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Introduzione 3 
 
Introduzione 
Il 23 aprile 2009 il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno formalmente 
adottato il cosiddetto Pacchetto Comunitario Clima ed Energia, costituito da cinque 
testi legislativi in materia di riduzione e controllo dei gas serra. Questo importante 
obiettivo è stato raggiunto dopo un difficile percorso, iniziato nel marzo 2007, quando 
l’Unione Europea approvò i piani su energia e ambiente post-Kyoto, con obiettivi 
strategici al 2020. La portata di questo evento non deve essere sottovalutata: 
l’adozione del suddetto corpus normativo rende l’Unione Europea il primo grande 
soggetto politico intergovernativo a fissare degli obiettivi, in materia di clima ed 
energia, di così vasta portata e, soprattutto, vincolanti dal punto di vista giuridico. Ad 
oggi l’Europa considera di fatto le energie rinnovabili come un campo di sviluppo 
privilegiato, riguardo mai concesso ad altri settori industriali. 
L’Italia, recependo le norme contenute nel pacchetto comunitario, ha fissato 
come obiettivo nazionale al 2020 la sostituzione, con fonti rinnovabili, del 17% dei 
consumi finali di energia elettrica. Le caratteristiche del nostro territorio fanno si che, 
tra le tante soluzioni attualmente disponibili, lo sfruttamento dell’energia proveniente 
dal Sole rappresenti uno dei meccanismi privilegiati per raggiungere questo difficile 
obiettivo. Per quanto si possa dibattere, infatti, rimane comunque arduo immaginare 
sistemi di generazione elettrica meno impattanti di quello fotovoltaico, anche rispetto 
agli altri impianti di produzione da fonti rinnovabili. 
Partendo da queste considerazioni e seguendo l’esempio di altri paesi europei 
come Germania e Spagna,  nel 2005 l’Italia ha introdotto un proprio sistema di 
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Introduzione 4 
 
incentivazione per la conversione elettrica diretta da fonte solare, chiamato Conto 
Energia. Dal 2005 ad oggi, tale meccanismo ha permesso la costruzione di impianti per 
760 MW di picco, di cui il 40% derivante da piccole installazioni di potenza inferiore ai 
20 kW. Quest’ultimo risultato in particolare pone sotto una nuova luce le possibilità di 
sviluppo di una rete di generazione distribuita che, negli ultimi anni, viene sempre più 
considerata come concreta alternativa all’attuale concezione di sistema elettrico 
nazionale. 
Obiettivo di questo elaborato è dimostrare che, già ad oggi, un piccolo impianto 
solare fotovoltaico su un edificio di tipo residenziale può costituire un ottimo 
investimento nel medio periodo. 
Si inizierà quindi con una rapida descrizione dell’effetto fotovoltaico che è alla 
base del funzionamento di tutti gli impianti di questo tipo, esaminando poi in 
particolare gli elementi che compongono un sistema di generazione grid-connected, cioè 
direttamente allacciato alla rete di distribuzione elettrica nazionale. Verranno poi 
illustrati i principi con cui si analizza la producibilità di un impianto fotovoltaico, 
ovvero la capacità di generare lavoro elettrico in funzione delle  caratteristiche del sito 
di installazione, ponendo particolare attenzione al problema dell’ombreggiamento, 
aspetto che spesso non viene tenuto nel giusto conto ma che può incidere in maniera a 
volte molto rilevante sull’efficienza del sistema. A seguire si proporrà una visione 
d’insieme del meccanismo incentivante del nuovo Conto Energia, analizzando anche le 
proposte di modifica a tale sistema, che dovrà essere ridefinito per legge prima del 
2011. A questo punto, i concetti precedentemente illustrati saranno applicati alla 
progettazione e alla successiva valutazione economica di tre ipotesi di impianto per 
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Introduzione 5 
 
un’utenza residenziale: un sistema fisso, un sistema ad inseguimento e un sistema a 
concentrazione. Verranno esaminati i pregi e i difetti delle varie soluzioni, procedendo 
quindi alla scelta dell’installazione più adatta per la tipologia impiantistica in oggetto. 
 
