
dell‟integrazione”. Secondo gli intergovernativisti l‟Unione europea è un‟organizzazione che 
massimizza gli interessi degli Stati che vi partecipano e rafforza il ruolo degli esecutivi 
all‟interno degli Stati stessi. 
I più importanti rappresentanti di questa interpretazione dell‟ integrazione europea 
sono Stanley Hoffman ed il suo allievo Andrew Moravcsik; quest‟ultimo, in particolare, ha 
costruito un modello teorico più sofisticato, che ha denominato “intergovernativismo 
liberale”, basato sull‟idea che l‟integrazione europea possa essere spiegata come una serie 
di scelte razionali condotte dai leader nazionali, le quali finiscono per rafforzare lo Stato 
piuttosto che indebolirlo. Gli intergovernativisti liberali articolano la loro analisi in tre 
principali fasi: il processo interno della formazione delle preferenze nazionali che riflettono 
l‟interdipendenza economica e politico-militare dei vari Stati in varie aree di polity; le 
negoziazioni fra gli Stati a livello europeo basate sul “potere negoziale relativo” dei vari Stati 
determinato dal loro peso economico e politico;  la creazione e la delegazione di autorità e 
poteri alle istituzioni sovranazionali europee, ovvero la delega di sovranità in un certo 
campo ad istituzioni sovranazionali che godono di un grado limitato di autonomia. (Si 
vedano Neill NUGENT, Storia e teorie dell‟integrazione cit., p. 170; Ralf DRACHENBERG–
Lucia QUAGLIA, Negoziando il Trattato Costituzionale. Una replica 
all‟intergovernamentalismo liberale, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», vol. XXXVII, n. 3, 
dicembre 2007, Bologna, il Mulino, pp. 413-414) 
26
 «Il sovranazionalismo comporta una cooperazione fra stati con modalità che non 
consentono loro di mantenere un controllo completo sugli sviluppi della cooperazione 
stessa; vale a dire, gli Stati possono essere obbligati a compiere azioni contro le loro volontà 
e preferenze perché non hanno il potere di bloccare le decisioni. Il sovranazionalismo 
spinge i rapporti interstatali oltre la semplice cooperazione e integrazione e implica una 
certa perdita di sovranità nazionale» (Neill NUGENT, Storia e teorie dell‟integrazione cit., p. 
163).
12 
prendesse il sopravvento sulla dimensione intergovernativa. I principali caratteri 
sovranazionali dell‟Unione europea sono: 
 la creazione non solo di un mercato comune, che consiste di quattro 
elementi fondamentali, ovvero la libera circolazione delle merci, dei servizi, 
dei capitali e delle persone, ma anche di un‟unione monetaria (che non 
coinvolge però tutti i paesi membri) attraverso l‟adozione di una moneta 
unica, l‟euro; 
 importanti istituzioni comunitarie, quali il Parlamento europeo, la 
Commissione europea e la Corte di giustizia, si configurano come organi di 
individui, ovvero i loro membri esercitano le loro funzioni in piena 
indipendenza e non rappresentano gli interessi dei rispettivi Stati di 
appartenenza; 
 il Parlamento europeo, che dal 1979 viene eletto direttamente da tutti i 
cittadini degli Stati membri dell‟Unione, è dotato di poteri sempre più vasti e 
significativi: in particolare, in seguito all‟adozione del Trattato di Lisbona, la 
procedura di codecisione, che prevede la partecipazione di Consiglio e 
Parlamento su un piano di sostanziale parità di poteri, è divenuta la 
procedura legislativa ordinaria; 
 la Corte di giustizia dell‟Unione ha rivestito (e continua a rivestire) un ruolo 
significativo nel processo di integrazione europea, in particolare attraverso 
l‟affermazione del principio della diretta applicabilità del diritto comunitario 
(alcuni atti legislativi adottati dall‟UE vincolano direttamente i cittadini 
europei mentre invece, di solito, nelle organizzazioni internazionali le 
raccomandazioni sono rivolte esclusivamente agli Stati) e del primato del 
diritto comunitario; 
 non solo ai cittadini dell‟Unione è stata attribuita, con il trattato di 
Maastricht, la “cittadinanza europea”
27
, ma il Trattato di Lisbona introduce la 
cosiddetta “iniziativa popolare”, la quale prevede che i «Cittadini 
dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di 
un numero significativo di Stati membri, possono prendere l'iniziativa 
d'invitare la Commissione europea, nell'ambito delle sue attribuzioni, a 
presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali 
                                                 
27
 L‟art.9 TUE afferma che «È‟ cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di 
uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e 
non la sostituisce».