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Capitolo I 
LA SCENA DEL CRIMINE: IL SOPRALLUOGO 
GIUDIZIARIO E IL METODO MEDICO LEGALE 
 
 
1.1 Lo sviluppo dell'attività scientifica nell'ambito investigativo 
La concezione moderna dell’investigazione scientifica affonda le 
proprie radici in un periodo fecondo di personalità di grande rilievo 
nel panorama nazionale nell'ambito medico legale, quale la fine del 
XIX secolo e gli inizi del XX secolo, un periodo di massima fiducia 
nella scienza, nella tecnologia, nella ragione, attraverso le quali ogni 
cosa può essere spiegata e quindi compresa. 
Tra i maggiori esponenti che hanno contribuito alla formazione di 
questo nuovo modo di intendere l'investigazione troviamo Salvatore 
Ottolenghi, fondatore della Scuola Superiore di Polizia e già dottore 
in Medicina e Chirurgia, specializzato in oculistica; egli amplia i suoi 
studi verso altri settori (antropologia, psichiatria e medicina legale) 
allorché incontra Cesare Lombroso, il quale si occupa di antropologia 
criminale (disciplina di cui egli stesso è inventore e secondo la quale i 
tratti della personalità criminale sono determinati da tare e anomalie
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somatiche). 
Entrambi rifiutano il principio di autorità e il metodo 
induttivo-empirico, riscontrando nell'approccio scientifico galileiano 
l'unico principio da utilizzare e da applicare ai loro studi.  
Se già Lombroso aveva intuito le possibilità di una Polizia moderna 
che, basata sulla conoscenza dell’uomo, introducesse ed applicasse il 
concetto della prevenzione accanto a quello della repressione, 
Ottolenghi andò oltre applicando la metodologia scientifica induttiva, 
basata cioè sull’osservazione, alle indagini di polizia giudiziaria. 
Egli colse sin da subito la necessità dell'istituzione di una Scuola che 
formasse i futuri poliziotti secondo l'arte della ricerca metodica della 
prova, affinché  la scena del crimine potesse essere analizzata 
secondo criteri universali, ritenendo che ormai per troppo tempo, 
citando uno scritto di Lombroso, si fosse operato in Polizia “così 
come si faceva la guerra nei tempi eroici, tutta a casaccio, ad 
empirismo, dove il merito individuale di alcuni pochi in astuzia ed in 
forza muscolare decideva solo della vittoria” e che mancasse 
personale veramente qualificato che si servisse “per le sue indagini 
delle risorse scientifiche offerte dagli studi di statistica, di 
antropologia criminale, che moltiplicasse, insomma, il proprio 
impegno con le forze enormi, e quel che è più, esattamente
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governabili della scienza”. 
Ottolenghi, quindi, avviò un complesso di realizzazioni che, a distanza 
di tanti anni, costituiscono ancora oggi un vanto della Polizia italiana e 
tra le quali sono da citare: 
• la metodologia da seguire per l’effettuazione del sopralluogo e 
l’adozione di una precisa terminologia;  
• l’istituzione, già nel 1903, del cartellino segnaletico nel quale 
sono riassunti i rilievi descrittivi, fotografici e dattiloscopici del 
soggetto sottoposto a rilievi; 
• la creazione presso le Questure dei Gabinetti di Polizia 
Scientifica, la “classifica decadattiloscopica Gasti” dal nome di 
uno dei più prestigiosi collaboratori di Ottolenghi, l’allora 
commissario Giovanni Gasti. 
 
“Non si può giungere a formulare delle ipotesi sul reato, sulle 
modalità con le quali si è svolto, sul reo, se non si sono raccolti i dati 
di fatto, i quali costituiscono il punto di partenza inconfutabile delle 
ipotesi o delle intuizioni” in questa frase Ottolenghi aveva già 
recepito, con grande anticipo, l'importanza delle indagini scientifiche 
per la risoluzione dei casi controversi, e intuito la necessità che a 
presiedere le attività di investigazione fosse un settore specializzato
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creato all'interno degli  uffici di Polizia, composto da figure 
professionali altamente specializzate in determinati settori scientifici 
(biologi, chimici, fisici, medici legali, ingegneri, psicologi ecc.) che 
operando in concerto avrebbero potuto dar luogo a quella affascinante 
prospettiva di una scienza usata per combattere il crimine, fondata su 
regole metodiche universali, che avrebbe alimentato il mito della 
certezza del giudizio: la prova scientifica come prova certa.  
 
1.2 Il codice di Procedura Penale come legittimazione del 
momento investigativo 
Le idee lungimiranti sviluppate da Ottolenghi sono state sicuramente 
d'aiuto per il legislatore di quegli anni anche nell'ambito del diritto 
processuale penale, un settore che nei decenni successivi ha avvertito 
la necessità di un cambiamento a livello strutturale del modo di 
procedere, infatti, a seguito dell'emanazione del nuovo codice di 
procedura penale del 1988, che ha per la prima volta distinto la fase 
delle indagini preliminari dalla fase giurisdizionale, le prove desunte 
da indagini tecniche e da esami di laboratorio hanno 
comprensibilmente acquisito un rilievo sempre più determinante. 
Il nuovo codice si evidenzia per l'abbandono del sistema inquisitorio, 
nel quale il giudice istruttore provvedeva sia alla ricerca e
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all'acquisizione delle prove che alla loro valutazione, a favore del 
sistema accusatorio, nel quale troviamo dei soggetti preposti alla fase 
delle indagini per la ricerca degli elementi di prova (Pubblico 
Ministero e Polizia Giudiziaria) ed il giudice, preposto alla fase 
giurisdizionale, il quale è terzo ed imparziale e provvede sulla 
ammissione e valutazione delle prove. Mentre il sistema inquisitorio 
procedeva dalla pretesa di conoscere già tutta la verità che si 
manifestava all’interno del processo sotto forma di prove già 
accertate, il sistema accusatorio prende in considerazione soltanto le 
prove regolarmente formate nel contraddittorio tra le parti di fronte a 
un giudice terzo, dunque l’investigazione condotta secondo precise 
regole costituisce una delle idee fondanti del nuovo processo penale. 
 
L'importanza che nella fase delle indagini assume la polizia 
giudiziaria è sottolineata nel Libro V , Titolo IV del codice di 
procedura penale dagli articoli 348, 349, 350, 352 e 354 c.p.p. i quali 
si preoccupano di disciplinare rispettivamente l'attività di 
assicurazione delle fonti di prova, di identificazione delle persone, di 
assunzione di sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti 
vengono svolte le indagini e di eseguire accertamenti sui luoghi, sulle 
cose e sulle persone.
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L'articolo 348 c.p.p. determina il modus operandi: “anche 
successivamente alla notizia di reato la polizia giudiziaria raccoglie 
ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto ed alla individuazione 
del colpevole. A tal fine procede fra l’altro alla ricerca delle cose e 
delle tracce pertinenti al reato, nonché alla conservazione di esse e 
dello stato dei luoghi”.  
La polizia giudiziaria inoltre “procede alla identificazione della 
persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in 
grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei 
fatti”(art.349 c.p.p.) potendo procedere, ai fini de quo, eseguendo 
anche rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici; a tal 
proposito la giurisprudenza costituzionale è d'accordo nel ritenere che 
tali accertamenti siano effettuati in modo che non comportino 
pregiudizi per la libertà personale dell'individuo diversi dalla 
momentanea immobilizzazione indispensabile per descrivere o 
fotografare. A questa regola  il comma 2-bis del medesimo articolo 
(aggiunto ad opera della l. 155/2005) pone una eccezione nel caso del 
prelievo di materiale biologico finalizzato alla tipizzazione del profilo 
genetico dell'indagato: in questo caso, in mancanza di consenso da 
parte del diretto interessato, la polizia giudiziaria procede 
coattivamente al prelievo di capelli o saliva previa autorizzazione
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scritta del pubblico ministero. Gli ufficiali di polizia giudiziaria, 
inoltre, “assumono sommarie informazioni utili per le investigazioni 
dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini” (art.350 
c.p.p.), “procedono a perquisizione personale o locale quando hanno 
fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose 
o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse” 
(art.352 c.p.p.). 
L'articolo 354 c.p.p. riguarda gli accertamenti urgenti da effettuare sui 
luoghi o sulle cose e sulle persone sottolineando (nel 1° comma) 
l'importanza della polizia giudiziaria nella c.d. attività di 
conservazione; il 3° comma dello stesso articolo attribuisce agli 
ufficiali di polizia il potere di compiere “necessari accertamenti e 
rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale”; il secondo 
periodo del 3° comma prevedeva la possibilità di effettuare 
accertamenti sulla persona che comportavano il prelievo coattivo di 
materiale biologico ( ex L. 155/2005), questa opzione è stata in 
seguito soppressa dalla L. 85/2009, dunque ad oggi la polizia 
giudiziaria può operare il prelievo solo con il consenso della persona 
interessata. 
Se sostanzialmente la polizia giudiziaria possiede numerosi poteri in 
ordine all'attività conservativa della scena del crimine, non bisogna
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dimenticare che protagonista della fase delle indagini investigative e 
soggetto che convalida gli accertamenti effettuati dalla P.G . è il 
pubblico ministero. Egli esercita l'azione penale attraverso la richiesta 
di rinvio a giudizio dell'indagato al Giudice per le Indagini Preliminari 
(G.I.P.) dopo la fase delle indagini preliminari, sulla base degli 
elementi di prova raccolti, viceversa può decidere di archiviare il 
procedimento per insussistenza degli elementi raccolti. Il codice di 
procedura penale pone dei limiti temporali entro i quali devono 
svolgersi le indagini, che vanno dai 6 ai 12 mesi prorogabili fino a 18 
o 24 mesi a seconda della gravità dei reati o nel caso in cui ci si trovi 
nell'impossibilità di concludere le indagini nei tempi ordinari. 
Al fine di procedere ad indagini dettagliate, gli articoli 359 e 360 
c.p.p. attribuiscono al P.M. il potere di procedere ad accertamenti 
oppure a rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici. Egli può nominare 
e avvalersi di consulenti tecnici, che non possono rifiutare la loro 
opera. La loro presenza è necessaria per il contributo di natura 
tecnico-scientifica, fondato su cognizioni specialistiche che non sono 
possedute dall'organo inquirente. Quando gli accertamenti tecnici sono 
irripetibili, acquisiscono valore di prova in quanto promossi nelle 
forme dell'incidente probatorio, che è un istituto del diritto processuale 
penale con il quale il pubblico ministero chiede l'assunzione anticipata
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dei mezzi prova (inserendo così una parentesi processuale all'interno 
di una fase procedimentale, quale è quella delle indagini preliminari) 
nelle fasi precedenti il dibattimento. L'irripetibilità rileva nelle ipotesi 
in cui gli accertamenti riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è 
soggetto a modificazione per cause naturali (si veda ad esempio 
l'esame autoptico), oppure nelle ipotesi in cui sia la stessa attività 
accertativa a determinare modificazioni delle cose, dei luoghi o delle 
persone tali da rendere l'atto non ripetibile (un esempio si ha 
nell'ipotesi in cui per identificare la natura di una sostanza rinvenuta 
nella scena del delitto occorre effettuare un'analisi che ne comporta la 
distruzione).  
 
1.3 Nozioni di carattere generale relative alle indagini  
Nell’ambito dell’investigazione giudiziaria, che prende avvio dalla 
notizia criminis, la prima fondamentale distinzione è quella fra 
indagini dirette e indagini indirette.  
Le prime, che costituiscono le “indagini tecniche”, sono dette anche 
indagini di acquisizione probatoria oggettiva, dal momento che si 
svolgono direttamente su cose, luoghi o situazioni pertinenti al reato e 
comportano una analisi degli elementi ritrovati sulla cosiddetta scena 
del crimine, per esempio i rilievi planimetrici, fotografici, gli esami
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balistici, analisi di laboratorio sui reperti e così via.  
Le seconde, o indagini di acquisizione probatoria soggettiva, invece, 
sono quelle che riguardano persone o atti che non promanano 
direttamente dalla scena del crimine, si pensi all’acquisizione di 
informazioni, alle sommarie informazioni, agli accertamenti presso 
pubblici registri ecc. 
Le indagini tecniche prevedono due fasi distinte: la fase del 
rilevamento e quella dell’accertamento. La fase del rilevamento è 
quella in cui si effettua la “ricerca degli indizi”, la fase in cui gli 
operatori di polizia scientifica acquisiscono i dati e gli elementi 
materiali senza elaborarli; la fase dell'accertamento consiste 
nell'insieme delle operazioni, eventuali, volte a trasformare in prova 
gli elementi acquisiti mediante metodiche di laboratorio. 
Quindi tutta l'attività ruota intorno all'indizio, inteso come momento 
che riesce a indicare la strada da perseguire nella ricerca del 
colpevole. La scena del delitto è come un archivio di dati che devono 
essere decodificati dagli operatori scientifici che hanno il duro 
compito di ricollegare tra loro i vari indizi ai fini della ricostruzione 
del fatto criminoso e dell’identificazione dell’autore, e di  fornire al 
giudice degli elementi che possano essere più concordanti possibili 
per raggiungere un grado di conoscenza che possa andare “al di la di
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ogni ragionevole dubbio”.   
1.4 Il sopralluogo giudiziario e le sue fasi 
Alla fase di rilevamento appartiene il sopralluogo tecnico della polizia 
scientifica, momento di rilevante importanza che si sostanzia in quel 
complesso di operazioni, eseguite con metodo scientifico, che 
Ottolenghi ha riassunto in quattro momenti: 
 
a) osservazione; 
b) descrizione; 
c) fissazione; 
d) conservazione; 
 
a) Eraclito affermava: “Chi non si aspetta l'inaspettato non scoprirà 
la verità”. Questa è la frase che l'investigatore deve tenere a mente; 
procedere ad esaminare la scena senza preconcetti, osservare 
oggettivamente il luogo senza farsi condizionare dalle precedenti 
esperienze, perché ogni delitto sebbene configuri una fattispecie di 
reato simile, non sarà mai uguale ad un altro, quindi il professionista 
non si deve lasciar tentare dal porre in essere una indagine empirica 
ma deve porre attenzione ad ogni indizio in modo da analizzarlo 
secondo un metodo scientifico. E' necessario, in primo luogo, che