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non riescano a dimostrare a delle figure autorevoli che hanno sacrificato parte della loro 
vita per il bene comune il giusto rispetto e la giusta dignità. 
 3
Capitolo primo 
CONTESTO STORICO-CULTURALE 
 
 
I LA TERRA DEI SICILIANI 
 
La Sicilia,massima isola del Mediterraneo, è stata da sempre teatro di scontri e luogo di 
scambi; dai primi insediamenti preistorici, passando per le colonizzazioni greche fino ad 
arrivare al regno borbonico, è stata crocevia di culture fra Oriente e Occidente. 
Proprio questa sua inclinazione alla commistione tra diverse civiltà e la posizione 
strategica al centro del Mediterraneo ha fatto si che la Sicilia fosse meta obbligata per 
molti viaggiatori incuriositi dalla sua multietnicità.  
Non soltanto avventurieri si sono avvicendati alla scoperta dell’Isola ma anche artisti di 
diverse discipline provenienti da luoghi lontani in cerca di ispirazione: attraverso il 
paesaggio, unico e suggestivo, e attraverso le popolazioni locali con i loro riti religiosi e 
la loro incantevole unicità. 
La fotografia è stata una delle arti che ha trovato in Sicilia un ambiente ricco di stimoli, 
sono d’esempio le esperienze documentate di fotografi come Herbert List, David 
Seymour o Paul Strand che, agli inizi degli anni 50’, hanno scovato al Sud una fonte di 
ispirazione per molti dei loro lavori. 
Non solo artisti esterni hanno evocato la magia di questo luogo, sono molti gli illustri 
pensatori, scrittori, poeti e fotografi che hanno visto la luce sull’isola, basti pensare ai 
lavori di Enzo Sellerio1 che proprio in quegli anni si afferma come fotografo siciliano 
raccontando la sua Palermo attraverso le immagini del vivere quotidiano. Oppure ai 
documenti fotografici che attraversano quasi mezzo secolo di storia siciliana lasciati da 
Nicola Scafidi, nato a Palermo nel 1925, racconterà con le immagini dalle manifestazioni 
separatiste alla morte di Salvatore Giuliano, dal mercato ortofrutticolo di Palermo alle 
miniere di zolfo, dai bambini che giocano in strada alla corsa automobilistica Targa 
Florio, dal set de Il Gattopardo a quello de Il caso Mattei. La Sicilia vista da Nicola 
Scafidi ha interessato, e spesso sconvolto, lettori di tutta Europa. Il suo stile, fatto di 
una miscela di cinematografia francese, neorealismo romano, realismo socialista, ed 
                                                   
1
 Inventario Siciliano, Sellerio Editore, Palermo 1985 
 4
esigenze da prima pagina dei quotidiani nei quali collaborava2" descrivono una coscienza 
civile che spesso oltrepassa quella personale dell'autore, per dare alle fotografie il 
carattere di documento tagliente3. 
I motivi che hanno riempito l’Isola di artisti delle più differenti discipline è da ritrovarsi 
forse nelle parole di uno dei suoi massimi pensatori : Leonardo Sciascia descrive in 
alcuni brevi articoli le specifiche peculiarità dell’essere siciliano, definendo così il suo 
pensiero riguardo la “sicilianità”. Riprendendo  il saggio di Sebastiano Aglianò4, scriveva: 
«I siciliani…quasi tutti, hanno un istintiva paura della vita, per cui si chiudono in se 
appartati, contenti del poco, purché dia loro sicurezza. Avvertono con diffidenza il 
contrasto con il loro animo chiuso e la natura intorno aperta, chiara di sole, e più si 
chiudono in sé, perché di questo aperto, che da ogni parte è il mare che li isola, ciò che 
li taglia fuori e li fa soli, diffidano, ognuno è e si fa isola da sé, e da sé si gode – ma, 
appena,se l’ha – la sua poca gioia; da sé, taciturno,senza cercare conforti, si soffre il 
suo dolore,spesso disperato. Ma ci sono quelli che evadono…5» Aggiungendo che le verità 
e le suggestioni che si ritrovano in questa definizione sono da considerarsi come un 
“ritratto”, un istantanea che rappresenta l’attimo ma che sfugge tutto il resto,aggiunge: 
«Questa dualità contrastante tra la natura aperta e l’uomo  diffidente e in sé chiuso, in 
effetti si pone con più complesse motivazioni, e comunque più concrete: non del mare 
che li isola, che li taglia fuori e li fa soli, i siciliani diffidano; ma del mare che ha 
portato alle loro spiagge i cavalieri berberi e i normanni, i militi lombardi, gli esosi 
baroni di Carlo d’Angiò, gli avventurieri che venivano dalla”avara povertà di 
Catalogna”… e per secoli, continuo flagello, i pirati algerini che improvvisamente 
piombavano a far preda delle persone e dei beni…» Dunque per Sciascia è nella paura 
“storica” divenuta paura “esistenziale” che va ricercata la specificità siciliana. 
Riprendendo David Herbert Lawrence6 dice : 
« Come si può essere siciliano? » un siciliano può rispondere: « con difficoltà »  
Ed è proprio questa difficoltà del vivere che è stata la sfida che scrittori ed artisti hanno 
voluto accettare, attraverso questa sfida hanno raccontato le specificità siciliane 
raggiungendo una fama che ha travalicato i confini nazionali. 
 
