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CAPITOLO  PRIMO 
 
 
Il mito di Faust attraverso i secoli 
 
 
 
 
 
 
«Storia del dottor Johann Faust, ben noto mago e negromante, di come si è 
promesso al diavolo per un determinato periodo della sua vita, di quali straordinarie 
avventure egli fu protagonista o testimone, fino al momento in cui ricevette la ben 
meritata mercede. Un esempio orrendo per tutti i superbi, i saccenti e gli empi, un 
esempio disgustoso oltre che amichevole ammonimento. Siate sottomessi a Dio, 
combattete il diavolo, cosicché egli fugga da voi. Amen
1
.» (Figura1) 
Il mito-tema sul Faust è uno dei quei racconti particolari che attraversano tutta 
la storia dell’umanità, ritrovabile, in forme diverse, nel corso dei secoli; esso 
rappresenta la secolare e mai risolta lotta tra la religione e la scienza, tra l’autorità e la 
ragione, tra la fede e il pensiero, tra l’umile rinuncia e la sfrontata sete di godimenti. 
Non si può sapere quando e dove nasce il mito di Faust, se ne trovano i primi 
accenni già in epoca biblica e classica.  
Per ciò che concerne la Bibbia, negli “Atti degli Apostoli” (8 9-25) si parla 
della figura di Simon Mago, una sorta d’incantatore che, attraverso un patto con esseri 
che reputava demoniaci e soprannaturali, voleva fare gli stessi miracoli degli Apostoli. 
In epoca romana Simon Mago è conosciuto col nome di Faustus, quindi per 
certi versi il progenitore del nostro Faust! 
Ireneo, uno dei padri della chiesa (130-220), nella sua opera più famosa 
“Contro le eresie” parla della dottrina di Simon Mago, e nel farlo, racconta anche 
dell’accompagnatrice di questo: Elena di Troia «Egli avendo liberato a Tiro, città 
fenicia, una prostituta di nome Elena […] Ed era lei anche in quell’Elena per cui fu 
                                                 
1
 Traduzione in italiano de “Historia von Johann Fausten, dem weytbeschreyten Zauber und 
Schwarzkünsteler” pubblicato nel 1587 dalla casa editrice Frankfurt di J. Spies.
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combattuta la guerra di Troia.».
2
 
Faust è dunque un anti-eroe radicato nella cultura popolare: sarebbe esistito un 
Georg Faust (poi divenuto Johann Faust), sul quale si costituisce la leggenda. 
George Faust nacque nel 1480 a Knittlingen nel Württemberg, studiò 
all’università di Cracovia, girò per la Germania facendo prodigi e imbrogli, vantandosi 
di poter fare gli stessi miracoli di Cristo. Morì a Staufen attorno al 1540, il suo corpo, 
secondo la leggenda, fu atrocemente dilaniato e fatto a brandelli dal diavolo con cui si 
diceva avesse stipulato un patto (Figura2). 
Alcune delle sue gesta, insieme di dati storici, leggendari e mitici, furono 
raccolte nel libro “Historia von Johann Fausten, dem weytbeschreyten Zauber und 
Schwarzkünsteler” pubblicata nel 1587 da J. Spies. 
Le sue imprese si radicano come racconto popolare, con scopo ludico e 
d’intrattenimento, con un protagonista che incarna pulsioni religiose e ideologiche del 
momento. 
 
1 – Faust: uomo tragico. 
 
Faust è, non solo nella visione rinascimentale, la reazione a ogni chiusura 
teocratica e oscurantista. 
Il personaggio è perennemente dilaniato tra ortodossia ed eterodossia, al centro 
di tensioni popolari e implacabili che sono consacrate da Christopher Marlowe nel 1590 
in “The Tragicall History of the Life and Death of Doctor Faustus” (Figura3). 
Con Marlowe, Faust diviene, il prototipo dell’alienato in contrasto coi valori 
tipici dei tempi in cui di volta in volta si manifesta. 
Faust rappresenta l’intellettuale disilluso che vuole superare le conoscenze 
acquisite, superare la normale condizione umana scegliendo la magia: 
«Teologia addio. 
Questa metafisica dei maghi, 
questi libri di negromanzia sono divini! 
Linee cerchi segni lettere simboli, 
                                                 
