2
pervenendo a rapporti tra gli stessi sempre più incentrati su concetti di 
complementarità. Si sottolinea, in effetti, come le imprese di 
dimensioni minori presentino (rispetto alle grandi imprese) una 
superiore predisposizione a stipulare accordi di cooperazione con le 
realtà imprenditoriali locali, superiori capacità di adattamento verso i 
contesti locali in cui si trovano ad operare e maggiori capacità di 
sfruttamento dei vantaggi localizzativi, grazie a strutture organizzative 
snelle e non rigide molto adattabili alle specificità locali ed in grado di 
cogliere e rispondere in maniera più agevole alle opportunità nascenti, 
a seguito dell’attuazione di processi decisionali non laboriosi e 
complessi. 
La cooperazione decentrata costituisce dunque un ambito all’interno 
del quale possono trovare spazio strategie innovative di espansione 
all’estero, ed è rappresentativa della situazione caratterizzante gli anni 
‘90 incentrata sulla crisi dello Stato nazionale, in conseguenza della 
globalizzazione e del decentramento delle proprie funzioni e 
competenze a livelli locali e sovranazionali, ed alla luce anche delle 
richieste di maggiore autonomia avanzate dagli attori sociali, dalla 
comunità e dalle istituzioni locali. 
 Al riguardo si sottolinea come la cooperazione decentrata, anche 
definita come globalizzazione alternativa poiché avviata dalle 
autonomie locali, e come globalizzazione che si antepone ai 
movimenti dei capitali, facendo prevalere una globalizzazione dei 
movimenti civici, equi e democratici, non sia assolutamente da vedere 
in termini di azione isolata bensì costituisca un efficace strumento di 
apertura e dialogo nei confronti dei paesi cui è rivolta. Tale modalità 
di cooperazione permette così di avviare continui e sempre più forti 
rapporti di interazione e scambio, nel rispetto delle specificità locali e 
 3
dei concetti di autonomia e democrazia, rappresentando un efficace ed 
ulteriore strumento a disposizione delle realtà imprenditoriali per 
l’attuazione di strategie di espansione all’estero. 
Si afferma così il ruolo della cooperazione decentrata nel promuovere 
un processo di internazionalizzazione dei soggetti e delle istituzioni 
locali caratterizzato dal trasferimento di know-how e dal 
coordinamento delle iniziative nei diversi paesi, come pure la 
necessità di gestire in maniera adeguata il coinvolgimento del mondo 
imprenditoriale, al fine di valorizzare al massimo le opportunità e 
minimizzare i rischi di tali interventi, tra i quali di rilievo il timore di 
vedere trasformati i progetti di cooperazione decentrata come una 
specie di succursale del commerio estero.  
Ugualmente le strategie internazionali delle imprese, tra cui ad 
esempio la costituzione di joint venture, acquisiscono un ruolo 
centrale nei processi di cooperazione allo sviluppo. Al riguardo di 
particolare rilievo risulta essere la considerazione effettuata dal 
senatore Stefano Boco alla Commissione Affari Esteri del Senato 
della Repubblica sulla legge di riforma della Cooperazione allo 
Sviluppo: “Le joint ventures possono giuocare un ruolo di primaria 
importanza nel nuovo schema della cooperazione allo sviluppo. Nei 
Piani Paese, infatti, una delle priorità è costituita dallo sviluppo 
economico del Paese beneficiario e dal sostegno alla piccola e media 
impresa ed alle cooperative del posto. Si dovrà quindi studiare un 
meccanismo che permetta al Piano Paese di includere interventi di 
joint ventures, utilizzando sia meccanismi di dono che di credito di 
aiuto, e coinvolgendo, attraverso bandi e gare, le imprese italiane che 
meglio possano contribuire alla realizzazione dei fini dei Piani Paese. 
In questo modo, le joint ventures previste dal presente schema 
 4
legislativo si distinguerebbero da quelle previste dal Ministero del 
Commercio con l’Estero, che nascono non tanto da una sollecitazione 
di carattere governativo, quanto da richieste avanzate da specifiche 
imprese”. 
Il legame individuato tra i processi di espansione internazionali delle 
imprese ed i progetti di cooperazione decentrata richiama 
esplicitamente la responsabilità sociale di impresa, tematica emergente 
nell’economia moderna con significati ed importanza notevolmente 
differente rispetto al passato, e verso la quale le imprese devono 
sensibilizzarsi maggiormente. 