                                                   
2
 Nel 1950 inizia una collaborazione per il quotidiano "L'Ora" di Palermo che durerà venticinque anni ha inoltre ha inoltre lavorato per 
i quotidiani la "Voce della Sicilia", "L'Unità"e "il Giornale di Sicilia" 
3
 Etrio Fidora, Nino Giaramidaro, Nicola Scafidi,Nicola Scafidi. Fotografie, Federico Motta editore, Pag.9. 
4
 Che cos’è questa Sicilia?, Sebastiano Aglianò, Sellerio Editore, Palermo 1996 
5
 Leonardo Sciascia, Fatti diversi di storia letteraria e civile, Sellerio editore, Palermo 1989. Pag.19.   
6
 Phoenix, William Heinemann Publisher, Londra 1936 
 5
II LA FOTOGRAFIA IN SICILIA 
 
Diego Mormorio descrive la Sicilia come terra di parole e di raccontatori, insiste sulle 
attitudini affabulatorie degli isolani che li porta inevitabilmente a modificare la realtà 
ed a dare a questa, ogni volta che si racconta, una nuova piega, così tanto da smarrire la 
vera natura delle vicende a favore del racconto stesso. È per lui luogo della perenne 
recitazione, dell’esercizio terribile e continuo della simulazione e dissimulazione. Un  
incessante trasfigurazione delle cose che genera il regno del Caos e della forma. È in 
questo Caos che prende vita il desiderio di ordine, una volontà di dare più durevole 
forma a qualcosa, di separarlo dall’infinito mare del nulla in cui tutte le cose vanno 
prima o poi ad inabissarsi.7  Proprio da questa terra piena di contraddizioni sono nati in 
numero considerevole dei grandi fotografi. “ quelli che valuto grandi fotografi, fra cui 
Giuseppe Leone, sono infatti tali non per la loro capacità di fermare l’attimo, ma per la 
loro attitudine a ritrovare qualcosa nel passato. Il fotografo infatti riprende sempre 
qualcosa che è appena emerso dal passato e che sta naufragando nel futuro. Egli getta 
anche una luce nel buio di ciò che deve ancora giungere è un archeologo del divenire. 
Guardando le foto di un grande fotografo possiamo cioè ritrovare il senso dei giorni in 
cui viviamo e l’annuncio di quelli che vivremo. Tutto è scritto nei volti, nei gesti e negli 
scenari che ci sono familiari. Sono solo alcuni quelli che riescono a distinguerne i segni. 
Segni innumerevoli e contraddittori, come innumerevoli e contraddittorie sono le Sicilie. 
Sicilie con attitudini e scenari diversi. Ed è da questa diversità che bisogna partire per 
capire le diverse anime che vivono l’isola8”. Nonostante la tendenza di storici ed esperti 
a identificare autori ad un movimento artistico o all’altro, l’esperienza fotografica 
siciliana sin dall’inizio dimostra una certa indipendenza dal fiorire di tutte quei 
movimenti fotografici che interessano l’Italia del dopoguerra. Alcuni dei più famosi 
fotografi siciliani, come Enzo Sellerio è considerato neorealista9, definizione che verrà 
poi rimodulata nel corso della sua carriera. Altri come Ferdinando Scianna, nato a 
Bagheria nel 1943, inizia la sua ricerca fotografica documentando sistematicamente gli 
abitanti dell’isola e le festività religiose che la caratterizzano. Incontra giovanissimo 
Leonardo Sciascia che apprezza il suo lavoro e insieme pubblicano, nel 1965, un libro 
                                                   
