IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 2
attualmente ci si ritrova a nominare il termine “sostenibilità” sempre più spesso e non 
più per teorizzare ma per necessità contingenti. Discuteremo l’argomento della 
sostenibilità nel capitolo successivo; assumendo un punto di vista attuale, mentre ora 
cercheremo di accennare all’evoluzione che il rapporto tra uomo e natura ha avuto 
nei secoli. Al termine della nostra riflessione vedremo che il modo di intendere la 
natura è profondamente mutato ed avremo avuto la possibilità di rendercene conto 
semplicemente affacciandoci all’argomento. Infatti, non abbiamo bisogno di narrare 
la storia della sostenibilità per dimostrare che non è stato scoperto niente di nuovo, al 
contrario abbiamo bisogno di conoscere le idee contrastanti, i cori di voci, ascoltate e 
non, che hanno costruito l’immagine attuale della natura e dell’ambiente. 
Per poter cominciare, abbiamo bisogno di risalire alle prime idee ecologiche che 
hanno caratterizzato i dibattiti successivi; queste idee hanno rappresentato gli albori 
della “storia dell’ecologia”, nata in epoca recente, perché il loro principale argomento 
è stato l’analisi, a volte inconsapevole, del rapporto uomo - ambiente/natura. 
Secondo lo storico dell’ecologia Donald Worster, lo scopo della storia dell’ecologia è 
quello di approfondire la comprensione di come gli esseri umani siano stati 
condizionati dal loro ambiente naturale nel tempo e come essi abbiano influito 
sull’ambiente e con quali risultati. Gli storici dell’ecologia, sempre secondo Worster, 
tendono ad affrontare tre tipi di questioni: capire come la natura è stata organizzata 
ed ha funzionato in passato in rapporto all’uomo; le interrelazioni dell’ambiente 
naturale con la dimensione socioeconomica, i vari modi escogitati per produrre 
risorse dalla natura; le percezioni della natura da un punto di vista puramente 
mentale, quindi le leggi, i miti, le strutture di senso. 
Andersson
3
, paesaggista scandinavo, individua cinque periodi che hanno 
caratterizzato le relazioni tra natura e civilizzazione:  
∗ Il periodo geologico preistorico (fino al 1000 circa) che ha determinato numerosi 
cambiamenti nell’assetto territoriale (il ghiaccio ha dato alle montagne “la loro 
forma smussata e dolce, sovvertendo le forme preesistenti e lasciandosi dietro 
                                                           
3
 Luciani D., Latini L. (a cura di), Scandinavia. Luoghi, figure, gesti di una civiltà del paesaggio, 
Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche/Canova, Treviso, 1998, pp.13. 
 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 3
detriti come ciottoli, pietre e ghiaia morenica”, ha portato in pianura i materiali 
più minuti come sabbia o terra argillosa). 
∗ Il periodo rurale cattolico (fino al 1500), ha rappresentato gli inizi della 
civilizzazione e quindi “il diradamento dei boschi, in particolare intorno ai laghi e 
nei terreni sabbiosi. Lo sviluppo dell’agricoltura significò l’insediamento stabile 
in piccole radure all’interno della foresta, sebbene al sostentamento contribuissero 
ancora la caccia e la pesca”. A questo punto bisogna precisare che Andersson sta 
riferendosi alla tradizione nordica, dato che le popolazioni mediterranee 
preferivano rifugiarsi tra le rocce e non tra gli alberi, tuttavia citiamo la sua 
suddivisione perché il nord Europa presenta tutt’oggi, e lo constateremo, una 
notevole sensibilità per l’ambiente, e la sua storia ha influenzato le altre in modo 
incisivo. “E’ stata [probabilmente] la cristianità ad introdurre il giardino [...] 
Campi coltivati e giardini erano molto simili”
4
. 
∗ Il periodo preindustriale moderno (fino al 1850) comincia col Rinascimento che 
introduce la tradizione del giardino, un voler appropriarsi della natura in modo 
privato ed elitario. Si trattava di una prerogativa delle classi nobili e dei loro 
passatempi finalizzati alla caccia, all’equitazione, alle passeggiate. 
∗ Con l’industrializzazione (fino al 1930), “la nascente classe mercantile e gli 
industriali trovarono altri modi per avvicinarsi alla natura e progettarla. [...] La 
classe operaia ha lottato per ottenere quel diritto alla natura che era un tempo 
esclusivo della nobiltà”. E’ il periodo dell’affermazione della borghesia e del 
nazionalismo: la classe media poteva permettersi una piccola villa con giardino; il 
nazionalismo invece ha portato all’attenzione al “paesaggio locale con la nascita 
dei parchi nazionali e delle organizzazioni per la conservazione del patrimonio 
nazionale sia naturale che storico e architettonico”
5
. 
∗ L’ultimo periodo è il socialdemocratico (fino ad oggi), così chiamato perché la 
natura e la sua progettazione acquisiscono una responsabilità sociale, “In 
Scandinavia questa mentalità nasce dalla tradizionale libera collaborazione tra 
contadini, dal cristianesimo e dal socialismo internazionale. Mentre le popolazioni 
mediterranee hanno sviluppato un forte senso della famiglia, noi abbiamo un 
                                                           
