4 
 
splendore e l‟ordine delle cerimonie che vi si celebrano, depurando le celebrazioni 
dallo stile teatrale che imperversava nelle liturgie di fine XIX secolo. E nelle 
disposizioni dettate troviamo quelle caratteristiche - la santità, la bontà delle forme e 
l‟universalità - puntualmente richiamate da ogni pontefice successogli e che ha 
desiderato argomentare di musica sacra. Dai suoi caratteri conseguono, 
limpidamente, i generi ammessi nella liturgia: il canto gregoriano, supremo modello 
della musica sacra, la polifonia classica di matrice palestriniana, il canto moderno in 
grado di fornire bontà, serietà e gravità alle funzioni liturgiche. 
Tali forme devono essere completamente a servizio del testo liturgico, senza 
confusioni, cambiamenti, omissioni. Tutto deve marciare al passo cadenzato delle 
rubriche sotto l‟impulso della lingua latina e dell‟organo a canne. In altri termini è 
condannato fermamente come grave abuso far apparire la liturgia secondaria rispetto 
alla musica; deve essere il contrario, perché la musica non è altro che una parte della 
liturgia e sua umile ancella. 
L‟humilis ancilla di san Pio X ha subito, in più di cent‟anni, una profonda 
metamorfosi semantica4: nobilis ancilla per Pio XI5, sacrae liturgiae quasi 
administra per Pio XII e munus ministeriale in dominico servitio , definitivamente 
nobilitata in Sacrosanctum Concilium. L‟evoluzione, si sa, è inarrestabile. 
Contestualizzando culturalmente l‟evento canto e musica nel nuovo millennio 
scopriremmo, con curiosità, altri appellativi in grado di aprirci nuovi sentieri, figli 
della fecondità del rapporto liturgia e musica.  
Ho articolato il mio lavoro in tre parti. La prima illustrerà i principali e più 
conosciuti documenti (anche i meno conosciuti a dire il vero) su canto e musica 
all‟interno del contesto liturgico partendo da Pio XII e gli anni immediatamente 
precedenti al Concilio Vaticano II per raggiungere i nostri giorni. Il ritmo sarà 
cadenzato dai diversi pontificati che si sono succeduti, con focus finale sulla 
situazione della Chiesa italiana. Nella seconda proporrò una riflessione più ampia 
che tenga conto, in sinossi, delle diverse interpretazioni significate dalla musica 
liturgica al fine di riassumere lo status quaestionis della materia e proporre un 
approccio semiotico (e tentare di ricucire qualche strappo). Nella terza parte, 
                                                          
4
 Cfr. R. FRATTALLONE, Musica e liturgia. Analisi della espressione musicale nella celebrazione 
liturgica, “Bibliotheca Ephemerides Liturgicae - Subsidia” 31, Centro Liturgico Vincenziano, Roma 
19912, 56. 
5
 Cfr. PIO XI, Divini cultus sanctitatem.  Bolla pontificia (20.12.1928), in AAS XXI(1929), 33-41. 
5 
 
un‟appendice dai toni più colloquiali rispetto alle prime due, confronterò quanto 
emerso all‟esperienza del Gen Verde e del Gen Rosso, „canto‟ del Movimento dei 
Focolari, i quali si collocano perfettamente tra i gruppi nati dal soffio dello Spirito 
nel dopo-Vaticano II. 
Il tutto sforzandomi di parlare al teologo in termini musicali e al musicista in 
termini teologici. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
6 
 
 
 
 
 
CAPITOLO I 
 
LA MUSICA NEL CONTESTO DELL‟AZIONE RITUALE. 
DOCUMENTI ECCLESIALI 
 
 
 