7
 Diego Mormorio, L’isola dei siciliani, Peliti e associati 1995, pag.8 
8
 Diego Mormorio, L’isola dei siciliani, Peliti e associati 1995, pag.9 
9
 La fotografia diventa testimone di una società che sta cambiando, documenta questo nuovo clima mantenendosi il più aderente 
possibile alla realtà, cominciano a cadere le censure e i tabù, si guarda senza filtri alla realtà dell’Italia, a meno di un secolo dalla 
sua unificazione. 
 6
intitolato “feste religiose in Sicilia”, questa pubblicazione gli varrà il premio Nadar10 e lo 
presenta, a soli ventuno anni, al pubblico nazionale. Nelle suo foto vengono catturati 
istanti di identità collettiva che legano i siciliani alla loro terra e alle numerose e 
poliedriche cerimonie rituali. Lo stile di Scianna si presenta fin da subito in sintonia con 
la corrente nel neorealismo italiano che proprio in quegli anni aveva preso piede specie 
in campo cinematografico. 
Iniziata dalle celebrazioni religiose la sua carriera prende una piega diversa, decide di 
trasferirsi prima a Milano, poi a Parigi dove viene in contatto con alcuni dei più grandi 
maestri del ‘900 come Henri Cartier-Bresson nel quale egli stesso troverà un punto di 
riferimento e una guida, il quale lo introduce nel 1982 nell’agenzia Magnum, Ferdinando 
Scianna sarà uno dei pochi fotografi italiani a venire introdotto nella prestigiosa agenzia 
parigina . Lascia quindi la ricerca etnologica sulle tradizioni popolari siciliane per seguire 
il successo attraverso reportage a carattere sociale ma anche fotografia di moda e 
pubblicità. La Sicilia resta comunque presente come dimostrano altri suoi lavori come 
“Les Siciliens” pubblicato nel 1977 e la “Sicilia ricordata” del 2001 e ancora nel 2003 
con “Quelli di Bagheria”, una sorta di tributo alla giovinezza e al suo paese natio, un 
romanzo della memoria, come ama definirlo lui stesso. Le fotografie di Scianna sono la 
testimonianza visiva di un mondo sconosciuto, popolare e parallelo. Una festa religiosa 
in Sicilia ad esempio è tutto fuorché una festa: è, innanzitutto, un’esplosione 
esistenziale, una rappresentazione esteriore di quell’es collettivo che, in terra siciliana, 
ha necessità di esprimersi per resistere contro le difficili vicissitudine del quotidiano 
vivere. Gli album di famiglia che Scianna colleziona nel tempo, oltre a  rappresentare 
oggi un’importante patrimonio collettivo del paese Italia, tracciano l’intero percorso del 
fotografo, il cui obiettivo principale è stato da sempre quello di documentare 
autenticamente portandolo ad essere un fotoreporter di prestigio internazionale e un 
artista di particolare sensibilità. 
 