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1. Gli impianti fotovoltaici 6 
 
1. Gli impianti fotovoltaici 
Un impianto fotovoltaico permette la conversione diretta di energia solare in 
energia elettrica, sfruttando il principio fisico dell’effetto fotovoltaico. 
Nati essenzialmente per l’alimentazione dei satelliti artificiali, tali impianti 
trovarono poi un uso terrestre nelle applicazioni in siti remoti, difficilmente 
raggiungibili con opere civili di elettrificazione. Incarnazione ultima di questa 
tecnologia è rappresentata dalle installazioni grid-connected, direttamente allacciate 
alla rete di distribuzione elettrica. 
1.1 Cenni storici 
L’effetto fotovoltaico fu scoperto e in seguito studiato nell’ambito di diverse 
discipline. Se ne attribuisce storicamente la paternità al fisico francese Edmond 
Becquerel che, nel 1839 a Parigi, osservò lo sviluppo di deboli tensioni quando veniva 
illuminato uno degli elettrodi di platino di una cella elettrolitica. La prima 
applicazione di tale neonata tecnologia consistette in uno strumento chiamato 
attinometro, ideato dallo stesso Becquerel, ed in grado di misurare la temperatura di 
un corpo rilevando l’intensità della luce emessa da esso. Questa scoperta però non 
riscosse molto interesse, poiché in principio non se ne capirono le potenzialità. 
Circa trent’anni dopo, nel 1873, l’ingegnere britannico Willoughby Smith, 
durante alcuni esperimenti atti a verificare l’isolamento di cavi telegrafici sottomarini, 
scoprì che il selenio possedeva la proprietà di modificare le sue caratteristiche 
elettriche al variare delle condizioni di illuminazione a cui era sottoposto. Egli descrisse 
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1. Gli impianti fotovoltaici 7 
 
questa particolare esperienza in una lettera al collega Latimer Clark, destinata a 
diveninre poi famosa, di cui riportiamo uno stralcio: 
«Desideroso di ottenere un'alta resistenza adatta all'uso nelle stazioni 
[telegrafiche] al largo, fui indotto a compiere esperimenti su di una barra di 
selenio, un metallo noto per avere un'alta resistività. Utilizzai diverse sbarre, di 
lunghezza variabile tra 5 e 10 centimetri, e di diametro variabile tra 1,0 e 1,5 
millimetri. Mentre ero intento a studiare la causa delle grandi differenze nei valori 
di resistenza delle sbarre, ho scoperto che tale grandezza variava in funzione 
dell'intensità della luce a cui esse erano esposte.» 
Nel 1877 il professore di filosofia naturale del King's College di Londra, William 
G. Adams, insieme allo studente Richard E. Day, mise a punto il primo prototipo di 
cella fotovoltaica a base di selenio, con elettrodi in platino. Tale prototipo costituì la 
base sperimentale su cui Charles Fritts, nel 1883, costruì quello che è considerato il 
primo pannello fotovoltaico della storia, accoppiando una sottile lastra d’oro con uno 
strato di selenio. Esponendo questo pannello alla luce, naturale o artificiale, si poteva 
estrarre lavoro elettrico con un’efficienza minore dell’1%. 
La spiegazione fisica del processo però avvenne solo in seguito 
all’interpretazione quantistica dell’effetto fotoelettrico data da Albert Einstein nel 
1905, che gli valse tra l’altro il premio Nobel per la fisica nel 1921, e che oltretutto 
rappresentava una verifica sperimentale della teoria sui quanti formulata da Planck 
anni prima. 
Per arrivare ad una cella solare con efficienza sufficiente da poter essere presa in 
considerazione per la produzione industriale, si dovrà aspettare il 1953, anno in cui, nei 
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1. Gli impianti fotovoltaici 8 
 
laboratori americani della società elettrica Bell, fu scoperto che il silicio, 
opportunamente trattato, poteva svolgere la stessa funzione del selenio ma con un 
rendimento decisamente superiore. 
Di lì a poco, grazie all’interesse suscitato dall’applicazione di questa tecnologia 
in ambito aerospaziale, l’efficienza delle celle raggiunse rapidamente valori 
ragguardevoli, nell’ordine del 13% nel 1960 e del 20% nel 1985, fino a superare il 40% 
nelle attuali celle multi-giunzione abbinate a sistemi ad alta concentrazione.
1
 
