5Nel secondo capitolo viene analizzata la strategia del prodotto e della marca, considerando 
le singole tipologie  di prodotti moda nel settore dell’abbigliamento e il relativo ciclo di 
vita. 
Nel terzo capitolo viene analizzata la strategia del prezzo e i principali metodi di 
formazione dello stesso (costing e pricing). 
Nel quarto capitolo viene affrontata la strategia della comunicazione, che è risultata una 
componente fondamentale di un settore così particolare come quello della moda. 
Infine, nel quinto capitolo viene approfondito il concetto di distribuzione, con l’analisi 
delle diverse tipologie dei punti vendita. 
La metodologia utilizzata è stata quella di uno studio e una rassegna della letteratura 
inerente le strategie di marketing;inoltre informazioni utili sono state acquisite da riviste, 
giornali e siti specializzati nel settore. 
6CAPITOLO I 
Il settore moda 
 
1.1 Storia della moda
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Il fenomeno della moda ha origini remote, antecedenti l'età classica. Lo si fa risalire addirittura alla 
preistoria. E probabile che a parità di clima le prime vesti si somigliassero molto, ma non appena 
cominciò a svilupparsi, per ragioni connesse alla razza e all'ambiente, un diverso senso della 
religiosità e del gusto nei vari gruppi etnici, anche la foggia del vestire si differenziò. Bassorilievi 
policromi rinvenuti in Mesopotamia, considerata la culla della civiltà, testimoniano la ricchezza 
delle vesti, la varietà dei tessuti, la fastosità degli ornamenti usati dagli Assiri e dai Babilonesi. Gli 
Egizi, fin dalle prime dinastie, grazie a un artigianato espertissimo nella filatura, tessitura e tintura 
del lino e nella confezione, furono all'avanguardia dell'eleganza. Di volta in volta Cinesi, Cretesi, 
Greci e poi Etruschi e Romani si contesero il primato nell'arte dell'abbigliamento. La moda, 
mortificata nel basso Medio Evo, rifiorì nel Duecento fino a raggiungere nel Tre e nel Quattrocento 
una grazia particolare. Dopo il Rinascimento cominciò a denunciare alcuni eccessi, che assunsero 
nel Settecento aspetti ridicoli.  
Appare evidente, specie in questo periodo, quanto sia errato il concetto che la moda sia 
fenomeno prettamente femminile. Va invece considerato contributo positivo della moda il 
diffondersi sempre più sentito del gusto e del decoro nel vestire tra le classi meno 
abbienti. In tutta l'Europa si manifestò la tendenza a creare costumi caratteristici popolari 
di eleganza originale e gradevole. Nell'età contemporanea le molteplici attività dell'uomo, 
                                                
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  "Moda," Microsoft® Encarta® Enciclopedia Online 2005 
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7cui partecipano ambedue i sessi, il senso sempre più sviluppato della praticità e dell'igiene 
e soprattutto le nuove conquiste della scienza e della tecnica nel campo tessile, hanno 
contribuito a offrire alla moda un dominio sempre più vasto e vario.Tracciando una storia 
della moda femminile di questo secolo si scopre che, in fondo, è un cerchio che si chiude: 
passando disinvoltamente attraverso le stampe, i colori densi e polverosi, il profumo 
dell'emergenza bellica nei tessuti grigi e spessi degli anni Quaranta, i pastelli dei 
Cinquanta, e ancora le campiture geometriche dei Sessanta e i fiori dei turbolenti anni 
Settanta, le spalle grosse degli anni Ottanta e la prevalenza del nero minimale, diventato 
un classico degli anni Novanta. Si tra abbandoni e ritorni, è proprio un cerchio che ruota 
attorno a se stesso. 
Ma, scoperto ciò, va anche detto che i veri grandi momenti creativi nella moda femminile 
risalgono all'inizio del secolo. Un inesorabile processo di emancipazione avvenne tra 
l'Ottocento e il Novecento. La libertà di movimento richiesta sui luoghi di lavoro e sui 
campi sportivi condizionò l'abbigliamento femminile. Tra il 1900 e il 1908 la silhouette 
della donna lasciò a poco a poco il profilo rigido a "S". Ancora pochi decenni prima, tra il 
1870 e l'80, i concetti di estetica e salute erano associati, il che appare evidente anche 
nelle opere degli artisti preraffaelliti. Si ricercavano le armonie delle proporzioni 
dell'abito greco. Questo ideale fu la spinta dell'evoluzione vestimentaria femminile 
sviluppata da Paul Poiret e Mariano Fortuny che liberarono ufficialmente le donne dal 
busto. Condividendo separatamente l'interesse per i cromatismi violenti e puri dei fauves, 
i due grandi che si ispirarono all'Art Nouveau, allora in auge. le loro tuniche incrostate di 
perline segnarono un'epoca. Per essere riprese, alla fine degli anni Ottanta, nelle prime 
collezioni di Romeo Gigli. 