1. NUOVI FERMENTI PRIMA DEL CONCILIO VATICANO II: LA SITUAZIONE 
IMMEDIATAMENTE PRECEDENTE AD ESSO (1947-1962) 
 
 Se da un lato la musica liturgica dopo la guerra è segnata da nuovi fermenti di 
rinascita, come la pubblicazione di nuove riviste di settore 6, allo stesso tempo si 
registrano situazioni di distacco culturale. Il complesso quadro sociale, non escluso 
quello ecclesiale, constata la velocità dell‟evolversi delle forme e delle pratiche 
musicali della cultura profana accanto a composizioni di indubbio interesse e valore 
del quale ci si chiede l‟opportuna eseguibilità in chiesa in manie ra da non turbare i 
fedeli che sembrano non apprezzare tali eccessi di genio musicale.  
 Il 20 novembre 1947 Pio XII emana la Mediator Dei, la fondamentale 
enciclica che riunisce le principali riflessioni teologiche maturate nel XX secolo 
riguardo alla liturgia, considerata come «culto integrale del Corpo Mistico di Gesù 
Cristo, cioè del Capo e delle sue membra»7. Essa auspica il ripristino del canto 
gregoriano che «non soltanto aggiunge decoro alla celebrazione dei divini misteri, 
ma contribuisce massimamente anche ad accrescere la fede e la pietà degli astanti»8. 
Per far questo il pontefice raccomanda l‟insegnamento del canto sacro nei seminari e 
il restauro delle Scholae cantorum, le cui voci, insieme a quelle del sacerdote e dei 
fedeli, « non spettatori muti ed estranei, ma toccati nel profondo dalla bellezza della 
                                                          
6
 Cfr. F. RAINOLDI, Sentieri della musica sacra. Dall‟Ottocento al Concilio Vaticano II. 
Documentazione su ideologie e prassi , “Bibliotheca Ephemerides Liturgicae - Subsidia” 87, Centro 
Liturgico Vincenziano, Roma 1996, 388-390. 
7
 PIO XII, Mediator Dei (=MD). Lettera enciclica sulla Sacra Liturgia (20.11.1947), in EE6, 432. 
8
 MD, in EE6, 614. 
7 
 
liturgia»9, si uniscano ai canti che gli angeli e i santi cantano in eterno alla Trinità. 
Non manca un‟apertura alla musica e al canto moderno in grado di «contribuire non 
poco allo splendore dei sacri riti, all‟elevazione delle menti e, insieme, alla vera 
devozione»10. 
 Le celebrazioni in occasione dell‟Anno Santo del 1950 donano un nuovo 
impulso alla musica sacra, anche se risulta prevalente la prospettiva musicologica, 
scarsa quella liturgico-pastorale. È questo il momento in cui sorgono le voci in difesa 
e in conservazione del patrimonio musicale tradizionale: polifonia sacra e canto 
gregoriano. E da più parti, mentre si celebrano i cinquant‟anni di Inter sollicitudines 
sorge la convinzione che il canto in chiesa non debba essere monopolio del coro ma 
della voce unanime del popolo di Dio, per una partecipazione attiva e popolare alla 
celebrazione. 
 Un successivo e decisivo passo verso la Riforma liturgica è dato dall‟enciclica 
Musicae Sacrae Disciplina pubblicata da Pio XII il 25 dicembre 1955. Il pontefice, 
che tra le altre cose è un discreto suonatore di violino, vuole dare un ordinamento 
alla musica sacra che gli è stata «sempre sommamente a cuore»11. L‟enciclica si 
presenta come la prima enciclica della storia della Chiesa a trattazione articolata 
avente come tema la musica sacra. Essendo il primo documento sistematico, Pio XII 
mette in rilievo alcuni aspetti biblico-salvifici dell‟importanza del canto nella 
Chiesa, richiamando gli ultimi fondamentali documenti in materia emanati dai suoi 
predecessori. È interessante come, tra le argomentazioni, il pontefice faccia emergere 
la questione estetica, la quale non può essere risolta con il solo ausilio di argomenti 
artistici, «ma che invece deve essere esaminata alla luce del supremo principio del 
fine ultimo: [...] Dio»12. Essendo Egli perfezione massima, tutte le azioni dell‟uomo 
devono manifestare e imitare l‟infinita perfezione di Dio. Un compito altissimo che 
solo un artista dalla profonda fede può portare a termine; «l‟artista senza fede o 
lontano da Dio con il suo animo e con la sua condotta, in nessuna maniera deve 
occuparsi di arte religiosa»13, poiché il musicista con la sua nobile arte non è solo 
artista e maestro ma «ministro di Cristo Signore e collaboratore nell‟apostolato»14. 
                                                          
9
 MD, in EE6, 615. 
10
 MD, in EE6, 616. 
11
 PIO XII, Musicae Sacrae Disciplina  (=MSD). Lettera enciclica (25.12.1955), in EE6, 1172. 
12
 MSD, in EE6, 1181. 
13
 MSD, in EE6, 1182. 
14
 MSD, in EE6, 1188. 
8 
 