1.2 L’effetto fotovoltaico 
Il fenomeno fotovoltaico può essere spiegato, in maniera ragionevolmente 
completa, attraverso la teoria delle bande elettroniche. Fin dal modello atomico 
postulato da Bohr, sappiamo che quando un atomo è isolato esistono solo determinati 
livelli energetici discreti occupabili dagli elettroni. Quando però gli atomi vengono 
avvicinati, si creano delle bande di livelli energetici ammessi, separate da una banda 
proibita, chiamata band gap. Quest’ultima corrisponde alla minima energia necessaria 
per portare elettroni da una banda completamente occupata (detta banda di valenza) 
ad una libera (detta banda di conduzione).  
L’ampiezza di tali bande è funzione, tra le altre cose, della distanza tra gli 
atomi, della temperatura e della purezza dell’elemento preso in considerazione. La 
forma e la natura del band gap influenzano, in maniera significativa, il comportamento 
del materiale in risposta alla radiazione elettromagnetica incidente su di esso. 
                                      
1
 Fonte: GREEN M.A. et al. (2009), “Solar Cell Efficiency Tables (Version 33)”, Progress in 
photovoltaics: research and applications, John Wiley & Sons Inc., pp. 85-94. 
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1. Gli impianti fotovoltaici 9 
 
 
Figura 1-1: Bande di livelli energetici in un semiconduttore 
Quando il materiale è investito dal flusso luminoso assorbe energia sottoforma 
di fotoni, i quali, se in possesso di determinate caratteristiche, sono in grado di far 
passare gli elettroni dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Avremo quindi 
un certo numero di elettroni mancanti in banda di valenza (lacune), che fungeranno da 
portatori di carica positiva, ed un certo numero di elettroni liberi in banda di 
conduzione, che fungeranno da portatori di carica negativa. 
Per migliorare le proprietà di conduzione elettrica nei semiconduttori è prassi 
comune effettuarne un drogaggio con appositi elementi che aumentano il numero di 
portatori di carica. In particolare per il silicio si usa spesso un drogaggio a base di 
fosforo pentavalente, che conferisce un eccesso di portatori negativi, e boro trivalente, 
che conferisce, viceversa, un eccesso di portatori positivi. Convenzionalmente si 
definisce di tipo n il silicio drogato con fosforo e di tipo p il silicio drogato con boro. 
Accostando uno strato di silicio di tipo p ad uno di tipo n (giunzione p-n) si 
avrà un flusso di portatori positivi da p ad n e negativi da n a p, finché non si 
raggiungerà una situazione di equilibrio caratterizzata da un campo elettrico nella zona 
di contatto, chiamata regione di svuotamento. 
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1. Gli impianti fotovoltaici 10 
 
 
Figura 1-2: Giunzione p-n in condizioni di equilibrio 
Nel momento in cui la giunzione viene investita dal flusso di fotoni, si creano coppie 
elettrone-lacuna sia nella zona n che nella zona p. Il campo elettrico presente nella 
regione di svuotamento spinge gli elettroni e le lacune rispettivamente nella zona n e 
nella zona p, dando luogo ad una differenza di potenziale ai capi della giunzione. 
Chiudendo la giunzione su un carico potremo quindi osservare una produzione di 
lavoro elettrico. 
 
Figura 1-3: Giunzione p-n in condizioni di irraggiamento 
Al variare del semiconduttore e del drogaggio, varia anche la capacità di 
assorbire la radiazione elettromagnetica incidente, poiché cambia la componente 
riflessa e trasmessa di tale radiazione. Questo comportamento è espresso dal 
coefficiente di assorbimento α del materiale preso in esame. Inoltre non tutta la 
componente assorbita avvierà il fenomeno di creazione di portatori di carica, in quanto 
l’intensità I della radiazione luminosa diminuisce nel mezzo secondo la (1.1):  
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1. Gli impianti fotovoltaici 11 
 