4
 Luciani D., Latini L., op.cit. pp.13. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 4
altrettanto forte rispetto per la società”
6
. Lo sviluppo fondamentale avvenuto nel 
periodo socialdemocratico, è stato l’estendersi dell’aspirazione alla natura ad ogni 
individuo fino a diventare desiderio di “passare tutto il tempo libero fuori dalle 
città e ottenere un accesso illimitato a spiagge, laghi e foreste”
7
. 
Pur toccando questi punti non faremo la “storia dell’ecologia”, ci limiteremo ad una 
panoramica letteraria, documentativa di un unico concetto, il rapporto uomo - natura, 
nel corso dei secoli; questo ci basterà per affrontare adeguatamente in seguito il 
problema della sostenibilità. 
 
 
1.2 La natura tra arcadia e impero 
 
Il 1700, l’Età della Ragione, può essere individuato come il secolo che ha dato vita 
alla scienza dell’ecologia, la natura era ammirata nella sua completezza, nel suo 
equilibrio e le due principali correnti di pensiero ecologico, sono nate in quell’epoca. 
La prima è stata inconsapevolmente fondata, dal pastore naturalista inglese Gilbert 
White (Selborne, 1720 - 1793), la seconda dal botanico svedese Linneo 
(Stenbrohault, 1707 - 1778). 
White è il più famoso cittadino della tranquilla Selborne, 50km a Sud di Londra, la 
sua fama è giunta dopo la sua morte grazie all’opera The Natural History of Selborne 
in cui ha compiuto un attento studio sulla natura locale, “per più di vent’anni svolse 
con piacere le funzioni religiose godendo nel recarsi quotidianamente alla parrocchia 
e nel descrivere agli amici le bellezze naturali che poteva ammirare attorno a sé.”
8
. Il 
risultato di tanti anni di osservazioni, appostamenti e nascondigli è stato un’opera che 
può essere considerata come punto di partenza della saggistica di storia naturale in 
Inghilterra e in America. La corrente di pensiero che nasce con Gilbert White, è stata 
definita “arcadica” perché The Natural History of Selborne ammira l’armonia e 
l’intelligenza con cui gli animali vivono, la rigogliosità di cui è possibile godere nella 
                                                                                                                                                                    
