L’evoluzione giurisprudenziale in tema di diritti fondamentali nell’ordinamento statunitense:
un modello per la Carta dell’UE.
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statunitense abbia influenzato la Carta dell’Unione
Europea.
A tal fine, si è tracciata una mappa lungo tutto il percorso
storico del diritto e più specificatamente partendo dal
diritto romano (inteso come fonte d’ispirazione e modello
del diritto moderno).
Si è poi inquadrato il problema in una visione più
filosofica, richiamando quei concetti che sono propri del
diritto naturale (diritto degli Dei) contrapposti al diritto
positivo (diritto degli uomini).
È in questo panorama, storico e filosofico, che ci si è
trovati a rintracciare le linee principali che conducono a
quella che è la genesi dei diritti fondamentali.
Si è così potuto affrontare con più consapevolezza ciò che
è la storia e l’evoluzione giuridica del Nuovo e del Vecchio
continente, riscontrando un’obbligata matrice comune che
trae origine da esperienze che hanno segnato tutti i popoli
delle terre conosciute.
Si ringrazia per questa trattazione la disponibilità del
Professor Maurilio Gobbo.
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1°. PARTE:
STORIA E FILOSOFIA
DELLA GIURISPRUDENZA
MODERNA
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I. CAPITOLO: DIRITTO ROMANO
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1. L’INFLUENZA DEL DIRITTO ROMANO NEL PANORAMA STORICO
E POLITICO DEI DUE MONDI
“Il Diritto Romano è come un’anatra:
talvolta galleggia sull’acqua, nuotando alla superficie,
tal altra si nasconde alla vista, immersa in profondità,
ma è sempre lì.”
Goethe
1
STORIA DEL DIRITTO ROMANO
Il diritto romano è l’ordinamento giuridico che
accompagnò la storia di Roma dalla fondazione alla
caduta e che, nei secoli seguenti, fino alla creazione dei
moderni codici, fu ripreso e utilizzato da tutti i popoli dei
territori dell'Impero Romano.
Roma fece il suo ingresso nella storia intorno al VI secolo
a.C. come monarchia, ma da lì a poco con la cacciata dei
re venne istaurata la repubblica.
Il diritto dei romani di quel tempo era un insieme di
consuetudini non scritte tramandate da una generazione
1
Johann Wolfgang Von Goethe (1749-1832), scrittore e poeta tedesco.
Uno dei più grandi autori di lingua tedesca, pose al centro della sua
esperienza artistica l’uomo all’eterna ricerca della verità e della pienezza
dell’essere.
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all’altra oralmente (mos maiorum); tali norme erano
applicabili solo a coloro che potevano
affermare di essere cittadini romani (ius civile, diritto dei
cittadini).
Quando l’attuazione di una norma faceva insorgere dubbi,
si ricorreva all’interpretazione del collegio dei pontefici,
corpo di aristocratici incaricato di celebrare i culti religiosi
dello Stato.
La classe plebea però, non confidando nella loro
disinteressata e corretta applicazione del diritto, spinse
affinché il diritto consuetudinario fosse fissato in forma
scritta.
Il risultato della lotta portata avanti dalla classe plebea fu
la nomina, nel 451 a.C., di una commissione composta da
dieci cittadini (decemviri), i quali formularono una
raccolta di norme consuetudinarie sottoposta poi
formalmente per la sua approvazione all’assemblea
popolare dei cittadini.
Questa prima ed importante opera di codificazione prese
il nome di Dodici Tavole e rappresenta l’origine del diritto
romano.
Il diritto (ius), essendo ora fissato in un testo, diventa
lex, ovvero la dichiarazione pubblica di ciò che era ius.
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Successivamente le leggi vennero proposte dal magistrato
e votate dai comitia. Il più antico ius civile fu chiamato ius
quiritium, cioè dei cittadini romani. Lo ius honorarium (o
praetorium) comprendeva le leggi introdotte dai
magistrati (in particolare pretori) per interpretare,
correggere o ampliare lo ius civile, costituito anche dalla
legislazione promulgata dai comizi (leges), dai concilia
plebis (plebiscita), dal senato (senatus consulta) e, in età
imperiale, dalle constitutiones.
Una divisione generale esisteva tra publicum e privatum.
Il primo riguardava la costituzione dello stato e le regole
d'interesse comune; il secondo concerneva i diritti dei
singoli.
Lo ius gentium conteneva sia le norme legali per le
relazioni tra stati indipendenti (corrispondendo all'odierno
diritto internazionale), sia il complesso di regole giuridiche
che, attraverso il contatto con gli altri popoli, arricchirono
il diritto romano.
Lo ius italicum si esercitava sul territorio italiano, esente
da tassazione fondiaria (tribum soli); questo privilegio
durante l'impero poteva essere accordato ad alcune
municipalità provinciali. Tuttavia alla legge si ricorreva
solo eccezionalmente ed essa era considerata un mezzo
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per intervenire sulle tradizioni e cambiarle quando queste
si rivelavano, agli occhi delle autorità e dei giuristi, inique,
dannose o inadeguate alle nuove esigenze della
collettività. Essa non aveva per lo più un rigido carattere
normativo, ma si poneva come un'alternativa alla
tradizione, lasciando la facoltà ai cittadini, a seconda dei
casi, se attenersi al vecchio canone oppure ai nuovi
istituti.
