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INTRODUZIONE 
 
 
 
Esiste una tendenza molto pericolosa ad accettare tutto ciò che si dice, 
tutto ciò che si legge, ad accettare senza mettere i discussione.  
Solo chi è pronto a mettere in discussione, a pensare autonomamente, troverà la verità.  
Per conoscere le correnti del fiume, chi vuole la verit deve entrare nellacqua. 
Nisargadatta Maharaj 
 
 
 
In un mercato ormai saturo, maturo e annoiato diventa sempre più difficile per le aziende farsi 
notare e rendersi riconoscibili agli occhi dei potenziali consumatori. La concezione tradizionale di 
marketing è stata costretta a mutare considerevolmente nel corso degli ultimi anni per adattarsi ad 
un nuovo tipo di cliente ormai consapevole e selettivo che ha imparato a proteggersi dalle consuete 
tecniche persuasive. In passato i consumatori erano visti come dei meri bersagli cui le 
organizzazioni miravano a destinare le proprie strategie commerciali, e i prodotti venivano 
modellati sulle loro necessità primarie tenendo come punto di riferimento la gerarchia dei bisogni 
illustrata da Maslow nella sua celebre piramide. Questa visione appare oggi più obsoleta che mai 
poiché rispecchia un modo di concepire la vendita ormai superato, che non è più in grado di scovare 
le vere ragioni che portano un individuo ad acquistare un bene. Ragioni che sono mutate 
profondamente: nella società dei consumi in cui siamo immersi sembra essere più efficace 
considerare i prodotti non in termini di attributi fisici, di qualità concrete, bensì di benefici che 
deiano dallacio eo, in emini di a e oddifaione peonal e. 
E proprio in tale scenario che, soprattutto a partire dal nuovo millennio, gli esperti di 
comunicazione hanno cercato  e trovato  numerosi metodi per adattarsi a questo cambiamento di 
rotta. Oggi team di esperti indagano a fondo le mode, le abitudini, le tendenze, la cultura dei loro 
poeniali clieni pe colpili più in profondità, andando a creare un modello di marketing 
trasversale e interdisciplinare che sfrutta la sinergia con altre discipline scientifiche quali 
lanopologia e la picologia per escogitare delle tecniche persuasive sempre più efficaci. Il 
risultato è un cliente continuamente esposto a messaggi che fanno uso di strategie tanto sottili e 
raffinate quanto pericolose, perché difficili da individuare agli occhi di un profano. Tutti noi siamo 
stati prede facili di venditori, rappresentanti, esattori, e non tutte le volte a scopi disonesti  basti 
pensare agli operatori di organizzazioni benefiche. Ma questo poco importa: con grande frequenza
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ci siamo trovati in mano abbonamenti a riviste, biglietti della lotteria o scatole di cioccolatini che 
non desideravamo affatto, anche se non ce ne rendevamo conto. E i professionisti della persuasione 
sanno bene cosa funziona e cosa no: il loro mestiere è quello di far aderire il maggior numero di 
persone alle proprie richieste e il loro sostentamento dipende esattamente da questo. Chi non ci 
riesce esce di scena, lo garantisce la legge della sopravvivenza. 
Il tentativo portato avanti da questa tesi di laurea è quello di redigere una sorta di vademecum per 
lindiido che ole appendee non olo come agionae in modo pi coeo, ma anche come 
pensare criticamente per evitare le trappole che i persuasori occulti ci tendono ogni giorno con il 
fine di inflenae le noe deciioni nellambio della compravendita. Questo scopo viene 
perseguito sfruttando un duplice punto di vista: da un lato quello psicologico-cognitivo ed 
anopologico, che pemee di capie ali ono le aegie di endia pi allaangadia e pech 
esse sono tanto efficaci; dallalo ello logico e aionale , che fornisce gli strumenti necessari per 
oopoe lagomenaione peaia oidiana e dei ma -media a una lettura critica, 
evidenziandone gli schemi logici. Per fare ciò vengono fornite delle nozioni rudimentali sulla logica 
e lla eoia dellagomenaione (conocee le egole  neceaio pe poele poi decodificae e 
reinterpretare) ponendo maggiore attenzione sugli schemi volutamente fuorvianti, sulle fallacie  
inaccettabili per la logica, ma accattivanti a livello comunicativo  sui quali poggiano le strategie 
persuasive di venditori e pubblicitari.
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CAPITOLO UNO 
IL LINGUAGGIO E LA LOGICA 
 
