15 
di Lisbona. L’obiettivo è quello di fare dell’Europa l’economia più competitiva, 
dinamica e sviluppata al mondo entro il 2010; il punto di partenza per raggiungere 
tale obiettivo sono appunto i servizi, nel senso che lo sviluppo del mercato interno 
dei servizi è fondamentale per raggiungere l’obiettivo appena descritto5. Infatti, 
secondo alcuni, la realizzazione del mercato interno dei servizi e l’eliminazione di 
certe regolamentazioni, grazie alla direttiva servizi, potrebbero aprire alla 
concorrenza dei mercati settori ancora molto chiusi; potrebbero dare dinamismo agli 
scambi intra-europei oggi relativamente poco evoluti6. 
Successivamente, nel dicembre del 2000, la Commissione ha presentato una 
comunicazione nella quale venivano sottolineate le restrizioni più ricorrenti che 
riguardavano le sei fasi7 economiche dell’attività dei servizi, ovvero:  
 ξ stabilimento di un operatore;  
 ξ uso di imputs;  
 ξ promozione del servizio;  
 ξ distribuzione del servizio;  
 ξ vendita del servizio;  
 ξ servizio dopo vendita.  
                                                                                                                                                
Per raggiungere gli obiettivi fissati nel 2000 è stato stabilito un elenco di obiettivi quantificati. Poiché 
le politiche in questione rientrano quasi esclusivamente nelle competenze attribuite agli Stati membri, 
è stato messo in atto un metodo di coordinamento aperto che comprende l’elaborazione di piani 
d’azione nazionali. Al di là degli indirizzi di massima per le politiche economiche, la strategia di 
Lisbona prevede l’adattamento e il rafforzamento dei processi di coordinamento esistenti: il processo 
di Lussemburgo per l’occupazione, il processo di Cardiff per il funzionamento dei mercati (beni, 
servizi e capitali) e il processo di Colonia in merito al dialogo macroeconomico. 
5
 Infatti i servizi costituiscono i 2/3 del PIL, più dei 2/3  dei posti di lavoro e la quasi totalità dei nuovi 
posti di lavoro, basta dire che il 96% dei nuovi posti di lavoro, creati tra il 1997 e il 2002 sono 
ascrivibili ai servizi; ma, purtroppo, a causa degli ostacoli ancora presenti, che ne impediscono la 
diffusione a livello transfrontaliero, essi rappresentano solo il 20% degli scambi intracomunitari. 
6
 Per un approfondimento circa gli effetti economici della liberalizzazione dei servizi, si veda A. 
BÉNASSY-QUÉRÉ, C. SCHWELLNUS, D. UNAL-KESENCI, Echanges internationaux: services 
compris, in La letter du C.E.PAGG.I.I., 2006, n. 255, avril, pagg. 1-4. 
7
 S. D’ACUNTO, La proposition de directive sur les services dans le marché intérieur, in Revue du 
droit de l‟Union euroéenne, 2004, n.2, pagg. 201-248. 
 
 16 
La Commissione, nella comunicazione ha altresì sottolineato il fatto che la 
frammentazione del mercato interno dei servizi può:  
 ξ provocare distorsioni;  
 ξ favorire, anche indirettamente, lo spostamento di posti di lavoro fuori 
dal territorio comunitario;  
 ξ favorire lo sviluppo di lavoro irregolare all’interno della comunità.  
La Commissione ha indicato, allora, una linea di condotta indicata come una 
strategia per il mercato interno dei servizi, che ebbe il sostegno degli allora 15 Stati 
membri, del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato 
delle Regioni8. I documenti ufficiali dicevano che grazie a tale strategia, i servizi si 
sarebbero potuti prestare all’interno dell’Unione con la stessa facilità con cui essi 
venivano prestati all’interno di ogni singolo Paese membro; inoltre, sempre secondo 
gli stessi documenti, si trattava di una strategia che avrebbe attraversato tutti i settori 
dell’economia legati ai servizi. La Commissione ha così sviluppato un piano di 
lavoro composto da due tappe.  
Per quanto riguarda la prima tappa, la fase più importante è stata la 
consultazione che si è svolta attraverso i seguenti strumenti: sondaggi alle imprese; 
incontri con gli operatori, ai quali erano sottoposti dei questionari; interrogazioni e 
petizioni del Parlamento europeo; seminari, statistiche, studi ad hoc, ecc.9; scopo di 
ciò è stato creare una lista delle difficoltà che impedivano il regolare funzionamento 
del mercato interno dei servizi per arrivare in un secondo momento all’elaborazione 
di soluzioni attraverso uno strumento legislativo trasversale. 
In seguito, a completamento della prima tappa, nel luglio del 2002, è stata 
presentata una relazione dettagliata sullo stato del mercato interno dei servizi che, 
considerando gli ostacoli ancora esistenti alla libera prestazione dei servizi, afferma 
che il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona avrebbe richiesto, oltre che un 
                                                   