5
 Luciani D., Latini L., op.cit. pp.15. 
6
 Quest’affermazione la dice lunga sul primato nordico del rispetto della natura e dell’uomo. 
7
 Andersson S.I., op.cit. pp.16. 
8
 Cfr. Worster D., Storia delle idee ecologiche, il Mulino, Bologna, 1994, pp.27. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 5
regione di Selborne. Certo tale sentimento di ammirazione nel pastore White, 
derivava anche dalla sua fede religiosa oltre che dal suo attaccamento alla terra ed 
agli animali, ma è dall’incontro tra scienza e religione che è nata la sua venerazione 
per la natura e l’auspicio di uno stile di vita semplice e umile per ricreare una 
coesistenza pacifica tra l’uomo e gli altri esseri viventi. Ha pensato da cristiano 
illuminato e non da contemplatore puro e semplice, sebbene non sia stato affatto un 
contestatore della dottrina tradizionale. 
I suoi discepoli sognavano un mondo basato sull’equilibrio uomo - natura e non la 
disintegrazione della comunità rurale da parte della tecnologia, concepivano la natura 
come “unità indivisibile”, avevano una visione olistica della realtà ed effettuavano 
una feroce critica all’uomo tecnologico: credevano che esistesse un legame indiretto 
tra natura e tecnologia per cui la cultura industriale non poteva essere isolata dal 
mondo naturale o ignorarlo. 
Contemporaneamente agli studi idilliaci di White erano in atto degli eventi storici 
che hanno mutato radicalmente la storia dell’Inghilterra: dal 1760 al 1780 la guerra di 
secessione americana rappresentò la prima sfida al sistema economico politico, alla 
fine del 1700 l’Inghilterra è il primo paese ad entrare nell’era Industriale. Duecento 
miglia a nord di Selborne, a Manchester, le riserve di capitale accumulate durante gli 
scambi commerciali con l’Oriente e l’America furono investite interamente nel 
sistema industriale. Quando l’opera di White fu pubblicata, il sistema industriale si 
stava diffondendo nel Lancashire, Yorkshire e Steffordshire ma non sembra che 
richiamasse l’attenzione del reverendo. Nel 1765 Hargreaves inventò il filatoio 
meccanico, nel 1770 circa Arkwright inventò il filatoio idraulico, nel 1785 
Cartwright il telaio meccanico, fino al completamento della meccanizzazione 
dell’industria tessile. Alla fine del ‘700 la popolazione del Lancashire aumentò del 
trecento per cento, nelle città manifatturiere come Manchester o Londra la 
popolazione raddoppiò velocemente grazie alla forte richiesta di manodopera, la 
speculazione edilizia fece in modo che si costruissero abitazioni vicino alle 
fabbriche, costringendo gli operai a vivere in condizioni disastrose ed in alloggi 
rudimentali (Slums); in quel periodo una pianificazione urbanistica orientata alla 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 6
salubrità degli ambienti era totalmente assente e il concetto di verde pubblico non ne 
faceva parte. 
Tutto ciò accadeva appena fuori dall’isola felice di Selborne, così come si radicava 
una corrente di pensiero di sfruttamento intensivo della natura. In contrapposizione 
con la tradizione arcadica è la tradizione “imperialista” che vede al posto 
dell’equilibrio tra uomo e natura, un progressivo aumento del paesaggio artificiale. 
Era ovvio che la novità del progresso facesse accantonare l’attenzione al paesaggio 
rurale. 
E’ un secolo prima della nascita del pastore naturalista però, con il connazionale 
Francis Bacon (1561 - 1626), noto filosofo del metodo scientifico, che nasce l’utopia 
di un mondo governato dalla scienza e dalle capacità umane, dove l’uomo guadagna 
il primato sulle altre creature. 
Contemporaneo di White era invece Carl von Linné, meglio conosciuto come 
Linneo. A differenza di White, Linneo aveva una mente “economica ed 
organizzatrice [...] per determinare la collocazione di una pianta nello schema divino, 
bastava solamente contare il numero degli stami e dei pistilli del fiore; un semplice 
calcolo e il regno vegetale poteva essere suddiviso e schedato in scatole e scaffali.”
9
. 
Tuttavia anche Linneo era un profondo credente in Dio, e Lo ha sempre venerato 
perché supremo creatore della natura, è stato molto ammirato per questo motivo, 
anche dai seguaci di White. Linneo introduce idee fondamentali per la storia 
dell’ecologia, idee che seguono la scia baconiana per l’esortazione all’operosità 
umana. Studiando il regno animale, vegetale e dei fossili, dimostra come il “sistema 
economico naturale”, sia basato su un modello di ciclicità dove principio e fine si 
incontrano, ad esempio nel ciclo idrologico. Gli uomini fanno parte di questo ciclo e, 
come tutti gli esseri viventi, la loro vita è legata alla morte o vita di altri esseri, fino a 
formare una catena. Questa catena però, non rende gli esseri viventi tutti uguali: nella 
sua visione antropocentrica, Dio ha creato il mondo, fissato regole nutrizionali ed 
organizzato tassi riproduttivi, per una coesistenza pacifica ed equilibrata dove l’uomo 
grazie alla ragione, è considerato privilegiato e può usufruire, organizzare e disporre 
della natura come meglio crede. 
                                                           