Pio XII vuole entrare nel cuore del problema offrendoci una sorta di definizione che 
ci spieghi in cosa consista la dignità e l‟eccelsa finalità della musica sacra: «eleva i 
cuori dei fedeli a Dio per una sua intrinseca virtù, rende più vive e fervorose le 
preghiere liturgiche della comunità cristiana»15, una caratteristica che possiedono 
anche la musica religiosa o popolare16, purché pienamente conformi alla fede 
cristiana, che deve essere spiegata rettamente, facilmente,  con semplici melodie, 
evitando parole difficili e ampollose, con religiosa dignità; anche se il loro uso va 
limitato alle funzioni non liturgiche, sia in chiesa che fuori di chiesa.  
 Pio XII ci ricorda le caratteristiche che deve possedere una musica sacra, che 
poi sono le stesse che deve avere la liturgia. Ne richiama tre: la santità («non 
ammetta in sé ciò che sa di profano, né permetta che [esso] si insinui nelle melodie 
con cui viene presentata»17), la bontà delle forme, portando a sommo esempio il 
canto gregoriano che è intrinsecamente legato alla lingua latina. Queste due 
caratteristiche permettono il raggiungimento della terza: l‟universalità: «in modo che 
i fedeli in qualunque parte del mondo sentano come familiari e quasi di casa propria 
quelle armonie»18. 
 Rassicurati i cultori della polifonia sacra di non avere l‟intenzione di 
rimuovere questo stile dai riti di chiesa, («purché ornati dalle debite qualità [...] e 
non oscurino con la loro prolissità le parole della liturgia»19), è interessante ciò che 
afferma sugli strumenti musicali consentiti: in primis l‟organo che «commuove 
l‟animo dei fedeli con la gravità e la dolcezza del suono, riempie la mente di gaudio 
quasi celeste ed eleva fortemente a Dio e alle cose celesti»20, ma sono tenuti in alta 
considerazione «il violino e gli altri strumenti ad arco in grado di esprimere, specie 
in armonia e con l‟organo, sensi di mestizia o di gioia dell‟animo con indicibile 
efficacia»21. 
 A seguito dell‟enciclica di Pio XII le iniziative culturali si moltiplicarono,  
aumentarono le riviste, i convegni sull‟argomento, le associazioni che si occupavano 
di musica sacra. Ma va notata la fondamentale differenza, profetica anticipazione del 
Concilio Vaticano II, che è l‟indirizzo di tutte le iniziative che a più livelli si 
                                                          
15
 MSD, in EE6, 1185. 
16
 Cfr. MSD, in EE6, 1187. 
17
 MSD, in EE6, 1191. 
18
 MSD, in EE6, 1192. 
19
 MSD, in EE6, 1197-1198. 
20
 MSD, in EE6, 1199. 
21
 MSD, in EE6, 1200. 
9 
 
moltiplicano in questo periodo: il cambio di prospettiva. Essa infatti «non sarà più 
musicale-liturgico-culturale bensì liturgico-culturale-musicale»22. 
 Il 3 settembre 1958 la Sacra Congregazione dei Riti emana un‟Istruzione che 
si propone di riunire i principi e le norme contenute nei documenti di san Pio X, Pio 
XI e Pio XII, la De Musica Sacra et Sacra Liturgia . Essa rappresenta la punta di 
diamante delle riflessioni in materia, quanto di più vicino contenutisticamente alla 
Riforma liturgica del Concilio Vaticano II. 
 Eppure tende a prevalere l‟aspetto rubricistico. È interessante la ripartizione 
della Messa in cantata, letta e solenne. «È cantata quando il sacerdote effettivamente 
canta le parti da cantarsi prescritte dalle rubriche, altrimenti è letta. Se la Messa in 
canto è celebrata con l‟assistenza dei ministri sacri, si dice Messa solenne» 23. Inoltre 
la Congregazione esplica in maniera molto dettagliata cosa debba ritenersi musica 
sacra. E lo fa elencandone sei categorie: il canto gregoriano, la polifonia sacra, la 
musica sacra moderna, la musica sacra per organo, il canto popolare religioso, la 
musica religiosa. 
 Il canto gregoriano, che è il canto peculiare della Chiesa «non solo si deve 
usare in tutte le azioni liturgiche, ma a parità di condizioni, è da preferirsi a qualsiasi 
altro genere di Musica Sacra»24. La polifonia sacra «conviene per azioni liturgiche da 
celebrarsi con grande solennità»25 a patto che vi sia una Schola in grado di eseguirla 
a regola d‟arte. La musica sacra moderna è ammessa alla sola condizione di essere 
«ripiena di pietà e senso religioso»26, mentre quella per organo tubolare, il più 
solenne tra gli strumenti musicali liturgici, «conferisce non poco alla solennità della 
sacra Liturgia»27. 
 Particolarmente raccomandato è il canto popolare religioso che «occupa un 
posto più nobile in tutti i pii esercizi praticati sia fuori che dentro la Chiesa; anzi, 
qualche volta, è ammesso nelle stesse azioni liturgiche»28. Interessantissima è la 
definizione di musica religiosa e l‟uso consentito di  essa: «la musica religiosa è 
quella che, sia per l‟intenzione dell‟autore, sia per l‟argomento e il fine dell‟opera, 
                                                          