2
 S. Ireneo di Lione, a cura di P. V . della Giacoma, “Contro le Eresie”, Edizione Cantagalli, 1992 I 23 I-5; 
24 I-2
8 
è questo che Faust desidera più di tutto. 
O quale mondo di profitto e di delizia, di potere di onore e onnipotenza 
È permesso a un artefice d’ingegno. Tutto ciò che si muove tra i poli fermi 
[sarà ai miei ordini.».
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Il Faust di Marlowe vuole farsi Dio, conteso dall’angelo buono e da quello 
cattivo, che però decide di oltrepassare il muro d’ignoranza oltre il quale l’uomo non 
può avventurarsi. 
Faust grazie a Mefistofele può vivere, almeno per vent’anni, una stagione di 
paradiso nell’inferno della vita terrena; l’interrogativo posto da Marlowe è chiaro: è 
meglio vivere un paradiso “a scadenza” ma almeno certamente garantito da regolare 
contratto, oppure vivere nell’inferno altrettanto certo di questa vita sperando di godere 
in un ipotetico benessere nell’aldilà? 
Non esiste una risposta, né all’interno dell’opera di Marlowe né nella vita, la 
sola cosa certa è il dramma esistenziale dell’obbligo di una scelta, in questo contesto la 
scelta di Faust risulta decisamente eroica, poiché ha rinunciato alla felicità eterna: 
«Impara Faust a esser forte come un uomo 
E disprezza la felicità che  
 Hai perduta»
4
 
Uno dei caratteri peculiari del Faust di Marlowe, che caratterizzerà le opere 
successive di altri autori, è il tema del carnevalesco, caratterizzato dalla parodia 
antipapale e anticattolica
5
. 
Nonostante la caratteristica di eroe comico e popolare che viene fuori 
dall’opera, Faust alla fine è condannato, sembra concludere Marlowe, non perché ha 
fatto la scelta sbagliata ma perché ha fatto la scelta proibita. 
Faust è quindi “l’uomo tragico” spaccato tra bene e male, tra giusto e ingiusto, 
tra colpevolezza e innocenza; il Faust di Marlowe propone un eroe che il suo autore 
vorrebbe disperatamente raccontare come esempio di colpa umana e giusta punizione 
divina, eppure l’eroe procede sicuro nelle sue scelte, e anche nel momento conclusivo 
                                                 
3
 Christopher Marlowe, “Il Dottor Faust”, Oscar Classici Mondadori, 1992 cit. p.37 
4
 Ivi. Cit. p.51 
 
5
 Faust trasportato a Roma da Mefistofele, libera l’antipapa Bruno e si prende gioco del papa e dei 
cardinali, le sue imprese romane si concludono con un canto esemplare di dissacrazione carnevalesca: il 
Maledicat Dominus (p.105).
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dell’opera in cui al protagonista si presentano dei ripensamenti e delle paure, egli decide 
di continuare dritto per la strada che aveva scelto d’intraprendere. 
 
2 – Il Faust illuminista. 
 
Nell’Illuminismo, data la riabilitazione della ragione umana, anche la figura di 
Faust è riscattata: dall’inferno in cui è trascinato nell’Historia e in Marlowe, è elevato 
ora nel regno dei cieli, dagli angeli che lo strappano alle grinfie del diavolo.  
Tipicamente illuminista è il Faust di Lessing (di cui sopravvivono solo due 
frammenti); in quest’opera Faust non solo diviene eroe positivo, ma si nazionalizza 
ulteriormente, è l’eroe delle illimitate aspirazioni tedesche che, al prezzo della morte, 
rifiuta la normalità, si ribella alla società, alla morale e ai limiti umani. 
Tuttavia a consacrare Faust mito universale, anche se specificatamente 
germanico, è Goethe (Figura4). 
Goethe scrive una tragedia che ha un finale felice, carattere tipico della 
commedia: Faust si salva ed è addirittura elevato al paradiso, come il Faust di Lessing. 
Il Faust di Goethe ripropone il quesito che sta alla base della diffusione del 
mito: aspirare con ogni mezzo a penetrare i proibiti arcana Dei, chiedendo l’aiuto 
dell’unico essere (Mefistofele) in grado di esaudire la sete di conoscenza, oppure 
l’accontentarsi dello status quo? 
Il Settecento è il secolo per eccellenza nel quale gli studiosi si chiedono come 
mai la sete di conoscenza sia un peccato, perché il merito stia nell’inibizione a 
conoscere; ci si chiede se la scelta di Adamo, di conoscere e scegliere autonomamente il 
suo destino, sia stato un sacrilegio, un atto d’imperdonabile hybris. 
Mefistofele, infatti, ripropone al Faust di Goethe la stessa tentazione di Satana 
nella Genesi: gli promette di guidarlo «per la dissolutezza, /per l’insensatezza banale
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» 
ma a una dissolutezza che lo renderà più uomo di quanto non sia mai stato.  
E Faust cede al diavolo, o meglio, fa testardamente la stessa scelta di Adamo, 
ma al contrario di lui, senza mai pentirsi e senza la conseguenza cristiana che quella 
scelta comporti una condanna eterna, anzi alla fine sarà addirittura elevato in cielo. 
                                                 