9
 Worster D., op.cit. pp.57. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 7
I seguaci di Linneo hanno continuato a diffondere questo tipo di rapporto uomo - 
natura, basando le loro argomentazioni sull’importanza della precisione dell’ordine 
naturale. Sicuramente Linneo non ha dato avvio alla visione meccanicistica del 
mondo, ha dato però un notevole contributo alla razionalizzazione della natura, ai 
tentativi, diffusi tra il XVII ed il XVIII secolo, di studiare i fenomeni naturali da un 
punto di vista fisico, chimico, scientifico fino a perdere la spiritualità di cui erano 
caratterizzati in principio. La scuola linneiana, ha sempre lasciato spazio alla mano 
divina ed alla benevolenza della natura, è stata tuttavia affiancata dal meccanicismo, 
che ha avuto un approccio riduttivo alla natura, classificandola come macchina 
appunto, e rivelatosi in seguito, inadeguato a spiegare i rapporti tra gli esseri viventi. 
Il meccanicismo di Cartesio ad esempio, minacciava l’ordine morale, affermava che 
gli animali non hanno anima (e avvia una serie di esperimenti su di essi per 
dimostrarlo); Hobbes poi, minacciava la benevolenza della natura parlando del 
continuo conflitto sociale tra gli uomini e della loro necessità di seguire delle regole 
rigide per evitare la guerra continua e violenta. Allo stesso tempo, Newton parlava di 
Dio come forza motrice del cosmo, e l’animismo di Henry More e John Ray, 
ridonava un’anima al mondo ed uno spirito alla natura. 
Il pensiero linneiano si è comunque evoluto, ed avendo avuto numerosi seguaci, 
versioni moderate ed eccessive si sono alternate, tutte che hanno cercato di dare una 
spiegazione all’ecosistema, alla trascendenza ed all’umanità, che hanno cercato di 
capire la violenza e l’equilibrio esistenti in natura. E’ di un linneiano il concetto che 
la terra garantisce la produzione e la conservazione della massima “abbondanza 
vitale” grazie alla benevolenza divina. Stiamo parlando di Bruckner, lo stesso che ha 
affiancato al buon auspicio della pienezza in natura, la preoccupazione che alcune 
specie animali si stessero estinguendo a causa del progresso. Notò che per coltivare la 
terra, e quindi disboscando, gli americani minacciavano dieci specie animali. 
Bruckner cominciò a credere che la terra non fosse solo degli uomini, ma di tutti gli 
esseri viventi, e che gli uomini stessero sciupando la grandezza di Dio, ma tale 
dubbio non durò a lungo, infatti, lui e tutti gli altri linneiani, hanno continuato ad 
avere fiducia nella Provvidenza divina che non avrebbe permesso che le risorse si 
esaurissero, l’uomo avrebbe potuto dimostrare la sua grandezza e la sua supremazia 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 8
sugli esseri viventi, selezionando arbitrariamente tra le specie di cui aveva bisogno e 
quelle da cui doveva difendersi. Seguace di Linneo è stato il noto Adam Smith, 
filosofo e fondatore dell’economia moderna, che vedeva la natura come un grande 
magazzino di materia prima destinata all’abilità di sfruttamento dell’uomo; Thomas 
Malthus, economo naturalista, invece rifletteva sul numero di persone che potevano 
vivere sulla terra e si preoccupava del loro sostentamento. Per nutrire la popolazione 
industriale in aumento, ad esempio, l’agricoltura di sussistenza scomparse, i terreni 
commercializzati e i contadini impararono a produrre per i mercati cittadini, 
comincia così uno sfruttamento del territorio mirato alla rendita veloce e cospicua. 
Nel corso degli anni quindi, il pensiero di Linneo è stato identificato come 
imperialista, perché ha sempre cercato di imporre il potere umano sulla natura, 
sfruttandola e manipolandola, e grazie all’epoca in cui è nato, ha trovato consensi 
molto velocemente. Il pensiero di White invece, è stato definito arcadico per l’ideale 
di vita semplice e rurale a cui aspirava e perché l’uomo ne è elemento e non 
dominatore. Queste due correnti sono tuttora presenti, e vedremo come abbiano 
sempre rappresentato il punto di partenza del dibattito ecologico. 
 
 
1.3 La Natura romantica 
 
Il pensiero arcadico di White può essere considerato come l’attuale pensiero 
ecologista. Gli ecologisti erano e sono considerati dei sovversivi, per la forte 
minaccia che hanno sempre rappresentato per lo sviluppo economico. Fonte 
d’ispirazione per l’attivismo sovversivo contemporaneo infatti, è l’americano Henry 
David Thoreau (1817 - 1862 Concord, Mass.), visto come un ecologo dalla filosofia 
romantica
10
. Reduce dell’esperienza delle stragi degli indiani d’America ed in piena 
industrializzazione, Thoreau ha passato la sua esistenza a contemplare ed a studiare 
la natura da autodidatta. Come White studiava la natura di Selborne, Thoreau 
                                                           