8
 G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355. 
9
 Per un approfondimento circa tale consultazione si veda S. D’ACUNTO, La proposition de directive 
sur les services dans le marché intérieur, in Revue du droit de l‟Union euroéenne, 2004, n.2, pagg. 
201-248. 
 17 
notevole sforzo politico da parte sia degli Stati membri, sia delle istituzioni 
europee10, forti cambiamenti imminenti nel mercato interno dei servizi. 
Nel febbraio del 2003, il Parlamento europeo accetta la relazione della 
Commissione che riguarda l’identificazione  di “uno strumento orizzontale che 
garantisca la libera circolazione dei servizi sotto forma di riconoscimento reciproco 
- promuovendo, se possibile, l‟attuazione del riconoscimento automatico - , 
cooperazione amministrativa e, laddove strettamente necessario, armonizzazione”.  
Per quanto riguarda la seconda tappa, essa si è conclusa nel gennaio del 2004 
con la presentazione della proposta di direttiva servizi, arricchita da un documento 
della Commissione che mette in luce le conseguenze negative della frammentazione 
del mercato interno dei servizi. L’iniziativa di direttiva si propone di allargare il 
mercato interno al settore dei servizi, in quanto una maggiore competitività del 
settore manifatturiero dipende da una fornitura di servizi moderni e flessibili11. 
Ecco perché spesso si dice che la direttiva servizi è figlia della strategia di 
Lisbona, “… anzi, di questa strategia, la proposta di direttiva ha rappresentato lo 
strumento principale …”12. 
                                                   
10
 Sforzo politico che doveva tradursi nell’impegno a sopprimere le frontiere e gli ostacoli esistenti e 
ad evitarne di nuovi. 
11
 G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355. 
12
 S. D’ACUNTO, Direttiva Servizi (2006/123/CE): genesi, obiettivi e contenuto, prefazione di Frits 
Bolkestein, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 5. 
 18 
CAPITOLO II 
 
ITER LEGISLATIVO 
 
All’interno dell’Unione le decisioni vengono prese con estrema cautela, 
tenendo conto sia del bilanciamento dei poteri istituzionali tra i vari organi, sia dei 
rapporti politici tra i vari Stati13.  
L’iter legislativo della direttiva in esame, durato 36 mesi, dal 13 gennaio 
2004 al 27 dicembre 2006, molto travagliato, non è stato, comunque, 
straordinariamente lungo considerando la portata ed il contenuto della direttiva14.  
Come anticipato, la proposta di direttiva da parte della Commissione, che ha 
fatto propria la proposta del Commissario Bolkestein15, risale al 13 gennaio 2004, per 
arrivare alla prima lettura da parte del Parlamento europeo solo il 16 febbraio 2006.  
L’obiettivo della proposta è quello di creare un quadro giuridico volto sia ad 
eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e alla libera 
circolazione dei servizi, sia a garantire ai prestatori e ai destinatari dei servizi la 
certezza giuridica necessaria all‟effettivo esercizio di queste due libertà 
fondamentali del Trattato16.  
                                                   
