5
Introduzione
Si potrebbe essere tentati di sostenere che la regolamentazione bancaria non è necessaria
e che anche in assenza di regole le banche gestiscano i lori rischi con prudenza e
farebbero in modo di avere sempre riserve patrimoniali adeguate alle loro esposizioni.
La storia ci insegna che è inammissibile un mercato del credito senza alcuna
regolamentazione e senza alcuna tutela della stabilità, si ricordi ad esempio lo scandalo
della Banca Romana nel 1880. Inoltre, soprattutto con lo sviluppo dei mercati finanziari,
gli istituti di credito sono in continua lotta per la sopravvivenza e alla continua ricerca di
profitti, il che conduce spesso a porre in essere pratiche irregolari. In questo modo il
sistema finanziario si è trovato (e si trova tuttora) a dover affrontare sempre nuovi rischi
e sempre più complessi. In queste circostanze è diventato di fondamentale importanza la
coordinazione del sistema bancario, con lo scopo di stabilire sistemi di controllo e di
vigilanza in grado di garantire la stabilità del sistema finanziario. Questa coordinazione
ha avuto inizio nel 1988 con “l’Accordo del 1988” meglio noto come Basilea 1.
Basilea 1 è stato il primo tentativo di fissare uno standard internazionale con cui
misurare l’adeguatezza patrimoniale delle banche ed è stato inoltre il primo importante
risultato del Comitato di Basilea, che ha visto unite le Autorità di Vigilanza di dodici
stati.
All’interno della prima parte del presente lavoro, l’argomento principale è appunto
l’evoluzione storica dell’Accordo di Basilea dal 1988 al 2004, in cui è entrato in vigore
il quadro normativo ora vigente, conosciuto come Basilea 2, che è andato a colmare le
lacune della normativa precedente ed ha introdotto nuovi elementi da tenere in
considerazione per garantire la stabilità del sistema ed evitare turbolenze.
Nella seconda parte del lavoro, si affronterà, nelle tappe principali, la crisi finanziaria
che ha investito il mondo intero e che ha messo in luce gli aspetti critici della normativa,
che non è servita ad evitare la flessione di tutti i mercati e dunque che non è stata in
grado di garantire la stabilità del sistema economico in cui operano famiglie e imprese.
La crisi ha dimostrato che nonostante le innovazioni è impossibile disporre di
un’informazione completa, attraverso la quale, prevedere uno scenario che si verificherà
in futuro. La crisi ha sicuramente anche reso evidente la difficoltà di regolare un sistema
globale con enormi differenze tra i vari Paesi e soprattutto in continuo cambiamento.
6
La risposta del Comitato di Basilea alla crisi finanziaria, è invece l’argomento oggetto
della terza parte del lavoro. Il quest’ultimo capitolo saranno evidenziate le nuove
proposte del Comitato pubblicate il 17 dicembre del 2010, dopo un lungo periodo in cui
il Comitato ha in un primo momento posto i documenti per la consultazione da parte di
Paesi, banche centrale ed esperti, ha poi condotto uno studio sull’impatto quantitativo
dei nuovi requisiti ed infine ha emanato le nuove regole, chiamate Basilea 3. Il
Comitato ha cercato in questo modo di sopperire alle lacune precedenti e ha giocato
d’anticipo su future turbolenze finanziarie che si potrebbero verificare e su ricadute
nella crisi ancora attuale. È infatti prevista nella nuova regolamentazione l’inserimento
di un coefficiente che si attivi in momenti di massima espansione del credito e che poi
potrebbe essere utilizzato nei momenti di crisi.
In quest’ultima parte sarà preso in considerazione anche l’impatto dei nuovi requisiti sia
sul sistema bancario italiano, sia sull’economia e sulle imprese.