 L’impresa moderna, quale attore sociale, alla luce delle modifiche 
intervenenti nell’economia attuale tra cui il raffiguare l’azienda come 
un sistema aperto, la globalizzazione della economia, da vedere in 
termini oltre che economici, culturali e politici, la maggiore 
complessità dell’ambiente esterno, i crescenti processi di 
internazionalizzazione delle imprese, l’affievolimento degli Stati 
nazionali si trova così a rispondere non più unicamente alla logica 
economica per le azioni intraprese, ma, in aggiunta, alle influenze 
esercitate nei confronti dell’ambiente politico, sociale e culturale in 
cui opera. Da questo deriva un’estensione del concetto stesso di 
responsabilità sociale, non raffigurata unicamente in termini di 
responsabilità nei confronti degli interlocutori esterni alla realtà 
imprenditoriale quali clienti, fornitori, istituzioni ambientali e la 
comunità nel complesso, ma ulteriormente da vedere in termini di 
partecipazione allo sviluppo economico, ma anche umano e sociale, 
del paese o dei paesi nei quali opera. Più in generale con 
responsabilità sociale si richiama così l’interesse dell’impresa al 
superamento di problematiche, tuttora esistenti, ambientali, sanitarie, 
 5
civili e di istruzione che costringono i paesi poveri, rappresentanti 
numericamente i 4/5 del mondo, a sopravvivere in condizioni incivili, 
inumane oltre che insostenibili, indipendentemente da un concetto di 
prossimità e di appartenenza ad un determinato contesto territoriale 
ma semplicemente per il fatto di essere problematiche esistenti e reali. 
 
In particolare, il primo capitolo analizza l’evoluzione storica dei 
processi di internazionalizzazione delle imprese, a livello mondiale ed 
in riferimento al contesto italiano, attraverso la rappresentazione delle 
differenti forme di penetrazione all’estero quali lo scambio di merci, il 
commercio dei servizi, gli investimenti diretti e le nuove forme di 
internazionalizzazione. Oltre a questo si propone di definire il 
concetto di globalizzazione, ivi inclusa l’analisi delle teorie della 
globalizzazione e delle strategie delle aziende globali, e 
l’affermazione dell’impresa transnazionale.  
Il capitolo secondo contiene una riflessione sui principali contributi 
teorici esistenti in letteratura relativamente ai processi di 
internazionalizzazione delle imprese, il concetto di dimensione di 
impresa, le specificità e caratteristiche delle imprese di minori 
dimensioni e le modalità di attuazione delle strategie di espansione 
all’estero delle imprese non grandi, con particolare riguardo alla 
situazione italiana. Per ultimo viene prestata attenzione ai rapporti 
intercorrenti tra il nostro paese ed il continente latino americano, 
rappresentando al riguardo le forme storicamente assunte 
dall’espansione internazionale delle piccole e medie imprese italiane 
in tali contesti ed il trasferimento tecnologico nelle aree a minor 
sviluppo, quale principale modalità di internazionalizzazione che lega 
aree geografiche a differente sviluppo. Infine viene rappresentata 
 6
appendice esplicativa dei principali strumenti finanziari a sostegno 
delle strategie internazionali delle imprese, nelle differenti forme e 
modalità di attuazione delle stesse.  
Il terzo capitolo è rivolto all’analisi dei riflessi organizzativi dei 
processi di internazionalizzazione delle imprese. Focalizzato sulla 
rappresentazione dell’impresa transnazionale, quale modello 
emergente, prosegue successivamente a considerare, a livello 
organizzativo, le risposte offerte dalle imprese alla complessità 
ambientale dominante, centralizzando l’analisi verso il modello della 
produzione dinamica e le reti di imprese. Coerentemente a questo è 
evidenziato sinteticamente il concetto di rete, in termini generali e 
nello specifico riferimento alla realtà imprenditoriale, e sono 
rappresentate le alleanze tra imprese in riferimento ai processi di 
internazionalizzazione, soffermandosi in particolare sulle modalità 
operative di costituzione delle stesse e sull’apprendimento relazionale 
derivante, fonte di vantaggio competitivo nell’attuale società della 
conoscenza.  Particolare attenzione viene rivolta alle joint venture tra 
imprese, coerentemente agli aspetti su cui il presente lavoro si è voluto 
concentrare. Si sottolinea, in effetti, come tali forme collaborative 
siano particolarmente utilizzate dalle unità produttive non grandi, oltre 
ad essere realmente efficaci in riferimento ai paesi in via di 
industrializzazione. Per questo vengono rappresentate ed esaminate le 
joint venture societarie e contrattuali, le motivazioni che sono alla 
base del ricorso a tali modalità di internazionalizzazione come pure le 
motivazioni che possono determinare l’insuccesso delle stesse, le fasi 
operative necessarie per la costituzione di joint venture, ed infine, 
anche per queste, gli strumenti finanziari internazionali a sostegno 
della costituzione di aziende miste, ivi incluso il progetto comunitario 
 7
Ecip (attualmente sospeso) riferito ai paesi in via di sviluppo, quali 
paesi destinatari delle stesse. 