 
III IL CONTESTO MAFIOSO : DAGLI ANNI 50’ ALLA PRIMA GUERRA DI MAFIA 
 
Oltre ad essere musa per esteti  l’Isola è stata anche luogo di vicende tragiche e violente 
che hanno visto spesso come protagonista un organizzazione criminale di stampo mafioso 
                                                   
10
 Creato nel 1955 da Albert Plécy per Gens d’Images, viene assegnato ogni anno ad un libro edito in Francia avente per argomento la 
Fotografia 
 7
nata agli inizi del XIX secolo meglio nota come “Cosa Nostra”. Riguardo questo tema 
Sciascia fornirà un eloquente descrizione in un interpellanza parlamentare del 1980: la 
mafia è un associazione a delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri 
associati, che si pone come intermediazione parassitaria imposta con mezzi di violenza 
fra la proprietà ed il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e lo Stato11.  
Fino ai primi anni 60’ l’opinione pubblica aveva creduto che la Mafia fosse un retaggio 
antico, legato al fenomeno del brigantaggio, destinato a svanire con l’avvento del 
benessere diffuso e, per questo motivo, gli abitanti delle grandi città siciliane come 
Palermo, credevano che i crimini avvenissero soltanto nei remoti villaggi dell’Isola. Ma 
nel 1963, con la strage di Ciaculli12,fu chiaro a tutti che l’organizzazione criminale era 
ben radicata, tecnicamente preparata e gestiva molteplici traffici illeciti. In quegli anni 
si viene a delineare chiaramente che, parallelamente al potere statale, incapace di 
dimostrarsi come un potere forte per i siciliani, si era radicato un potere collaterale, 
deciso, capace invece di manipolare l’opinione pubblica, gestire le preferenze di voto 
degli elettori e che poteva contare sull’appoggio di uomini di spicco della politica 
locale13. Alla fine della seconda guerra mondiale Palermo rimane ancora 
architettonicamente legata all’epoca dei Florio14: dimore in stile Liberty, piantagioni di 
limoni e la campagna che circonda la città. Palermo ha però un bisogno estremo di 
rinnovamento: più di quattordicimila persone vivono all’interno di baracche nel centro 
cittadino tra le macerie dei bombardamenti alleati, inoltre il numero della popolazione 
sta crescendo perché dalla provincia sta arrivando parte della popolazione isolana 
attratta dalla prospettiva di poter lavorare per un ente pubblico ora che Palermo è 
tornata ad essere sede del governo regionale. Sono anni di profonde trasformazioni: 
l’agricoltura sta perdendo il suo peso economico a favore di altri settori come il 
commercio e il terziario, in questo periodo l'amministrazione pubblica in Sicilia diviene 
l'ente più importante in fatto di economia. Cosa nostra riesce a farsi interprete delle 
                                                   
11
 Andrea Camilleri, Un onorevole siciliano, le interpellanze parlamentari di Leonardo Sciascia, Editore Bompiani, 2009 Pagg. 59-60 
12
 30 Giugno 1963, un contadino contatta la polizia per segnalare la presenza anomala di una Giulietta abbandonata su un terreno di 
sua proprietà. L’automobile aveva una gomma a terra e gli sportelli erano spalancati. Fin da subito fu chiaro il pericolo, vennero 
chiamati degli artificieri che disinnescarono la bomba posta nei sedili posteriori della macchina ma quando i carabinieri si 
avvicinarono alla Giulietta una seconda bomba, situata nel bagagliaio esplose e uccise sette uomini tra carabinieri e militari. Con 
tutta probabilità l’autobomba era destinata ad un capomafia della famiglia Croceverde Giardini, legata al clan Greco. I sicari però 
erano stati costretti ad abbandonarla dopo la foratura del pneumatico. 
13
 Dopo lo sbarco in Sicilia da parte delle truppe alleate Americane l’Isola fu soggetta all’AMGOT, American Military Government of 
Occupied Territory. L’esercito americano era a conoscenza delle organizzazioni criminali operanti in Sicilia ancora prima 
dell’invasione e non è un segreto che avessero raccolto informazioni presso gli uomini d’onore locali per poter governare l’isola dopo 
la liberazione. Al fine di destituire tutti i fascisti dalle cariche pubbliche ed evitare un influenza politica della sinistra vennero 
nominati sindaci influenti esponenti di Cosa Nostra. 
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 Famiglia siciliana di patrioti e di industriali. Il più noto fu Vincenzo Florio che diede impulso alla pesca del tonno e alla sua 
preparazione, si occupò dell’industria dello zolfo e fondò una banca.