6
 J.W. Goethe, “Faust”, a cura di F. Fortini, Milano, Mondadori, 1980 Vv. 1860.
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In Goethe la sfida
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, tra Dio e Mefistofele, è alla pari per molti aspetti quasi a 
una vendetta di satana, una volta sconfitto e umiliato: Lei, dice Mefistofele a Dio, se 
vincerò la scommessa «dovrà mangiare, e con gusto, la polvere / come quel mio 
parente, il celebre Serpente
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»; il demone torna così a essere lo spirito semidivino, se non 
salvifico,  almeno stimolatore della mente atrofizzata dell’uomo altrimenti annientato 
nel suo taedium vitae et mentis, in quell’acedia condannata anche dai Padri della 
Chiesa. 
Il Faust goethiano rifiuta, dunque, la sottomissione a un Dio che perseguita 
l’uomo senza evidente ragione, che controlla ogni suo errore, pur essendogli totalmente 
estraneo; un Dio che pratica una giustizia che sembra ingiusta, che condanna l’uomo 
perché tale e lo priva dei suoi beni più grandi: la giustizia, la sapienza e l’intelligenza. 
Dio, in Goethe, è totalmente diverso dalle rappresentazioni precedenti della 
divinità: pur continuando a essere la somma Bontà, questa premia non solo chi si 
sottomette al suo potere ma anche chi, come Faust, si è ribellato alla sua volontà. 
Faust allora è chi, come Mefistofele, “operando il male” (rende la casta 
Margherita omicida del bambino avuto da Faust, fa uccidere i due buoni vecchi 
Filemone e Bauci) “fa il bene” ( con le sue geniali opere d’ingegneria sottrae la terra al 
mare procurando il benessere e un habitat per intere popolazioni, sconfigge l’esercito 
dell’Antimperatore facendo combattere contro di lui i suoi tre demoni e dei fantasmi 
rivestiti di armature); il bene deriva, quindi, dall’azione e dall’esercizio dell’ingegno e 
non si accontenta della passività nella fede, l’uomo agendo, ottiene il bene, anche 
operando il male. 
Come abbiamo precedentemente detto, Goethe consacra Faust come mito 
universale, alla sua opera s’ispireranno e si rifaranno del corso dei secoli moltissimi 
autori; in particolar modo, uno degli ambiti in cui il mito del Faust è ripreso più 
frequentemente è quello teatrale operistico: 
 Hector Berlioz scrive la “Damnation de Faust”, una composizione per 
soli, coro e orchestra; il libretto fu adattato da Berlioz e Almire 
Gandonnière a partire dalla traduzione di Gérard de Nerval della prima 
parte del Faust di Goethe. La prima esecuzione fu a Parigi nel 1846. 
                                                 