13
 G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, 
marzo-aprile, pagg. 346-355. 
14
 Bisogna considerare anche il particolare periodo storico: in primo luogo, a parte le tensioni  e le 
agitazioni che si sono verificate in seguito alla proposta di direttiva dato che si tratta di una materia 
delicata che tocca gli interessi di interi settori produttivi, c’è da considerare che l’Unione europea 
usciva da una fase di allargamento senza precedenti, quello del primo maggio 2004; inoltre, bisogna 
ricordare anche i referendum di rigetto della Costituzione europea da parte di Francia (29 maggio 
2005) e Olanda (1° giugno 2005); infine non è da sottovalutare il contestuale periodo di crisi che 
attraversava l’economia europea.  Per un approfondimento sullo stato di mobilitazione dei movimenti 
sociali si veda O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier 
hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pagg. 36 e ss. 
15
 Allora responsabile per il mercato interno in seno alla Commissione Prodi (1999-2004). 
16
 La libertà di stabilimento e la libera circolazione dei prestatori di servizi sono importanti diritti e 
libertà dei cittadini europei presenti già nel Trattato di Roma del 1957. 
 19 
Le disposizioni della proposta di direttiva riguardanti la libertà di stabilimento 
si sarebbero dovute applicare e si applicano, per quanto riguarda quelle del testo 
definitivo, solamente nella misura in cui le attività in causa sono aperte alla 
concorrenza e, dunque, non obbligano gli Stati membri ad abolire i monopoli che 
esistono o a privatizzare certi settori17. 
Al fine di eliminare gli ostacoli suddetti, la proposta di direttiva prevedeva:  
 ξ il principio del Paese d’origine, secondo il quale il prestatore deve essere 
sottoposto soltanto alla legislazione del proprio paese; è però da sottolineare 
il fatto che tale principio era accompagnato da una serie di deroghe per certi 
settori e soprattutto per i servizi di interesse generale18; 
 ξ il diritto dei destinatari di poter utilizzare i servizi forniti da operatori di altri 
Stati membri, senza essere ostacolati da misure restrittive da parte delle 
autorità pubbliche o da operatori privati; tale diritto era accompagnato da 
forme di assistenza specifica per i destinatari che utilizzavano servizi di 
operatori stranieri; 
 ξ la normativa riguardante il distacco dei lavoratori nell’ambito della 
prestazione dei servizi oltre che la ripartizione dei compiti tra Stato membro 
di origine e di destinazione con le relative procedure di controllo.  
In seguito alla presentazione del Rapporto del gruppo di alto livello 
presieduto da Wim Kok, circa una valutazione di metà percorso del raggiungimento 
degli obiettivi di Lisbona19, si acuisce la distinzione tra servizi d‟interesse generale e 
servizi d‟interesse economico generale. I primi sono quei servizi sottoposti agli 
obblighi del servizio pubblico in quanto ritenuti espressione di un interesse generale 
a prescindere dal fatto che siano destinati alla vendita o meno; i secondi sono quei 
servizi volti a soddisfare i bisogni generali dei cittadini e la cui fornitura è affidata a 
                                                   
17
 A.M. COMPARINI, PAGG. PELLEGRINO, R. RÉMI, Proposition de directive services: contribution au 
débat, in La gazette du palais. Recueil bimestriel 2008, v. 125, n. 3, pagg. 1567-1588. 
18
 O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du 
CRISP, 2007, n.1962-1963. 
19
 Per un approfondimento si veda G.  CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 
2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-aprile, pagg. 346-355. 
 20 
determinati operatori20. Così diventa sempre più chiara la volontà di escludere 
dall’ambito di applicazione della direttiva i servizi d’interesse generale quali, ad 
esempio, i servizi sociali21. In questo modo si viene a determinare, all’interno 
dell’Unione, una frattura22, sostanzialmente politica, non solo tra i vari partiti 
presenti al Parlamento europeo, ma anche tra i vari Stati membri23. Da un lato, i 
                                                   