Il quarto capitolo tratta della cooperazione decentrata. Nello specifico 
all’interno di esso sono analizzate le cause dell’affermazione di questa 
nuova modalità di cooperazione, in generale e nello specifico 
riferimento al contesto italiano, ed i progetti di cooperazione 
decentrata collegati a programmi di sviluppo umano, quale il 
Pdhl/Cuba, all’interno del quale il Comune di Viareggio e la stessa 
A.s.s.p (Azienda speciale servizi pubblici) di Viareggio, costituente il 
caso aziendale esposto nel presente lavoro, hanno operato attivamente.  
Attraverso questo studio sono riuscita a toccare più da vicino 
l’interesse mostrato dal nostro paese verso i progetti di cooperazione, 
per tradizione impegnato con fervore verso tali tematiche. 
 L’attività di gemellaggio esplicata dal Comune di Viareggio verso 
Cuba ed avanzata nel progetto del PDHL/Cuba può essere assunta a 
modello del coinvolgimento di soggetti locali nei confronti dei paesi 
in via di sviluppo e delle problematiche non soltanto economiche ma 
anche umane, sanitarie, sociali, civili che investono tuttora e 
pesantemente, nella società postmoderna, tali contesti. Tale impegno 
si ricollega anche al più ampio processo di decentramento del potere 
amministrativo caratterizzante i paesi industrializzati e disciplinato 
dalla L. 59/1997, intervento legislativo che ridisegna le funzioni per 
tradizione appartenenti allo Stato, tra cui lo sviluppo economico ed 
industriale del paese, a favore di nuovi soggetti come le Regioni, 
Province e Comuni. La partecipazione delle autonomie locali alla vita 
pubblica rappresenta così un’efficace risposta ai processi di 
globalizzazione in corso, frenando e limitando il diffuso senso di 
 8
impotenza avvertito dai cittadini in conseguenza del trasferimento dei 
poteri dello Stato a livello nazionale e sovranazionale. 
Il capitolo prosegue con la trattazione del Programma di Sviluppo 
Umano a Livello Locale verso Cuba, al cui interno ha operato il 
Comune di Viareggio, riportando il Promemoria Preliminar e 
l’Allegato Tecnico del progetto. 
Infine nel quinto capitolo sono analizzati i concreti progetti avviati dal 
Comune di Viareggio nell’ambito del Pdhl/Cuba, opportunamente 
distinti nelle tre fasi che lo caratterizzano (prima, seconda e terza 
fase), ed è esposto il caso aziendale oggetto di studio in questo lavoro, 
rappresentato dalla A.s.s.p di Viareggio, costituita in forma di società 
pubblica di proprietà del Comune di Viareggio ed allo stato attuale 
composta da differenti società di scopo, in conseguenza del processo 
di privatizzazione avviato a partire dal gennaio 2001. Al riguardo 
viene fornito un quadro riassuntivo delle informazioni utili per 
commerciare con Cuba, rappresentati i principali indicatori della 
azienda in oggetto ed infine esposta la stessa normativa giuridica di 
riferimento per gli investimenti esteri sul territorio cubano. 
L’interesse verso il paese Cuba della A.s.s.p di Viareggio si ricollega 
all’attiva partecipazione dell’azienda all’interno del consorzio 
Promocuba, Società Consortile finalizzata allo sviluppo delle 
Relazioni Economiche e Culturali tra l’Italia, la Repubblica di Cuba 
ed il Caribe, con sede a Livorno ed ufficio di rappresentanza a 
l’Avana, ed all’impegno prestato dal Comune di Viareggio verso tale 
contesto, in cui per molto tempo l’amministratore attuale della A.s.s.p, 
Sig. Roberto Squaglia, ha esercitato la carica di Presidente del 
Consiglio Comunale. 