 
1.1 Il linguaggio, la mente umana e i suoi limiti 
Comunicazione: una parola tanto semplice quanto ampia, il cui significato diamo per scontato 
ma che, in realtà, di ovvio ha poco o niente. Sarà che comunicare è un processo talmente ben 
assimilato sin dalla tenera età da risultare praticamente automatico a qualsiasi individuo. Eppure, se 
dovessimo descriverla, come potremmo fare? Ci sono tanti modi di trasmettere le informazioni, 
corretti, errati, alcuni più efficienti, altri meno; ma istintivamente  e con buone ragioni  la prima 
cosa che ci viene in mente quando sentiamo parlare di comunicazione è il linguaggio scritto e/o 
parlato quotidianamente. Nonostante interloquire con gli altri ci sembri naturale, istintivo e agevole, 
il linguaggio umano è probabilmente il più complesso ed efficace tra i sistemi di comunicazione 
finora osservati nel regno animale e siamo gli unici esseri a poterne usufruire. In realtà ogni giorno, 
ogni ora della nostra vita ci troviamo a mettere insieme i tanti pezzi che costituiscono il puzzle della 
comunicazione: ogni frase, anche la più banale, è frutto di un ragionamento più o meno conscio che 
ci porta a ponderare e coordinare parole, intonazione, accenti anche in relazione alla persona che 
abbiamo di fronte e alla situazione in cui ci troviamo. Siamo talmente abituati al linguaggio da non 
renderci conto della sua importanza: secondo gli psicologi cognitivisti D. R. Moates e G. M. 
Schumacher basterebbe passare un giorno senza parlare per comprendere appieno la sua 
straordinarietà.
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 È solo grazie ad esso che esistono la cultura, la tradizione, e che riusciamo a tenere 
in vita società individualizzate di grandissima dimensione altrimenti sconosciute sul nostro pianeta. 
Come affemao dal lingia dellUniei delle Haaii Deek Bickeon (1926), onl langage 
could have broken through the prison of immediate experience in which every other creature is 
locked, ealiing  ino infinie feedom of pace and ime.
31
 
Ma ciò che rende davvero straordinario il nostro modo di ragionare e interloquire è forse 
lefficiena e leconomici con ci il ceello fa o eo. Secondo no dio condoo nella 
facoltà di Fisica della Duke University,
32
 elimo compie na media di 10
15
 operazioni logiche 
di base tra neuroni al secondo; per lavorare così tanto consuma circa 25 watt di potenza, abbastanza 
                                                 
30
 D. R. Moates, G. M. Schumacher, An introduction to cognitive psychology, Belmont, Wadsworth Publishing Co. 
(1980). 
31
 D. Bickerton, Language and species, Chicago, The University of Chicago Press (1990). 
32 
http://webhome.phy.duke.edu/~hsg/363/table-images/brain-vs-computer.html 
    http://webhome.phy.duke.edu/~hsg/414/images/brain-vs-computer.html
6 
 
pe accendee na lampadina a led, e il 20% dello ssigeno del nostro corpo. È chiaramente una 
forzatura paragonare il cervello ad un dispositivo elettrico dato che funzionano in base a principi 
differenti, ma è stato stimato che questo supercalcolatore, che con i suoi 100 miliardi di neuroni è 
anche la cosa più complessa ad oggi conosciuta nel nostro universo, per funzionare ha bisogno 
approssimativamente della stessa energia che consuma uno spazzolino da denti elettrico.  
Taia, pe aggingee ee peaioni, lencefalo mano fa affidameno  na innata 
predisposizione a funzionare per euristiche  delle scorciatoie mentali che gli permettono di 
selezionare le poche informazioni rilevanti tra le tante a cui siamo esposti continuamente, al fine di 
risparmiare più energia possibile
 
