Le destre italiane e il piano Marshall
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tasso d’indebitamento, erogazione di crediti di miglioramento, ecc.); riorganizzazione industriale (finanziamenti alle piccole e medie imprese, minimi salariali, ecc.); difesa del risparmio (depositi bancari sottoposti ad assicurazione obbligatoria, ecc.); lotta alla disoccupazione (attraverso notevoli stanziamenti in favore delle opere pubbliche gestiti dalla Civil Works Administration, dalla Works Progress Administration e dalla Public Works Administration); pianificazione e sviluppo regionale di aree depresse e creazione di agenzie governative regionali (come ad esempio la Tennessee Valley Authority) per la gestione dei programmi elaborati e coordinati dagli organi federali; regolamentazione dell’attività di Borsa; disciplina della sicurezza sociale attraverso il Social Security Act del 1935 (una serie di norme che tra l’altro prevedevano indennità di disoccupazione, pensioni per la vecchiaia, assistenza sanitaria ai bambini, libertà di organizzazione sindacale, contrattazione collettiva, riduzione dell’orario di lavoro). “Il nuovo ruolo dello Stato, come regolatore della vita economica – sottolinea Salvadori – per quanto discusso, era ormai consolidato. La necessità che il governo intervenisse nella sfera dei rapporti fra capitale e lavoro, necessità che i repubblicani avevano tanto a lungo respinto, era una realtà riconosciuta”. (4) Il trasferiremento di questo tipo di approccio dalla politica interna alla politica estera, in modo apparentemente paradossale, si tradusse nella difesa e nella promozione dei principi del libero scambio e della “porta aperta”, dei mercati mondiali concepiti, cioè, come un’entità unica, un “one world”. Il paradosso, però, era solo apparente, perché questo “mondo unico” doveva essere politicamente e democraticamente diretto, così che le iniziative private potessero liberamente competere senza beneficiare di eventuali posizioni di privilegio all’interno di spazi tutelati da politiche di potenza. Un tale disegno richiedeva da una lato un’attività di cooperazione internazionale che garantisse relazioni pacifiche e istituzioni internazionali in grado di realizzare i due principi sopra menzionati, dall’altro l’opposizione a forme di organizzazione economico- sociale autarchiche modellate sulla concezione della “economia dei grandi spazi”. Quest’ultima teoria aveva trovato negli anni trenta ampia attuazione, soprattutto nella politica economica tedesca, la cui gestione fu affidata da Hitler a Schacht, governatore della Reichsbank. Oltre all’impiego di una serie di strumenti para–monetari (principalmente buoni speciali negoziabili ma solo parzialmente scontabili), che consentissero una espansione dell’occupazione e del reddito difendendo al contempo la parità ufficiale del marco, il “sistema Schacht” (così fu definito) si concretizzò nel “Neuer Plan”, un modello economico che promuoveva la bilateralizzazione del commercio estero attraverso accordi di compensazione, introduceva limitazioni quantitative alle importazioni, sovvenzionava le esportazioni e formulava l’ipotesi della
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Le destre italiane e il piano Marshall
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Informazioni tesi
Autore: | Vito Verdecchia |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | R. D'agata |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 165 |
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