 9
In effetti il progetto rappresentato nel presente lavoro (proposta di un 
sistema di raccolta degli scarti organici e loro trasformazione in 
compost agricolo, da realizzarsi nel territorio del Municipio di La 
Habana Vieja tramite impresa mista o associazione economica 
internazionale ai sensi della L. 77/1995) prende avvio a seguito della 
visita a Cuba di una delegazione del Comune di Viareggio guidata dal 
Presidente pro-tempore del Consiglio Comunale Roberto Squaglia nel 
maggio del 1998, ospiti del Municipio di La Habana Vieja, attraverso 
la quale acquisce consapevolezza la necessità di avviare un processo 
di separazione delle varie componenti presenti nei rifiuti urbani, di 
ingente entità data la rilevante presenza di Aberghi e Ristoranti a 
servizio del numero crescente di turisti in visita a Cuba, collocate 
indistintamente in discarica. 
In conseguenza a tale incontro venne così sottoscritto un Patto di 
amicizia e gemellaggio ed iniziato un rapporto di cooperazione allo 
sviluppo nell’ambito del Programma di Sviluppo Umano a livello 
locale tra l’Italia e Cuba, quale il Pdhl/Cuba, al cui interno fu inserito 
questo progetto relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti organici e 
loro trasformazione in fertilizzante naturale, alla luce del successo 
riportato dalla A.s.s.p in tali attività nel territorio di Viareggio. 
Il progetto di compostaggio appena citato, finalizzato all’ottenimento 
di fertilizzante naturale per uso agricolo rientra così tra i più ampi 
progetti che tuttora collegano tale azienda con Cuba, rivolti alla 
costituzione di joint venture. Per questo la stessa A.s.s.p ha avviato a 
partire dall’anno 2001 un processo di privatizzazione esplicatosi nella 
costituzione di differenti società di scopo, tra cui la Biojea, interessata 
a collaborare con Cuba ed a stringere con esso rapporti economici 
sempre più stretti. 
 10
 
L’inserimento dell’attività imprenditoriale nei progetti di 
cooperazione decentrata non è da vedere unicamente come il frutto di 
personali e ribelli ideologie quanto, a mio parere, da valutare in 
un’ottica di necessità. Al tempo stesso il mondo imprenditoriale può 
ravvedere in questi progetti di cooperazione decentrata ulteriori 
modalità di espansione internazionale, attraverso i quali intrattenere 
rapporti di reciprocità e scambio.  
La logica decentrata, affermatasi in conseguenza dei numerosi 
fallimenti della cooperazione tradizionale e degli avvenimenti 
caratterizzanti lo scenario economico moderno, ridefinisce gli 
interventi verso i paesi in via di sviluppo avvicinandoli così ai concetti 
di sviluppo partecipativo e nel pieno rispetto delle specificità locali. 
L’elemento che la contraddistingue si caratterizza comunque 
nell’approccio decentrato per il quale si afferma una mobilitazione di 
risorse, di capacità e più in generale un coinvolgimento degli attori 
sociali delle realtà locali alle problematiche esistenti a livello 
internazionale, perfettamente aderente al generale processo di 
svuotamento delle funzioni per tradizione appartenenti allo Stato 
nazionale, che viene così privato del ruolo centrale di promotore dello 
sviluppo e di protagonista della crescita economica. 
Coerentemente all’affermazione dello sviluppo partecipativo, 
sovracitato, diviene essenziale che la stessa realtà imprenditoriale 
abbandoni logiche di intervento forse fin da sempre dominanti, 
finalizzate essenzialmente al risparmio dei costi, allo sfruttamento di 
manodopera a basso costo, all’ampliamento dei propri mercati per 
avvicinarsi sempre più ad interventi rivolti allo sviluppo reale di tali 
contesti, permettendo loro il superamento di problematiche 
 11
assolutamente inconcepibili in un concetto di modernità, verso le quali 
gran parte della società civile manifesta il proprio dissenso e sdegno. 