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Capitolo 1
L’ACCORDO DI BASILEA: PRINCIPI ED EVOLUZIONE
STORICA
1.1 L’accordo sul capitale delle banche: Basilea 1
Prima del 1988, le autorità di vigilanza regolavano il patrimonio delle banche fissando
un livello minimo per il rapporto tra il patrimonio e il totale delle attività della banca. I
rapporti presi in considerazione variavano da Paese a Paese, alcuni imposero i requisiti
patrimoniali ad un livello superiore rispetto ad altri. Questo comportò che, a livello
internazionale, la concorrenza tra le banche non avvenisse in maniera corretta e
“uniforme” poiché le banche operanti in paesi con un requisito più basso godevano di
un vantaggio competitivo rispetto alle altre.
Un altro problema era rappresentato dai contratti che venivano conclusi dalle banche
che erano sempre più complicati. Si stavano infatti sviluppando, sempre più
velocemente, gli scambi di interest rate swap
1
e currency swap
2
nel mercato Over the
Counter
3
. Molti di questi nuovi contratti venivano registrati fuori bilancio, per cui non
avevano effetto sul totale delle attività ufficiali della banca e quindi, di conseguenza, sul
livello di patrimonio minimo che dovevano avere. Apparve chiaro a questo punto che il
complesso delle attività non era più un buon indicatore dei rischi che venivano presi
dalle banche e che era necessario un metodo più sofisticato per la determinazione del
Capitale minimo necessario a fronteggiare il livello di rischio sopportato dalla banca
4
.
Questi problemi indussero le autorità di Vigilanza di alcuni Paesi ( Belgio, Canada,
Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti,
Svezia, Svizzera) a costituire nel 1974 il «Comitato di Basilea per la Vigilanza
Bancaria». Questo Comitato si riuniva regolarmente a Basilea, in Svizzera, sotto il
patronato della «Banca per i Regolamenti Internazionali » (BRI). Gli obiettivi principali
del Comitato erano tre:
1
Swap in cui si scambiano interessi, a tasso fisso e a tasso variabile, calcolati sulla base dello stesso
capitale nozionale. (2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario).
2
Swap in cui si scambiano capitale e interessi denominati in una certa valuta con capitale e interessi
denominati in un’altra valuta. (2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario).
3
Mercato fuori borsa in cui gli operatori concludono le negoziazioni per telefono. (2010, John C. Hull,
Risk Management e istituzioni finanziarie,glossario).
4
2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 158.
8
estendere la regolamentazione di vigilanza a tutte le istituzioni bancarie
nel maggior numero possibile di paesi;
rendere sempre più efficace la regolamentazione di vigilanza bancaria, al
fine di assicurare una certa stabilità al sistema;
coordinare le autorità di vigilanza internazionali.
Il Comitato di Basilea,essendo un organismo meramente propositivo,non aveva il potere
di emanare vere e proprie leggi o normative cogenti,ma le sue indicazioni venivano
trasformate in direttive dagli organismi incaricati e successivamente recepite in legge
dai vari Stati membri.
Il primo importante risultato del Comitato fu un documento dal titolo « Convergenza
internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi ». È
questo che venne chiamato «L’ Accordo di Basilea del 1988 » noto con il nome di
«Basilea 1».
L’accordo di Basilea del 1988 è stato il primo tentativo per fissare uno standard
internazionale per la misurazione dell’adeguatezza del capitale delle banche. È stato
oggetto di molte critiche per la sua semplicità e la sua arbitrarietà. In realtà l’ Accordo è
stato un importantissimo passo avanti poiché venne sottoscritto da tutti i dodici membri
del Comitato di Basilea e spianò la strada a importanti investimenti nella misurazione,
comprensione e gestione dei rischi.
L’ Accordo di Basilea definiva due standard per il riconoscimento dell’adeguatezza del
patrimonio di una banca. Il primo era simile a quello in essere prima del 1988 :
prescriveva che il rapporto tra patrimonio e il totale delle attività non superasse il limite
di 20. Il secondo standard introduceva quello che sarebbe diventato noto come
«rapporto di Cooke»
5
,da Peter Cooke, primo presidente del Comitato. Gran parte delle
banche non ebbe problema ad adeguarsi al primo standard, fu il secondo che divenne il
requisito-chiave imposto dalle autorità di vigilanza.
L’ indicatore di riferimento è il seguente:
6
5
2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 159-160.