Contemporaneamente si affermava uno stile classico venato di esotismo, di ogni genere: 
l'ispirazione arrivava anche da Cina e Giappone. Le riviste pubblicavano racconti 
8ambientati in Paesi lontani e un'importante mostra sull'arte sovietica, organizzata a Parigi 
nel 1906 da Sergei Pavlovic Djaghilev con la collaborazione di Leon Bakst, pittore di 
Pietroburgo, costumista e decoratore delle scene dei Ballets Russes, influenzò fortemente 
il lavoro dei sarti francesi emergenti. L'idea di libertà del corpo nella danza era stata già 
espressa e aveva ottenuto i consensi dei movimenti di liberazione femminile: Isadora 
Duncan, ideatrice delle linee morbide, sciolte, delle danze improvvise a piedi scalzi, 
riproponeva in realtà immagini greche. La leggerezza della manica a kimono, e l'uso della 
mussola trasparente, motivo di scandalo per i benpensanti di allora, durò fino allo scoppio 
della guerra. Tra le pietre miliari della sartoria, ci sono poi gli abiti di Madeleine Vionnet, 
con il loro irripetibile ritmo e l'equilibrio dei drappeggi, degli sbiechi. 
Che, però, non fermarono l'evoluzione verso fogge più funzionali. Dopo il primo conflitto 
mondiale una grande quantità di donne iniziò a rivendicare i diritti sociali e politici; 
l'ingresso nel mondo del lavoro imponeva fisiologici cambiamenti. Cosi, tra il 1910 e il 
1930, si ebbero due fenomeni decisivi per la storia del costume: da una parte il Futurismo, 
dall'altra l'inevitabile evoluzione sociale e di costume provocata dalla rivoluzione russa 
del 1917. Le linee scivolate sui fianchi e una vitalità nuova trovavano conforto e supporto 
nel movimento modernista dei Futuristi, appunto, ma anche nella linearità del Bauhaus, 
nella scom posizione della figura dei Costruttivisti russi. Vere rivoluzioni concettuali si 
trasformavano in nuove forme: accorciare i capelli e le gonne rappresentava un gesto ben 
più significativo allora, intorno al Venti, di quello compiuto da Mary Quant negli anni 
Sessanta. Attraverso un dinamismo sconosciuto fino ad allora, il mondo stava cercando 
l'essenza, voleva ridefinire una nuova morale. 
Erano i tempi delle utopie naturalistiche. E, negli anni Sessanta e Settanta, ritroveremo 
tutte le tensioni emotive ed estetiche dei primi decenni del Novecento. Gli stilemi delle 
avanguardie di inizio secolo si intravedono perfino nel rinvigorimento apportato alla 
9moda dai designer giapponesi negli anni Ottanta: le geometrie e i volumi di Miyake, 
Comme des Garcons, Yamamoto. Per sottolineare la modernità, l'importanza e la forza 
dirompente del primo Novecento pensiamo al "vestito simultaneo" di Sonia Delaunay del 
1913, agli studi di Balla - rivisti recentemente in una mostra organizzata da Laura 
lilagiotti - o alla tuta futurista di Thayaht, datata 1919. Per non parlare dell'importanza 
che ricopriva per i Costruttivisti russi l'abbigliamento sportivo: partendo dal desiderio di 
diffusione, di condivisibilità estetica la forma passa al servizio del sociale, in un momento 
in cui le correnti artistiche producevano effetti realmente significativi. Lo sportswear 
attuale, gli accessori anatomici sembrano l'evoluzione tecnologica della tuta sportiva di 
Varvara Stepanova, del 1923. 
Di segno differente, ma altrettanto fondamentale per la storia della moda, sono le 
intuizioni di Coco Chanel. Antesignana del minimalismo sontuoso, inventò il tubino nero, 
immaginò le più gentili ed eterne contarninazioni tra il guardaroba maschile e quello 
femminile, introdusse il concetto di bigiotteria, di gioiello come iperbole, di audacia 
estetica che - parlando di stile e di vita - congiungeva i due poli opposti: sogno e praticità. 