Oltre a questo l’operare in un mondo globale, interconnesso, 
interdipendente al cui interno i concetti di locale e globale si fondono 
ed ibridano sempre più costringe le unità economiche produttive, in 
particolare le grandi imprese multinazionali, in conseguenza del 
potere che le stesse hanno nel mercato globale, addirittura equiparato 
al potere politico, a raffrontarsi con tali questioni, a farsi carico di 
problematiche altrui, sempre più coincidenti con le proprie.  
Si sottolinea a proposito come la società attuale, e quella futura, pur 
mantenendo vincoli a carattere legislativo ed istituzionale al proprio 
interno, tutelerà sempre meno il perseguimento di comportamenti 
socialmente responsabili, al cui interno perciò il mondo 
imprenditoriale, quale attore sociale, si trova costretto ad assumere in 
proprio obbligazioni sociali verso le quali essere responsabile. 
Ciò oltre ad essere perfettamente aderente alle modifiche intervenenti 
nell’economia moderna costituisce una condizione di vitale 
importanza affinchè permangano i concetti di democrazia e libertà, 
addirittura all’interno di un’orizzonte temporale non più limitato. 
Le problematiche ambientali emergenti, la situazione dei paesi poveri, 
sempre più ai margini della società e purtroppo sempre più emarginati 
in un mondo globale, poiché non in possesso né di capitali, né di 
risorse umane adeguate alla nuova fase dello sviluppo mondiale, e 
forse il disinteresse mostrato da sempre verso tali questioni, forse al 
limite della sopportazione, stanno creando un clima di dissenso in 
alcune fasce dell’opinione pubblica occidentale, verso il quale gli 
attori economici non possono più far prevalere interessi 
individualistici, economici ed egoistici. 
 12
Indipendentemente dalle motivazioni per le quali il mondo 
imprenditoriale è costretto ad avvicinarsi sempre più agli attuali 
problemi mondiali, la globalizzazione, con tutte le sue sfaccettature, 
anche negative, ha acceso un fervido dibattito sullo stato attuale delle 
cose e costringe anche le imprese a parteciparvi. 
È così che allora risulta corretto parlare di globalizzazione come 
ampliamento delle opportunità e possibilità: soltanto così, attraverso 
un’adeguata gestione e controllo dei meccanismi di mercato 
assolutamente irrefrenabili, naturali, evolutivi o meno, si possono fare 
emergere i reali, ed a mio parere esistenti, vantaggi di un mondo 
sempre più globale, interconnesso, aperto alle problematiche altrui e 
maggiormente libero di cogliere le opportunità nascenti. 
 
La realizzazione del presente lavoro è stata resa possibile grazie 
all’ospitalità ed attenzione offertami dai dipendenti del Comune di 
Viareggio, in particolare la Sig.ra Antonella Frusteri responsabile 
dell’Ufficio Pace e Cooperazione ed il Dott. Gabriele Tomei 
segretario del comitato per la cooperazione decentrata, e dalla stessa 
azienda A.s.s.p di Viareggio, come pure dall’Azienda A.S.A di 
Livorno verso la quale ho intrattenuto diversi colloqui e 
dall’associazione Cispel Toscana di Firenze. 
In particolare comunque sento di ringraziare il Sig. Roberto Squaglia, 
amministratore della A.s.s.p di Viareggio, per la disponibilità e 
pazienza con cui mi ha generosamente seguita e la Simurg Ricerche di 
Livorno per l’elaborazione di alcuni dati. 
 CAPITOLO 1 I processi di internazionalizzazione delle imprese 
 
1 Il concetto di internazionalizzazione 
2 L’internazionalizzazione delle imprese: evoluzione storica 
2.1 Lo scambio di merci 
2.2 Il commercio dei servizi 
2.3 Gli investimenti diretti 
2.3.1 Le origini, fino alla prima guerra mondiale 
2.3.2 Il periodo fra le due guerre 
2.3.3 Il dopoguerra, periodo 1945-1960 
2.3.4 Dagli anni ’60 alla globalizzazione degli anni ‘90 
2.4 Le nuove forme di internazionalizzazione 
3 Il caso italiano nei processi di internazionalizzazione delle  
 imprese 
3.1 Le esportazioni di beni 
3.2 I servizi 
3.3 Gli investimenti diretti 
3.4 Le nuove forme di internazionalizzazione 
4 Il concetto di globalizzazione: dall’impresa multinazionale 
all’impresa transnazionale 
4.1 Teorie della globalizzazione 
4.2 L’impresa transnazionale 
4.3 Le strategie delle imprese globali 
 
 
 1 Il concetto di internazionalizzazione 
 
Il concetto di internazionalizzazione si riferisce a tutti i processi di 
crescita che le imprese intraprendono sui mercati esteri. 