 
0
x
I Ie
α−
=  (1.1) 
dove I
0
 è l’intensità della radiazione incidente e x è lo spessore del materiale 
attraversato. Da ciò ne consegue che esistono valori di spessore ottimali per ogni 
materiale e, nel caso del silicio, essi variano da qualche micron fino a circa 300 micron. 
Una valutazione quantitativa della capacità del materiale di assorbire la luce 
incidente viene dato dalla risposta spettrale (SR, Spectral Response), ovvero il 
rapporto tra la corrente generata e la potenza irraggiata sull’unità di superficie: 
 
e
SR QE
hc
λ
=  (1.2) 
dove e è il valore assoluto della carica dell’elettrone, λ  è la lunghezza d’onda, h è la 
costante di Planck, c è la velocità della luce nel vuoto
2
 e QE è l’efficienza quantica, 
ovvero il rapporto tra fotoni incidenti e coppie di portatori generate. Tale rapporto, 
nel caso di celle al silicio, ha l’andamento mostrato in Figura 1-4. 
 
Figura 1-4: Andamento dell’efficienza quantica in una cella al silicio in funzione della lunghezza d’onda 
della radiazione incidente 
                                      
2
 Si assume h=6,62610
-34
 Js e c=2,99810
8
 m/s 
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1. Gli impianti fotovoltaici 12 
 
Si può vedere come la cella non riesca ad utilizzare tutta la radiazione incidente 
a causa di fenomeni di riflessione e di perdite per ricombinazione superficiale. Queste 
ultime avvengono sia sul fronte della cella, a causa principalmente della discontinuità 
materiale-aria, sia sul retro dove, se il materiale non è particolarmente pregiato, i 
portatori si ricombinano prima di poter essere utilizzati. 
1.3 Classificazione degli impianti fotovoltaici 
Grazie alla loro tipica struttura modulare, gli impianti fotovoltaici sono in grado 
di adattarsi ad un ampio intervallo di potenze richieste dall’utenza: si va dai pochi 
milliwatt di una calcolatrice o di un orologio da polso, alle decine di megawatt su cui 
vengono dimensionate le grandi centrali di produzione elettrica. 
Una possibile classificazione del tutto generica dei sistemi fotovoltaici è quella 
che si può osservare nel seguente schema: 
 
Figura 1-5: Classificazione impianti fotovoltaici 
I sistemi aerospaziali, come spesso accade per molti rami della ricerca 
ingegneristica, hanno fatto da apripista per lo sviluppo delle applicazioni fotovoltaiche 
terrestri, e tuttora rappresentano l’incarnazione più performante di questa tecnologia. 
Per quanto riguarda gli impianti terrestri, essi possono essere divisi in due 
Sistemi 
fotovoltaici
Terrestri
Stand-alone
Grid-
connected
Aerospaziali
Stand-alone
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1. Gli impianti fotovoltaici 13 
 
grandi macrofamiglie: le installazioni stand-alone (o off-grid) e le installazioni grid-
connected. Le prime servono ad alimentare utenze isolate, dove l’allaccio con la rete di 
distribuzione nazionale è difficilmente attuabile o economicamente svantaggioso. In 
questi casi il profilo di carico dell’utenza può essere tale da venir soddisfatto 
direttamente dai pannelli solari nelle ore di luce con cielo terso, oppure prevedere un 
sistema di accumulo, protetto da sovraccarichi, in grado di fornire l’alimentazione 
elettrica nelle ore notturne o nelle giornate prive di insolazione. I sistemi grid-
connected sono la tipologia di impianti fotovoltaici nata per ultima; le prime 
applicazioni su larga scala risalgono infatti alla metà degli anni ’80. Da allora hanno 
avuto un grande successo e ad oggi rappresentano oltre il 90% della potenza mondiale 
installata in impianti fotovoltaici al suolo. 
 