Inventando nel 1921 il più celebre dei suoi profumi, la fragranza Numero 5, Chanel ha 
attraversato tutto il Novecento lasciando una scia inconfondibile. Compiendo la 
rivoluzione più lussuosa e duratura, Coco è sopravvissuta a se stessa. Dunque, tornando 
alla nostra storia del gusto e delle tendenze, notiamo che i picchi più alti, quelli che hanno 
apportato un cambiamento sostanziale, hanno tutti la stessa radice e si sviluppano intorno 
alle medesime tensioni: il nuovo si ispira e si combina sempre con un desiderio sociale, 
profondo ed esistenziale. Prima i costumisti e i couturier, poi gli stilisti traducevano gli 
umori e i cambiamenti sociali in sguardi bistrati, bocche turgide, capelli cotonati. Una 
volta, certo, i tempi delle mode erano più lunghi. Una volta, certo, i tempi delle mode 
erano più lunghi. Ricordiamo l'importanza del New Look di Christian Dior, l'ottimismo 
estetico proposto nel dopoguerra (1947). 
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Con una grande quantità di tessuto, la vita stretta e il busto segnato, si dichiarava 
concluso il tempo del dolore e ci si riappropriava del gusto di vivere, di colorare la 
quotidianità di tinte pastello. Un'importante affermazione di stile che solo per le classi più 
abbienti diventava moda. Ma il senso di libertà ritrovata andava ben oltre il capo di 
sartoria. Si percorsero tutti gli anni Cinquanta con una fierezza e una leggerezza 
enfatizzati dalle commedie americane. 
E' con il pret-à-porter, nato negli anni Sessanta, che la moda si pone di fronte 
all'insolubile dicotomia tra esclusivita e diffùsione. Delle caratteristiche di quegli anni si 
sa tutto: la minigonna, la moda fumetto, l'arte pop, le geometrie di Courrèges e Paco 
Rabanne, Pierre Cardin e gli altri. L'idea di futuro influenza la creatività. La chimica 
assume una grande importanza. È in quel decennio che sono stati compiuti i passi più 
importanti: i materiali utilizzati oggi sono spesso le sintesi ultratecnologiche di elementi 
inventati allora. Nasce la controcultura e la messa in discussione dei valori. 
L'antimoda degli anni Settanta si contrappone all'affacciarsi sulla scena di personaggi e 
marchi che hanno fatto il made in Italy: Walter Albini, Basile, Armani, Krizia, Missoni. 
Con gli anni Ottanta, poi, si arriva all'esasperazione del concetto di griffe e 
dell'artificiosità: spalle grosse, corpi perfetti. Versace rappresenta autorevolmente il 
periodo. È l'era della bellezza di plastica, ma anche delle giacche decostruite. Il maschile 
e il femminile si avvicinano (Basile e Armani). Persiste il ricordo di Marlene Dietrich, 
degli anni Quaranta, dei tessuti spessi. Poi compare Romeo Gigli: toglie le spalline e 
ingentilisce la figura, fa tornare alla memoria gli anni Venti. Si affaccia sulle passerelle il 
romanticismo nomade con riferimenti etnici. Poi, e siamo a ora, con la serialità e le severe 
esigenze della produzione industriale, la moda diventa prodotto. Sempre più ricercato e 
perfetto: ma "abbigliamento", non più "moda". C'è sempre meno spazio per la ricerca, 
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tranne per quella che riguarda la materia, il tessuto. La pochezza di idee diventa 
minimalismo estetico. 
Tra le svolte più salienti avvenute recentemente nell'evoluzione del gusto c'è la 
legittimazione dell'errore, che ha permesso l'attuale libertà di stili. In un momento in cui la 
regola era il bello esplicitato, venivano imprevedibilmente rinnegate la perfezione 
patinata, i corpi scultorei, abbronzati, inarrivabili, hollywoodiani. il segreto e l'importanza 
del fenomeno Prada sta nell'avere introdotto improvvisamente l'idea di un'estetica 
sommessa, misteriosa e indecifrabile, che richiedeva una ginnastica mentale per essere 
compresa. Si attinge al grande supermarket delle emozioni e degli stili, ci si permette 
perfino la frivolezza. Si coltiva l'individualità. Ormai gli stilisti suggeriscono, non 
impongono. Questa è l'epoca del vintage, del bricolage. Per questo la sfida di chi propone 
la moda, oggi, è particolarmente stimolante. L'urgenza di nuove soluzioni è intensa come 
negli anni Venti. Purtroppo, però, non esistono fermenti culturali altrettanto forti. Lo 
spessore delle cose si è assottigliato, la storia del gusto si srotola davanti a noi. Per adesso 
le nuove interpretazioni del già visto, in attesa di possibili intuizioni, sembrano riguardare 
solo le possibilità infinite di combinazioni analogiche di Barbie. Negli ultimi anni il mix 
di proposte non conosce più confini: si va dal rètro al bricolage, dal tecno all'orientale, al 
neo anni Venti. E per gli stilisti la sfida è ancora più stimolante.