Il termine stesso nel tempo ha assunto un significato sempre più am-
pio al punto che oggi con internazionalizzazione non si fa più riferi-
mento soltanto allo svolgimento di attività all’estero ed alla conse-
quenziale presenza di imprese nel nostro territorio, ma più in generale 
ad una tendenziale omogeneizzazione a livello internazionale di 
modalità e metodologie operative, di caratteristiche dei prodotti, di 
regolamentazioni e comportamenti
1
.  
L’internazionalizzazione è un fenomeno che si esplica nella produzio-
ne ed anche acquisto di beni intermedi e finali al di fuori dei confini 
nazionali. Quest’operazione, che determina un ampliamento di tali 
confini, può essere sostitutiva (nel caso in cui i prodotti locali non sia-
no più competitivi in termini di costi) o semplicemente aggiuntiva (nel 
caso in cui sia individuato un legame tecnologico-produttivo e/o 
commerciale distributivo) rispetto alle produzioni locali. 
È un’operazione che dà origine ad una rottura degli equilibri economi-
ci e produttivi esistenti secondo gli schemi d’impostazione liberista, 
che, infatti, sono modificati dalle Teorie degli scambi internazionali e 
poi ampliati agli investimenti diretti all’estero e che comporta 
un’ulteriore diffusione della produzione, del valore aggiunto, del red-
dito disponibile, del consumo e quindi ancora di produzione secondo 
il noto processo moltiplicativo del reddito. 
                                                 
1
 In effetti, “questa estensione del concetto di internazionalizzazione riflette la crescente comples-
sità delle modalità con cui le imprese sviluppano la loro presenza all’estero” (Majocchi A., pag. 
VII, 1997). 
 Sebbene il mercato risulti essere il mezzo più efficace per garantire 
all’investimento produttivo il massimo rendimento, il processo di in-
ternazionalizzazione, e perciò la distribuzione dell’investimento stesso 
su scala sempre più vasta, comporta una riallocazione degli effetti in-
dipendentemente dalle conseguenze derivanti dall’attuazione di una 
politica pubblica a livello locale o regionale (Irpet, pag. 75, 1995). 
L’internazionalizzazione assume, sempre più, la configurazione di un 
normale processo evolutivo delle imprese, addirittura obbligatorio, 
che determina forme d’impegno sempre maggiori (a livello qualitativo 
e quantitativo) nei confronti dei mercati esteri mettendo a dura prova 
le imprese stesse, oltre ad essere di per sé un fattore generatore di van-
taggi competitivi in capo alle stesse. 
Le motivazioni alla base di questo sviluppo internazionale possono es-
sere ricondotte ai seguenti aspetti: 
• l’esistenza di vincoli gravanti sulle esportazioni da stimolo alle 
imprese nell’adozione di strategie o investimenti (anche limita-
ti) alla conquista di mercati esteri ritenuti proficui
2
; 
• la presenza di mercati a basso costo del lavoro (come ad esem-
pio i paesi dell’est europeo e del bacino del Mediterraneo ma 
anche l’India e la Thailandia) che permettono al paese investito-
re di realizzare vantaggi considerevoli in termini economici e 
competitivi sul mercato nazionale e sui mercati esteri tradizio-
nali (Stati Uniti ed Europa in particolare)
 3
; 
                                                 
2
 La mancanza delle forme tradizionali di vendita, trasporto, commercializzazione sono una rap-
presentazione adeguata dei vincoli che spesso gravano sulle esportazioni. Oltre a questo possono 
esistere altri problemi tra cui l’esistenza di barriere all’entrata di prodotti importati, la mancanza di 
servizi di pagamento o di valuta accettabile negli scambi internazionali. 
3
 È importante rilevare come frequentemente le imprese in questi casi tendano a trascurare le diffi-
coltà legate a tali operazioni. Infatti, anche quando il trasferimento all’estero riguarda singole parti 
di produzione (talvolta anche sostituibili), i bassi livelli di produttività ottenibili ed i problemi or-
ganizzativi e logistici inerenti alla produzione in loco non risultano sufficientemente compensati