20
 G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355. 
21
 La Commissione, a questo proposito, perseguiva tre obiettivi fondamentali:  assicurare un 
funzionamento efficiente dei servizi di interesse economico generale; garantire che non venissero 
qualificati come tali quei servizi che collocandosi nella sfera concorrenziale non perseguono un 
obiettivo d’interesse generale; assicurare che non si verifichino interferenze negative sui mercati aperti 
alla concorrenza fuori dalla sfera del servizio pubblico. Per un approfondimento si veda  G.  CAZZOLA, 
La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-aprile, pagg. 
346-355. 
22
 Per un approfondimento circa le argomentazioni a favore e contro la direttiva servizi si vedano 
A.M. COMPARINI, PAGG. PELLEGRINO, R. RÉMI, Proposition de directive services: contribution au 
débat, in La gazette du palais. Recueil bimestriel 2008, v. 125, n. 3, pagg. 1567-1588; e M. FALLON, 
A.C. SIMON, La directive “services”: quelle contributions au marchè interieur?, in Journal des 
tribunaux. Droit européen, 2007, v.15, n.136, février, pagg. 33-43. 
23
 Tra i contrari: il Presidente francese Jacques Chirac, anche se, dopo la vittoria per l’apertura a 
possibili modifiche della Bolkestein si è dichiarato soddisfatto ed ha iniziato la sua campagna per il 
―si‖ francese alla Costituzione europea; la Germania di Gerhard Schröder; il Belgio di Guy 
Verhofstadt; la Svezia di Goran Persson, che ha chiesto ufficialmente il ritiro della Bolkestein e ha 
proposto di ricominciare. Contrari erano anche i socialdemocratici, secondo i quali la direttiva avrebbe 
messo in pericolo la natura dei servizi d’interesse economico generale, infatti, il gruppo socialista 
europeo ha espresso un netto ―no‖ all’inclusione dei servizi d’interesse economico generale nella 
direttiva Bolkestein, chiedendo l’esclusione dei servizi sanitari e sociali. Le stesse richieste sono state 
avanzate dalla rappresentanza italiana del partito socialista europeo. Il segretario generale della 
Confederazione europea dei sindacati, John Monks, ha dichiarato di non volere la direttiva. La 
Confederazione Europea dei Sindacati, pur riconoscendo l’importanza della liberalizzazione dei 
servizi nel mercato interno, ha sottolineato l’importanza del pieno controllo delle autorità pubbliche 
sui servizi economici di interesse generale e, ne ha chiesto dunque l’esclusione dall’ambito di 
applicazione della direttiva. 
Tra i favorevoli: oltre al Gruppo del Partito Popolare europeo (PPE) anche il premier slovacco 
Mikulas Dzurinda, secondo il quale la liberalizzazione dei servizi era inevitabile ed era solo una 
questione di tempo. Nello stesso modo la pensavano anche tutti i paesi dell’’Est; il primo ministro 
ungherese Ferenc Gyurcsany era del parere secondo cui l’arresto della liberalizzazione dei servizi 
 21 
sostenitori della direttiva fanno valere la tesi secondo la quale i servizi costituiscono 
il 70% del PIL e degli impieghi dell’Unione e che estendendo la liberalizzazione a 
questo settore sarebbero aumentati crescita e occupazione; dall’altro lato, gli avversi 
alla direttiva portano avanti la tesi secondo la quale questa liberalizzazione, subito 
dopo l’allargamento ad est,  avrebbe penalizzato l’ovest, l’occupazione e gli stipendi 
nelle attività di servizi24. 
In seguito all’allargamento ad est dell’Unione, nel maggio del 2004, le 
tensioni in merito alla direttiva si acuiscono: l’elemento di preoccupazione è ora il 
principio del Paese d’origine e il rischio di dumping sociale che esso comporta25-26. 
L’ampio dibattito che ha accompagnato l’elaborazione  della direttiva e l’asprezza 
della discussione, che ha visto impegnate in prima fila le organizzazioni sindacali, è 
dipesa, infatti, dal timore che i contenuti della proposta originaria di direttiva 
potessero produrre effetti di destabilizzazione nei singoli mercati nazionali del 
lavoro. La preoccupazione, in particolare, è legata all’eventualità che, attraverso 
un’applicazione estesa del principio del Paese d’origine, si consentisse ai prestatori 
di servizi di operare in altri Paesi della Comunità e che questi continuassero ad 
applicare le regole più flessibili (ivi comprese quelle in materia di rapporti di lavoro) 
del Paese di provenienza27-28. In realtà, riguardo a ciò, la proposta di direttiva fa 
                                                                                                                                                