 e per tendenze chiamate biases, che possono talvolta risultare 
fuorvianti.
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 È ormai chiaro agli psicologi che lomo  n ipamiaoe di enegie cogniie, n 
abile scopritore di euristiche e alte scorciatoie di ragionamento: riesce a trarre conclusioni partendo 
dalla disponibilità di pochissime informazioni. Sebbene molto funzionali nella maggior parte dei 
casi della vita quotidiana  sarebbe impensabile e infinitamente dispendioso procedere per 
complicati algoritmi in ogni piccola situazione in cui ci troviamo abitualmente  euristiche e biases 
possono però condurci a fare ragionamenti analogici, approssimativi e non rigorosi. Questi, oltre ad 
essere massicciamente diffusi  i ono oggei allilio dei biae, neno eclo  sono 
sistematici, agiscono con regolarità secondo modelli consolidati in situazioni tipiche e ben definite. 
Ma perché siamo soggetti ai biases? Innanzitutto, a volte ci fa comodo rendere il mondo circostante 
conforme alle nostre ideologie e abitudini piuttosto che il contrario. Altre volte facciamo 
affidamento su queste tendenze per avere una visione unitaria e coerente di noi stessi, per non dover 
ripensare continuamente il nostro io mettendoci in discussione anche quando non è necessario. 
Spesso, come dicevamo, i biases scaturiscono dalle euristiche che la nostra mente utilizza per 
ovviare alla razionalità limitata a cui è soggetta. 
Tra le altre cose, a limitare ulteriormente la rigorosità dei nostri ragionamenti vi è la presenza 
delle emozioni. Come afferma Parisio Di Giovanni, professore di Psicologia della Comunicazione 
peo lUniei degli Sdi di Teamo: 
Emoionai  n modo di ineagie col mondo cicoane, con lambiene naale e  forse 
soprattutto  col ociale. Le emoioni ci aiano a enee lambiene oo cono llo, allertandoci 
quando dobbiamo intervenire e fare entrare in gioco la coscienza, per salvaguardare i nostri bisogni e i 
nostri scopi. Sono come uno scandaglio sempre in funzione, senza il quale verremmo presi 
abialmene alla poia. [] A caena e le emozioni sono eventi potenzialmente capaci di 
crearci difficoltà e le emozioni finiscono quando le cose sono tornate alla normalità.»
34
 
                                                 
33
 P. Di Giovanni, Psicologia della comunicazione, Bologna, Zanichelli editore S.p.A. (2007), pp. 102-109. 
34
 Ivi., pp. 70-78.
7 
 
Gli eventi emotigeni sono dunque degli avvertimenti: ci rendono in qualche modo consapevoli 
del fatto che dei cambiamenti sono in atto, che siano essi positivi o negativi. Sono pertanto 
indispensabili nella nostra vita: non avere emozioni significherebbe rimanere impassibili di fronte 
alle novità e di conseguenza sarebbe impossibile trovare soluzioni a problemi inaspettati e adattarci 
a iaioni conocie. Taia, com noo, le emoioni  specie se molto intense  possono 
inibire la nostra già limitata razionalità e spingerci a ragionare e ad agire in modo incosciente, 
esagerato se non addirittura illogico. Ma dedicheremo maggiore spazio a questo argomento nel 
capitolo a seguire. 
 
