Il teatro di Moni Ovadia
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89 Egli, oppresso dall’ebraismo freddo e formale del padre e dalle sue severe aspirazioni borghesi, rimane folgorato da Lowy e dal suo mondo, un mondo sporco ma sanguigno, caldo e pieno di slanci. L’attore diventa la sua metà oscura che lo guiderà nell’odissea per diventare Amshel, suo nome ebraico ( e quello del nonno), simbolo di quella cultura con la quale non riuscirà mai a ricongiungersi. Si arriva al momento cruciale, nella seconda parte dello spettacolo, che è la Lettera al padre. Ovadia-Lowy la legge; è un terribile atto d’accusa ma all’improvviso si ferma e invita il giovane Kafka a proseguire. Questa è una scena semplice ma efficace per sottolineare l’influenza che l’attore ebbe sullo scrittore. All’inizio il Caffè si anima grazie ad una scenetta rubata alla Bibbia e fatta con una finzione palese e voluta, quasi ostentata propria degli attori del teatro yiddish, nella quale Kafka riconosce la sua verità, il suo essere comico e tragico insieme, la sua stessa inadeguatezza. Nel frattempo sulla scena la TheaterOrchestra si esibisce in siparietti del passato ricchi di melodie intrise di dolore e rassegnazione. In tale atmosfera Ovadia ha la quasi-certezza che la risata priva di suono di Kafka, che tanto colpiva i suoi amici, esploderà all’improvviso e “metterà tra parentesi anche noi, ci renderà assenti”. Nella parte finale Kafka se ne è andato, non c’è più, forse è morto, e Ovadia-Lowy lo commemora come avvenne nella realtà. La notizia della sua morte (giugno 1924) giunse all’attore durante una tournee nella provincia polacca. Secondo Jonas Turkow, regista memorialista del mondo yiddish, amico collega in quei mesi di Lowy, l’attore non fu quella sera in
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Il teatro di Moni Ovadia
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Informazioni tesi
Autore: | Romina Arata |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Lettere moderne |
Relatore: | Eugenio Buonaccorsi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 411 |
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