10
 Certo le contestazioni ecologiche hanno una storia ben più antica, gli inquinatori erano condannati 
già dal Medioevo e forse anche prima; le proteste avvenivano contro le offese arrecate alla comunità e 
avevano carattere popolare ma movimenti veri di contestazione ecologica, nascono in epoca moderna, 
in seguito alle ideologie e nei paesi industrializzati ed esposti a inquinamenti. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 9
studiava la natura di Concord, nel Massachusetts . Proponeva uno stile di vita in cui 
l’uomo impara ad adeguarsi alla natura senza cercare di cambiarla; accentuava 
l’idillio da cui nasceva il naturalismo di White, forse perché si era trovato a vivere in 
una nazione troppo giovane e troppo nuova, troppo imprenditoriale, dove i boscaioli 
reputavano una conquista l’abbattimento di un nuovo albero e la ferrovia aveva già 
collegato buona parte del continente. Aveva assistito ai veloci mutamenti ecologici 
che il New England aveva subito e stava subendo con l’industrializzazione e non 
aveva lo stesso ottimismo di White nell’osservare i comportamenti umani. 
La foresta del New England era stata disboscata dal 1638, data di fondazione di 
Concord, al 1700, per più di mezzo milione di acri di terra, per creare pascoli ed 
agricoltura. Nel 1860, Thoreau parla dell’uccisione di una delle ultime linci di un 
villaggio vicino, i salmoni erano già scomparsi dai fiumi e gli animali predatori erano 
stati i primi ad andare via. Tuttavia, dal suo punto di vista romantico Thoreau era 
molto fiducioso nell’abbondanza e nella resistenza della natura, e non era sfiorato da 
preoccupazioni come estinzione ed esaurimento delle risorse, sebbene fosse 
consapevole della responsabilità umana nel modificare l’ambiente: la soluzione al 
disboscamento ed allo sfruttamento intensivo sarebbe stata in futuro la riforestazione. 
L’ecologia di Thoreau cercava disperatamente di trovare un compromesso tra il 
velocissimo sviluppo economico e l’altrettanto veloce scomparsa di aree selvagge; il 
maggiore interesse di Thoreau, infatti, era la foresta, e pertanto egli ha basato i suoi 
studi ecologici esclusivamente su di essa. 
La forza della natura e del paesaggio erano presenti in tutti gli artisti e poeti 
dell’epoca romantica, si cercava il sublime negli elementi: il vento, l’alternanza delle 
stagioni, gli sconvolgimenti di natura geologica come terremoti, valanghe frane erano 
scene sublimi. 
I romantici del XVIII secolo formulano un’estetica del paesaggio fondato sul duplice 
aspetto di bello/idilliaco e sublime/potente. Wordsworth o Goethe, vedevano la 
natura come una comunità di esistenze, un sistema di rapporti interdipendenti ed 
equilibrati che non possono essere intaccati senza risultarne modificati o distrutti, 
Constable e Turner rappresentano l’irruenza delle poderose forze fisiche come 
l’impeto dell’acqua degli oceani. Se si pensa all’idea che gli intellettuali avevano del 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 10
giardino, si nota come fosse radicata la necessità di trovare una sintesi tra natura e 
cultura. Il giardino paesaggistico infatti offrì ai romantici un mondo ideale “capace di 
registrare al suo interno tutta la gamma delle emozioni di un individuo”
11
. 
Il paesaggio pittoresco creato già dalla fine del ‘700 in Inghilterra dai preromantici, 
doveva essere frastagliato ed irregolare, doveva creare un senso di smarrimento e 
mistero. Molti studiosi hanno evidenziato come l’attenzione verso un paesaggio 
drammatico, soprattutto lo scenario alpino, sia diventata una moda tra l’aristocrazia 
europea della seconda metà del XVIII secolo. La parola aristocrazia in questo caso è 
più che giusta dato che gli intellettuali ne facevano parte quasi tutti; tuttavia Gilbert 
Murray (1866 - 1957), studioso inglese, ha sottolineato i forti legami emotivi che 
hanno coloro che crescono o vivono a lungo in zone montane o costiere. In quel 
periodo ad esempio, i medici non capivano perché dei giovani svizzeri che 
lavoravano presso delle città tedesche, si ammalassero misteriosamente. La diagnosi 
fu infelicità o “male svizzero”, causato dalla separazione dal paesaggio alpino della 
loro terra d’origine
12
. 
La natura tuttavia è sempre stata sorgente d’ispirazione e seduzione per l’uomo 
indipendentemente dalle epoche, ciò si manifesta in modo eclatante durante il 
romanticismo ed è una nota indispensabile per gli artisti. E’ romantico il concetto per 
cui nessun elemento può essere separato dall’interezza della natura e che l’uomo 
separato dalla natura perde la sua essenza vitale. 
Dalla filosofia idealista creata dai romantici americani del XIX secolo nasce il 
trascendentalismo, che vede come esponente più rappresentativo Ralph Waldo 
Emerson. Emerson celebrava la natura come flusso dell’“essere”, divina, ma allo 
stesso tempo imperfetta e da trascendere per una ricerca dell’ordine perfetto da parte 
dell’uomo. 
Tornando alla natura di Thoreau, vista nella sua unità, varietà e intensità, essa 
abbraccia tutti gli esseri viventi in un senso di parentela; San Francesco d’Assisi gli 
aveva insegnato che la natura rappresentava una famiglia universale, inseguiva una 
“comunità dell’amore” che l’avrebbe salvato dal finire imprigionato in una coscienza 
                                                           