22
 F. RAINOLDI, Sentieri della musica sacra , 404. 
23
 SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI (=SCR), De Musica Sacra et Sacra Liturgia  (=DMSSL). 
Istruzione sulla Musica Sacra e la Sacra Liturgia (3.9.1958) 3, in AAS XXV(1958), 633. 
24
 DMSSL 16, in AAS XXV(1958), 636. 
25
 DMSSL 18, in AAS XXV(1958), 637. 
26
 DMSSL 7, in AAS XXV(1958), 633. 
27
 DMSSL 8, in AAS XXV(1958), 634. 
28
 DMSSL 51, in AAS XXV(1958), 647. 
10 
 
vuole esprimere e muovere sentimenti di religiosa pietà ma non si confà al culto 
divino e va esclusa dalle azioni liturgiche»29. 
 Da più parti il forte vento di rinnovamento sta per arrivare e gli ultimi segnali 
di una visione della liturgia che oggi stenteremmo a capire si fanno sentire. In una 
lettera del 1961 inviata a mons. Igino Anglès, preside del Pontificio Istituto di 
Musica Sacra, in occasione del 50° di fondazione, Giovanni XXIII sottolinea che 
l‟adattamento liturgico «è possibile solo nelle liturgie non solenni mentre va tenuto 
vivo lo scettro regale e il nobile impero della lingua latina»30. 
 È anche questo il periodo in cui, oltre al moltiplicarsi di convegni, aumentano 
le pubblicazioni ai fini pastorali, spesso integrate con dischi didattici, proliferano i 
corsi di introduzione, specializzazione e perfezionamento in canto gregoriano. Viene 
istituita l‟Associazione Internazionale di  Musica Sacra che si propone di coordinare 
gli sforzi del maggior numero di persone, «con lo scopo di coltivare la Musica Sacra 
e favorirne il progresso secondo le prescrizioni della Chiesa»31. Nemmeno a distanza 
di due settimane veniva approvata la Sacrosanctum Concilum. 
 
 
2. LA MUSICA SACRA AL CONCILIO VATICANO II (1962-1965) 
 
 È interessante rilevare come in campo musicale la pratica preceda la teoria e 
che l‟impiego della musica durante le celebrazioni conciliari segue lo spirito della 
Riforma. La celebrazione solenne di apertura dell‟11 ottobre 1962 prevedeva alcuni 
brani di Palestrina (Missa papae Marcelli, Tu es Petrus e Ad te levavi) e di 
Domenico Bartolucci (Confirma hoc Deus ed Exaudi Domine): tutti eseguiti dalla 
Cappella Sistina. La celebrazione di chiusura dell‟8 dicembre 1965 vide alternarsi la 
Cappella Sistina con l‟assemblea nell‟antifona Gaudens gaudebo, lo stesso per il 
Kyrie scelto tra i più semplici del Kyriale; Paolo VI intonò il Gloria e tutti lo 
seguirono, Credo dal terzo schema del Kyriale, dalla Missa brevis gregoriana Sanctus 
e Agnus, Christus vincit tradizionale come conclusione. Emerge immediatamente la 
diversità di stile tra le due celebrazioni: soprattutto in merito alla riduzione della 
                                                          
29
 DMSSL 10, in AAS XXV(1958), 634. 
30
 GIOVANNI XXIII, Iucunda laudatio . Lettera a Mons. Igino Anglès in occasione del 50° di 
fondazione del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma (8.12.1961), in AAS LIII(1961), 812. 
31
 PAOLO VI, Nobile subsidium. Chirografo per l‟istituzione dell‟Associazione Internazionale di 
Musica Sacra (22.11.1963), in AAS LVI(1964), 233.