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 Ivi, cit. Vv. 315-17. 
8
 Ivi, cit. Vv. 334-35
11 
 “Faust” è un dramma lirico in cinque atti di Charles Gounod su di un 
libretto in lingua francese di Jules Barbier e Michel Carré tratto dal 
lavoro teatrale Faust e Marguerite di Michel Carré, a sua volta tratto dal 
“Faust” di J.W. von Goethe. La prima rappresentazione avvenne a 
Parigi nel 1859. 
 Arrigo Boito nel 1868 porta in scena a Milano la prima rappresentazione 
teatrale del suo “Mefistofele”, opera in quattro atti, un prologo e un 
epilogo. 
 “Doktor Faust” è un’opera di Ferruccio Busoni, costituita da due 
prologhi, un intermezzo e tre scene, e con un libretto in tedesco scritto 
da Busoni stesso, egli lavorò a quest’opera dal 1916 al 1924, ma la 
lasciò incompleta a causa della sua morte. L’opera fu portata a termine 
dal suo allievo, Philipp Jarnach. 
Il Faust di Goethe è ripreso assiduamente anche in altri esempi musicali: 
 Ludwig van Beethoven, Opera 75, n. 3 (1809). Canzone dal Faust di 
Goethe: "Es war einmal ein König". 
 Franz Schubert, “Gretchen am Spinnrade”. É un lied composto nel 1814; 
Margherita, da sola, canta mentre sta filando della lana con un arcolaio 
a ruota e sta pensando a Faust e alle sue promesse. Il lied "Gretchen am 
Spinnrade", è in forma di rondò, dove l'accompagnamento del 
pianoforte suggerisce da una parte il rumore fatto dall’arcolaio e 
dall’altro le emozioni di Margherita attraverso gli espedienti musico-
esecutivi affidati al pianista (nel movimento delle mani). 
 Richard Wagner compose il “Sieben Compositionen zu Goethes «Faust»” 
per soli, coro e orchestra e “Eine Faust-Ouverture” (“Faust ouverture”) 
nel 1840, originalmente intesa come primo movimento di una sinfonia 
intitolata Faust. 
 Robert Schumann, “Szenen aus Goethes Faust” per soli, coro e orchestra 
(Scene dal Faust di Goethe) composto tra il 1844 e il 1853, è stato 
riconosciuto come una delle più alte realizzazioni della musica 
drammatica del compositore. Si tratta di un oratorio profano tratto dal
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'Faust' di J.W. von Goethe. Il lavoro è composto di un’apertura e tre 
parti, il tutto della durata di circa due ore. 
 Franz Liszt, “Faust-Symphonie” (1854-57) consiste di tre poemi sinfonici 
centrati sui tre protagonisti del Faust di Goethe (Faust, Margherita e 
Mefistofele). Compose inoltre per pianoforte i “Mephisto-Walzer” e la 
sonata in si minore (1853). 
 Gustav Mahler, “Sinfonia n. 8 in Mi bemolle maggiore” fu composta fra 
il 1906 e il 1907, ed è nota anche come “Sinfonia dei Mille” per il 
grande organico strumentale e vocale che richiede. La seconda parte è 
ispirata alla scena conclusiva del Faust di Goethe. 
 
3 – Faust nell’era del cinema. 
 
Con l’evoluzione dell’umanità si evolve anche il mezzo di trasmissione con cui 
il mito di Faust, rimanendo costante, è diffuso. 
Nell’era del cinema il tema di Faust è uno dei primi che sono riproposti dai 
grandi registi del primo novecento. 
George Melies è il primo a condurre il mito del Faust nel XX secolo, e 
soprattutto nella nuova tecnologia: il cinema; egli è considerato il secondo padre del 
cinema, dopo i Fratelli Lumiere, per l'introduzione e la sperimentazione di numerose 
novità tecniche e narrative, gli è attribuita l'invenzione del cinema di finzione (che filma 
mondi "diversi dalla realtà") e di numerose tecniche cinematografiche, fra cui il  
montaggio.  
È universalmente riconosciuto come il "padre" degli effetti speciali: scoprì il 
trucco della sostituzione nel 1896 e fu uno dei primi registi a usare l'esposizione 
multipla, la dissolvenza e il colore (dipinto a mano direttamente sulla pellicola). 
Nel 1903 diresse il suo primo cortometraggio sul Faust: “Faust aux Enfers”, in 
questo film Melies rappresenta la discesa di Faust all’inferno (Figura5) in compagnia di 
Mefistofele. 
Si evidenziano per interesse e particolarità la parte iniziale, con lo schiudersi 
della terra, e quella conclusiva, con il dominio su Faust del demonio.