Durante l’età Imperiale, che va dal II secolo a.C. fino al
126 d.C., l'imperatore Adriano incaricò il giurista Salvio
Giuliano di sistemare definitivamente il diritto, ed è allora
che fu istituito il cosiddetto editto perpetuo del pretore nel
quale ogni anno venivano inserite nuove formule
modellate su quelle già esistenti, ma sostanzialmente
diverse e regolanti casi diversi; venivano corrette alcune
di quelle già esistenti, inserite eccezioni a casi generali,
garanzie, innovazioni. Proprio attraverso questo processo
formulare, il diritto romano si evolse, raggiungendo la
completezza.
Diritto civile e diritto pretorio, comunque, rimasero due
sistemi ancora ben distinti fino al periodo postclassico,
quando si affermò la tendenza a raccoglierli in un unico
corpus.
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Una tappa fondamentale per il diritto romano fu la
Costituzione di Caracalla del 212 d.C. con cui si estendeva
la cittadinanza a tutti gli abitanti dell'impero e, di
conseguenza, si estendeva anche a tutti i popoli l'uso del
diritto romano.
Con il diffondersi della religione cristiana il diritto subì
diverse modificazioni, soprattutto per quanto riguarda la
famiglia, la schiavitù e i rapporti tra creditore e debitore,
con un maggior riguardo per le ragioni di quest'ultimo in
particolari situazioni.
Per soddisfare esigenze di chiarezza e di certezza del
diritto, l'imperatore d'oriente Giustiniano raccolse e
riorganizzò tutto il materiale legislativo e i testi della
giurisprudenza classica (Corpus Iuris Civilis). Tale
operazione, sebbene ispirata ai principi della romanità e
fondata sostanzialmente sulle norme classiche, in quanto
dettata da esigenze meramente pratiche, ossia quelle di
garantire una rapida consultazione e una maggior
funzionalità delle istituzioni giurisdizionali imperiali,
apportò molte correzioni e manipolazioni sui testi degli
antichi giuristi, con adattamenti alle nuove procedure e
alle nuove concezioni giuridiche.
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In seguito, in occidente il diritto romano ebbe un periodo
di decadenza. Esso subì un processo di semplificazione e
di volgarizzazione in tutto l'alto Medioevo, fino a quando
ricominciò a essere studiato e applicato più
sistematicamente su tutta l'area del Sacro Romano
Impero.
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IL DIRITTO ROMANO E I DUE MONDI
L’esperienza storico evolutiva della giurisprudenza dei
Due Mondi trova la sua matrice comune in quello che fu il
diritto delle genti romane.
La storia ci insegna che i Romani dedicarono molto del
loro tempo alle disquisizioni teorico-giuridiche, carpendo
ai Greci quella che era la loro esperienza in tema di
filosofia del diritto, ma a differenza di questi, il loro
sviluppo giuridico puntò, come accennato, più verso
quelle norme che oggi chiameremmo di diritto civile.
La superiorità dei Romani e in particolare del modo di
ragionare del diritto romano, ha permesso loro di ricoprire
nei secoli un ruolo importante in quella che è la
formazione di una cultura comune europea.
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Da Il diritto romano nella storia europea Peter G. Stein, Milano, 2001.
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Il contributo più significativo dell’antico diritto romano, a
noi pervenuto, deriva dal Corpus Iuris Civilis. I testi che
confluirono in questa raccolta erano il prodotto di una
continua evoluzione giuridica che attribuì al diritto
particolari e permanenti caratteristiche, infatti, i testi di
Giustiniano sono stati richiamati ed esaminati da parte di
diversi popoli e in vari periodi della storia europea.
La rinascita e lo studio del diritto romano iniziò in Italia,
ma arrivò anche nel Nuovo Mondo, grazie all’opera di
colonizzazione degli Stati europei, in particolare di quello
inglese e spagnolo. A tal proposito un richiamo del diritto
romano in America, lo ritroviamo in uno scritto del XVI
secolo ad opera del frate dominicano Franciscus Vitoria
che si occupava dello status degli indigeni che abitavano i
domini spagnoli d’oltre Oceano.
Fino ad allora la comunità giuridica concepita dagli
studiosi era rimasta confinata ai paesi cristiani, soggetti
alla doppia sovranità dell’imperatore e del Papa.
Vitoria si oppose alla pretesa vantata da papa Alessandro
VI di avere il potere di dividere tra la Spagna e il
Portogallo le nuove terre che erano state scoperte.
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Il frate sostenne che il ius gentium, riconosciuto dai
romani come il diritto condiviso da tutti i popoli, dovesse
essere inteso anche come ius inter gentes, cioè come
insieme di regole che disciplinavano le relazioni tra un
popolo ed un altro e che le relazioni tra Spagna e i nuovi
territori, sottoposti al loro dominio, dovevano essere
regolate in base a questo diritto generale delle nazioni.
Vitoria respinse l’argomento che le terre occupate fossero
res nullius (cosa di nessuno) e pertanto fossero a
disposizione di chi le avesse occupate per primo.
Al contrario gli indiani che abitavano quei luoghi ne
avevano la piena proprietà in base al diritto naturale.
Quindi il diritto naturale applicato tra le nazioni
permetteva agli spagnoli di avere piena libertà di
movimento e commercio con gli indiani, ma non
consentiva di privarli delle loro terre.
La difesa, da parte di Vitoria, delle popolazioni indiane del
Nuovo Mondo fu basata principalmente sui principi del
diritto romano.
Gli stati nazionali che nacquero nel XVI secolo
richiedevano lo sviluppo di un diritto internazionale
pubblico, come suggerito da Vitoria, diritto che prese vita