3
dell’Europa orientale e il problema delle riparazioni tedesche 
all’URSS, furono tra i principali motivi che contribuirono ad ac-
centuare la tensione tra Est e Ovest
2
. 
Fu proprio l’incapacità nel trovare un accordo su questi 
problemi che porterà la divisione dell’Europa in due blocchi con-
trapposti. 
Non è facile indicare con precisione il momento di svolta 
nei rapporti USA-URSS, ma era chiaro che, nella primavera del 
1945, l’atteggiamento americano nei confronti del governo sovie-
tico non era più lo stesso. 
Questo mutamento coincise senza dubbio con la scomparsa 
del presidente Roosevelt, avvenuta il 12 aprile 1945, ed era in 
parte legato ad essa. Alla Casa Bianca subentrò Harry Truman 
che, tuttavia, non sembrava avere lo stesso carisma e la stessa e-
sperienza internazionale del suo predecessore. Non a caso, la po-
litica estera americana subì dei profondi cambiamenti. Il nuovo 
presidente, infatti, abbandonò la politica rooseveltiana di “com-
promesso” con l’Unione Sovietica e adottò una linea più dura e 
  4
meno transigente
3
. 
Il 17 luglio 1945 iniziarono i lavori della Conferenza di Po-
tsdam, che terminarono il 2 agosto. Fu l’ultima tra le conferenze 
interalleate di guerra, nonché la più lunga. 
Essa rappresentò una tappa determinante nelle relazioni fra 
Est e Ovest, dal momento che emersero i primi segni premonitori 
della guerra fredda
4
. 
A Potsdam si incontrarono per la prima volta Stalin e Tru-
man, ma i due capi di Stato non si manifestarono alcuna reciproca 
simpatia. Truman si mostrò chiaramente diffidente nei confronti 
del leader sovietico, mentre Stalin trattò il presidente americano, 
alla sua prima esperienza in un vertice internazionale, con distac-
co e superiorità. Ai lavori di Potsdam partecipò ovviamente anche 
Churchill la cui presenza fu, tuttavia, fortemente condizionata 
dalle imminenti elezioni che dovevano svolgersi in Gran Breta-
gna. Proprio per questo motivo la conferenza fu interrotta il 25 
luglio e, quando riprese, Churchill venne sostituito dal trionfatore 
delle votazioni britanniche, il leader laburista Clement Attlee, af-
  5
fiancato dal nuovo ministro degli Esteri Ernest Bevin
5
. 
Il dissenso tra americani e sovietici, emerso a Potsdam, ri-
mase comunque entro limiti accettabili, anche se, dopo la resa 
giapponese, gli Stati Uniti non ebbero più un valido motivo per 
proseguire la collaborazione del tempo di guerra
6
. 
A Potsdam, comunque, il tema principale sul tappeto era il 
futuro della Germania, ma prima ancora che la conferenza avesse 
inizio, con una mossa che colse di sorpresa gli anglo-americani, 
Mosca trasferì all’amministrazione polacca i territori a est dei 
fiumi Oder e Neisse. I sovietici precisarono che si trattava di un 
trasferimento temporaneo dettato da esigenze amministrative, ma 
in realtà con questa mossa l’URSS intendeva compensare la Po-
lonia per la perdita dei territori orientali annessi all’Unione 
Sovietica. A Potsdam, così, gli anglo-americani si trovarono 
davanti al fatto compiuto e, per non creare difficoltà agli elementi 
filoccidentali entrati nel governo polacco, accettarono la 
decisione riservandosi di definirla in sede di trattato di pace con 
la Germania
7
. 
  6
 A Potsdam furono affrontate altre due importanti questioni 
relative alla Germania: le riparazioni e la politica che le quattro 
potenze occupanti (le tre “grandi” più la Francia), si apprestavano 
a seguire nel Paese occupato
8
. 
Da Yalta a Potsdam le posizioni sovietiche e americane su 
tali questioni erano sostanzialmente mutate. Non si parlava più di 
smembramento, anzi entrambe le superpotenze parvero concorda-
re sulla necessità di salvaguardare l’unità politica ed economica 
della Germania attraverso la ricostruzione di un governo centrale 
tedesco. Solamente la Francia si oppose fermamente a questo o-
biettivo dichiarando che non avrebbe potuto “accettare a priori la 
ricostruzione di un governo centrale in Germania”
9
. 
Il problema delle riparazioni, però, venne risolto in un mo-
do che, nonostante le esplicite affermazioni in contrario, contribuì 
ad accentuare la divisione della Germania. Gli anglo-americani, 
infatti, per negare le riparazioni ai sovietici o per concedergliele 
solo parzialmente, disposero che ogni occupante si avvalesse del-
la propria zona di competenza per effettuare prelievi di impianti e 
  7
di materiali in conto riparazioni. 