avrebbe costituito un passo indietro clamoroso per l’Unione europea e la Romania era in linea con i 
nuovi Stati Membri. . Favorevoli alla Bolkestein erano anche Gran Bretagna ed Irlanda.  
24
 Per un approfondimento circa l’argomento si veda C. SCHWELLNUS, La directive services: une 
analyse économique, in La lettre du C.E.PAGG.I.I., 2006, n. 252, janvier, pagg. 1-4. 
25
 Per un approfondimento sulle principali posizioni e osservazioni degli Stati Membri in seguito alla 
proposta di modifica, ma prima dell’accordo politico si veda la tabella n. 5 in O. DERRUINE, De la 
proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-
1963, pagg. 28 e 29. 
26
 Per un approfondimento sull’argomento si veda M. COLUCCI,  L‟Unione europea in un delicato 
equilibrio fra libertà economiche e diritti sindacali nei casi Laval e Viking: quando il fine non 
giustifica i mezzi, in Diritto delle Relazioni Industriai», numero 1/XVIII – 2008, Milano, Giuffrè 
Editore, pagg. 239-246; 
27
 Infatti, la paura più grande era quella che un’impresa straniera, ed in particolare quelle provenienti 
dai nuovi Paesi membri, potesse sottrarsi alle pratiche, alle autorizzazioni o ai requisiti più severi del 
Paese di destinazione del servizio rispetto a quelli applicati nel proprio Paese, generando cosi, ad 
 22 
riferimento ad una direttiva del 1996, la 96/71/CE, secondo la quale ai lavoratori 
temporaneamente distaccati in un altro Stato membro, sarebbero state applicate le 
condizioni lavorative del Paese in cui la prestazione era stata fornita; tali condizioni 
riguardano l’applicazione del salario minimo, gli orari di lavoro, le condizioni di 
sicurezza e salute e alcune norme antidiscriminatorie.  
Tra la proposta e la prima lettura, il Comitato delle Regioni e il Comitato 
economico e sociale hanno dato i loro pareri: il primo propenso all’esclusione dei 
servizi di interesse economico generale dall’ambito di applicazione della direttiva, 
ma favorevole al principio del Paese d’origine; il secondo contrario al principio del 
Paese d’origine, ha richiesto anche alcune esclusioni dall’ambito di applicazione 
della direttiva come, ad esempio, i servizi audiovisivi o i servizi d’interesse 
economico generale. Secondo il Comitato economico e sociale, la direttiva rischia di 
causare un indebolimento delle norme di protezione sociale, salariali e di sicurezza 
sul lavoro: infatti ha richiesto un periodo di transizione prima dell’applicazione, 
considerata prematura del principio del Paese d’origine. 
 Il voto in prima lettura da parte del Parlamento europeo29, pur sbloccando la 
situazione, ha fortemente ridotto l’ambito di applicazione della direttiva lasciando 
fuori molti servizi, sostituendo il principio del Paese d’origine con la libera 
prestazione dei servizi30 ed eliminando, infine, le disposizioni relative al distacco dei 
lavoratori nell’ambito della prestazione dei servizi. Dunque, è stato il voto in prima 
lettura del Parlamento europeo ad apportare il maggior numero di modifiche alla 
direttiva. 
                                                                                                                                                
esempio, un degrado delle condizioni di lavoro ad esempio. Da qui lo spauracchio dell‟idraulico 
polacco. 
28
 M.ROCCELLA, T.TREU, Diritto del lavoro della Comunità europea, quarta edizione, 2007, casa 
editrice Dott. Antonio Milani, CEDAM, pagg. 149-151. 
29
 Per un approfondimento circa la ripartizione dei voti in Parlamento nella prima lettura dela proposta 
di direttiva si veda la tabella n. 3 in O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, 
in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pag. 20. 
30
 Parleremo della sostituzione del principio del Paese d’origine con la libera prestazione dei servizi 
successivamente, in ogni caso per un approfondimento si veda O. DERRUINE, De la proposition 
Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963. 
 23 
In un secondo tempo la Commissione ha deciso per la non esclusione dei 
servizi di interesse economico generale e dei servizi giuridici e l’esclusione parziale 
dei servizi sociali ma, nel complesso, ha accettato le modifiche apportate dal 
Parlamento europeo, limitandosi a fare soltanto qualche precisazione. 
Successivamente, il Consiglio ha introdotto un meccanismo di valutazione 
reciproca riguardante gli obblighi che gli Stati membri possono imporre ai prestatori 
di altri Stati membri all’interno del loro territorio. 
Il Parlamento europeo, infine, volendo rafforzare il proprio ruolo in materia di 
esercizio dei poteri di esecuzione da parte della Commissione, nella seconda lettura 
ha sostituito la procedura di regolamentazione con la procedura di regolamentazione 
con controllo.  Tale procedura, che consente al Parlamento europeo non solo di 
essere informato, ma anche di opporsi al progetto della Commissione, verrà applicata 
ai provvedimenti di esecuzione della direttiva (art.36) che la commissione dovrà 
adottare con l‟assistenza del comitato (art. 40), segnatamente in materia di 
assicurazioni e di garanzie professionali (art. 23, comma 4)31.  
 