11
 Luciani D., Latini L. (a cura di), Scandinavia. Luoghi, figure, gesti di una civiltà del paesaggio, 
Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche/Canova, Treviso, 1998, pp.117. 
12
 Luciani D., Latini L. op.cit. pp.100. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 11
individuale. La profonda religiosità romantica infatti, non era in somma tra le mura di 
una chiesa ma nel manifestarsi quotidiano della divinità nella vita: per cui Thoreau, 
un naturalista passionale, raccomandava di conoscere la natura nel senso più 
elementare del termine: assaggiandola, “con i denti, la lingua l’intestino”
13
, 
ingurgitandola nell’io e fondendo l’io in essa. 
 
 
1.4 La Natura “macchina” terribile 
 
Una nuova immagine di natura è stata creata da un contemporaneo di Thoreau: 
Charles Darwin (1809 - 1882). Nella visione di Darwin, la natura ha perso l’aura 
ottimistica che la circondava per essere considerata in un’ottica decisamente più 
concreta. Proveniente dall’arcadismo di White e dall’ammirazione per la scuola 
linneiana, lo scienziato inglese non si considerava pessimista ma realista, 
provvedendo a scrollare dalla natura la mano di Dio. 
Le teorie ecologiche del tempo, potevano essere contrastanti tra loro, ma erano 
accomunate dall’idea di creazione divina, che non aveva “permesso” di accettare o 
pensare, altre possibilità. Durante la sua permanenza nelle isole Galapagos, tra il 
sublime, il pessimismo e lo stupore, Darwin si rendeva conto delle terribili forze che 
si oppongono alla vita e rimaneva profondamente colpito e sconvolto dalle sue 
scoperte di estinzione, conflitto e depravazione che invalidavano almeno in parte le 
visioni di White e Linneo. Ma malgrado l’evidente coinvolgimento emotivo, Darwin 
è riuscito ad essere impersonale ed oggettivo nell’elaborazione delle sue teorie e ha 
guadagnato credibilità grazie ai numerosi “fatti” portati ad esempio, introducendo un 
nuovo metodo di studio che ha contribuito notevolmente all’attuale approccio 
all’ecologia, il metodo interdisciplinare. Centrali nell’intuizione darwiniana furono le 
opere del geologo Charles Lyell (Principles of Geology, 1830) e del botanico 
Alexander von Humbolt (The Geography of Plants, 1807) che gli diedero la 
possibilità di avere una visione comparativa del mondo naturale; e altrettanto 
fondamentale per lui fu il Saggio sul principio di popolazione di Thomas Malthus, 
                                                           
13
 Cfr. Worster D., Storia delle idee ecologiche, il Mulino, Bologna, 1994, pp.111. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 12
pubblicato nel 1838. Malthus si occupava di economia politica, nel suo saggio aveva 
cercato di dare una spiegazione alle gravi carestie, agli sconvolgimenti sociali dovuti 
alla rapida industrializzazione, al numero crescente di indigenti ed al declino che la 
società della fine del XVIII secolo stava subendo. Mostrando che il cibo poteva 
aumentare solo in progressione aritmetica (1:2:3:4 e così via), mentre la popolazione 
cresceva in proporzione geometrica (1:2:4:8:16)
14
, Malthus sosteneva che le scorte di 
cibo si sarebbero esaurite prima del previsto e la popolazione costretta a una strenua 
lotta: “affinché i salari divenissero proporzionali ai prezzi e miseria e fame avrebbero 
oppresso quegli infelici che nella grande lotteria della vita hanno fatto fiasco”
15
. 
Malthus si trovava in forte disaccordo con le idee di White, la Provvidenza, secondo 
il reverendo Malthus, non manovrava la natura con mano benefica, al contrario era 
piuttosto parca nella distribuzione delle risorse, la Rivoluzione industriale era la 
conclusione ovvia del “fardello della fertilità umana”, il sovrappopolamento avrebbe 
sempre perseguitato l’umanità e non avrebbe creato disperazione ma produttività. 
Fondamentalmente, sebbene Malthus demolisse l’utopia, era ottimista, infatti vedeva 
nel sovrappopolamento, il mezzo per arrivare alla civilizzazione: sanzione divina e 
unica soluzione ai mali dell’umanità che avrebbe insegnato l’auto - disciplina ed il 
progresso. 
Darwin ebbe, leggendo il Saggio, la conferma di una natura “imperiosa e pervasiva” 
ma a differenza del reverendo, lo scienziato non voleva ritenere Dio responsabile di 
tale squilibrio. Le caratteristiche di ogni individuo sono dettate dalle condizioni 
contingenti, sono il risultato di un processo evolutivo, la fertilità è una legge della 
selezione naturale per la sopravvivenza ottimale della specie. Se Malthus credeva che 
drastici cambiamenti ambientali, come il surriscaldamento del clima, avrebbero 
potuto creare nuovi luoghi di vita ma distruggerne degli altri, Darwin credeva che il 
numero complessivo dei posti doveva rimanere costante e nuovi tipi di organismi 
dovevano moltiplicarsi rapidamente. La diversità era un mezzo fondamentale usato 
dalla natura per aggirare la lotta alle risorse limitate e finché gli organismi viventi si 
                                                           