Figura 1-6: Confronto tra la potenza installata in impianti grid-connected e off-grid tra il 1992 e il 2008 
(fonte: IEA Photovoltaic Power Systems Programme) 
Tali impianti sono connessi alla rete di distribuzione elettrica e la utilizzano 
come sistema di accumulo: nelle ore diurne, con cielo sereno, alimentano direttamente 
l’utenza a cui sono allacciati ed eventuali eccedenze vengono iniettate in rete; di notte 
e in caso di nuvolosità persistente, il fabbisogno di potenza elettrica viene prelevato 
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1. Gli impianti fotovoltaici 14 
 
dalla rete stessa. 
All’interno della categoria dei sistemi grid-connected possiamo operare ulteriori 
suddivisioni: 
 
Figura 1-7: Classificazione impianti fotovoltaici grid-connected 
Per quanto riguarda gli impianti fissi, la classificazione proposta in Figura 1-7  
si basa sulle definizioni presenti nell’art. 2 del d.m. 19 febbraio 2007 (nuovo Conto 
Energia) e si basa sul livello di integrazione architettonica dell’impianto. Gli acronimi 
presenti si riferiscono infatti a: 
− N.I.A.: impianti Non Integrati Architettonicamente; 
− P.I.A.: impianti Parzialmente Integrati Archietettonicamente; 
− I.A.: impianti Integrati Architettonicamente. 
Il Conto Energia è analizzato in dettaglio nel capitolo 3 e quindi su questa 
classificazione non ci soffermiamo oltre. 
Nei sistemi ad inseguimento, i pannelli fotovoltaici sono posti su un tracker che, 
opportunamente comandato, li orienta in maniera quanto più possibile perpendicolare 
ai raggi solari. A loro volta, i pannelli montati sugli inseguitori possono essere di tipo 
Grid-connected
Fissi
N.I.A. P.I.A. I.A.
Inseguimento
Piano
A 
concentrazione
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1. Gli impianti fotovoltaici 15 
 
tradizionale (piani) oppure presentare un sistema di concentrazione della radiazione 
luminosa. Secondo la normativa vigente, i sistemi ad inseguimento sono sempre 
considerati non integrati architettonicamente. 
1.4 Struttura di un impianto fotovoltaico grid-connected 
A livello di struttura impiantistica, i sistemi grid-connected sono molto simili 
agli impianti stand-alone. Manca ovviamente il sistema di accumulo, che nel caso preso 
in considerazione, è costituito dalla rete di distribuzione a cui è allacciato l’impianto. 
Sono invece presenti tutti quei dispositivi di controllo, protezione, contabilizzazione e 
trasformazione, tipici di un impianto elettrico industriale connesso alla rete nazionale. 
Partendo dalla fonte energetica primaria (il Sole) e procedendo verso la 
destinazione finale del flusso energetico del sistema (la rete), possiamo schematizzare 
l’impianto in questo modo: 
 
Figura 1-8: Schema impianto grid-connected 
La progettazione di un impianto grid-connected prevede quindi un’attenta 
analisi delle generiche problematiche connesse all’istallazione di un impianto 
fotovoltaico tradizionale, quali un’accurata disposizione dei moduli e un preciso 
dimensionamento della potenza di picco.  In più va studiato con grande cura 
l’interfacciamento lato CA, quindi si richiede una particolare attenzione nella scelta 
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1. Gli impianti fotovoltaici 16 
 
dell’inverter e del suo accoppiamento con il generatore fotovoltaico. 
1.5 Il generatore fotovoltaico 
Un qualunque generatore fotovoltaico, a prescindere dalle modalità costruttive 
di celle e sistemi di supporto illustrate in precedenza, è sempre composto da un certo 
numero di moduli connessi in serie tra di loro a formare una stringa. Le stringhe sono 
a loro volta collegate in parallelo ad altre stringhe a formare un sottocampo. L’unione 
di più sottocampi costituisce il campo fotovoltaico. 
Il modulo fotovoltaico si presenta esternamente come un dipolo, avente una 
specifica caratteristica tensione-corrente (V-I) che ha generalmente l’andamento 
mostrato in figura: 
 
Figura 1-9: Andamento tipico delle curve tensione-corrente in funzione dell’irraggiamento (fonte: 
datasheet modulo Sanyo) 
Si osserva come il valore della corrente sia sostanzialmente costante nell’intervallo di 
funzionamento del modulo e dipenda fortemente dal livello di irraggiamento della 
superficie captante. La tensione invece varia sensibilmente al variare della temperatura 
della cella, come si può osservare in Figura 1-10: