5Nel terzo ed ultimo capitolo si affrontano temi a carattere statistico che 
rappresentano la dottrina di base per poter effettuare i diversi studi di correlazione e 
predizione, nel nostro caso, in riferimento al merito creditizio e alla misurazione del 
rischio di credito. Verranno inoltre introdotte le diverse tipologie di rischio che 
un’azienda bancaria incorre quando si trova nella condizione di concedere un 
qualsiasi tipo di affidamento e verranno presentati i diversi “metri di giudizio” 
attraverso i quali misurare il rischio di credito, quali “la perdita attesa” o expected
loss”, “la probabilità di insolvenza” o default probability.
I temi di questo capitolo sono di estrema attualità in quanto trattati dal Comitato di 
Basilea 2, comitato per la vigilanza bancaria istituito nel 1974 dalle banche centrali 
dei paesi appartenenti al G10, che ha dato origine alla normativa sull’adeguatezza 
patrimoniale dei sistemi bancari a livello internazionale. 
6CAPITOLO I
IL CREDITO AL CONSUMO
1.1 La storia del mercato del credito al consumo 
La nozione di credito al consumo è riferita al mercato dei crediti a soggetti privati, 
esclusi i mutui ipotecari. Tali finanziamenti sono generalmente destinati all’acquisto 
di beni o servizi e sono erogati sotto forma di prestito oppure di credito rotativo. 
Sotto il profilo operativo il mercato si distingue sostanzialmente in: 
prestiti “finalizzati” all’acquisto di beni durevoli, non durevoli o servizi, 
generalmente erogati tramite l’intermediazione di un esercizio convenzionato; 
prestiti “non finalizzati
1
” erogati senza  vincolo di destinazione in capo al 
prenditore;
aperture di credito revolving utilizzabili tramite carta di credito. 
Sotto il profilo temporale i crediti sono classificabili in: 
prestiti a tempo determinato, che prevedono un piano di rimborso definito sin 
dall’origine con rata a tasso fisso; 
prestiti a tempo indeterminato a tasso variabile
2
, che prevedono la messa a 
disposizione del consumatore di un affidamento che lo stesso può utilizzare a sua 
discrezione, presso negozi o come anticipo contanti ed è riutilizzabile in base alla 
disponibilità creatasi in seguito ai rimborsi rateali effettuati. L’utilizzo è 
generalmente collegato all’emissione di una carta di credito. 
1
 I  prestiti “non finalizzati” sono assimilabili al prestito personale concesso senza la richiesta di 
garanzie reali o personali; l’importo massimo erogabile con questa forma ammonta a 30.000 €. 
2
 I prestiti a tempo indeterminato a tasso variabile sono aperture di credito rotativo, comunemente 
chiamate “revolving credit”.
7Il primo avvio del mercato del credito al consumo finalizzato coincide con l’avvio 
delle reti di distribuzione del mercato automobilistico, alla fine degli anni trenta, ma 
le basi del suo effettivo sviluppo si pongono, in Italia, nei primi anni sessanta, in 
coincidenza del rapido processo di crescita economica del Paese che innesca un forte 
cambiamento negli stili di vita e dei consumi di milioni di famiglie. 
Nei decenni successivi ed in modo particolarmente significativo dalla metà degli anni 
ottanta il mercato cresce continuamente e vede affacciarsi un numero sempre 
maggiore di società. Nel 1984 il totale delle consistenze a fine periodo, relativamente 
alle banche ed alle finanziarie specializzate, è di circa 10.670 miliardi di lire, nel 
1999 la voce raggiunse i 62.565 miliardi di lire, confermando questo settore come 
uno tra i principali del sistema bancario e finanziario. 
Il mercato di riferimento di Santander Consumer Bank S.p.A. (da ora indicato per 
comodità come Santander) è quello del credito finalizzato, delle carte di credito 
revolving, dei prestiti personali e del leasing: coincide sostanzialmente con le aree di 
intervento delle società associate all’Assofin
3
.
Le associate Assofin rappresentano quattro tipologie di soggetti: 
società finanziarie specializzate, di proprietà di importanti gruppi finanziari, 
assicurativi o bancari, italiani e stranieri; 
società finanziarie “captive” di proprietà di gruppi automobilistici; 
banche direttamente impegnate nel settore con divisioni specializzate; 
1.2 Il mercato del credito al consumo negli ultimi anni 
Facendo riferimento ai dati raccolti dal credit bureau CRIF
4
, le consistenze totali di 
credito al consumo, si sono attestate, alla fine del 2003, attorno ai 55.300 milioni di 
euro; le banche generaliste rappresentano oltre 15.500 milioni di euro, mentre le 
istituzioni finanziarie e banche specializzate hanno raggiunto i 39.800 milioni di 
euro. La tendenza descritta è effetto di precise scelte decisionali delle banche 
generaliste e dei loro gruppi di riferimento, orientati verso una più ampia 
3
 Associazione italiana del Credito al Consumo e Immobiliare. 
4
 Centrale Rischi del sistema bancario in Italia: è una banca dati di tutte le informazioni creditizie in 
capo ad un soggetto.
8distribuzione tramite le proprie reti di prodotti delle istituzioni finanziarie e banche 
specializzate.
L’evoluzione delle consistenze è stata analizzata nel rapporto in forma distinta per i 
due comparti del mercato, il primo costituito dalle banche generaliste ed il secondo 
dalle istituzioni finanziarie e banche specializzate. Le consistenze aventi origine 
bancaria mostrano un’evoluzione suddivisibile in tre macrocategorie: la componente 
dei finanziamenti veicolati attraverso carta di credito, le cessioni del quinto e le altre 
forme tecniche. 
Nel campo delle istituzioni finanziarie e banche specializzate è stata effettuata una 
scomposizione più dettagliata: sempre alla fine del 2003, i finanziamenti finalizzati 
ammontano al 69,3%, in diminuzione di 4,5 punti percentuali rispetto al 2002; i 
finanziamenti non finalizzati sono passati al 16,1% del totale, le carte di credito 
revolving rappresentano il 9,7% del totale con un tasso di crescita del + 42,4%, 
mentre i prestiti rimborsati con la cessione del quinto dello stipendio, che 
costituivano il 4,9% del totale delle consistenze, continuano a crescere ad un tasso 
superiore alla media (+36,8% nel 2003; nel 2002 il dato era +22,2%). 
Da un’analisi monografica condotta dalla banca dati CRIF si evince un aumento 
delle famiglie che ricorrono al credito in presenza di finanziamenti non ancora 
completamente rimborsati; tuttavia all’aumento del numero di prestiti preesistenti e 
dell’ammontare degli impegni finanziari si contrappongono sia un aumento del 
numero di famiglie con redditi più elevati che fanno ricorso al credito, sia un 
sostanziale equilibrio fra ammontare degli impegni finanziari e livello di reddito 
corrente; sono proprio le famiglie dotate di un reddito medio-alto ad evidenziare un 
livello di indebitamento più elevato e caratterizzato da una crescita più sostenuta; le 
famiglie che possiedono un reddito da lavoro dipendente rappresentano la 
maggioranza di quelle che accedono al credito, ma i mutati comportamenti 
dell’offerta si riflettono anche in una crescente presenza di lavoratori autonomi e di 
altre tipologie di famiglie con redditi meno stabili. La crescita dell’indebitamento 
delle famiglie italiane sembra più l’effetto di un mutamento delle modalità di 
9comportamento finanziario e di gestione del budget familiare che la conseguenza di 
un generale impoverimento delle famiglie stesse. 
Il relativo incremento del numero di famiglie italiane che presentano difficoltà di 
rimborso del  debito va letto più come una conseguenza fisiologica di una maggiore 
attività creditizia che come sintomo del deterioramento della capacità delle famiglie 
di onorare i debiti contratti. 
Nel corso degli ultimi anni la crescita del ricorso al credito è stata elevata, con tassi 
di sviluppo positivi, più o meno intensi, in relazione alla congiuntura, al livello dei 
tassi di interesse e all’andamento dei mercati finanziari. 
Il cambiamento sembra essere collegato ad un nuovo approccio delle famiglie nei 
confronti del finanziamento dei propri acquisti o dei propri investimenti immobiliari: 
l’accezione negativa associata all’indebitamento e, in particolare, all’indebitamento 
finalizzato all’acquisto di beni durevoli e non, sta progressivamente dissolvendosi, 
lasciando spazio a una maggiore consapevolezza finanziaria delle famiglie e ad una 
più razionale gestione dei propri flussi di cassa. 
L’analisi del comportamento finanziario delle famiglie italiane non può prescindere 
da una valutazione comparativa rispetto a quanto registrato nei principali paesi 
europei. Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad una lenta ma progressiva 
convergenza delle scelte delle famiglie europee, sotto il profilo sia del ricorso al 
credito sia dell’investimento, anche se permangono forti differenze tra i vari Paesi. 
In particolare, si denota la diversa importanza dell’indebitamento pro-capite delle 
famiglie nei paesi oggetto dell’analisi ed il relativo tasso di indebitamento. In assenza 
di dati relativi ai flussi lordi di debito, quest’ultimo è stato calcolato come rapporto 
tra passività finanziarie delle famiglie e reddito disponibile lordo. 
Dal confronto emerge come l’indebitamento delle famiglie risulti: 
molto più elevato nel Regno Unito e in Germania, sia in termini di prestiti pro-
capite, sia in termini di tasso di indebitamento; 
su livelli medi in Francia e Spagna; in quest’ultima nazione, tuttavia, il tasso di 
indebitamento risulta molto più elevato a causa di un minore reddito disponibile; 
10
ancora basso in Italia, con un indebitamento pro-capite pari a circa il 25% di 
quello registrato nel Regno Unito e poco superiore al 50% di quello francese ed 
un tasso di indebitamento che, nel 2002, superava di poco il 34%. 
Dal punto di vista della dinamica, l’Italia mostra un’evoluzione più graduale – specie 
se paragonata alla Spagna, dove le consistenze di credito pro-capite sono di fatto 
triplicate negli ultimi sette anni – verso un nuovo equilibrio nelle preferenze delle 
famiglie probabilmente più prossimo a quello medio dei paesi europei mediterranei. 
1.3 La rischiosità del credito al consumo 
In tale contesto la rischiosità del credito al consumo è rimasta sostanzialmente stabile 
su valori relativamente modesti anche se va segnalato un tendenziale aumento delle 
insolvenze leggere
5
. Le istituzioni finanziarie specializzate mantengono tassi di 
sofferenza più elevati rispetto alle banche generaliste per via della loro più facile 
predisposizione a concedere affidamenti, ma il differenziale è in progressiva 
contrazione.
A fronte di una sostanziale stabilità degli indicatori di rischio più grave, ovvero dei 
tassi di sofferenza e di insolvenza grave (+0,2%  nel 2003), la rischiosità complessiva 
del comparto del credito al consumo ha continuato a risentire della dinamica più 
accentuata delle insolvenze leggere (+0,4%), perdendo nel 2003 parte della 
significativa riduzione conseguita nell’anno precedente. 
La crescita delle insolvenze leggere rappresenta quindi la metà dell’aumento 
complessivo della rischiosità osservata nel 2003. 
Per quanto riguarda il comparto mutui, a fine 2003 il rischio complessivo risulta in 
aumento del + 0,3% rispetto a fine 2002 e attribuibile sostanzialmente alla dinamica 
delle insolvenze leggere. 
5
 E’ considerata insolvenza leggera un picco di rate insolute al di sotto delle tre mensilità.