14
 Cfr. Worster D., Storia delle idee ecologiche, il Mulino, Bologna, 1994, pp.192. 
 
15
 Worster D., op.cit. pp.192. 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 13
fossero conformati a tipi fissi, il conflitto e la lotta per la sopravvivenza sarebbe stato 
inevitabile. 
Dai suoi viaggi era tornato un po’ meno romantico e un po’ più vittoriano, aveva 
perso la fiducia nella natura divina e guadagnato la fiducia nella civilizzazione. 
Credeva nella necessità di una regolarizzazione nei rapporti tra gli uomini e ricordava 
con amarezza gli spargimenti di sangue che aveva visto nelle terre colonizzate. 
Darwin sapeva che la competizione non era l’unica legge naturale; vedeva la natura 
anche come forza creativa e innovatrice dove la scarsità e il conflitto sarebbero stati il 
destino di un mondo non dinamico, chiuso in schemi rigidi di sopravvivenza. 
I vittoriani si erano assunti l’oneroso compito di civilizzatori, convinti di non avere 
niente da imparare dalle popolazioni dai riti e costumi cruenti e corporei, ed erano 
pronti a raggiungere le zone più ardue per assolverlo. Quando nel 1859 Darwin 
pubblica l’Origine della specie, l’immagine dell’uomo e della natura, cambiarono 
radicalmente: l’uomo era una specie come tante, frutto del ciclo della vita e della 
morte, non era stato creato ad immagine e somiglianza di Dio; la natura 
rappresentava l’ambiente che aveva dato vita ai tanti “fratelli” dell’uomo che non 
erano riusciti a sviluppare una morale e di cui l’uomo avrebbe dovuto prendersi cura. 
Sebbene la natura fosse scenario di violenze e lotte, Darwin credeva profondamente 
nel rispetto dei suoi simili e degli animali, non espulse mai le specie 
“intellettualmente inferiori all’uomo dai confini della moralità” e si oppose con tutte 
le sue forze agli esperimenti superflui fatti sugli animali vivi e alla vivisezione. 
L’uomo non poteva ripudiare il mondo naturale solo perché superiore ad esso. 
 