9
Dove:
PV = Patrimonio di Vigilanza;
Ai = Attività in e fuori bilancio
RWi= Ponderazione per il rischio
Nel calcolo del «rapporto di Cooke» venivano considerate sia le voci di bilancio sia le
voci fuori bilancio. Entrambe contribuivano alla determinazione delle «attività
ponderate per il rischio». Questo segnava un enorme passo in avanti per la corretta
valutazione del patrimonio necessario a fronteggiare i rischi assunti rispetto ai tempi
precedenti.
Prima di proseguire nell’analisi dell’approccio normativo è opportuno fare delle
precisazioni, prima di tutto con il termine Patrimonio di Vigilanza non deve intendersi
solo il capitale in senso stretto ma una serie di elementi positivi e negativi, di qualità
primaria e secondaria, presenti nel bilancio della banca. Il capitale non costituisce
l’unica posta del patrimonio di vigilanza ma è una delle fonti “principe” per il suo
utilizzo immediato a copertura in caso di perdite.
Il patrimonio aveva due componenti :
1. «Patrimonio di classe 1» (Tier 1 Capital) o patrimonio primario,formato dal
capitale proprio in forma di “azioni ordinarie”(equity) e di “azioni privilegiate
irredimibili senza diritto di priorità cumulativo”, cioè le azioni privilegiate prive
di scadenza che hanno diritto ai dividendi in base a un tasso prefissato,al netto
dell’avviamento.
2. «Patrimonio di classe 2 » (Tier 2 Capital) o patrimonio supplementare, formato
da azioni privilegiate con diritto di priorità cumulabile, certi tipi di emissioni
obbligazionarie a 99 anni e il debito subordinato a 5 anni o più
7
.
A proposito della rischiosità dell’attivo (RW) si fa riferimento solo al rischio di credito
che, chiaramente, non esaurisce l’incognita a cui è esposta un’azienda bancaria.
6
2009, G. Manzelli, , Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria, Minerva Bancaria, n.
3, pag. 70.
7
2010, John C. Hull, Risk Management e istituzioni finanziarie, pag. 161.
10
In merito alle ponderazioni adottate, Basilea 1 prevedeva che ad ogni voce di bilancio
venisse assegnato un «coefficiente di rischio» direttamente proporzionale alla
rischiosità dell’operazione.
Basilea 1 prevedeva quattro classi standardizzate di pesi, graduate secondo criteri che
non considerano la specifica situazione finanziaria del debitore. L’assegnazione dei
prenditori alle diverse classi era decisa in funzione della natura della controparte
( impresa,stato,ecc) e della sua appartenenza ad una certa area geografica (Paesi
dell’area dell’OCSE,Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
8
La tabella riepiloga le classi e i coefficienti di ponderazione in discorso:
Tabella n. 1: fattori di ponderazione per le attività della banca
Tipi di esposizione Fattori di ponderazione
Cassa, crediti verso Banche centrali di
Paesi OCSE; Titoli di governi di Paesi
OCSE.
0%
Crediti verso Banche di Paesi OCSE,
crediti verso Banche multilaterali di
sviluppo, crediti verso enti del settore
pubblico.
20%
Mutui ipotecari su immobili ad uso
residenziale, facility per l’emissione di
titoli.
50%
Crediti verso imprese private, crediti
verso banche centrali di Paesi non
OCSE, partecipazioni in imprese
private.
100%
Fonte: Basel Commitee on Banking Supervision (1988).
Ad esempio, un ente creditizio che avesse in portafoglio un credito di 80 verso una
banca con sede in un Paese dell’area dell’OCSE, dovrebbe detenere un presidio
patrimoniale a fronte della posizione pari a 1.28 =(80x20%x8%). La dotazione
obbligatoria minima sarebbe invece pari a 0=(80x0%x8%), laddove la medesima
esposizione fosse verso uno Stato Sovrano OCSE, sarebbe invece pari a
6.4=(80x100%x8%) nel caso in cui l’esposizione fosse nei confronti di un’impresa
privata.
8
2009, G. Manzelli, , Il nuovo accordo sul capitale (Basilea 2), Rivista Bancaria- Minerva Bancaria n. 3,
pag. 69.