La partita di Potsdam si concluse, dunque, sostanzialmente 
in parità. L’Unione Sovietica prevalse sulla questione della fron-
tiera polacca, cosa che ribadì la sua influenza sui paesi 
dell’Europa orientale, mentre il problema delle riparazioni venne 
risolto sostanzialmente a favore degli anglo-americani. 
 
 
1.2 La fine della guerra imponeva la risoluzione di alcuni 
problemi fondamentali: dal mantenimento della pace nel mondo 
al risanamento delle economie disastrate dal conflitto. Il completo 
insuccesso della Società delle Nazioni fece tramontare l’ipotesi di 
una sua ricostruzione e si pensò così di creare un’organizzazione 
totalmente nuova. A quest’idea lavorarono Churchill, Stalin e 
Roosevelt, ma fu soprattutto grazie all’iniziativa americana che 
nacque il progetto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. 
La struttura della futura organizzazione fu in gran parte de-
lineata a Dumbarton Oaks negli Stati Uniti dove, dall’agosto 
  8
all’ottobre del 1944, si riunì una commissione di esperti
10
. 
Le proposte di Dumbarton Oaks, completate a Yalta, costi-
tuirono la base delle discussioni a San Francisco dove, dal 25 a-
prile al 25 giugno 1945, ebbe luogo la conferenza in cui si stabilì 
la costituzione della nuova Organizzazione. In questa sede, le po-
tenze minori, soprattutto quelle di più recente formazione, non si 
limitarono ad un’accettazione passiva delle decisioni già prese dai 
tre Grandi, ma rivendicarono il riconoscimento di un ruolo ben 
preciso all’interno dell’Organizzazione. Americani e sovietici, 
tuttavia, non diedero molto credito a queste richieste, respinsero 
una diversa distribuzione dei poteri all’interno dell’ONU e con-
fermarono la concessione di poteri speciali (il cosiddetto diritto di 
veto) alle cinque potenze membri permanenti del Consiglio di si-
curezza
11
. 
 Scopo principale dell’organizzazione era di “mantenere la 
pace e la sicurezza internazionali” e di “preservare le generazioni 
future dal flagello della guerra”. Per il raggiungimento di tale o-
biettivo, i membri dell’organizzazione si impegnavano a “regola-
  9
re le controversie internazionali con mezzi pacifici”, senza “ricor-
rere alla minaccia o all’impiego della forza”
12
. 
Il 10 gennaio 1946, in occasione della sua seduta inaugura-
le, l’Assemblea delle Nazioni Unite comprendeva i rappresentanti 
di 51 Stati membri. 
Organi dell’ONU erano: l’Assemblea generale, il Consiglio 
di sicurezza e il Segretario generale. L’Assemblea generale era 
composta dai delegati di tutti gli Stati membri ed aveva compiti 
prevalentemente consultivi. Il fulcro dell’Organizzazione era però 
costituito dal Consiglio di sicurezza, poiché ad esso era affidata 
“la responsabilità principale del mantenimento della pace e della 
sicurezza internazionale”
13
. Esso era composto da 11 membri, 
cinque dei quali (la Cina, la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati 
Uniti e l’Unione Sovietica), erano membri permanenti con diritto 
di veto.  
Il terzo organo era il Segretario generale, definito 
dall’articolo 97: “il più alto funzionario amministrativo 
dell’organizzazione”
14
. 
  10
 Il primo Segretario generale fu Trjgve Lie, di nazionalità 
norvegese. 
Concepita come uno strumento per il mantenimento della 
pace, l’Organizzazione delle Nazioni Unite aveva caratteristiche 
tali da non far prevedere gli esiti fallimentari della Società delle 
Nazioni. Oltretutto era rassicurante agli occhi del mondo la pre-
senza delle due superpotenze vincitrici della guerra: gli stati Uniti 
e l’Unione Sovietica. 
Era chiaro, però, che la Carta rifletteva gli interessi dei pae-
si occidentali, soprattutto gli Stati Uniti, che potevano allora con-
tare sull’appoggio quasi indiscusso di oltre 40 paesi membri su un 
totale di 51. Ed era altrettanto chiaro, inoltre, che la presenza 
dell’Unione Sovietica era esclusivamente legata al diritto di veto 
che avrebbe fatto valere nel caso di proposte contrarie alla sua 
volontà
15
. 