Si è cercato di dare delle spiegazioni alla natura controversa dell‟iter 
legislativo della direttiva Bolkestein, ad esempio, secondo Alain Lamassoure 
sono stati commessi tre errori di fondo:  
 ξ il primo errore concerne l‟analisi economica: come molti 
economisti, gli esperti di Bruxelles hanno considerato e trattato i 
servizi come un insieme relativamente omogeneo. A partire da 
questa analisi globale, ne hanno dedotto calcoli teorici 
sull‟argomentazione del PIL e degli impieghi che permetterebbe 
la trasformazione di 25 mercati nazionali in un grande mercato 
fluido di taglia continentale; 
 ξ il secondo errore riguarda la diagnosi sulla vera natura ed il 
vero obiettivo delle principali barriere che ostacolano la libera 
circolazione dei servizi. Molto spesso,  lo scopo delle 
regolamentazioni e di alcune procedure "ostacolanti" non è di 
proteggere i professionisti nazionali contro l‟insediamento degli 
                                                   
31
 S. D’ACUNTO, Direttiva Servizi (2006/123/CE): genesi, obiettivi e contenuto, prefazione di Frits 
Bolkestein, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 14. 
 24 
stranieri, quanto di proteggerli nei confronti di altri 
connazionali. Infatti, per alcuni tipi di attività, il problema di 
fondo non è il protezionismo, bensì il corporativismo; ciò che è 
temuta non è la concorrenza straniera, ma la concorrenza 
semplicemente; 
 ξ Il terzo errore, è rappresentato da ciò che ha sperato Frits 
Bolkestein; errore condiviso con tutta la Commissione Prodi, la 
quale aveva dato sostegno unanime.  L‟errore sarebbe stato 
quello di credere di aver trovato la soluzione a tutti i problemi, 
sottoponendo tutte le categorie dei servizi alle stesse regole 
comuni, secondo il principio del Paese di origine. Ciò avrebbe 
portato il procedimento legislativo ad un bivio: o limitarsi ad 
alcuni principi vaghi,  privi di contenuto giuridico; o a 
moltiplicare le eccezioni per tenere conto dell‟eterogeneità del 
settore; o, in fine, ad abolire migliaia di legislazioni e pratiche 
nazionali.32 
 
La direttiva è stata definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, il 12 
dicembre 2006, divenendo la direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. È stata 
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (L 376)  il 27 dicembre 
2006. 
In definitiva si tratta di una combinazione equilibrata che riguarda: misure di 
armonizzazione strettamente mirate, cooperazione amministrativa, semplificazione 
normativa, consolidamento di principi giurisprudenziali, libertà di stabilimento e 
libera prestazione dei servizi; ma ciò che conta principalmente è il fatto che il suo 
ambito di applicazione, rispetto a quello della proposta originale del 2004, anche se 
profondamente mutato è ancora molto ampio.  
È importante sottolineare che, quale che fosse la fondatezza di simili 
preoccupazioni rispetto al testo originario della proposta di direttiva, bisogna adesso 
prendere atto che la direttiva è stata elaborata in termini tali da evitare 
sovrapposizioni con le regole comunitarie preesistenti in tema di circolazione dei 
                                                   