1.2 Il ragionamento e la logica 
Risulta adesso più semplice comprendere la necessità di alcuni studiosi di ricercare certezze 
scientifiche attraverso la dissezione meticolosa del ragionamento umano al fine di scovarne, 
classificarne e limitarne le imperfezioni. Di questo si occupano da tempo la psicologia cognitiva e la 
logica. A differenza della psicologia  che si occupa di come la mente ragiona, dei processi mentali 
e del perché certi ragionamenti abbiano forza persuasiva mentre altri no  per la logica, tra i tanti 
obiettivi che si è posta, quello di capire come la mente deve ragionare è stato presumibilmente nei 
secoli il più importante.  
Lo studio del ragionamento ha radici antichissime nella logica, nata inizialmente come branca 
della filosofia e di cui si trovano tracce già negli scritti di Platone e Aristotele, se non addirittura 
precedenti.
35
 La fida del logico  ella di abilie le egole dellae del agionameno coeo, 
con criteri il più astratti possibile, allo scopo di rivelare delle norme universali applicabili in ogni 
contesto comunicativo, prescindendo cioè da qualsiasi situazione concreta. Ciò non significa che il 
logico è completamente indifferente agli aspetti mentali del ragionamento e delle situazioni 
specifiche in cui si verificano: semplicemente se ne serve solo quando possono essere utili per 
estrarne delle leggi ideali. È il caso ad esempio delle fallacie, che deciono eaamene loppoo 
 cioè come non si deve ragionare  paendo dallanalii di iaioni concee della ia eale pe 
arrivare a degli schemi astratti replicabili in contesti analoghi; ma anche di questo parleremo più 
approfonditamente nei capitoli a seguire. 
Negli limi anni ci i a endendo cono dellimpoana che lo dio del agionameno ha 
acquisito nella società moderna e sono nati numerosi corsi introduttivi non solo nelle facoltà di 
comunicazione e filosofia, ma anche negli istituti professionali, di legge e di business. Labidine a 
fornire ragioni per ciò che facciamo, diciamo o crediamo è saldamente ancorata negli script 
                                                 
35
 http://math.unipa.it/~grim/cdSISSIS/Boole.PDF
8 
 
comportamentali socialmente accettati: usiamo il linguaggio per persuadere o convincere, per 
confrontare le nostre percezioni ed opinioni su un fatto accaduto; per comandare, salutare o 
insultare l'altro, per denunciare e cercare risarcimenti, o per negoziare e tentare di scendere a 
compromessi, ma anche per scaricare lo stress, ammaliare, e via discorrendo. Ci sono migliaia di 
transazioni comunicative come queste nella vita di tutti i giorni, ma non tutte possono essere 
considerate dei ragionamenti veri e propri.  Possiamo infatti utilizzare il linguaggio in due diversi 
modi. Il pimo  n ilio menale e aiene aaeo elle epeioni che aggingono 
il loro scopo direttamente, senza la necessità di addurre ulteriori ragioni o argomenti a loro sostegno 
 come ad esempio dare ordini, esultare, lamentarsi, salutare, e altre formulazioni che funzionano 
ena che i cei n dibaio con la conopae. Il econdo ilio  inece di ipo agomenaio 
ed è costituito da affermazioni che possono riuscire o fallire nel portare avanti una tesi solo nella 
mia in ci ono oene da agomeni, agioni e poe; lacolaoe  dne acinao nella 
conversazione perché essa ha un fondamento razionale. Ma la maggior parte dei dialoghi a cui 
prendiamo parte o assistiamo non sono affatto degli argomenti: non mirano a convincere di nulla, il 
loro scopo è semplicemente quello di descrivere una situazione, raccontare un accaduto o esprimere 
una sensazione personale. Non sempre è facile distinguere gli interventi strumentali da quelli 
argomentativi ma, in linea di massima, questi ultimi sono riconoscibili poiché: 
I. Produciamo ragioni a sostegno di una tesi; 
II. Possiamo essere interrogati riguardo la forza e la pertinenza di queste ragioni; 
III. C la poibi lità di riscontrare delle obiezioni; 
IV. Poiamo, e neceaio, modificae o inegae laffemaione oiginale. 
Inoltre gli argomenti hanno diversi tipi di obiettivi. A volte si argomenta per convincere un altro 
individuo a fare o pensare qualcosa di cui si era chiaramente convinti già prima che la 
coneaione iniiae: in ei cai linelocoe fa delle affemaioni che poi e pe 
giificae o affoae lagomeno di bae. In ale occaioni le peone paono con delle 
domande o questioni di cui non sono ancora ben certi e argomentano per arrivare a trovare delle 
ipoe pi chiae aaeo lo foo congino con lalo inelocoe. I agionameni pogeai 
pe oenee na pecedene affemaione ono dei di oegno ( advocacy), mentre quelli che 
hanno il fine di conde a na noa copea ono dei di indagine ( inquiry). A volte le nostre 
asserzioni, con il procedere della conversazione, risultano essere più deboli di quanto avevamo 
inizialmente pensato: in questi casi una discussione iniziata come sostegno finisce col tramutarsi in 
indagine. Ma eo fao, lngi dalleee peoccpane,  ani egno di one inelleale: