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INTRODUZIONE 
	
L’interesse che mi ha spinto ha intraprendere questo tipo di lavoro per il territorio in 
esame, ancor prima dell’interesse prettamente archeologico, nasce da un legame personale, 
essendo cresciuto in questa zona della Sardegna. 
In questo elaborato cerco di dare un quadro generale di quello che potrebbe essere stato il 
popolamento nel territorio costiero nord-orientale della Sardegna durante l’età del Bronzo 
Medio. Mi soffermerò in particolar modo sul territorio corrispondente agli attuali comuni di 
San Teodoro e Budoni (nella regione storica della Gallura), Torpè e Posada (nella regione 
storica della Baronia).  
Nel territorio oggetto di questo lavoro, così come del resto della Gallura, non sono ancora 
note attestazioni risalenti al paleolitico, età nella quale l’uomo abitava in stazioni all’aperto, o 
in grotte, e praticava essenzialmente attività di caccia, pesca e raccolta di frutti spontanei. 
Tuttavia, in altre regioni dell’Isola, sono state rinvenute testimonianze che risalgono a questo 
periodo e, poiché si ritiene che l’uomo del Paleolitico abbia raggiunto la Sardegna 
attraversando le isole dell’Arcipelago Toscano e la Corsica, appare probabile che anche la 
parte nord-orientale della Sardegna possa, prima o poi, restituire le tracce di questo passaggio. 
Per il momento le testimonianze più antiche risalgono al Neolitico, quando si verificò un 
cambiamento radicale, una vera e propria rivoluzione negli usi e nei costumi delle genti del 
bacino del Mediterraneo. Con la nascita dell’agricoltura e dell’allevamento, infatti, si 
crearono le prime sedi stabili, si perfezionò l’uso della pietra per fabbricare utensili di vario 
genere (punte di freccia, raschiatoi ecc…) e si modellò l’argilla per realizzare i primi 
contenitori in ceramica. 
In sostanza si sviluppò un’economia di tipo produttivo, capace di intessere una rete vivace 
di rapporti e di scambi che coinvolse inevitabilmente anche la Sardegna. Questo era dovuto da 
una parte alla sua posizione centrale nel Mar Mediterraneo, e dall’altra alla ricchezza di 
materie prime preziose, sia perché facilmente lavorabili, sia in quanto estremamente rare: 
l’ossidiana, presente nell’Isola esclusivamente sul Monte Arci e la selce, in particolare quella 
della zona di Perfugas. Nella diffusione di queste anche la Gallura, indicata quale testa di 
ponte negli scambi trasmarini mediati attraverso la Corsica, si trovò a essere necessariamente 
coinvolta. 
I siti più antichi, infatti, sono stati individuati, come in altre parti della Sardegna, in 
prossimità dei litorali, a testimoniare il ruolo dinamico delle coste nelle rotte commerciali che
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consentivano ai suddetti materiali litici di raggiungere la Corsica e da qui la Francia 
meridionale, la Spagna e la Penisola Italiana. 
L’area indagata ha una superficie di circa 290 km
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, che comprende i comuni di San 
Teodoro e Budoni nella nuova provincia di Olbia-Tempio, mentre i comuni di Torpè e 
Posada, appartengono alla provincia di Nuoro. 
I primi due comuni si sviluppano attraverso un articolato sistema morfologico 
caratterizzato da estesi tratti di costa rocciosa, intervallate da piccole spiagge di fondo baia e 
da ampie falcate sabbiose, delimitate internamente dallo sviluppo di cordoni dunari più o 
meno evoluti ed estese depressioni umide retrodunari. A tutto ciò fa da cornice il massiccio 
montuoso del Monte Nieddu. La struttura insediativa del territorio conosce forme da età 
preistorica e protostorica, con una serie di nuraghi. In età romana l’area era attraversata dalla 
via ad Ulbia Caralis con la stazione di Coclearia, corrispondente probabilmente a San 
Teodoro. Il ripopolamento dopo un abbandono secolare avvenne verso il secolo XVII con lo 
stanziamento di pastori di Posada. Al Seicento deve ugualmente assegnarsi il centro abitato di 
Budoni. 
L’area che comprende i comuni di Posada e Torpè, conosce un ricco popolamento 
preistorico, con le Domus de Janas, i nuraghi e le Tombe dei Giganti. Alla foce del fiume 
Posada, più arretrato in antico, deve localizzarsi la città di Pheronia attestata esclusivamente 
in Tolomeo, mentre nel medioevo il centro erede di Feronia, Posada, appare come capoluogo 
della curatoria omonima del Giudicato di Gallura. La complessità ambientale e storico-
culturale di quest’area, sia sul litorale sia nel territorio interno, richiama sin dalla preistoria 
una gestione della costa e delle relazioni per la fruizione e le attività economiche tra aree 
costiere e aree interne. Il sistema paesaggistico rurale è caratterizzato da un territorio che 
conserva, intorno al bacino artificiale di Posada, le caratteristiche degli aridi paesaggi 
pastorali e dalla piana che offre un paesaggio agrario rappresentato in particolare dai 
seminativi. Il paesaggio storico-culturale è caratterizzato dal borgo medievale di Posada, e il 
castello della Fava, sia per le valenze urbanistiche sia quelle architettoniche. 
 