32
 A. LAMASSOIRE, Après la directive Bolkestein: l‟Europe progresse, in Commentaire, 2006, v. 29, n. 
115, automne, pagg. 661-667.  
 25 
lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Ciò si desume chiaramente, come 
vedremo successivamente,  dalla disposizione di principio contenuta nel suo articolo 
3, dalla quale risulta chiarito che se disposizioni della presente direttiva confliggono 
con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell‟accesso 
ad un‟attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni 
specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a 
tali settori o professioni specifiche, con la precisazione  che tra tali atti comunitari 
rientra la direttiva 96/71/CE33-34. 
La particolarità di questo discusso iter legislativo risiede nel fatto che ci sono 
voluti ben 25 mesi per arrivare alla prima lettura da parte del Parlamento europeo 
(dal 13 gennaio 2004 al 16 febbraio 2006), e solo 10 mesi per arrivare dalla prima 
lettura alla pubblicazione della direttiva nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 
(dal 16 febbraio 2006 al 27 dicembre 2006)35. 
Riassumendo, le tappe fondamentali dell’iter legislativo della direttiva servizi 
sono 8: 
 ξ 23 e 24 marzo 2000: il Consiglio europeo di Lisbona, sottolinea 
l’importanza dei servizi come mezzo per raggiungere gli obiettivi di 
Lisbona; 
 ξ 30 luglio 2002: Comunicazione della Commissione al Parlamento 
europeo e al Consiglio, su Lo Stato del mercato interno dei servizi, nella 
quale la Commissione mette in evidenza gli ostacoli, alla libera 
prestazione dei servizi all’interno del territorio comunitario, affermando 
che c’è un grosso divario tra la visione di un‟Europa economica 
                                                   
33
 Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al 
distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, Gazzetta ufficiale n. L 018 del 
21/01/1997 pagg. 0001 – 0006, in http://eur-
lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31996L0071:IT:HTML. 
34
 M.ROCCELLA, T.TREU, Diritto del lavoro della Comunità europea, quarta edizione, 2007, casa 
editrice Dott. Antonio Milani, CEDAM, pagg. 149-151. 
35
 Per consultare una tabella specifica circa l’iter legislativo della direttiva servizi, si veda la tabella 
Chronologie, in O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier 
hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pagg. 57 e ss.  
 26 
integrata e la realtà vissuta dai cittadini europei e dagli operatori di 
servizi; 
 ξ 25 febbraio 2004: la Commissione presenta la proposta di direttiva 
relativa ai servizi nel mercato interno; 
 ξ 16 febbraio 2006: il Parlamento europeo, sostituendo al principio del 
Paese d’origine la libera prestazione dei servizi , adotta in prima lettura la 
propria relazione; 
 ξ 24 aprile 2006: la Commissione riprende la proposta modificata dal 
Parlamento apportando solo piccole modifiche; 
 ξ 24 luglio 2006: il Consiglio adotta la posizione comune (6/2006); 
 ξ 12 dicembre 2006: il Parlamento europeo ed il Consiglio approvano la 
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, pubblicata 
nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GUCE L 376 del 
27/12/2006); 
 ξ 28 dicembre 2009: scade il termine di tre anni atto al recepimento della 
direttiva servizi da parte degli Stati membri36. 
                                                   
36
 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, DIPARTIMENTO POLITICHE COMUNITARIE, Guida per il 
monitoraggio relativa alla direttiva servizi, Roma, ottobre 2007. 
 27 
CAPITOLO III 
 
LIBERTÀ FONDAMENTALI 
 
Sommario: 3.1 – Libera prestazione dei servizi; 3.2 – Fonti normative; 3.3 – 
Le forme di restrizione vietate dall’art. 49 TCE. 
 