Tutto ciò rifletteva le potenzialità e i limiti del nuovo orga-
nismo al quale i vincitori avevano affidarono la pace e la sicurez-
za mondiale. 
  11
 
 
1.3 Dopo la conferenza di Potsdam i rapporti tra Est e O-
vest peggiorarono in un crescendo continuo e la questione tedesca 
fu senza dubbio tra i motivi principali del contrasto. 
Nel corso del 1946, infatti, la Germania si trovò al centro di 
una gara di influenza tra le due superpotenze, entrambe desidero-
se di consolidare le proprie posizioni e convinte che il dominio in 
Europa dipendesse in larga misura dal controllo sulla Germania. 
 Gli accordi di Potsdam sulle riparazioni, stabilivano che 
ciascun occupante potesse avvalersi della propria zona di compe-
tenza per effettuare i relativi prelievi. Tutto ciò, però, rendeva 
molto difficile la gestione comune dei territori tedeschi, anche 
perché ogni Paese tendeva a governare la propria zona in funzio-
ne dei propri interessi
16
. 
Questi ostacoli, insieme alle difficoltà di trovare un’intesa 
sul trattato di pace tedesco, sancirono il fallimento della politica 
quadripartita e degli accordi di Potsdam. Una prima rottura av-
  12
venne nel maggio 1946, quando il generale Clay, rappresentante 
americano della Commissione di Controllo, decise di sospendere 
i rifornimenti ai sovietici di materiale proveniente dalla zona a-
mericana. Dopo questa decisione, la politica di Washington nei 
confronti della Germania cambiò rapidamente e, in luglio, Stati 
Uniti e Gran Bretagna si accordarono per l’integrazione economi-
ca e amministrativa delle rispettive zone di occupazione.  
Ad ulteriore dimostrazione del mutato atteggiamento ame-
ricano sulla questione tedesca, ci fu poi l’intervento del segretario 
di Stato Byrnes che, in un celebre discorso tenuto a Stoccarda il 6 
settembre 1946, esortò a rendere piena libertà economica e politi-
ca al popolo tedesco. “La Germania è parte dell’Europa e la ripre-
sa dell’Europa, e in particolare dei paesi vicini alla Germania, sa-
rebbe lenta e difficoltosa se essa con le sue grandi risorse di ferro 
e di carbone fosse trasformata in un ospizio”
17
. 
I russi, da parte loro, sembrarono condividere la nuova poli-
tica americana ma il loro obiettivo era evidentemente quello di 
una Germania unita sotto l’influenza di Mosca. 
  13
Ad ogni modo, al di là delle promesse e delle offerte chia-
ramente strumentali, la situazione stava lentamente peggiorando. 
Il trattato di pace della Germania fu rinviato a data da destinarsi, 
la scissione del Paese divenne permanente e la divisione della 
Germania sancì poi anche quella dell’Europa. 
Un altro elemento che contribuì a intensificare le tensioni 
fra Est e Ovest, fu la situazione dei Paesi dell’Europa orientale. A 
Yalta e a Potsdam, il problema di assicurare a queste nazioni una 
condizione di indipendenza dalle influenze esterne, era stato solo 
superficialmente affrontato ma Stalin era convinto che la presen-
za di governi “amici” di Mosca, fosse l’unica maniera per garan-
tire la sicurezza nazionale di questi Paesi e per impedire 
“l’accerchiamento capitalista”
18
. 
L’involuzione dei rapporti Est-Ovest, era segnalata anche 
dagli scambi polemici tra i leader delle due parti. Il 9 febbraio 
1946, in un discorso pronunciato durante la campagna per 
l’elezione del Soviet Supremo, Stalin ribadiva le profonde diffe-
renze esistenti tra il sistema capitalista e quello socialista, pro-
  14
clamava la superiorità di quest’ultimo e denunciava le profonde 
contraddizioni esistenti nel mondo capitalista, teorizzando il con-
cetto “dell’inevitabilità di un conflitto”. 
Dopo circa un mese, quasi in risposta, ci fu il famoso di-
scorso di Churchill tenuto a Fulton nel Missouri, in presenza del 
presidente americano Truman. “Da Stettino sul Baltico a Trieste 
sull’Adriatico, una cortina di ferro è calata sul Continente. Al di 
là di questa linea vi sono tutte le capitali dei vecchi Stati 
dell’Europa centrale e orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vien-
na, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia, tutte queste città così 
famose e le popolazioni che vivono in esse si trovano nella sfera 
sovietica e sono soggette, in vario modo, non solo all’influenza 
sovietica ma anche a un grado assai elevato di influenza e di con-
trollo da parte di Mosca”
19
.