Tutta l’area indagata geograficamente si trova in una zona fortemente antropizzata. 
Questo è dovuto dal fatto che i comuni presi in esame, hanno una forte vocazione turistica, 
soprattutto durante l’estate, di conseguenza è stato veramente difficile poter esaminare il 
territorio in maniera dettagliata ed esaustiva.  
Il comune con più testimonianze archeologiche è quello di Torpè, infatti, dei quattro 
comuni indagati, Torpè risulta essere l’unico che non è a contatto col mare ed è stato
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preservato, in parte, dalla forza demolitrice dell’uomo. Nonostante ciò, rimane comunque 
complicato provare a dare una successione cronologica dei monumenti e anche quali rapporti 
ci sarebbero potuti essere tra loro. 
Nelle pagine seguenti, proverò a studiare in maniera più approfondita questo territorio, 
cercando di capire quale potessero essere i rapporti tra i nuraghi, non solo fra loro, ma anche 
in relazione al territorio circostante, ai fiumi e al mare, cercando quindi, di dare un quadro più 
dettagliato dell’area presa in esame.
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Area indagata della costa nord-orientale
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Particolare dei comuni indagati
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1. LA CIVILTA’ NURAGICA 
 
La comparsa della civiltà nuragica non avvenne in un deserto antropico ma fu il 
seguito di un lungo cammino percorso dall’uomo nell’isola, dal Paleolitico ai tempi della 
prima metallurgia, in un’età in cui l’homo habilis dei nostri giorni continua a definire 
convenzionalmente, ma impropriamente la Preistoria. 
Le prime apparizioni dell’uomo in Sardegna risalgono al Paleolitico Antico (Valle del Rio 
Altana nell’Anglona), circa 500.000-150.000 anni fa, e al Paleolitico Superiore (Grotta 
Corbeddu di Oliena), circa 25.000-10.000 anni a.C.
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 In seguito, a partire dal Neolitico (circa 
6000 a.C.) sino alla fine del Bronzo Antico, intorno al 1600 a.C., si succedettero numerose 
facies archeologiche. 
All’interno delle quattro tappe fondamentali, definite da Giovanni Lilliu rispettivamente 
Nuragico I, II, III e IV 
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, si riconoscono dodici distinte facies archeologiche che rappresentano 
lo specchio di altrettanti processi di cambiamento avvenuti dal 1600 a.C. fino ai tempi del 
dominio di Roma imperiale. 
 
 
 
  
  
 
 
																																																													
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	Al Paleolitico Antico, a circa 450.000-150.000 mila anni fa, sono fatti risalire i reperti in selce della valle del 
Rio Altana, nel Sassarese e del Medio Campidano. Diversamente, al paleolitico superiore conducono i 
ritrovamenti di faune, elementi osteologici umani e diversi manufatti della Corbeddu di Oliena (Lilliu 1988 
pp.23-26; Contu 1998 p. 62-66). 
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 Lilliu 1982; Lilliu 1988. Sulle nuove facies: Ugas 1998, pp. 257-272.
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Il periodo nuragico I (1600-1330 a.C.) 
Il primo periodo nuragico è connotato dalla diffusione, se non dalla nascita, dei 
nuraghi arcaici o protonuraghi e corrisponde essenzialmente all’Età del Bronzo Medio (BM). 
 Questo periodo si estende tra il 1600 e il 1330 a.C. (1700-1400 a.C. in cronologia 
calibrata), in sincronia con Bronzo Medio della penisola italiana. 
 
Il periodo nuragico II (1330-900 a.C.)  
La meglio conosciuta stagione dei nuraghi classici, o a tholos, dalle alte torri, si 
sviluppa nell’ambito dell’età del Bronzo Recente e Finale. 
 
Il periodo nuragico III (900-510 a.C.) 
 Dopo il tramonto della grande architettura delle fortezze nuragiche, il periodo nuragico 
III documenta l’inizio della ristrutturazione e trasformazione dei nuraghi in edifici sacri 
nell’ambito di un nuovo corso politico che vede al potere, in un sistema “aristocratico”, 
anziani veri e propri capi delle comunità. Le aree sacre si trasformano in complessi santuari, 
legati ai nuovi centri del potere. 
 Sulle coste sud-occidentali, a partire dal IX-VIII secolo, sono accolti i primi fondaci 
fenici, in particolare Nora e Sulci, che ben presto si trasformano in città e in tappe 
fondamentali del commercio fenicio in occidente. 
 
Il periodo nuragico IV (510-I secolo a.C.) 
 Verso la fine del VI secolo i Cartaginesi occuparono le zone costiere e le pianure della 
Sardegna determinando la fine dell’indipendenza politica per gran parte dell’isola. 
 Gli Jolei insieme a Balari sono costretti a rifugiarsi sulle aree montane inaccessibili 
dove con le popolazioni già residenti concertano la resistenza all’avanzata di Cartagine prima 
(510-238 a.C.) e di Roma poi, restando sostanzialmente indipendenti, almeno sino al I secolo 
a.C.