Il diritto di un cittadino comunitario di lasciare il proprio Paese di origine per 
recarsi in un altro Stato membro per esercitare un’attività economica alle stesse 
condizioni stabilite per i cittadini nazionali costituisce il denominatore comune di tre 
libertà fondamentali: la libera circolazione dei lavoratori, il diritto di stabilimento e la 
libera prestazione dei servizi. Gli articoli da 39 a 55 TCE, assieme ad una vasta 
produzione normativa, regolano la libera circolazione delle persone che esercitano 
un’attività economica all’interno della Comunità. La differenza sta nella natura e nel 
carattere dell’attività svolta: infatti, la libera circolazione delle persone è soggetta ai 
tre fenomeni giuridici distinti appena citati: 
 ξ La libera circolazione dei lavoratori (artt. da 39 a 42). Si tratta di una 
libertà che riguarda i lavoratori subordinati che spostandosi dal Paese 
membro di origine, vanno ad esercitare nel Paese membro di accoglienza 
un’attività economica reale e remunerata al servizio di un datore di lavoro. È 
un insieme di regole e principi che garantiscono a tutti i lavoratori subordinati 
della Comunità il diritto di esercitare una qualsiasi attività economica sul 
territorio di uno Stato membro beneficiando, insieme ai membri della 
famiglia, delle stesse condizioni di vita e di lavoro e delle stesse prerogative 
sociali e fiscali di cui godono i lavoratori subordinati nazionali37; 
 ξ Il diritto di stabilimento (artt. da 43 a 48). È un insieme di regole che 
organizzano la libertà di stabilirsi in un altro Stato membro a titolo 
                                                   
37A. MATTERA, Dispensa: Il diritto dell‟Unione europea. Raccolta di saggi,di estratti di opere e di 
elaborati, Insegnamento Diritto dell‟Unione europea, LUISS Guido Carli, anno accademico 2007-
2008. 
 28 
principale38 o secondario39, di svolgervi un’attività economica indipendente 
mediante un insediamento in pianta stabile e per una durata indeterminata, di 
beneficiare nello Stato ospite dei medesimi diritti e vantaggi riconosciuti ai 
cittadini nazionali. Infatti, ogni cittadino della Comunità ha diritto di stabilirsi 
sul territorio di un altro Stato membro per accedere ad un’attività non 
subordinata ed esercitarla mediante il trasferimento integrale della propria 
attività, oppure con l’apertura di un’agenzia, di una filiale, o di una succursale 
alle stesse condizioni previste per i cittadini nazionali. L’art. 43 è 
l’applicazione particolare del principio di pari trattamento sancito dall’art. 12 
del Trattato, che la Corte considera  una delle disposizioni giuridiche 
fondamentali della comunità40; 
 ξ La libera prestazione di servizi (artt. da 49 a 55). Tale libertà non è definita 
dal Trattato; essa si evince, comunque con chiarezza, dall’interpretazione 
degli articoli 4941 e 5042 TCE. Si tratta del diritto conferito ai cittadini 
comunitari di compiere, a titolo occasionale, delle prestazioni di attività 
economiche attraverso le frontiere interne della comunità. Se per la libera 
circolazione dei lavoratori e per il diritto di stabilimento è implicita 
un’integrazione del lavoratore salariato o del professionista indipendente nel 
                                                   
38
 Trasferendo l’intera attività o costituendo o gestendo un’impresa ed in particolare una società ai 
sensi dell’art. 48 TCE. La costituzione o gestione di un’impresa o società implicano la possibilità per 
un cittadino di uno Stato membro di acquistare la proprietà totale o parziale o di assumere il controllo 
di un’impresa o società già esistenti in un altro Stato membro, ad esempio mediante offerte pubbliche 
di acquisto (OPA). 
39
 Consiste nell’apertura di agenzie, succursali o filiali da parte di cittadini di uno Stato membro in un 
altro Stato membro. Le agenzie, le succursali o le filiali create nel Paese ospite devono dipendere da 
una società madre stabilita in uno Stato membro. 
40
 A. MATTERA, Dispensa: Il diritto dell‟Unione europea. Raccolta di saggi,di estratti di opere e di 
elaborati, Insegnamento Diritto dell‟Unione europea, LUISS Guido Carli, anno accademico 2007-
2008. 
41
 L’art. 49 vieta ogni restrizione alla libera circolazione dei servizi all’interno del territorio 
comunitario nei confronti dei cittadini comunitari stabiliti in un Paese diverso da quello del 
destinatario della prestazione.  
42
 L’art. 50 definisce i servizi come prestazioni fornite dietro retribuzione nella misura in cui non 
siano disciplinate dalle disposizioni relative alle altre libertà.