 
1.5 L’ecologia moderna 
 
Per i moderni, la natura non fa più paura, è stata detronizzata e se prima un paesaggio 
imponente poteva incutere timore, durante il periodo industriale esso è stato 
modificato fino a perdere la sua identità. Alla fine dell’Ottocento aumenta però il 
numero dei parchi e l’esigenza di ritrovare un po’ di natura anche nei luoghi 
urbanizzati. Questo cambiamento della posizione della natura da esclusiva “privata” 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 14
di pochi aristocratici che potevano permettersi di goderne ampiamente a esigenza 
“pubblica” che la vedeva come bene di libero consumo, ha coinvolto tutta l’Europa 
sebbene con alcuni dislivelli di entità. Come abbiamo detto nel paragrafo 1.1, il Nord 
Europa ha seguito una strada più decisa tanto da poter dire che in paesi come Svezia, 
Norvegia, Finlandia e Danimarca, la natura viene prima di tutto; gli agricoltori ad 
esempio, quando sono passati a lavorare nelle fabbriche cittadine, hanno conservato 
il bisogno di avere contatto con ciò che era stato perduto. I progressi sono stati veloci 
e all’interno di molte città, oggi, ogni cittadino gode del diritto al verde per cui le 
aree abitate sono intervallate da parchi e zone rurali, cimiteri e musei ne sono un 
esempio dato che sono progettati immersi nel verde o con giardini. In questo impulso 
a “risparmiare” le risorse naturali, molti sono i progressi che stanno facendo tali 
nazioni nello sviluppo di energie alternative. 
In Inghilterra quando le classi medie riscoprirono le loro origini rurali, i country 
gardens divennero parte della progettazione del paesaggio, le Company Towns 
dell’Ottocento, avevano l’intento di non affollare le città costruendo case vicino alle 
fabbriche, ma in campagna in modo che anche gli operai potessero vivere in ambienti 
salubri. Il Garden City Movement dei primi del ‘900, cercava di porre rimedio 
all’abbandono della campagna e proponeva città immerse nel verde: le città giardino 
appunto. Il movimento nasce soprattutto come sociale e utopista, tendeva ad abolire 
la proprietà privata per favorire la creazione di parchi e giardini come aree pubbliche. 
La salvaguardia della salute dell’individuo è allora fondamentale, l’antico legame con 
la natura era visto con un po’ di nostalgia e la città giardino sembrava essere come un 
possibile compromesso tra capitalismo e benessere. Il Garden City Movement non 
ebbe molto successo ma è stato grazie ai movimenti filosofici, ecologici, nazionali e 
socialdemocratici che in Europa la pianificazione urbanistica cominciava ad avere i 
primi studi ponderati, e che i primi limiti erano stati stabiliti grazie a nuove leggi. 
Le nuove teorie ecologiche sono state caratterizzate da uno studio approfondito di 
diversi fattori. Lo scienziato americano Frederic Clements (1874 - 1945) asseriva che 
un habitat è costituito da un equilibrio che potrebbe essere permanente; anche se 
deformato, la natura cerca di ristabilirlo. Il clima ha un ruolo di primo piano in questo 
processo. La teoria della comunità climax di Clements è l’insieme di variabili di una 
IL RAPPORTO UOMO - NATURA NEL TEMPO 15
determinata area, come temperatura, piovosità e vento, le sue diverse forme sono la 
foresta, il deserto o l’erba. 
Durante il XX secolo, quando la figura dello scienziato si è solidificata e chiarita, lo 
studio della natura e dei fenomeni è diventato più specifico. L’ecologia viene 
reintegrata nell’area delle scienze e non può più essere dichiarata una disciplina 
autonoma. Pur continuando a studiare il rapporto uomo - natura, essa include materie 
come la fisica, la chimica, la biologia eccetera, affonda le sue radici in una 
consapevolezza sconosciuta a figure come White, Linneo o Thoreau. Diventa 
popolare, tutti, non solo i naturalisti, vi sono interessati, i professionisti cercano di 
coinvolgere l’opinione pubblica. Questo accade soprattutto negli Stati Uniti dove, 
durante gli anni Trenta, cominciano i primi movimenti per la salvaguardia degli 
animali predatori. Le nuove posizioni sono dettate anche da teorie come quella della 
“catena alimentare”, secondo la quale in ogni comunità, le piante rappresentano il 
primo anello della catena della nutrizione e il cibo è il capitale fondamentale 
dell’economia naturale. La teoria della catena è di Charles Elton, zoologo 
all’Università di Cambridge; nel 1927 pubblica Animal Ecology dove enuncia la 
teoria e getta le basi per la Nuova ecologia. La natura di Elton è caratterizzata da 
“produttori” e “consumatori” includendo a pieno l’economia nella natura; si parla di 
“nicchia” per indicare il risultato evoluzionistico di differenziazione. 
A.G. Tansley, botanico di Oxford, in un saggio del 1935 parla per la prima volta di 
“ecosistema”, poiché crede che la natura vada considerata come insieme di entità 
fisiche. A tal proposito, è importante il ruolo dell’energia nella natura. Secondo 
Tansley, gli ecologisti devono conoscere la seconda legge della termodinamica 
secondo la quale l’energia tende a disperdersi, “ad assumere caratteristiche di 
disordine e a diventare indisponibile per eventuali trasformazioni, fino a quando il 
sistema energetico raggiunge la massima entropia: uno stato di totale disordine, 
completo equilibrio e morte”
16
. Allo stesso modo l’ecosistema sopravvive finché il 
sole continua a fornire correnti energetiche; quando il rifornimento cessa, il sistema 
crolla. 
                                                           
16
 Cfr. Worster D., Storia delle idee ecologiche, il Mulino, Bologna, 1994, pp.370-371.